Appalti pubblici e clausola di equivalenza: l’onere della prova è in capo all’operatore economico

Pubblicato il 28-04-2020
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A cura dell’Avv. Gaetano Pecoraro

Con sentenza 20 marzo 2020, n. 3496, il TAR Roma è dovuto intervenire nuovamente sul tema dell’onere della prova, in capo all’operatore economico, che pretenda di fornire alla Stazione appaltante, nell’ambito di procedure ad evidenza, beni o servizi “equivalenti” a quelli richiesti dalla lex specialis di gara.

La questione è periodicamente affrontata nelle Aule di Giustizia, e vale la pena, allora, fare il punto della situazione.

E’ ormai pacifico che le Pubbliche Amministrazioni, ogni qualvolta si rivolgano al mercato per l’acquisizione di beni o servizi attraverso l’indizione di appalti pubblici, siano dotate di un’amplissima discrezionalità nell’individuazione delle caratteristiche tecniche del prodotto o servizio da acquisire. Caratteristiche che, fissate nel capitolato d’appalto, non possono più essere derogate né dalla Stazione appaltante, né dagli operatori economici.

Non dalla prima, perché il principio dell’autovincolo è posto a presidio della par condicio tra concorrenti (Cons. Stato, sent. 19 febbraio 2019, n. 1148), con la conseguenza che

  1. è impedita la successiva disapplicazione;
  2. la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni ( Stato Sez. V Sent., 17/07/2017, n. 3502).
  3. la lex specialis deve essere interpretata in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l’operato dell’amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità

Non dai secondi, che debbono offrire prodotti o servizi conformi a quanto richiesto, in quanto “… il rispetto dei requisiti tecnici minimi degli apparecchi oggetto di fornitura risponda a esigenze di coerenza e ragionevolezza dell’azione amministrativa e integri una condizione di partecipazione alla gara, non essendo ammissibile che la stazione appaltante, dopo essersi autovincolata con la richiesta di determinati contenuti dell’offerta, possa trovarsi ad aggiudicare l’appalto a un concorrente che non garantisca il livello qualitativo minimo prestabilito. …  la non conformità si risolve in un aliud pro alio che comporta di per sé l’esclusione dalla gara anche in mancanza di apposita comminatoria e, allo stesso tempo, impedisce la regolarizzazione successiva, consentita solo quando i vizi rilevati nell’offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale, altrimenti venendosi altresì ad alterare la par condicio tra i con-correnti (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 aprile 2011, n. 2427; id., sez. V, 3 gennaio 2006, n. 16)” (così, TAR Firenze, sent. 17 luglio 2014, n. 1309)

Appare, però, evidente che l’amplissima discrezionalità di cui gode l’Amministrazione nella determinazione, ex ante, delle caratteristiche dei prodotti o servizi richiesti, rischia di restringere in maniera abnorme la concorrenza, fino ad individuare, a priori l’aggiudicatario dell’appalto: se venissero richieste, in via astratta, caratteristiche di un bene che possono essere garantite da un unico operatore economico, è evidente che la procedura sarebbe solo formalmente aperta al mercato, e di fatto consentirebbe la partecipazione all’unica ditta produttrice.

E’ per evitare tale conseguenza che il Legislatore, già con il precedente codice degli appalti (art. 68 d. lgs. 163/2006), ed oggi con il nuovo codice dei contratti pubblici (art. 68 comma 5 d. lgs. 50/2016) è intervenuto prevedendo l’obbligo di inserire nei bandi di gara la “clausola di equivalenza”.

Non si tratta di un obbligo generalizzato, ma limitato alle ipotesi normativamente individuate.

Già sotto la vigenza del precedente art. 68 d. lgs. 163/2006, il Consiglio di Stato, con sent. 11 luglio 2016, n. 3029 ha osservato che “Il principio dell’ “equivalenza” … è vincolante per l’amministrazione solo qualora il bando di gara, il capitolato d’oneri o i documenti complementari dettagliatamente menzionano un marchio, un brevetto o un tipo, un’origine o una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti; tale indicazione deve essere accompagnata già nel bando dall’espressione “o equivalente” (comma 13).

