Condono edilizio ed idoneità statica

Pubblicato il 21-01-2020
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A cura dell’Avv. Valentina Taborra

Il rilascio del condono edilizio, sia ai sensi della l. 47/1985, che ex l. 724/94 ed ex l. 326/03 è subordinato alla presentazione dei documenti previsti per legge, tra cui, per le opere abusive con volume complessivo superiore a 450 mc, del certificato d’idoneità statica delle opere eseguite.

Con la recentissima pronuncia n. 308/2020 il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto la legittimità di un provvedimento di diniego di condono, richiesto ai sensi della l. 724/1994, per mancato deposito, a seguito di specifica richiesta del Comune, del certificato di idoneità statica ex artt. 35 l. 47/1985 e 39 l. 724/1994, trattandosi di opere abusive strutturali (realizzazione dei piani seminterrato e primo) con volume complessivo superiore a 450 mc.

La necessità di presentare il certificato d’idoneità statica (CIS) a corredo dell’istanza di condono, per le opere con volume superiore a 450 mc, è stata prevista in primis dal primo condono ma poi recepita da entrambe le successive procedure straordinarie di condono:

1) l’art. 35 della l. 47/1985 al co. 3 lett. b) secondo periodo dispone “quando l’opera abusiva supera i 450 metri cubi devono altresì essere presentati, entro il termine stabilito per il versamento della seconda rata dell’oblazione (120 gg dalla presentazione della domanda co. 12 stesso art.), una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all’esercizio della professione attestante la staticità delle opere eseguite”;

2) l’art. 39 della l. 724/1994 comma 4 terzo periodo prevede “resta fermo l’obbligo di allegazione della documentazione fotografica e, ove prescritto (quindi per le opere abusive superiori ai 450 mc), quello di presentazione della perizia giurata, della certificazione di cui alla lettera b) del predetto terzo comma, nonché del progetto di adeguamento statico di cui al quinto comma dello stesso art. 35”;

3) da ultimo, l’art. 32 co. 35 lett. b) della l. 269/2003 dispone che la domanda di condono deve essere corredata “qualora l’opera abusiva supera i 450 metri cubi, da una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all’esercizio della professione attestante l’idoneità statica delle opere eseguite”.

Essendo previsto per legge l’obbligo di presentazione del certificato d’idoneità statica per le opere abusive che superino i 450 mc, il mancato deposito comporta necessariamente la legittimità di un provvedimento di diniego di condono assunto proprio in virtù di tale mancanza, comunque, tra i tre condoni, la l. 724/1994, all’art. 39 co. 4, dopo aver sancito l’obbligatorietà del CIS nelle ipotesi prescritte, al penultimo periodo, sancisce espressamente le dirette conseguenze di tale carenza prevedendo testualmente che “la mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione”.

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8179 del 2013, proposto da
Raffaella De Felice, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Antonio Di Somma, con domicilio eletto presso lo studio Studio Ars Liberalis Paglia Valentina in Roma, corso Italia, 92;

CONTRO

Comune di Scafati non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZ. STACCATA DI SALERNO -SEZIONE II, n. 583/2013, resa tra le parti, concernente diniego di concessione edilizia in sanatoria;

  • Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
  • Visti tutti gli atti della causa;
  • Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Francesco Antonio Di Somma;
  • Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tar Campania, sezione staccata di Salerno, sez. II n. 583/2013, di reiezione del ricorso proposto dalla sig.ra Raffaella De Felice avverso il diniego (d.5 ottobre 1999) opposto dal comune di Scafati sull’istanza di condono presentata ai sensi della legge 724/94, ed avente ad oggetto le opere abusive consistenti nella realizzazione del piano seminterrato e del primo piano sull’immobile di proprietà, sito i via A. Abate contrada Cappelle del Comune.

L’impugnazione è stata cumulativamente estesa alle note con le quali il Comune aveva preliminarmente richiesto alla ricorrente d’integrare la documentazione a corredo della domanda di condono.

2. Rilevata l’assenza delle certificazioni prescritte dall’art. 39, comma 4, l. 724/94, ed in particolare del certificato l’idoneità statica delle opere eseguite redatta da un tecnico abilitato all’esercizio della professione, il Tar ha respinto il ricorso.

3. Appella la sentenza la sig.ra Raffaella De Felice.

4. Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2019 la causa, su richiesta della parte, è stata trattenuta in decisione.

5. Con i motivi d’appello che, muovendo da un comune denominatore di diritto, possono essere trattati congiuntamente, la ricorrente lamenta gli errori di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nell’applicazione degli artt. 35 l.47/85 e 39 l. 724/94 laddove, avallando l’indirizzo assunto dal Comune, hanno gravato la ricorrente dell’onere di presentazione, ai fini del conseguimento del condono, di certificazione e documentazione in genere non affatto prevista dalla legge.

6. L’appello è infondato.

Le opere abusive, eseguite senza alcun titolo edilizio, consistono nella realizzazione del piano seminterrato e del primo piano dell’edificio di proprietà dell’appellante: ossia sono tipologicamente e morfologicamente riconducibili ad opere strutturali che, complessivamente considerate, superano i 450 mc. per le quali l’art. 39, comma 4, l. 724/94, prescrive, oltre l’obbligo di allegazione della documentazione fotografica, la presentazione della certificazione d’idoneità statica (CIS) di cui all’art. 35, 3° comma, lett. b) l. 47/85 nonché del progetto di adeguamento statico di cui al quinto comma dello stesso articolo 35.

6.1 Il certificato di idoneità statica (CIS) è stato introdotto dal legislatore con D.M. LL.PP del 15/05/1985, a poco meno di due mesi di distanza dall’entrata in vigore della prima legge sul condono edilizio n. 47/85.

L’adozione del decreto è stata delegata dall’art. 35 l.47/85 al fine specifico di tutelare l’assetto sismico del territorio da coordinarsi con la procedura di presentazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria prevista dalla stessa norma di legge: si stabilisce che, per le opere abusive aventi volume complessivo superiore a 450 metri cubi, è obbligatorio presentare tale certificazione, con la quale attestare l’idoneità statica da redigersi a firma di un tecnico abilitato all’esercizio della professione delle opere eseguite, senza distinzione di anzianità o titolo professionale come invece già previsto per il collaudo statico.

6.2 Va sottolineato che la presentazione del certificato di idoneità statica è stata specificamente richiesta per la procedura straordinaria del condono edilizio del 1985; e, di seguito, progressivamente estesa ai due successivi provvedimenti straordinari del secondo e terzo condono, di cui rispettivamente alla l. 724/94 e l. 326/03.

La ricorrente appellante non ha depositato presso gli uffici comunali il certificato di idoneità statica sicché trova applicazione l’art. 39, comma 4, l.724/94, laddove prescriva che “la mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione”.

6.3 Sul piano della correttezza procedimentale, non va passato sotto silenzio che il Comune, prima di opporre il diniego di condono impugnato, in ossequi0 all’art. 10 bis l. 241/90, con del 12 marzo 1996, ricevuta il 21/3/1996, del 29/6/1998, notificata il 17/7/1998 e del 19/5/1999 ha tempestivamente sollecitato la presentazione della certificazione mancante, la cui mancata produzione è esclusivamente imputabile alla ricorrente: trascorsi invano tre mesi dai solleciti, il Comune ha doverosamente adottato ai sensi della norma richiamata l’atto impugnato.

7. In conclusione l’appello va respinto, poiché infondato.

8. L’omessa costituzione in giudizio del Comune esonera dalla pronuncia sulle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Paolo Carpentieri, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere