Il Consiglio di Stato si pronuncia sull’elettrodotto Italia-Albania

Pubblicato il 1-08-2017
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A cura di Nicoletta Tradardi

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ritiene – non senza forzature – che l’elettrodotto Italia-Albania rientri nel novero delle opere per le quali è prevista a VIA regionale, non statale. E ciò poiché gli allegati al Codice dell’Ambiente, nell’indicare le opere sottoposte a via nazionale, includono i soli elettrodotti “aerei” ed a corrente continua, non anche sottomarini ed a corrente alternata:

il cavidotto che interessa … non rientra, letteralmente, in alcuna di tali previsioni del citato Allegato II, per non essere lo stesso “aereo” e, di contro, per essere esso in parte interrato e comunque operante in corrente continua (non, dunque, alternata)”. Ma un opera di tale entità non dovrebbe sfuggire alla visione unitaria e d’insieme offerta dalla VIA nazionale.

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Le valutazioni offerte dagli stessi Giudici circa il punto di approdo sono invece del tutto condivisibili: “le ritenute preferenze di un sito specifico rispetto ad un altro, le aree di naturale insediamento vegetativo delle piante di Posidonia da reputare sacrificabili a vantaggio di altre (tenuto altresì conto della non indifferente numerosità di tali aree lungo tutte le coste della Penisola) costituiscono tutti argomenti propri e tipici della discrezionalità tecnica, come tali sottratti al sindacato giurisdizionale a meno di macroscopici vizi di legittimità”.

N. 03759/2017REG.PROV.COLL.

N. 04708/2015 REG.RIC.

N. 08846/2016 REG.RIC.

N. 09503/2016 REG.RIC.

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4708 del 2015, proposto dal Comune di Polignano a Mare, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Vito Aurelio Pappalepore C.F. PPPVTI62S04A662Y, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, Via Portuense, n. 104;

CONTRO

Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Puglia, non costituita in giudizio;

NEI CONFRONTI DI

Comune di Casamassima, Comune di Conversano, Comune di Mola di Bari, Comune di Rutigliano, Comune di Turi, non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 8846 del 2016, proposto dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

CONTRO

Comune di Casamassima, rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Bagnoli C.F. BGNLRT51E25A662Y, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2;
Enel Produzione s.p.a., non costituita in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 9503 del 2016, proposto da Enel Produzione s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Marcello Cardi C.F. CRDMCL63R18D708M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Viale Bruno Buozzi, n. 51;

CONTRO

Comune di Casamassima, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Bagnoli C.F. BGNLRT51E25A662Y, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2;
Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
Soprintendenza per Beni Architettonici e Paes. Prov. Bari,Barletta-Andria-Trani e Foggia, Regione Puglia, Città Metropolitana di Bari (Gia’ Provincia di Bari), Terna s.p.a., Ministero per i beni e le attività culturali-Direzione Regionale Puglia, non costituiti in giudizio;

PER LA RIFORMA

quanto al ricorso n. 4708 del 2015:

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – Bari – Sezione I n. 623/2015, resa tra le parti, concernente autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di elettrodotto in corrente continua di interconnessione tra la rete di trasmissione nazionale italiana e la rete elettrica in alta tensione albanese;

quanto ai ricorsi nn. 8846 del 2016 e 9503 del 2016:

della sentenza del T.a.r. Puglia – Bari: Sezione I n. 1123/2016, resa tra le parti, concernente autorizzazione per la costruzione ed esercizio di un elettrodotto di interconnessione con la rete di trasmissione albanese.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei Ministeri dello sviluppo economico, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, nonché del Comune di Casamassima;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 aprile 2017 il Cons. Italo Volpe e uditi per le parti gli avvocati Vito Aurelio Pappalepore, dello Stato Andrea Fedeli, Marcello Cardi, che dichiara di essere nel mandato, e Alberto Bagnoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Col primo ricorso in epigrafe n.r.g. 4708/2015 il Comune di Polignano a Mare (di seguito “Comune di PaM”) ha impugnato, per il suo annullamento, la sentenza del Tar Puglia, Bari, n. 623/2015, depositata il 22.4.2015, di conclusione del giudizio di primo grado – con reiezione del ricorso e dell’atto di intervento – dallo stesso promosso contro la Regione Puglia, il Comune di Conversano, il Comune di Mola di Bari, il Comune di Rutigliano, il Comune di Turi, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (di seguito “Minambiente”), il Ministero dello sviluppo economico (di seguito “MISE”), nei confronti dell’Enel Produzione s.p.a. (di seguito “EP”) e con l’intervento del Comune di Casamassima.

In primo grado erano stati impugnati:

– il decreto MISE n. 239/EL155/192/2013 del 19.9.2013 di autorizzazione ed approvazione del progetto definitivo per la costruzione e l’esercizio da parte di EP di un elettrodotto a cavo per 500 KV, in corrente continua, di interconnessione con la rete di trasmissione albanese, “Casamassima-Porto Romano”, della stazione elettrica di conversione DC/380 kV denominata “Casamassima”, della stazione elettrica 380 KV di connessione RTN e dei raccordi aerei, nei Comuni di Casamassima, Conversano, Mola di Bari, Polignano a Mare, Rutigliano e Turi, in provincia di Bari;

– la deliberazione della Giunta Regionale n. 44 del 19.1.2012 di espressione dell’intesa di cui all’art. 1-sexies del d.l. n. 239/2003, e s.m., e di rilascio dell’attestazione di compatibilità paesaggistica ex art. 5.04 delle NTA del PUTT/P, in deroga alle prescrizioni di base (art. 5.07 delle NTA del PUTT/P), di per sé espressione anche di effetti di autorizzazione paesaggistica;

– la nota del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare prot. DVA – 2010 – 0031706 del 29.12.2010;

– la determinazione del Dirigente dell’Ufficio Programmazione, Politiche Energetiche, VIA e VAS del 30.7.2010, n. 409, con la quale, in conformità a quanto disposto dal Comitato regionale per la VIA nella seduta del 21.7.2010, è stato espresso parere favorevole di compatibilità ambientale per il progetto in questione;

– gli esiti della conferenza di servizi del 21.10.2010 e la nota prot. n. 19148 del 30.9.2013, nonché di tutti gli atti richiamati in ricorso, se ed in quanto lesivi, nonché di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto.

Il Comune di PaM, in primo grado, aveva tra l’altro esposto che nel marzo 2009 EP aveva presentato al MISE e al Ministero dell’ambiente e tutela del territorio del mare un’istanza ai sensi del citato art. 1-sexies del d.l. n. 239/2003, corredata di progetto tecnico definitivo, per l’autorizzazione a costruire ed esercitare un collegamento in merchant line in corrente continua da 500 KV-500 MV ed in cavo misto sottomarino-terrestre, tra l’Italia e l’Albania, nel tratto tra la nuova stazione elettrica di Casamassima e la nuova stazione elettrica di Porto Romano, in territorio albanese, e segnatamente le seguenti opere:

– un cavo marino a 500 KV in corrente continua, della lunghezza, in acque italiane, di circa 27 km con approdo in località San Vito, zona con spiaggia rocciosa a fianco del costruendo porticciolo a 2 km a nord dal centro di Polignano a Mare;

– cavi terrestri a 500 KV in corrente continua che, a partire dall’approdo e sviluppandosi essenzialmente su sede stradale, sarebbero giunti all’area della costruenda stazione di conversione nel Comune di Casamassima;

– una stazione di conversione HVDC (da corrente continua 500 KV a corrente alternata 380 KV) da ubicare nel Comune di Casamassima, in adiacenza alla nuova omonima stazione elettrica a 380 KV;

– la stazione elettrica “Casamassima” a 380 KV di connessione alla RTN, in Comune di Casamassima e in adiacenza all’omonima stazione di conversione AC/DC;

– quattro elettrodotti aerei di raccordo ai due esistenti elettrodotti RTN a 380 KV “Bari Ovest-Brindisi” e “Andria-S.ne Brindisi Sud”.

