Il TAR della Lombardia sull’esercizio del potere discrezionale in sede di imposizione di un vincolo da parte del MIBACT  (una prima possibile lettura sulla questione Stadio Tor di Valle?)

Pubblicato il 23-03-2017
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A cura dell’avv. Nicoletta Tradardi

Pubblichiamo la recente sentenza del Tar Lombardia, Milano, sez. IV, n. 443 del 24.02.2017, che ha definito, in primo grado, la controversia relativa al Velodromo di Milano, Maspes – Vigorelli.

Anche Lexitalia rilancia l’articolo a questo link.

La vicenda trae origine dalla decisione, assunta dal comune di Milano, di promuovere la valorizzazione ed il recupero dell’impianto; questa scelta aveva condotto alla indizione di un bando europeo per un concorso internazionale di progettazione per la riqualificazione dell’impianto.

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Il progetto vincitore prevedeva una struttura polisportiva e polifunzionale, con, tuttavia, sia la demolizione degli spalti delle curve, sia l’eliminazione della storica pista in legno per il ciclismo; ove l’intervento fosse stato realizzato, sarebbe rimasta esclusa la stessa disciplina sportiva caratterizzante l’impianto. Ciò avrebbe comportato la creazione di una struttura sostanzialmente nuova, senza più l’elemento (la pista in legno), che ha qualificato la storia del Velodromo.

Per tale ragione, la Direzione Regionale per la Lombardia del Ministero per i Beni Culturali aveva emesso, nel 2013, un decreto di vincolo, con il quale il velodromo, e, nello specifico, la pista, venivano dichiarati di interesse storico, storico – relazionale e storico identitario particolarmente importante, ai sensi dell’art. 10 co.3 lett. d del d.lgs. n. 42 del 22.01.2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio. Quest’ultima norma riconosce la qualifica di bene culturale a “le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimoniane dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose”.

Il comune di Milano aveva promosso un ricorso al Tar avverso il decreto di vincolo del Mibac, definito con la sentenza qui annotata, con la quale è stata respinta l’azione dell’Amministrazione comunale ed è stata confermata la legittimità del provvedimento.

La pronuncia, dopo aver ricordato come il ciclismo sia stato per lungo tempo uno sport molto popolare in Italia e Milano fosse considerata, all’epoca, la capitale di questa disciplina, rammenta che il Velodromo fu da subito apprezzato per la sua pista lignea e che esso ha rivestito negli anni un ruolo importante, ospitando numerose gare internazionali. Questi fatti, continuano i Giudici, dimostrano come il ciclismo sia stato un fenomeno di costume, di identità della storia delle istituzioni collettive; il Velodromo, come luogo che ha ospitato le manifestazioni ciclistiche, e la pista di legno, che ne costituisce l’elemento caratterizzante, assumono, perciò, la valenza di bene culturale, come testimonianza delle tradizioni e dell’identità collettiva nazionale.

L’attribuzione della qualifica di bene culturale prescinde, quindi, dalle caratteristiche tecniche – architettoniche del singolo bene, pur se nella fattispecie il Mibac ha apprezzato anche i profili strutturali.

Nella richiamata prospettiva, non incide, al fine di precludere la dichiarazione di bene culturale, l’eventuale stato di manutenzione non ottimale dell’immobile, né l’eventuale persistenza, al momento della imposizione del vincolo, dell’uso originario, in relazione al quale è prevista la tutela (cfr. per un precedente, Consiglio di Stato Sez. VI, sent. n. 5455 del 10.09.2009).

Sotto tale punto di vista, il Tar Lombardia segnala come il decreto di vincolo non intende impedire la valorizzazione, anche economica, dell’impianto, né è ostativo ad interventi edilizi, previa autorizzazione della Soprintendenza, purché venga mantenuta la componente materiale (la pista di legno) rappresentativa della storia e del significato del Velodromo. Questa sottolineatura sembra tener conto della giurisprudenza del Consiglio di Stato per l’ ipotesi di imposizione di un vincolo culturale integrale ed assoluto di tutti gli elementi strutturali strettamente finalizzati all’uso originario. I Giudici di Palazzo Spada, infatti, richiamano alla necessità di valutare la congruità ed adeguatezza del vincolo rispetto all’obiettivo della salvaguardia. Quest’ultima giurisprudenza esclude l’adattabilità del vincolo di bene culturale per la tutela funzionale di attività imprenditoriali in determinati immobili; nell’imporre il vincolo di bene culturale occorre evitare che esso si risolva, sotto un profilo pratico, nella limitazione della destinazione d’uso del bene, che, in alcune ipotesi, può generare una insostenibilità economica della utilizzazione, finendo con il contraddire la stessa salvaguardia del bene, cui la tutela è orientata (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 1003  del 02.03.2015).

N. 00443/2017 REG.PROV.COLL.

N. 03077/2013 REG.RIC.

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3077 del 2013, proposto da:
Comune di Milano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Lodovica Bognetti ed Antonello Mandarano, domiciliato presso gli Uffici dell’Avvocatura Comunale in Milano, via della Guastalla, 6;

CONTRO

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, domiciliata in Milano, via Freguglia, 1;

NEI CONFRONTI DI

Vittorio Grassi, non costituito in giudizio;

PER L’ANNULLAMENTO

del decreto di interesse culturale del 3 ottobre 2013, emesso dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia riguardante il Velodromo Maspes-Vigorelli di Milano, trasmesso al Comune in data 8 ottobre 2013, nonché di ogni atto ad esso presupposto, connesso e consequenziale e per il risarcimento dei danni conseguenti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2017 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con decreto del 3.10.2013, a firma del Direttore Regionale per la Lombardia, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (di seguito, anche solo “Ministero” oppure “Mibac”), dichiarava di interesse storico e artistico, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D.Lgs. 42/2004, l’immobile di proprietà del Comune di Milano, sito nello stesso Comune in via Arona e denominato “Velodromo Maspes-Vigorelli” (di seguito, anche solo “Velodromo”).

Parimenti, mediante lo stesso decreto, l’immobile di cui sopra era dichiarato di interesse storico, storico-relazionale e storico-identitario particolarmente importante, ai sensi dell’art. 10, comma 3, lettera d), del medesimo decreto legislativo.

Contro il citato decreto ministeriale il Comune di Milano proponeva il ricorso in epigrafe, affidato a due articolati motivi.

Si costituiva in giudizio il Ministero intimato, concludendo per il rigetto del gravame.

Con ordinanza n. 337/2014, il Presidente della IV Sezione del TAR Lombardia disponeva incombenti istruttori a carico dell’amministrazione resistente, che provvedeva di conseguenza al deposito di quanto richiesto.

Alla pubblica udienza del 9.2.2017, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.1 Prima di esaminare i singoli motivi di gravame, pare opportuno illustrare, seppure per sommi capi, le caratteristiche e la storia dell’immobile oggetto del decreto di vincolo, come del resto risultanti dalla dettagliata relazione storico-artistica allegata al provvedimento impugnato (cfr. il doc. 1 del ricorrente e del resistente).

L’impianto, destinato alle corse ciclistiche su pista (velodromo), fu realizzato fra le due guerre mondiali e fu inaugurato nel 1935 nella zona nord occidentale della città di Milano, accanto ad altre importanti strutture sportive quali l’Ippodromo e lo Stadio di San Siro.

Il ciclismo era già all’epoca uno sport molto popolare in Italia e Milano era ritenuta sin da allora la capitale di tale sport, tanto è vero che vi sorgevano importanti fabbriche di biciclette (la Bianchi, ad esempio) ed a Milano furono organizzate le prime competizioni agonistiche di ciclismo, fra cui nel 1909 il primo Giro d’Italia.

Parimenti importanti erano le gare ciclistiche su pista, tanto è vero che il primo velodromo milanese fu costruito nel 1919.

Ad ogni buon conto, il Velodromo di cui è causa fu immediatamente apprezzato ed ospitò importanti gare internazionali di ciclismo su pista; quest’ultima, realizzata in legno, si sviluppava (e si sviluppa tuttora), per circa 400 metri e racchiude ad anello un campo interno, destinato ad altri sport oppure ad attività di intrattenimento ed è circondata dalle tribune.

Il successo di tale pista, per le proprie caratteristiche tecniche, fu tale che il Velodromo venne addirittura definito “la Scala del ciclismo” ed ospitò fino agli anni settanta del secolo scorso numerose gare professionistiche, fra cui quella per il record dell’ora.

Sulla pista corsero pertanto famosissimi campioni di ciclismo, fra cui il milanese Antonio Maspes, al quale l’impianto fu dedicato dopo la sua scomparsa avvenuta nell’anno 2000.

Queste seppur brevi note valgono a dimostrare che l’impianto sportivo di cui è causa è sempre stato associato al ciclismo (tanto è vero che è stato dedicato ad un celebre campione di tale sport), e la pista in legno ne costituisce caratteristica essenziale, la sola che testimonia il forte legame dell’impianto con il mondo del ciclismo.

Anche il campo sito all’interno è stato ed è ancora utilizzato per altri sport, fra cui spicca il Football americano, tanto è vero che nel 2013 sono stati ospitati i campionati europei di tale disciplina, che a Milano conta alcune squadre.

Fra le altre iniziative degne di menzione, alcuni incontri di box e il concerto del celebre gruppo inglese dei Beatles nel 1965.

L’attività di ciclismo su pista, in declino a partire dagli anni settanta dello scorso secolo, è stata però caratterizzata da un intervento di ristrutturazione della pista in legno, che ha visto l’ultima gara effettuata nel 2001.

Ciò premesso, il decreto di vincolo di cui è causa (cfr. ancora il citato doc. 1), ha per oggetto essenzialmente la pista in legno, vista come elemento inscindibile dell’impianto, considerato dall’amministrazione dei beni culturali un vero e proprio monumento al ciclismo, oltre che un notevole esempio di architettura razionalistica.

Il decreto ministeriale è stato adottato a seguito di un’iniziativa del Comune di Milano, volta alla valorizzazione ed al recupero dell’impianto, sfociata nella pubblicazione di un bando per un concorso internazionale di progettazione per la riqualificazione del Velodromo (cfr. il doc. 2 del ricorrente).

La gara internazionale ha visto quale vincitore un gruppo facente capo all’arch. Vittorio Grassi (cfr. il doc. 7 del ricorrente).

Tuttavia, il progetto vincitore prevedeva radicali cambiamenti della struttura, fra cui l’eliminazione totale della pista in legno (circostanza ammessa anche dal Comune a pag. 4 del proprio ricorso), oltre alla demolizione degli spalti delle curve, creando così una struttura sostanzialmente nuova, senza più – per quel che qui interesse – la presenza di un elemento caratterizzante la storia del Velodromo, vale a dire la pista in legno per il ciclismo.

Il decreto impugnato, pur non vietando ovviamente interventi di adeguamento o modifiche del Velodromo, salvaguarda però la pista in legno, quale concreta e tangibile testimonianza dell’importante attività sportiva svolta fin dagli anni trenta del secolo scorso, attività che ha caratterizzato profondamente l’impianto.

Ciò premesso, nel primo mezzo di gravame, il Comune sostiene dapprima la violazione del combinato disposto dell’art. 10, commi primo e quinto, del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali), in quanto l’esecuzione dell’immobile di cui è causa non risalirebbe ad oltre settant’anni prima dell’imposizione del vincolo (la versione vigente del comma 5 parla in realtà di cinquant’anni).