Qualora, invece, la Stazione appaltante individui una caratteristica minima della fornitura, individuata dal punto di vista della funzionalità (e non del marchio o della produzione) la stazione appaltante non è tanto obbligata a valutare il prodotto equivalente, quanto a riscontrare la presenza di tutte le caratteristiche richieste nel bando per il corretto e ottimale funzionamento del servizio (cfr. TAR Torino, sent. 17 luglio 2018, n. 883; TAR Milano, sent., 10 febbraio 2017, n. 336).

E l’operatore economico che ritenesse le caratteristiche così fissate eccessivamente restrittive, e non assistite dalla clausola di equivalenza, avrebbe l’onere di immediatamente impugnare, non potendo pretendere di offrire un bene radicalmente differente, né che in sede di gara che la commissione giudicatrice si spinga “sino al punto di modificare sostanzialmente l’oggetto della gara, individuando prodotti oggettivamente diversi da quelli previsti invece espressamente dalla lex specialis” (cfr. TAR Bologna, sent. 19 aprile 2018, n. 345).

La sentenza in commento si pone nel solco di tali insegnamenti, osservando come “il principio di equivalenza ha lo scopo di evitare che, attraverso la previsione di specifiche tecniche eccessivamente dettagliate – in alcuni casi addirittura “nominative”, con indicazione ad esempio di un singolo brevetto, marchio o provenienza – risulti irragionevolmente limitato il confronto competitivo fra gli operatori economici, e in particolare vengano precluse offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta”, spettando tuttavia all’operatore economico fornire adeguata dimostrazione della equivalenza dei prodotti da essa offerti rispetto a quanto richiesto dalla lex specialis.

Nel caso deciso, l’Amministrazione aveva richiesto che la fornitura fosse conforme alle norme EN ISO 15883 (che dettano i requisiti generali di prestazione per gli apparecchi di lavaggio e disinfezione e loro accessori, destinati ad essere utilizzati per la pulizia e la disinfezione di dispositivi medici riutilizzabili e altri prodotti utilizzati in campo medico, dentale, farmaceutico e veterinario), mentre l’operatore economico aveva offerto beni certificati UNI EN ISO 13485 – 2016 (che fissa i requisiti per i sistemi di gestione per la qualità che permettono ad una organizzazione di dimostrare la sua capacità di fornire dispositivi medici e relativi servizi che siano conformi ai requisiti dei clienti e ai requisiti regolamentari applicabili a tali dispositivi medici).

Ad avviso del Collegio, né in sede di gara, né in sede di contenzioso, l’operatore economico “ha fornito adeguata dimostrazione della equivalenza dei prodotti da essa offerti rispetto a quanto richiesto dalla lex specialis”, ribadendo così che l’onere della prova, in tal caso, è posto in capo a chi offra un bene non esattamente conforme a quanto richiesto dalla Stazione appaltante.

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12463 del 2019, proposto da
Cantel Medical (Italy) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giampaolo Delli Cicchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

CONTRO

Azienda Sanitaria Locale Roma 1, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Tommaso Di Nitto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Gramsci n. 24;

NEI CONFRONTI

Cerichem Biopharm s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giacomo Valla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

PER L’ANNULLAMENTO

1) della Deliberazione del Direttore Generale n. 799 del 22 agosto 2019, comunicata sul portale MEPA in data 2 settembre 2019, nella parte in cui è stato disposto l’affidamento alla Cerichem Biopharm s.r.l. dei Lotti n. 1 – “Detergente enzimatico proteolitico a base di miscele di tensioattivi ed enzimi indicato per la rimozione del materiale organico e la detersione/disinfezione degli endoscopi flessibili per la successiva sterilizzazione” e del Lotto n 2 – “soluzione a base di acido peracetico e/o altri principi attivi/precursori in formulazione e concentrazione idonea alla sterilizzazione di endoscopi flessibili”, della procedura negoziata, indetta con Deliberazione n. 257/2019, per l’affidamento della fornitura biennale di disinfettanti e sterilizzanti per lavaendoscopi di proprietà della ASL Roma 1 – RDO n. 2255319;

2) di tutti i verbali di gara relativi alla valutazione tecnica, ed in particolare:

– del verbale n. 3 del 23.05.2019 con cui è stata disposta un’integrazione documentale dell’offerta tecnica della Cerichem;

– del verbale n. 4 del 25.07.2019 con cui, a seguito del riscontro fornito dalla Cerichem, è stata disposta l’ammissione della odierna controinteressata alla valutazione delle offerte economiche;