I Comuni interessati dal passaggio sarebbero stati quelli di Polignano a Mare, Conversano, Mola di Bari, Rutigliano, Turi e Casamassima.

2. In sintesi, la sentenza impugnata ha così motivato la reiezione:

– quanto ad un primo motivo, relativo alla mancanza di una VIA gestita a livello statale e coinvolgente le amministrazioni interessate, nonché al superamento del termine legale nella conclusione di quella comunque effettuata, è stato affermato che:

— non ricorrevano nella specie i presupposti per un procedimento statale di VIA (limitato, di per sé, ad opere o interventi effettuati da organi dello Stato ovvero incidenti su più regioni ovvero sull’ambiente di altro Stato UE);

— le previsioni del d.lgs. n. 152/2006 (di seguito anche “codice dell’ambiente”) riguardanti gli elettrodotti “aerei” (Allegato III, lett. z), del codice dell’ambiente) – con le quali erano peraltro coerenti quelle di cui alla l.r. Puglia n. 11/2001 (allegato A.1, lett. f) – potevano comunque trovare applicazione estensiva anche ad elettrodotto sottomarino;

— nella fattispecie ricorrevano invece i presupposti per un procedimento di VIA gestito in sede regionale o provinciale, giacchè l’opera in questione esauriva i suoi effetti territoriali nell’ambito della Puglia;

— i termini del procedimento (di autorizzazione unica, giusta art. 1-sexies del d.l. n. 239/2003, convertito, con modificazioni, dalla l.n. 290/2003) dovevano intendersi di natura ordinatoria, onde il loro superamento non determinava violazione di legge;

– quanto ad un secondo motivo, relativo alla mancanza di una VAS, nella fattispecie non ne ricorrevano i presupposti “in quanto essa si caratterizza per essere un processo sistematico di valutazione delle conseguenze ambientali di proposte pianificatorie generali, non di progetti concreti”. Di conseguenza, non occorrendo una VAS, neppure sarebbe stata necessaria la “approvazione di un nuovo Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR), in quanto funzionalmente collegata a tale procedimento”, in quanto “la natura operativa e progettuale concreta dell’operazione infrastrutturale a realizzarsi non determina la necessità di un riassetto pianificatorio degli strumenti regionali di piano in materia energetica”;

– quanto ad un terzo motivo, relativo alla criticata scelta del punto di approdo dell’elettrodotto marino in località San Vito e non in altro dei tanti, pur possibili, siti alternativi lungo la costa, ricorreva “l’esistenza di limiti alla sindacabilità, da parte del Giudice amministrativo, della valutazione tecnico-discrezionale operata dall’Amministrazione procedente in relazione a tale aspetto specifico della fattispecie”, giacchè “possono essere fondatamente censurate in sede giurisdizionale solo quelle valutazioni che presentino i caratteri della manifesta irragionevolezza, illogicità ed incongruenza o che siano inficiate da un chiaro difetto di motivazione”. Inoltre, “le indagini tecniche preliminari alla elaborazione del progetto successivamente autorizzato hanno individuato solo due possibili soluzioni alla questione del punto d’approdo del cavidotto sottomarino, una in territorio del Comune di Polignano, località San Vito, l’altra nei pressi della città di Bari, in località San Girolamo-Cozze. Tale seconda opzione, tuttavia, risultava e risulta ancora più problematica sul piano paesaggistico ed ambientale, andando ad impattare in un’area naturalisticamente qualificata dalla previsione, in essa, di un apposito S.I.C. (Sito di Importanza Comunitaria) volto alla tutela della Posidonia Oceanica”. Nella specie, poi, “Diversamente dagli altri Enti interessati, il Comune ricorrente non ha fatto pervenire alcun parere alla Regione, anche dopo essere stato sollecitato dalla stessa con nota prot. n. 10522 in data 7 settembre 2009, come documentato nel provvedimento di VIA del 30 luglio 2010. Solo, successivamente, in sede di Conferenza dei Servizi, tenutasi il 21 dicembre 2010, il Comune di Polignano si è opposto all’approdo nella zona scelta” da EP;

– quanto ad un quarto motivo, relativo ad una pretesa violazione della normativa tecnica del PUTT/P e delle relative NTA e ad un’asserita superficialità degli studi e delle scelte progettuali di EP, emergeva nella specie che la delibera GR n. 44/2012 aveva invece considerato che “non sono oggettivamente individuabili alternative localizzative di tracciato che avrebbero non interessato direttamente l’Ambito Territoriale Distinto “area litoranea”; il progetto risulta necessario e di preminente interesse nazionale e locale; sottende un rilevante interesse pubblico”.

3. Per la censura della sentenza impugnata sono stati articolati i seguenti motivi:

a) error in iudicando per inesatta individuazione della norma applicabile alla fattispecie – fraintendimento nell’interpretazione della normativa di cui all’art. 1-sexies del d.l. n. 239/2003, come sostituito in sede di conversione dalla legge n. 239/2004, e successivamente modificato dall’art. 27 della l.n. 99/2009 – erronea qualificazione giuridica della situazione di fatto;

b) error in iudicando per inesatta individuazione della norma applicabile alla fattispecie in tema di V.A.S. – fraintendimento nell’interpretazione della normativa – erronea qualificazione giuridica della situazione di fatto;

c) error in iudicando per inesatta applicazione del d.lgs. n. 152/2006, e s.m., in tema di V.I.A e della l.n. n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi – fraintendimento nell’interpretazione della normativa – difetto di motivazione, carenza ed erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti;

d) error in iudicando per inesatta applicazione della normativa del PUTT/P e delle relative NTA – fraintendimento nell’interpretazione della normativa – difetto di motivazione, carenza ed erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento di atti e di fatti.

3.1. Questi, in sintesi, gli argomenti a loro sostegno:

a.1) il Giudice di primo grado non ha colto che nel caso di specie è mancato un provvedimento di VIA da parte dell’autorità statale e che quello della Regione poteva valere al più, secondo il paradigma normativo segnalato, come un’intesa a tal proposito, rispetto alla quale, appunto, i Ministeri competenti avrebbero poi dovuto chiudere il procedimento, sottoponendo il progetto di EP ad un’effettiva loro valutazione d’impatto ambientale, che invece è mancata. In primo grado, inoltre, neppure è stata colta l’effettiva natura e dimensione del cavidotto, in ordine alle quali corre il discrimine procedurale nel quadro normativo di corretto riferimento. Nella specie, poi, EP non sarebbe ragionevolmente riuscita a realizzare il progetto nei cinque anni previsti dalla normativa applicabile né una proroga del termine sarebbe possibile giacchè immutato è ormai, rispetto al 2010, lo stato dei luoghi (per intervenuta realizzazione in loco di un porticciolo turistico) ed erano intervenuti i nuovi PPTR e Piano regionale delle coste. Erroneo è stato, infine, non aver colto la portata delle censure in ordine all’eccessiva durata del procedimento chiusosi con gli atti impugnati;

b.1) il Giudice di primo grado ha altresì errato nel non considerare corretta la tesi secondo la quale, nella specie, andava altresì acquisita la VAS, che invece è mancata, nonché modificato il vigente PEAR pugliese;

c.1) è stato poi erroneo ritenere che la scelta della localizzazione del punto di approdo sulla costa dell’opera fosse insindacabile in sede giurisdizionale (facendo difetto il parametro della manifesta irragionevolezza, l’unico al più scrutinabile), specie in considerazione del fatto che, nella specie, è mancata la necessaria pluralità delle alternative possibili, ivi inclusa quella dell’opzione zero. In concreto, essendosi postulata una (sbagliata) uniformità dell’intero litorale locale, delle due apparenti alternative offerte una sola (quella censurata) era in verità data come possibile, interferendo all’evidenza l’altra (quella di San Girolamo) con il “SIC Mare-Posidonia oceanica”, la quale molto improbabilmente poteva essere utilizzata. Né a dirsi – come invece erroneamente attestato negli atti del procedimento – che le acque marine di San Vito (sito prescelto) fossero invece già pregiudicate dal punto di vista naturalistico e balneare. E’ poi erronea la sentenza impugnata nel non aver considerato le censure riguardanti lo studio di impatto ambientale, specie in ordine alle possibili interferenze negative fra traffico dei natanti e loro ancoraggio ed opere che sarebbero insistite sul fondale a supporto del cavidotto;

d.1) erronea infine è stata la sentenza impugnata quanto alle conclusioni in ordine alle censure portate all’intervenuta violazione della normativa di settore in materia urbanistica e al fatto di non essersi essa misurata con obiettivi e finalità del nuovo PPTR.

4. Si è costituito il MISE obiettando partitamente le argomentazioni svolte col ricorso, a suo avviso da respingere.

5. Si è altresì costituita l’EP che, premessa una integrazione dei fatti di causa, rispetto a quelli esposti dal Comune di PaM col suo appello, ha in particolare eccepito la tardività del primo motivo di ricorso in primo grado (che il Giudice di prime cure non ha affrontato, ritenendolo direttamente infondato) e che ora è stato riproposto (dal che la rinnovazione esplicita dell’eccezione), atteso che, secondo EP, la VIA è stata comunque resa con d.d. n. 409 del 30.7.2010, pubblicata in pari data e non impugnata per tempo.

La parte, poi, ha passato in rassegna gli argomenti che, a suo avviso, devono condurre alla reiezione del ricorso.

6. Con ordinanza di questa Sezione n. 3042/2015, depositata l’8.7.2015, è stata sospesa l’esecutività della sentenza impugnata per una possibile “valutazione coerente ed unitaria dell’intera vicenda”, in considerazione del fatto “che sulla medesima questione, in relazione ad altri Comuni, il T.A.R. Puglia ha disposto, a suo tempo, istruttoria al fine di acquisire ulteriore documentazione, fissando a breve la data per la discussione del merito, non ancora avvenuta”, oltre che per la “necessità di un approfondimento in ordine all’individuazione dell’autorità competente a provvedere sulla VIA, tenuto conto della dimensione anche transfrontaliera dell’intervento complessivo”.

7. Poi, il Comune di PaM ha depositato memoria il 12.9.2016, riepilogando quanto già dedotto col ricorso introduttivo. EP ha depositato analogo atto l’8.9.2016.

Il 22.9.2016 entrambe le parti hanno depositato repliche alle memorie avversarie.

8. La causa, chiamata quindi alla pubblica udienza di discussione del 13.10.2016, è stata ivi rinviata a quella del 20.4.2017.

9. Col secondo ricorso in epigrafe (n.r.g. 8846/2016) il MISE, il Minambiente e il Ministero per i beni e le attività culturali (di seguito “MIBAC”) hanno impugnato la successiva sentenza del Tar Puglia, Bari, n. 1123/2016, pubblicata il 22.9.2016, che (con collegio coincidente per due terzi con quello della precedente decisione di segno contrario) ha invece accolto il ricorso proposto questa volta dal Comune di Casamassima avverso sostanzialmente gli stessi provvedimenti oggetto dell’anteriore giudizio di primo grado.

9.1. Tale sentenza ha tra l’altro riepilogato, in fatto, le seguenti circostanze:

– il 24.2.2009 il Comune di Casamassima aveva espresso parere preliminare favorevole sulla fattibilità di un collegamento elettrico proposto da 3E Ingegneria s.r.l., per incarico di EP;

– il 7.4.2009 il MISE comunicava l’avvio del procedimento per la costruzione ed esercizio delle opere relative al cavidotto introduttivamente descritto;

– il 24.4.2009 il Comune di Casamassima rilasciava parere di compatibilità dell’opera;

– il 27.7.2009 il Comitato provinciale VIA di Bari esprimeva parere favorevole alla realizzazione dell’elettrodotto;

– il 14.7.2010 EP presentava integrazioni progettuali alla Regione Puglia con “Relazione tecnica di mitigazione paesaggistica”;

– il 30.7.2010, con determina dirigenziale comprensiva di valutazione di incidenza per le aree protette (V.I.A. e V.A.S.), il Servizio ecologia della Regione Puglia esprimeva parere positivo di compatibilità ambientale, con prescrizioni;

– il 21.12.2010 la Direzione regionale Puglia per i beni culturali e paesaggistici della Puglia, del relativo Ministero, evidenziava la necessità di approfondimenti su aspetti paesaggistici del posizionamento della stazione di conversione AC/DC e della stazione 380 KV ubicata nel Comune di Casamassima, invitando EP ad individuare e proporre siti alternativi, tenuto conto di locali vincoli paesaggistici;

– in pari data, su convocazione del MISE, si teneva la Conferenza di servizi nell’ambito del procedimento unico per l’autorizzazione dell’elettrodotto. All’esito, il MISE evidenziava la necessità di acquisire il parere della già citata Direzione regionale sul progetto, con riserva di valutazione anche dei pareri delle Amministrazioni coinvolte;

– il 20.7.2011 il Servizio regionale assetto del territorio sottolineava l’opportunità di una riconfigurazione della soluzione progettuale, con soluzioni alternative per tipologia e dimensioni;

– il 14.9.2011 EP proponeva nuova variante/integrazione progettuale alla Regione Puglia, in seguito alle prescrizioni delle Amministrazioni coinvolte;

– l’8.11.2011, il Comitato regionale VIA dichiarava di poter accettare il progetto in variante di EP, ritenendo peraltro le modifiche come non essenziali rispetto alle soluzioni già oggetto del parere espresso, senza interpellare il Comune ricorrente;

– l’1.12.2011 il Servizio regionale assetto del territorio approvava la variante progettuale migliorativa, rimarcando la necessità di acquisizione del parere dei Comuni interessati e dell’attestazione di compatibilità paesaggistica dalla Giunta regionale, poi espressa con la delibera n. 44/2012;

– il 17.9.2012 la già citata Direzione regionale esprimeva parere positivo definitivo per la realizzazione del progetto, come presentato, con un serie di ulteriori prescrizioni;

– il 19.9.2013 l’impugnato decreto interministeriale n. 239/EL155/192/2013 autorizzava il progetto;

– il 27.2.2013 EP inviava alle amministrazioni il progetto modificato, come autorizzato col predetto decreto, e l’8.11.2013 il Comune di Casamassima indiceva una Conferenza di accordo di programma tra tutti gli enti interessati, ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. n. 267/2000, finalizzando la stessa alla verifica di eventuali inadempienze ed interventi surrogatori, quanto all’impatto ambientale e paesaggistico.