La doglianza è infondata, giacché non può sostenersi che l’impianto sia radicalmente differente da quello realizzato ed inaugurato nel 1935, posto che gli interventi succedutisi nel tempo – per fare fronte ai danni cagionati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e dagli eventi metereologici – non ne hanno mutato le caratteristiche proprie ed originarie.

Infatti (cfr. ancora la relazione allegata al decreto impugnato), nel 1946 la pista in legno fu ricostruita nel rispetto di quella originaria, utilizzando un legno simile a quello impiegato nel 1935.

Anche gli interventi successivi alle forti nevicate rispettivamente del 1947 e del 1985 hanno mantenuto inalterati i caratteri originari della struttura, quali l’illuminazione naturale interna e il profilo dei prospetti.

In altri termini, le attività di recupero succedutesi negli anni non hanno mutato l’identità dell’impianto, che ha – in fondo – seguito la sorte di altri edifici di Milano, fra cui il celebre Teatro alla Scala, che pur avendo subito gravi danni durante la seconda guerra mondiale, non per questo sono considerati edifici “nuovi”, ponendosi invece in assoluta continuità con la struttura originaria.

A tale proposito, si ricordi ancora che gli uffici del Mibac avevano più volte evidenziato al Comune che l’edificio risaliva ad oltre cinquant’anni prima dell’imposizione del vincolo (cfr. i documenti 2 e 3 del resistente).

Sempre nel primo motivo, la difesa comunale denuncia la presunta violazione del combinato disposto dei commi primo e terzo lettera d), del citato articolo 10, giacché il Velodromo non potrebbe vedersi riconosciuto un proprio interesse storico e artistico, tale da giustificare l’imposizione di un vincolo.

La censura non merita accoglimento.

Sul punto, preme ricordare che nello specifico settore dei beni culturali, l’accertamento dell’interesse storico e culturale implica l’applicazione di regole certamente di carattere tecnico e specialistico, seppure caratterizzate da un margine di opinabilità fisiologico.

Tale margine discende dalla inevitabile considerazione che il valore culturale e storico di un’opera o di un manufatto è correlato alle concezioni culturali della società e dell’opinione pubblica in un determinato momento storico.

Ne consegue che il giudice amministrativo, per non sostituirsi arbitrariamente alle valutazioni dell’Autorità preposta alla tutela del patrimonio culturale, dovrà verificare il corretto esercizio dei poteri spettanti a quest’ultima sotto il profilo della completezza dell’istruttoria, della effettiva sussistenza dei presupposti per provvedere, nonché dell’effettiva osservanza di criteri di proporzionalità e ragionevolezza (cfr., Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, sezione giurisdizionale, 10.6.2011, n. 418, con la giurisprudenza ivi richiamata, oltre a Consiglio di Stato, sez. VI, 13.5.2016, n. 1947; 3.5.2011, n. 2607 e 30.6.2011, n. 3894).

Nel caso di specie, appare fuori discussione l’importanza del Velodromo nella storia del ciclismo in Italia, oltre che la popolarità di tale sport nel nostro Paese (forse secondo solo al calcio), tanto è vero che il ciclismo ha interessato non solo numerosissimi tifosi, ma ha attirato l’attenzione di importati esponenti del mondo della cultura e della letteratura (si pensi ad esempio a Dino Buzzati o a Gianni Brera).

Non appare quindi possibile sostenere che uno sport come il ciclismo non sia un importante fenomeno di costume, che riflette la storia – nel senso più ampio – d’Italia, né che una struttura come il “Vigorelli-Maspes” non sia (per usare l’espressione della lettera “d” del citato terzo comma dell’articolo 10), una testimonianza della “cultura in genere”, ovvero della “identità e della storia delle istituzioni … collettive”.

Il mantenimento e la conservazione di tale identità culturale e collettiva non può però prescindere dalla conservazione dell’elemento materiale caratterizzante l’impianto, vale a dire la più volte richiamata pista in legno, ferma restando la possibilità, mai del resto negata dal Mibac, di svolgere all’intero della struttura altre attività sportive, ludiche o anche commerciali, non incompatibili con la presenza della pista.

A ciò si aggiunga che l’immobile è stato apprezzato dall’autorità ministeriale anche per le sue caratteristiche tecniche ed architettoniche, come “esempio pregevole di architettura razionalista italiana” (cfr. la pag. 2 della relazione allegata al decreto impugnato), il che rafforza la legittimità del vincolo.

Ad ulteriore conferma dell’adeguatezza dell’istruttoria svolta e della pienezza della motivazione, preme evidenziare che la proposta di apposizione del vincolo di cui è causa è stata oggetto di una approfondita discussione all’interno del Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici, che ha visto il consenso unanime dei partecipanti al mantenimento della pista, mentre gli unici due dissensi hanno riguardato altro profilo (cfr. la copia del verbale della seduta del 15.7.2013, doc. 7 allegato alla citata relazione istruttoria del Ministero).

In definitiva, il primo mezzo di gravame deve interamente rigettarsi.

1.2 Nel secondo motivo, si sostiene la presunta illegittimità del decreto impugnato per contrasto con un precedente provvedimento del Mibac del 6.7.2012, contenente le linee guida da seguire per il recupero del Vigorelli (cfr. per il testo di quest’ultimo, il doc. 5 del ricorrente).

La censura è infondata.

Nella nota del 6.7.2012, l’amministrazione statale si era limitata a dettare delle “Linee guida”, a fronte della volontà manifestata dal Comune di procedere al recupero ed alla valorizzazione del Velodromo.

Ovviamente, tale atto ministeriale non poteva che avere un carattere per così dire programmatico ed orientativo, visto che non esisteva alcun concreto progetto di recupero da sottoporre all’esame della competente Soprintendenza.

Quest’ultima, peraltro, indicava chiaramente la necessità di conservare e restaurare almeno una “porzione della storica pista in listelli di pino … quale memoria tecnologica e storica”, evidenziando pertanto – seppure a livello generale – il problema del mantenimento della componente materiale (la pista) rappresentativa della storia e del significato del Velodromo.

Soltanto a seguito della gara internazionale indetta dal Comune per la riqualificazione dell’edificio e dopo avere accertato che il progetto vincitore prevedeva la totale eliminazione della pista – in evidente contrasto con le citate “Linee guida” – il Mibac, anche a seguito delle segnalazioni pervenute da diverse associazioni cittadine milanesi, avviava la procedura per l’imposizione del vincolo di cui è causa (cfr. i documenti allegati alla relazione istruttoria depositata dal Ministero in esecuzione dell’ordinanza presidenziale sopra citata).

A ciò si aggiunga ancora che la presenza della pista in legno non pare impedire – né ha impedito sino ad oggi – lo svolgimento di altre attività sportive anche a livello agonistico (si ricordi ancora lo svolgimento nel 2013 dei campionati europei di Football americano), per cui il decreto impugnato non può ritenersi ispirato dalla volontà di impedire la valorizzazione, anche economica, dell’impianto, né è ostativo ad interventi edilizi, ovviamente da sottoporre all’autorità preposta alla tutela del vincolo, tanto è vero che sono stati eseguiti interventi anche in tempi recenti (cfr. il doc. 6 del resistente).

In conclusione, l’intero ricorso deve rigettarsi.

1.3 Quanto alla domanda di risarcimento dei danni contenuta in ricorso, il Comune ha rinunciato alla stessa con la propria memoria depositata il 19.1.2017, sicché non vi è luogo a provvedere sulla domanda medesima.

2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il Comune di Milano al pagamento a favore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali delle spese di causa, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere, Estensore

Fabrizio Fornataro, Consigliere

L’ESTENSORE Giovanni Zucchini

IL PRESIDENTE Angelo Gabbricci

IL SEGRETARIO