3) della nota con cui il RUP ha richiesto alla Cerichem una integrazione della propria offerta tecnica;

4) del mancato riscontro all’istanza di significazione e diffida presentata dalla Cantel in data 24.09.2019;

5) di tutti gli altri atti e provvedimenti, presupposti, preparatori, connessi e/o consequenziali rispetto a quelli sopra indicati;

6) per quanto occorrer possa, della lex specialis di gara, ed in particolare degli art. 13 del Disciplinare e dell’art. 3 del Capitolato Tecnico, ove interpretati in termini tali da consentire alla Cerichem, in primo luogo, di integrare la documentazione tecnica presentata, ed in secondo luogo, di ritenere conformi alle prescrizioni di gara i prodotti da questa offerti;

PER LA CONDANNA

dell’Azienda Sanitaria Locale Roma 1, in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni subiti dalla Cantel, attraverso la reintegrazione in forma specifica, ovvero attraverso il risarcimento per equivalente;

e per la declaratoria di inefficacia

del contratto medio tempore stipulato ai sensi e per gli effetti degli artt. 121 e 122 del cod. proc. amm., con espressa dichiarazione di disponibilità al subentro nel medesimo ex art. 124 c.p.a., ove nelle more stipulato;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale Roma 1 e della società Cerichem Biopharm s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2020 il dott. Paolo Marotta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

Con deliberazione n. 257 del 19.03.2019, la A.s.l. Roma 1 ha disposto l’indizione di una procedura negoziata, ai sensi dell’art. 36 del d.lgs. n. 50/2016, per “l’affidamento, in più lotti, della fornitura di disinfettanti e sterilizzanti per lavaendoscopi di proprietà della ASL Roma 1”, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso.

La società ricorrente, che ha partecipato alla predetta procedura per il lotti nn. 1, 2 e 7, ha impugnato gli atti indicati in epigrafe con riguardo all’esito della procedura di gara per il lotto n. 1 (relativo alla fornitura di: “Detergente enzimatico proteolitico a base di miscele di tensioattivi ed enzimi indicato per la rimozione del materiale organico e la detersione/disinfezione degli endoscopi flessibili per la successiva sterilizzazione”) e per il lotto n. 2 (relativo alla fornitura di: “Soluzione a base di acido peracetico e/o altri principi attivi/precursori in formulazione e concentrazione idonea alla sterilizzazione di endoscopi flessibili”).

I predetti lotti sono stati aggiudicati alla società Cherichem Biopharm s.r.l., che ha offerto un ribasso (in termini percentuali) rispetto alla base di gara del 92,37% in relazione al lotto n. 1 ed un ribasso dell’86,49% in relazione al lotto n. 2.

La società ricorrente, classificatasi al secondo posto, ha contestato la legittimità degli atti indicati in epigrafe, con due articolati motivi.

Oltre all’annullamento degli atti impugnati, la ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni in forma specifica o, in subordine, per equivalente.

Si sono costituiti in giudizio la A.s.l. Roma 1 e la società Cherichem Biopharm s.r.l., contestando la fondatezza delle doglianze formulate dalla parte ricorrente e chiedendo conseguentemente la reiezione delle domande azionate.

Con ordinanza n. 7126/2019 è stata accolta l’istanza cautelare, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente.

Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.

All’udienza pubblica del 28 gennaio 2020, su richiesta delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Con il primo motivo, la ricorrente si duole del fatto che il Responsabile unico del procedimento, dopo essersi reso conto della non conformità dei prodotti offerti dalla società Cherichem Biopharm s.r.l., per mancanza della certificazione ISO 15883, richiesta dal Capitolato tecnico, abbia consentito alla predetta società una integrazione documentale della offerta tecnica, in violazione dell’art. 83, comma 9, del codice dei contratti pubblici e dei principi enunciati a riguardo dalla giurisprudenza amministrativa.

Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della mancata esclusione della società Cherichem Biopharm s.r.l. dalla procedura di gara, per mancanza della certificazione richiesta dalla legge di gara e dalla normativa tecnica.

Il ricorso è meritevole di accoglimento; fondato e assorbente si rivela il secondo motivo.