9.2. La sentenza, alla luce delle plurime censure del Comune di Casamassima, articolate anche con motivi aggiunti, ha poi affidato la motivazione alle seguenti principali proposizioni:

– le pur formulate richieste istruttorie (di c.t.u. o di verificazione) – volte ad assodare la difformità della progettazione finale rispetto a quella iniziale e la coerenza della progettazione rispetto ai vincoli esistenti in zona – potevano essere superate alla luce degli elementi già acquisiti ed anche per non rischiare di devolvere ad altri valutazioni proprie del Giudice;

– nella sostanza, il Comune di Casamassima si doleva di una sostanziale difformità del progetto autorizzato rispetto a quello preliminarmente sottoposto alla Conferenza di servizi e del fatto che lo stesso mai aveva rilasciato parere favorevole, per aver conosciuto il progetto definitivo solo in occasione del decreto interministeriale impugnato;

– si trattava nella specie di stabilire se il parere favorevole di compatibilità ambientale (VIA e VAS) e il conseguente decreto di autorizzazione del MISE fossero stati effettivamente rilasciati in relazione ad un progetto preliminare sostanzialmente difforme da quello definitivo;

– al riguardo, tenuto conto della distinzione tra “varianti essenziali” e non “essenziali” e della definizione delle prime data dall’art. 32 del d.P.R. n. 380/2001, nonché sia della dichiarazione confessoria del MISE sia di una sua omessa dettagliata prova su un punto nodale della controversia, emergeva che la VIA era stata rilasciata su un progetto recante modifiche sostanziali, dunque diverso da quello presentato da EP;

– ne conseguiva pertanto che sarebbe stata necessaria una ulteriore Conferenza di servizi finale con la partecipazione attiva di tutte le Amministrazioni interessate, tra cui il Comune di Casamassima che avrebbe potuto così, con parere se del caso sfavorevole, esprimere la non compatibilità paesaggistica del progetto con i vincoli insistenti in zona.

10. Con l’appello sono stati formulati motivi di violazione e falsa applicazione dell’art. 1-sexies del d.l. n. 239/2003, dell’art 32 del d.P.R. n. 22/2001 e dell’art. 52-quater del d.P.R, n. 327/2001.

Ad avviso del MISE, del Minambiente e del MIBAC:

– premesso in particolare che:

— segnatamente il MISE aveva convocato la conferenza di servizi con nota n. 23597 del 7.12.2010 – tenutasi il 21.12.2010 –, come da resoconto verbale (parte integrante del decreto autorizzativo), trasmesso a tutti i soggetti interessati con nota n. 0006060 del 23.3.2011, conferenza cui era stato invitato anche il Comune di Casamassima, che aveva già espresso parere tecnico preliminare favorevole al progetto;

— per effetto delle poi emerse necessità di migliorare la localizzazione della stazione AC/DC e della stazione elettrica, per tutelare le valenze culturali ed ambientali del territorio, EP – a seguito di suoi incontri con le Amministrazioni competenti in materia paesaggistica – aveva modificato il layout della stazione di conversione, ottenendo il parere positivo di compatibilità paesaggistica il 17.9.2012;

— la modifica del layout è consistita in un posizionamento della stazione HVDC di conversione a nord rispetto alla stazione di rete, che è stata più ad est, in modo che le due stazioni non fossero più affiancate, con un notevole ridimensionamento dell’area potenzialmente interessata dai fabbricati. Di conseguenza, sono state effettuate modifiche alle linee AT di raccordo a 380 kV della stazione 380 kV di rete, soprattutto per quanto riguarda i punti di partenza dalla stazione di rete, mentre i punti di arrivo sono rimasti invariati;

— il MISE, data la non essenzialità delle varianti rispetto al progetto, invitava con nota n. 22608 del 19.11.2012 EP ad inviare a tutte le Amministrazioni interessate le planimetrie progettuali aggiornate con il nuovo layout, anche per acquisirne valutazioni ed osservazioni. Tra i destinatari (raggiunti con nota n. 59843 del 19.12.2012) v’era anche il Comune di Casamassima, che poi non aveva fatto osservazioni sulle modifiche;

— anche le successive comunicazioni di EP, effettuate con raccomandate a/r del 4.3.2013 ai fini espropriativi nei confronti dei nuovi proprietari coinvolti dal progetto modificato, erano rimaste senza risposta. L’avviso delle modifiche progettuali era anche affisso all’albo Pretorio del Comune di Casamassima, con deposito presso la segreteria comunale della relativa documentazione dal 16.5.2013 al 5.6.2013, e pubblicato sul quotidiano La Repubblica il 16.5.2013;

– la sentenza impugnata aveva errato a ritenere:

— confessorio il comportamento del MISE, avuto riguardo al quadro normativo di necessario riferimento;

— di natura essenziale le modifiche apportate al progetto, e ciò perché:

— con esse s’è ridotta piuttosto l’area potenzialmente interessata dai fabbricati tecnici ed il loro impatto visivo sul paesaggio;

— anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che “costituisce variante essenziale, rispetto al progetto approvato, la modifica della localizzazione dell’edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell’area (Consiglio di Stato, Sez. IV, 18.12.2013, n. 6069)”;

— comunque mai il Ministero aveva “confessato” qualcosa di diverso al riguardo, piuttosto escludendo l’essenzialità di dette modificazioni progettuali.

11. Nel costituirsi, il Comune di Casamassima, con atto del 7.12.2016, oltre a difendersi ha proposto altresì ricorso incidentale.

A suo avviso:

– per un verso, è infondato l’unico motivo di appello formulato dai Dicasteri ricorrenti giacchè la sostanzialità delle modifiche progettuali derivava specificamente dalla relazione del MISE trasmessa al Tar il 16.9.2015 in esecuzione dell’ordinanza istruttoria n. 587/2015, ove si leggono – al riguardo – le parole “Categoria B-modifiche sostanziali (cartelle 7, 8, 12 14)” del progetto, senza alcuna altra precisazione. Da qui, dunque, la sua “dichiarazione confessoria”;

– per altro verso, ha errato la sentenza impugnata a non esaminare un suo motivo aggiunto (proposto con atto notificato il 16.10.2015 e riproposto con l’appello incidentale) volto ad eccepire, piuttosto, che nel caso di specie avrebbe fatto difetto un procedimento di VIA da celebrarsi in sede statale, avuto riguardo alla natura dell’opera in discussione. Procedimento che avrebbe dovuto addirittura coinvolgere anche le autorità transfrontaliere interessate, onde acquisirne i relativi pareri.

11.1. Infine, con memoria difensiva depositata il 20.3.2017 il Comune di Casamassima, riepilogando le proprie difese, rimarca che “oggetto della presente controversia è la sussistenza di modifiche sostanziali di un progetto di un’opera pubblica che in quanto tali rendevano necessaria la formazione del titolo autorizzatorio finale per la realizzazione della progettazione de qua con la rinnovazione dell’iter conclusivo della procedura (conferenza servizi finale per acquisizione della v.i.a. definitiva)” ed aggiunge che “Trattandosi di variante di progetto di o.p., non conferente al caso di specie risulta la riconducibilità della fattispecie in questione alla disciplina prevista dall’art. 32 del D.P.R. n. 380/2001 (…)che è invece norma espressamente dedicata alle “variazioni essenziali” di organismo edilizio autorizzato con permesso di costruire, ai fini dell’accertamento di un eventuale abuso edilizio”. Anche le affermazioni recate al riguardo dalla sentenza impugnata, dunque, sarebbero inappropriate.

Conclude la parte sostenendo che l’appello avversario sarebbe addirittura inammissibile in quanto non diretto a censurare la sentenza appellata lì ove essa ha ritenuto “confessorie” le indicazioni emergenti (circa la ritenuta “essenzialità” delle modificazioni progettuali) da documentazione prodotta dallo stesso MISE, oltre che per la genericità delle sue censure, in violazione dell’art. 101 c.p.a..

12. Col terzo ricorso in epigrafe (n.r.g. 9503/2016) è invece EP a proporre appello avverso la citata sentenza n. 1123/2016 affidandosi alle seguenti censure: error in iudicando, travisamento dei fatti, violazione dell’art. 64 c.p.a., violazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 380/2001, violazione delle norme sulla conferenza dei servizi di cui alla l.n. 241/1990, contraddittorietà.

Ad avviso di parte la sentenza è erronea perché essa:

– non indica alcuna dichiarazione confessoria del MISE sull’asserita sussistenza di varianti essenziali al progetto;

– inverte, in violazione dell’art. 64 c.p.a., l’onere della prova, accollando al MISE una dimostrazione che, invece, sarebbe dovuta spettare al Comune di Casamassima, quando poi il Dicastero, invece, aveva pur fornito i chiarimenti chiesti dai primi Giudici;

– non ha colto che:

— le contestate modificazioni erano state proprio chieste, il 3.3.2010, dalla Regione Puglia (Ufficio Programmazione VIA) e, il 21.12.2010, dalla Direzione regionale Puglia per i beni culturali e paesaggistici, ossia proprio dalle Autorità preposte alla valutazione di impatto ambientale e paesaggistico;

— le stesse avevano comunque prodotto una riduzione della superficie occupata dagli edifici tecnici accessori per l’innesto in rete della corrente portata dal cavidotto marino;

— le stesse non erano “essenziali”, come attestato dal verbale 8.11.2011 del Comitato VIA, che “(…)ritiene di poter accettare il progetto quale variante non essenziale al parere già espresso in quanto migliorativo e a vantaggio degli interessi collettivi (…);

— a quel punto non avrebbe avuto senso aggravare il procedimento col rinnovo di una conferenza di servizi, tenuto tra l’altro conto dell’art. 14-quater della l.n. 241/1990;

— il Comune non aveva titolo ad esprimersi sulla “compatibilità paesaggistica del progetto con i vincoli insistenti nel territorio”, essendo questa una valutazione propria del MIBAC, il quale peraltro s’era espresso favorevolmente;

— un eventuale dissenso del Comune di Casamassima in ulteriore conferenza di servizi non avrebbe potuto condizionarne l’esito, potendo ciò fare solo gli enti portatori di interessi di tutela ambientale e paesaggistica

12.1. EP ha quindi depositato memoria il 18.3.2017 a riepilogo delle proprie difese.

13. Il Comune di Casamassima, con memoria del 20.3.2017, ha in particolare obiettato che l’avversaria censura di violazione dell’art. 64 c.p.a., in quanto meramente assertiva, è inammissibile per genericità, piuttosto essendo vero il contrario, ossia che i primi Giudici avevano rispettato la ripartizione dell’onere della prova, peraltro chiedendo proprio loro al MISE le puntualizzazioni dalle quali era poi emerso il profilo confessorio innanzi detto.

La parte ha altresì resistito all’avversaria deduzione relativa al fatto che non spettasse al Comune pronunciarsi su aspetti paesaggistici e che non fosse necessaria la conferenza di servizi conclusiva, posto che non si verteva in tema di fattispecie relativa ad atti vincolati.

13.1. Con memorie depositate il 30.3.2017 EP e il Comune di Casamassima hanno scambievolmente replicato.

Sottolinea la prima, in particolare, che il Comune avversario:

– trascura il fatto che le modifiche progettuali si erano risolte in una riduzione della superficie occupata dagli edifici da realizzare e, anzi, esso non contesta questa circostanza, che perciò diventa incontrovertibile ai sensi dell’art. 64, co. 2, c.p.a.;

– non affronta la questione tematica di come una riduzione della superficie da occupare possa costituire variante essenziale, da sottoporre nuovamente ad approvazione;

– dimentica che l’affermata inconferenza delle deduzioni desumibili dall’art. 32 del TU edilizia nasce, non da tesi difensive di EP, bensì proprio dalla motivazione della sentenza impugnata, onde le avversarie obiezioni al riguardo sono inammissibili, giacchè esse – per essere considerate – avrebbero dovuto formare oggetto di appello incidentale, cosa non avvenuta;

– trascura che non vale, ora, teorizzare su quello che sarebbe potuto essere il suo contegno nell’eventuale conferenza di servizi finale, dato che “non può darsi luogo a “scenari ed esiti che sono invece meramente ipotetici”” e che “la illegittimità di un modulo organizzativo prescelto potrebbe rilevare soltanto laddove abbia arrecato un vulnus ai diritti partecipativi che essa era deputata a rispettare”, stando a CdS, IV, 27.3.2017, n. 1392.

Sottolinea il secondo:

– fatti e sue tesi argomentative precedenti, specie inerenti il fatto che, nella specie, il decreto autorizzatorio annullato in primo grado è stato adottato dopo la conclusione di un procedimento di VIA illegittimamente affidato alla competenza dell’amministrazione regionale, senza considerare le previsioni normative che viceversa stabiliscono la competenza ministeriale;

– era stata in fin dei conti questa Sezione, nella sede cautelare riguardante il primo dei ricorsi in epigrafe, a rilevare la dimensione transfrontaliera dell’intero progetto in questione, con ogni possibile influenza sull’effettivo procedimento di VIA che si sarebbe dovuto seguire;

– la conferenza di servizi tenutasi, cui il Comune di Casamassima non ha partecipato, ha avuto ad oggetto un progetto diverso da quello definitivamente approvato, per cui non è possibile trarre da quella mancata partecipazione conclusioni preclusive, ora, delle giuste aspettative procedimentali dell’ente locale;

– i pareri di compatibilità ambientale e paesaggistica, effettivamente acquisiti nella fattispecie, potevano al più valere come attività prodromica all’acquisizione dell’intesa necessaria tra Amministrazioni locali. Invero, la partecipazione a detta conferenza, per come svolta, ha realizzato un momento di apporto consultivo in ordine alla conformità urbanistica del progetto, non piuttosto la manifestazione di una volontà propria e finale degli enti locali.

14. Le cause quindi, chiamate alla pubblica udienza di discussione del 20.4.2017, sono state ivi trattenute in decisione.

15. Preliminarmente, attesane l’opportunità, occorre procedere alla riunione del primo agli ulteriori dei ricorsi in epigrafe giacchè, per quanto aventi ad oggetto sentenze formalmente diverse e, per di più, di risultato antinomico, essi vertono su un progetto assolutamente unitario dal punto di vista funzionale e finalistico, oltre a coinvolgere in modo prioritario identiche parti.

16. Vale poi insistere nel sottolineare le caratteristiche di assoluta unitarietà del progetto di EP, costituito dalla realizzazione di un cavidotto per adduzione di energia elettrica in corrente continua, sottomarino e congiungente l’Italia e l’Albania, nonché – per la parte a terra – eminentemente delle linee aeree e delle strutture immobili (stazioni di conversione e connessione) di interconnessione della nuova linea elettrica con quella nazionale esistente.

E vale poi altresì osservare che l’unitarietà dell’opera avrebbe dovuto suggerire la riunione dei ricorsi fin dal loro primo grado, onde evitare l’incongruenza – a fronte pure di un iter procedurale amministrativo altrettanto unitario – dei risultati raggiunti dalle sentenze impugnate (nn. 623/2015 e 1123/2016) antitetici tra loro e tali che, di fatto, la seconda pronuncia sterilizza la prima, se è vero che – data la predetta unitarietà del progetto – alcun senso avrebbe avuto la costruzione del cavidotto senza le sue strutture di collegamento con la rete elettrica nazionale.

17. Ciò posto, introduttivamente, occorre poi osservare in via preliminare gradata che il progetto unitario in discorso non può essere considerato idoneo ad impattare negativamente sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea per la semplice considerazione che l’Albania non è parte di tale Unione.

Ne discende che le norme in materia di VAS contenute nella parte seconda del codice dell’ambiente di cui al d.lgs. n. 152/2006 non possono ritenersi di diretta applicazione ad un caso quale quello in esame, avuto riguardo alla matrice europea dei principi e delle norme uniformi cui detto codice si ispira e delle quali esso funge da strumento di trasposizione nell’ordinamento nazionale.

Ma poi, ancor più a monte sul piano logico, occorre escludere che nella fattispecie non vi sia stata già una valutazione non sfavorevole della attuabilità del progetto in discorso da parte dell’Albania, tenuto conto della considerazione che l’Italia e, per essa, EP mai avrebbe potuto unilateralmente imporre al Paese straniero l’esecuzione di tale progetto né ipotizzare di attuarlo in mancanza della volontà di cooperazione e collaborazione da parte dello stesso.

E’ evidente, infatti, che il posizionamento del cavidotto di attraversamento del mare Adriatico implica un’inevitabile invasione delle acque territoriali del Paese extraeuropeo e l’installazione delle stazioni di conversione e connessione alla locale rete elettrica implica a propria volta il posizionamento di strutture immobili su suolo straniero, ossia interventi che mai sarebbero stati razionalmente concepibili se, prima, non vi fosse stato al riguardo il consenso delle competenti Autorità di tale Paese.

Un consenso (già evidentemente manifestatosi nelle opportune sedi) che, nel caso di specie, nessuna parte processuale risulta aver messo, comprovatamente, anche solo in discussione.

Dunque, nel caso di specie non risulta che possa farsi questione applicativa dell’art. 32 del codice dell’ambiente, per quanto l’Albania risulti essere parte della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (Convenzione di Espoo), conclusa a Espoo il 25.2.1991 ed oggetto della l.n. 640/1994 di relativa ratifica ed esecuzione.

Le considerazioni che precedono valgono, dunque, a stemperare altresì la portata della parte (peraltro meramente incidentale) della ordinanza di questa Sezione n. 3042/2015, allusiva alla “dimensione anche transfrontaliera dell’intervento complessivo”. Un inciso che, a sostanziale avviso degli enti locali qui agenti, avrebbe testimoniato (con operazione estrapolativa più connotata da suggestione che non da ancoraggi argomentativi tangibili) un già percepibile orientamento della Sezione a ritenere non rispettato nella fattispecie, per quanto di rilievo, il codice dell’ambiente.

A corollario, infine, valga osservare che le intese preventivamente (ed evidentemente già) raggiunte con lo Stato estero, quanto alla realizzazione dell’unitario progetto in questione, escludono in radice che nella specie potesse essere poi presa in considerazione, in sede procedurale amministrativa, la c.d. “opzione zero”.

Fatto, questo, che allora destituisce altresì di fondamento, in radice, l’obiezione (v. sub 3.1., c.1), supra, quanto alla localizzazione del punto di approdo del cavidotto) pur avanzata al riguardo dal Comune di PaM. Obiezione secondo la quale, ove fosse stata valorizzata l’astrattamente possibile “opzione zero”, il cavidotto non avrebbe avuto, allora, alcun punto di approdo.

18. Il Collegio, poi, reputa che la sentenza n. 623/2015 debba essere confermata, pur se con motivazione parzialmente diversa.

18.1. Fulcro della controversia chiusasi con tale pronuncia – esclusa ormai la questione di cui al precedente punto 17 – sono basicamente due argomenti, secondo la prospettazione del Comune di PaM:

– che nella specie si sarebbe dovuta rispettare la procedura di VIA-VAS nazionale, prevista dal codice dell’ambiente;

– che inoltre la procedura pur concretamente seguita non avrebbe preso in considerazione le componenti contrarie alla realizzazione del progetto che sarebbero derivate dalle normative ambientali e territoriali-urbanistiche locali.

All’evidenza, il secondo argomento è parzialmente racchiuso – per continenza – nel primo.

18.2. Non convince in particolare, della sentenza impugnata n. 623/2015, il secondo dei brani sotto riportati (oltre che la connessa deduzione applicativa connessa al richiamo giurisprudenziale di cui al quarto brano):

L’allegato III (… del codice dell’ambiente, n.d.r.), alla lett. z), contempla tra le opere sottoposte a VIA, in particolare, “gli elettrodotti aerei per il trasporto dell’energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 KV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km”.

Attraverso l’utilizzo di una lineare lettura estensiva del dato normativo in questione (ciò che viene disposto sul piano autorizzativo per un elettrodotto aereo può valere anche per un elettrodotto sottomarino) il progetto infrastrutturale di cui al presente giudizio può essere fatto rientrare nella previsione in esame.

Allo stesso modo, anche l’allegato A.1 lett. f, della legge regionale Puglia n. 11/2001 espressamente prevede la competenza della Regione, per l’autorizzazione alla realizzazione di “elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km”, come nel caso di specie.

Secondo il Consiglio di Stato, “la rilevanza nazionale o regionale dell’opera agli effetti della individuazione di competenza alla verifica di impatto va stabilita unicamente in ragione della dimensione geografica e dell’incidenza dell’intervento sulle componenti del territorio” (cfr., in particolare, Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 8234/2003 e n. 2572/2002).”.

18.3. Occorre ricordare che di quelli del codice dell’ambiente l’Allegato II, rubricato “Progetti di competenza statale”, novellato nel 2008 (e vale rammentare che l’iter amministrativo del progetto di EP si è avviato nel 2009), i punti 4-4-ter recitano testualmente così:

4) Elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km ed elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri.

4-bis) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km.

4-ter) Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km, qualora disposto all’esito della verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20.”.

Poi, dell’Allegato III dello stesso codice, rubricato “Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, la lettera z) (novellata nel 2009 e nel 2012) recita testualmente così:

z) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km.”.

18.4. Deve allora osservarsi che il cavidotto che interessa il Comune di PaM non rientra, letteralmente, in alcuna di tali previsioni del citato Allegato II, per non essere lo stesso “aereo” e, di contro, per essere esso in parte interrato e comunque operante in corrente continua (non, dunque, alternata).

Giacchè “non aereo”, la tipologia di cavidotto in argomento, poi, non rientra per la verità neppure nella ricordata previsione dell’Allegato III del codice dell’ambiente. Per vero, una volta interconnesso alla rete elettrica nazionale, attraverso le apposite stazioni terrestri di conversione e connessione, v’è pure da dubitare che il cavidotto in argomento – almeno fino al limite delle acque territoriali – non sia effettivamente anch’esso parte della “rete elettrica di trasmissione nazionale”.

In materia, pena altrimenti il rischio di indistinti connubi e grossolane generalizzazioni, non si reputa che possa farsi ricorso a “l’utilizzo di una lineare lettura estensiva del dato normativo in questione”, come invece affermato dalla prima delle sentenze impugnate.

Stando piuttosto al dato normativo letterale – cui occorre rifarsi primariamente sul piano ermeneutico – quanto in particolare al cavidotto in questione è da escludere che il suo progetto di realizzazione dovesse sottoporsi ad un procedimento di VIA statale.

Con il che cadono, risultando infondate perché ancorate ad un presupposto logico-giuridico contrario, ma non testualmente riscontrabile e, dunque, persuasivo, tutte le censure (v. sub 3.1, a.1), supra) del Comune di PaM che, invece, puntano a rilevare l’assenza (a suo dire invalidante) nella specie di una procedura amministrativa di VIA condotta a livello ministeriale e, perciò, statale.

Poi, secondo lo stesso approccio ermeneutico, il progetto di cavidotto non doveva, ragionevolmente, neppure essere sottoposto ad un procedimento di VIA regionale.

18.5. Tuttavia, nei fatti, la componente di progetto relativa al cavidotto è stata sottoposta al procedimento di VIA regionale e, in esso, la stessa ha ricevuto avvisi favorevoli.

Al riguardo le censure del Comune di PaM ruotano tutte, in pratica, intorno alla scelta del punto di approdo a terra del cavidotto sottomarino. Fosse tale scelta caduta altrove, detto Comune non avrebbe avuto alcun interesse a reagire.

In proposito sono condivisibili le argomentazioni della sentenza impugnata in discorso secondo le quali le scelte amministrative riguardanti tale punto di approdo, le ritenute preferenze di un sito specifico rispetto ad un altro, le aree di naturale insediamento vegetativo delle piante di Posidonia da reputare sacrificabili a vantaggio di altre (tenuto altresì conto della non indifferente numerosità di tali aree lungo tutte le coste della Penisola) costituiscono tutti argomenti propri e tipici della discrezionalità tecnica, come tali sottratti al sindacato giurisdizionale a meno di macroscopici vizi di legittimità che tuttavia, nella specie, né sono stati precisamente indicati dal Comune di PaM né conseguentemente sono rilevabili dagli atti della procedura resi disponibili nel corso del giudizio.

All’opposto, dal materiale acquisito emerge che i temi cari alla difesa comunale, a questo riguardo, sono stati affrontati in sede procedimentale e risolti, appunto, con l’individuazione del punto di approdo del cavidotto in territorio del Comune di PaM (esclusa la c.d. “opzione zero”, per le ragioni dianzi espresse) come quello, in fin dei conti, meno critico dal punto di vista dell’impatto ambientale lungo tutto il tratto di costa astrattamente considerabile, nei limiti peraltro di un segmento grafico di costa non esageratamente esteso né estensibile, pena altrimenti la stessa logica praticabilità (per convenienza ed esigenze tecniche) del progetto di EP nel suo complesso.

18.6. Non persuadono le residue censure del Comune di PaM.

Non quella di cui sub 3.1, b.1), supra, tenuto conto della condivisibilità, sul punto, delle motivazioni della sentenza impugnata, secondo la quale (correttamente) il progetto presentato da EP aveva natura puntuale, concreta e non rilevante piuttosto in ottica pianificatoria, per la quale ultima allora si sarebbe potuto far questione della necessità di una revisione di piani e programmi (v. art. 5, co. 1, lett. a), del codice dell’ambiente) statali in materia rete nazionale elettrica.

Nella specie, invero, quello proposto da EP altro non è stato che un progetto di concreto e specifico (verosimile) prolungamento di detta rete (almeno fino al limite delle acque territoriali), non incidente su pianificazioni e programmazioni pluriennali.

Neppure quella di cui sub 3.1., d.1), supra, in quanto, tenuto conto della tipologia sotterranea del cavidotto in argomento (almeno per il breve tratto di attraversamento interrato della costiera, senza peraltro opere di alterazione superficiale della stessa), oltre che della prossimità del suo punto di approdo ad area comunale già strutturalmente immutata dal punto di vista edilizio, non si ravvedono – nè l’ente locale ha mostrato di essere in grado di indicarle puntualmente – quali dovessero essere le caratteristiche dell’intervento suscettibili di implicare previe revisioni della pianificazione territoriale di zona.

19. Gli argomenti sopra esposti, relativi alla non riconducibilità dell’unitario progetto proposto da EP (non scindibile in procedimenti amministrativi separati, dato che cavidotto e sue strutture di interconnessione alla rete elettrica nazionale già esistente non potevano logicamente e funzionalmente venire separati, data l’inutilità del primo senza altresì la realizzazione delle seconde) al perimetro applicativo del codice dell’ambiente riguardante i “progetti di competenza statale” (avuto altresì riguardo all’assoluta predominanza della componente cavidotto nell’ambito dello schema progettuale di EP), valgono ad escludere la fondatezza delle censure (ri)proposte dal Comune di Casamassima col suo appello incidentale a quello principale indicato per secondo in epigrafe.

L’occasione vale peraltro ad aggiungere, in argomento, che nella specie le competenze istituzionali sostanzialmente sottese dalle disposizioni di cui all’Allegato II del codice dell’ambiente (competenze statali) possono dirsi essere state pienamente rispettate, visto che in definitiva il progetto complessivo predisposto e presentato da EP è stato, in ultimo, autorizzato e approvato con decreto del MISE (n. 239/EL155/192/2013 del 19.9.2013).

Decreto, questo, che ha fatto proprie anche tutte le risultanze istruttorie antecedenti, ancorchè svoltesi materialmente nelle forme di un procedimento di VIA condotto a livello regionale.

20. Il secondo ed il terzo appello in epigrafe (avverso la sentenza n. 1123/2016) hanno ad oggetto, quale questione nodale di fondo, il fatto che il Comune di Casamassima contesta che la componente progettuale relativa alla (sola, giacchè per il resto del progetto, riguardante il cavidotto, detto Comune non poteva avere interesse a dolersi) realizzazione agli edifici di conversione e connessione elettrica destinati ad insistere nel suo territorio, come definitivamente approvata dal MISE, sarebbe stata sostanzialmente diversa da quella oggetto della documentazione progettuale preliminare, posta a base dell’unica Conferenza di servizi tenutasi ed in ordine ai cui risultati esso Comune non aveva avuto alcunchè da ridire.

In altri termini, posto che l’iter procedurale effettivamente svoltosi non aveva incluso una seconda e conclusiva Conferenza di servizi (della quale il Comune attendeva la celebrazione e alla quale lo stesso si aspettava di essere invitato), pur dopo mutamenti effettivamente intervenuti in alcune parti del progetto (ovviamente per il segmento d’interesse per Casamassima), ad avviso dell’ente locale quell’iter procedurale sarebbe rimasto monco, onde illegittimo sarebbe stato il decreto ministeriale di finale autorizzazione ed approvazione del progetto complessivo (ivi inclusa la sua parte nuova).

20.1. In proposito, la sentenza impugnata non risulta condivisibile e fondati, invece, appaiono i convergenti appelli del MISE, del Minambiente e del MIBAC, oltre che di EP, i quali pertanto meritano accoglimento.

20.2. Preliminarmente deve rilevarsi la non persuasività della eccezione del Comune di Casamassima relativa ad una ritenuta inammissibilità del secondo appello in epigrafe, proposto dai predetti Dicasteri, per asserita sua genericità e, in particolare, per mancata censura della sentenza appellata n. 1123/2016 lì ove essa ha ritenuto “confessorie” le indicazioni emergenti (circa la ritenuta “essenzialità” delle modificazioni progettuali) da documentazione prodotta dallo stesso MISE.

Al contrario, i contenuti del gravame in questione risultano più che sufficienti a ricostruire l’impianto impugnatorio e, diversamente da quanto ex adverso sostenuto, la contestazione delle parti di motivazione della decisione dedicate alla presunta “confessione” derivante dalla documentazione del MISE acquisita al giudizio è più che adeguatamente evidenziata nella sua portata censoria.

20.3. L’argomento fondamentale su cui regge la sentenza in discorso è costituito dal fatto che, ad avviso dei primi Giudici, le parole “modifiche sostanziali” (del progetto), estrapolate dalla titolazione di un documento ministeriale prodotto in causa in esecuzione di un adempimento istruttorio ordinato dal Collegio di primo grado, in aggiunta al fatto che l’insieme delle produzioni in tal modo acquisite non sarebbe stato soddisfacente (rispetto alla richiesta di indicazione di se e di quanto il progetto finale di EP fosse difforme rispetto a quello che aveva formato oggetto della Conferenza di servizi), costituirebbero ammissione rispetto agli assunti del Comune di Casamassima: ossia che effettivamente le modificazioni progettuali vi sarebbero state, che esse sarebbero state significative e che pertanto il progetto immutato avrebbe dovuto formare oggetto di una ulteriore e finale conferenza di servizi.