Il Collegio rileva che il Capitolato tecnico richiedeva che sia il prodotto offerto per il lotto n. 1 che quello offerto per il lotto n. 2 fossero conformi alla normativa EN ISO 15883.

In sede di gara, il Responsabile unico del procedimento, ravvisata la carenza della relativa certificazione, chiedeva alla società Cherichem Biopharm s.r.l. di provvedere alla integrazione della documentazione carente.

In riscontro alla richiesta del R.u.p., la predetta società si limitava a produrre una dichiarazione di equivalenza chimica e funzionale dei prodotti offerti rispetto ai requisiti richiesti dal Capitolato tecnico, una polizza assicurativa a copertura dei danni verso terzi e delle certificazioni di qualità, dichiarando di essere aggiudicataria di numerose commesse in molte Regioni italiane.

Secondo un orientamento consolidato nella giurisprudenza amministrativa, il principio di equivalenza ha lo scopo di evitare che, attraverso la previsione di specifiche tecniche eccessivamente dettagliate – in alcuni casi addirittura “nominative”, con indicazione ad esempio di un singolo brevetto, marchio o provenienza – risulti irragionevolmente limitato il confronto competitivo fra gli operatori economici, e in particolare vengano precluse offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta.

In ragione di ciò, proprio alla luce della ratio sottesa al principio di equivalenza, presupposto essenziale perché detto principio possa essere richiamato e trovare applicazione è che, sul piano qualitativo, si sia in presenza di una specifica in senso propriamente tecnico, e cioè di uno standard – espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo – capace di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, caratteristiche che possono tuttavia essere possedute anche da altro bene o servizio pur formalmente privo della specifica indicata (Consiglio di Stato, sez. V, 25 luglio 2019 n. 5258).

Sennonché, nel caso di specie, la Cherichem Biopharm s.r.l. non ha fornito adeguata dimostrazione della equivalenza dei prodotti da essa offerti rispetto a quanto richiesto dalla lex specialis.

A tale riguardo, non può essere attribuita rilevanza giuridica dirimente alla polizza per la responsabilità civile verso terzi o alle certificazioni di qualità prodotte (UNI EN ISO 9001-2015; UNI EN ISO 13485 – 2016), in quanto la prima assume rilevanza sotto il profilo della responsabilità dell’appaltatore per i danni cagionati a terzi, mentre le seconde sono certificazioni di qualità delle quali non è dimostrata l’assimilabilità a quella richiesta dal Capitolato tecnico (certificazione EN ISO 15883).

Né tantomeno può essere attribuita rilevanza giuridica alla circostanza allegata dalla società Cherichem Biopharm s.r.l. di essere aggiudicataria di altre commesse di analogo oggetto in altre Regioni, in quanto l’oggetto del presente giudizio è limitato allo scrutinio della legittimità della procedura di gara di cui sopra.

In conclusione, non essendo la documentazione prodotta idonea a dimostrare l’equivalenza dei propri prodotti rispetto a quelli richiesti dal Capitolato tecnico, la società Cherichem Biopharm s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per inidoneità della offerta, tenendo altresì conto dei limitati poteri della Commissione di gara, in relazione al criterio di aggiudicazione prescelto dalla stazione appaltante (criterio del prezzo più basso) e della particolare destinazione dell’oggetto della fornitura (i prodotti sono destinati ad essere utilizzati per la detersione/disinfezione e per la sterilizzazione degli endoscopi).

Per le ragioni sopra sinteticamente espresse, il ricorso va accolto con il conseguente annullamento (in parte qua) degli atti impugnati.

Le spese di giudizio, liquidate nel dispositivo, sono poste a carico della Amministrazione resistente; sono compensate nei confronti della società Cherichem Biopharm s.r.l.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla (in parte qua) gli atti impugnati.

Dichiara l’inefficacia del contratto eventualmente stipulato con la società Cherichem Biopharm s.r.l. e il diritto della ricorrente a subentrare nella fornitura.

Condanna la A.s.l. Roma 1 al pagamento in favore della società ricorrente delle spese di giudizio, liquidate in € 2.000,00 (duemila/00), oltre i.v.a. e c.p.a. e al rimborso del contributo unificato; spese compensate nei confronti della società Cherichem Biopharm s.r.l.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Riccardo Savoia, Presidente

Massimo Santini, Consigliere

Paolo Marotta, Consigliere, Estensore