20.4. Vale sottolineare innanzi tutto che le modificazioni in argomento hanno riguardato la componente “terrestre” dell’unitario progetto di EP e, in particolare, la conformazione e la dislocazione delle costruzioni costituenti le stazioni di conversione e connessione elettrica necessarie a congiungere il cavidotto alla rete elettrica nazionale già esistente.

Una rete, quest’ultima, che peraltro era già dotata – all’epoca dei fatti di causa – di installazioni a terra nel territorio del Comune di Casamassima, preesistenti alla stessa proposizione del progetto da parte di EP.

20.5. Ebbene, il fatto che detto progetto abbia subito modificazioni in parte qua è circostanza assolutamente non contestata né dai Dicasteri appellanti né da EP e, dunque, deve essere assunta come non controversa, in quanto tale.

Del resto, l’ampia ricostruzione dei fatti salienti di causa, introduttivamente effettuata, rende idonea testimonianza a questo riguardo.

20.6. Tuttavia, il dato significativo che riguarda tali modificazioni, e che il Comune di Casamassima non tiene in adeguata considerazione, è costituito dal fatto che le stesse non sono state unilateralmente volute ed apportate da EP quanto piuttosto ad essa imposte dalle circostanze del caso, ossia dalle diverse richieste condizionanti (l’assenso al progetto) che alla società sono state rivolte nel corso dell’iter procedurale istruttorio e a valle della Conferenza di servizi (prima della quale, peraltro, il progetto preliminare aveva ricevuto le sopra ricordate manifestazioni di assenso da parte del Comune) proprio in chiave di miglioramento dei tratti morfologici e di dislocazione delle stazioni elettriche innanzi dette.

Ed il fatto che la documentazione prodotta in causa per ordine dei primi Giudici riporti, in una delle sue schede, la dizione “modifiche sostanziali” non vale a affatto significare– ad avviso di questo Collegio – che il progetto fosse divenuto diverso, rispetto a quello originario, al punto da dover necessitare (in pratica) una sua riapprovazione corale quanto piuttosto a rendere più facilmente percepibili (come del resto chiesto proprio dai primi Giudici) i tratti di novità migliorativa (i.e., riduzione ed abbassamento della sagoma delle nuove strutture edilizie tecniche, allontanamento delle stesse da quelle preesistenti, onde evitare un agglomerato strutturale più compatto ma per questo più invasivo e perciò di maggior impatto, riduzione della superfice di terreno coinvolto dalla loro costruzione) e, dunque, di satisfattività del progetto finale (in parte qua) rispetto a quello esaminato in prima battuta dagli enti interessati.

20.6.1. Poi, da un punto di vista più strettamente giuridico, tenuto conto che, in sostanza, è confessoria una dichiarazione di scienza di fatti sfavorevoli ad un parte e favorevoli, di contro, a quella avversaria (ed alle sue tesi), non può ritenersi – come invece fatto nella specie dai primi Giudici – che, per forma, tempi e contenuti le rappresentazioni documentali ostese dal MISE di cui s’è detto avessero quella specifica capacità di ammissione che, invece, è stata loro attribuita.

E ciò, tra l’altro, perché nella fattispecie non c’era in verità nulla da confessare che non fosse già sostanzialmente noto, ossia che modificazioni progettuali c’erano state, che esse erano state pretese nei riguardi di EP e che le stesse fossero “sostanziali” nel senso della loro adeguatezza rispetto alle esigenze per le quali erano state volute (anche nell’interesse dello stesso Comune di Casamassima).

20.7. Se inoltre si tiene conto del fatto che obiettivo massimo del Comune di Casamassima era intuibilmente quello di non dover affatto ospitare nel proprio territorio alcuna stazione elettrica servente il prolungamento della rete (costituito dal cavidotto), si comprende come oltremodo superflua (anche in termini di appesantimento procedimentale) sarebbe stata – una volta verificata la predisposizione delle modificazioni sostanzialmente migliorative del progetto da parte di EP – la convocazione di una ulteriore conferenza di servizi, in seno alla quale detto Comune avrebbe verosimilmente rinnovato il proprio individuale dissenso.

Del resto, come riportato al punto 9.1 che precede, in fine, e non disconosciuto in punto di fatto dal Comune di Casamassima, anche questo ente locale aveva ricevuto la trasmissione da parte di EP di copia del progetto modificato, onde di esso aveva già avuto modo di coglierne i nuovi contenuti.

Ove poi, in ipotesi, l’ulteriore conferenza di servizi si fosse effettivamente celebrata ed in essa il Comune di Casamassima avesse nuovamente manifestato dissenso, chiedendo ulteriori modificazioni progettuali, non è chi non veda allora quale sorta di meccanismo dilatorio (e fondamentalmente non concludente) si sarebbe innescato, non suscettibile di trovare una propria fine (chiaro essendo che, rispetto ad una soluzione progettuale, per quanto migliorata, è pur sempre possibile – da parte di chi non lo gradisce affatto – ideare modificazioni nuove ed aggiuntive, che costringono il progettista a ripartire con i suoi lavori ideativi o, piuttosto, a desistere).

21. In conclusione, l’appello del Comune di PaM deve essere respinto e, con le parzialmente diverse motivazioni di cui sopra, dev’essere confermata la sentenza di primo grado n. 623/2015 mentre vanno accolti il secondo ed il terzo appello in epigrafe, con reiezione dell’appello incidentale dell’ente locale resistente, e per l’effetto, in riforma della sentenza n. 1123/2016, deve essere respinto l’originario ricorso di primo grado del Comune di Casamassima.

Le spese del giudizio, nel rispetto del principio di soccombenza, sono regolate nel seguente modo:

a) quelle del doppio grado, relative al giudizio riguardante il Comune di PaM, sono liquidate in complessivi euro 15.000,00, oltre accessori di legge, in favore di EP ed in complessivi euro 15.000,00, oltre accessori di legge, in favore dei Ministeri resistenti, in solido fra loro, con onere di pagamento a carico del predetto ente locale;

b) quelle del doppio grado, relative al giudizio riguardante il Comune di Casamassima, sono liquidate in complessivi euro 5.000,00, oltre accessori di legge, in favore di EP ed in complessivi euro 5.000,00, oltre accessori di legge, in favore dei predetti Dicasteri appellanti, in solido fra loro, con onere di pagamento a carico del predetto ente locale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, così provvede:

a) respinge, per le ragioni di cui in motivazione, l’appello proposto dal Comune di Polignano a Mare;

b) accoglie gli ulteriori due appelli in epigrafe, rispettivamente proposti dal Ministero dello sviluppo economico e da Enel Produzione s.p.a.;

c) respinge l’appello incidentale proposto dal Comune di Casamassima;

d) per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza n. 1123/2016, respinge l’originario ricorso in primo grado proposto da detto Comune;

e) condanna il Comune di Polignano a Mare a rifondere le spese di questo grado di giudizio ai ministeri appellati, in solido dal lato attivo fra loro, liquidandole in complessivi euro 15.000,00, oltre s.g. e accessori di legge, e compensando le spese rispetto alle altre parti di detto gravame;

f) condanna il Comune di Casamassima a rifondere le spese del doppio grado di giudizio ai ministeri appellanti nonché all’appellante Enel Produzione s.p.a., liquidandole in complessivi euro 10.000,00, oltre s.g. e accessori di legge, in favore di detti ministeri, in solido dal lato attivo fra loro, nonché in complessivi e ulteriori euro 10.000,00, oltre s.g. e accessori di legge, in favore di Enel Produzione s.p.a., ponendo il relativo onere di pagamento a carico del predetto Ente locale appellato e ricorrente in prime cure e compensandole relativamente alle altre parti di tali due gravami.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Ermanno de Francisco, Presidente

Bernhard Lageder, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Francesco Mele, Consigliere

Italo Volpe, Consigliere, Estensore