A cura dell’avv. Gaetano Pecoraro
E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 luglio 2018 il decreto legge n. 86, entrato in vigore il giorno seguente, con cui alcune competenze in materia ambientale sono state trasferite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Si tratta, in particolare, delle competenze relative alla:
- Sicurezza agroalimentare in Campania (previste dall’art. 1 d.l. 136/2013);
- Azioni e interventi di monitoraggio, anche di tipo sanitario, nei territori della regione Campania e nei comuni di Taranto e Statte (previste dall’art. 2 d. l. 136/2013);
- Politiche di promozione per l’economia circolare e l’uso efficiente delle risorse, fatte salve le competenze del Ministero dello sviluppo economico;
- Coordinamento delle misure di contrasto e contenimento del danno ambientale e di ripristino in sicurezza dei siti inquinati.
Le ultime due materie, si aggiungono alle competenze già previste dall’art. 35 comma 2 d. lgs. 30/1999, sebbene qualche problema potrebbe comportare la dizione “ripristino in sicurezza dei siti inquinati”.
Il Codice dell’Ambiente (d. lgs. 152/2006), con riferimento ai siti inquinati, all’art. 240 distingue, infatti, tra “messa in sicurezza d’emergenza” (lett. m), “messa in sicurezza operativa” (lett. n); “messa in sicurezza permanente” (lett. o); e “ripristino ambientale” (lett. q): le misure di “ripristino in sicurezza” non sono definite nel Codice.
C’è da augurarsi che, in sede di conversione, si corregga quella dizione (probabilmente frutto di un mero refuso), che non individua alcuna particolare misura a legislazione vigente, e questo perché sono diversi i presupposti, le procedure e le conseguenze previste dal Codice a seconda del tipo di intervento da eseguire.
Basti pensare che, per la “messa di sicurezza operativa”, è necessario predisporre dei piani di monitoraggio e controllo, non previsti per la “messa in sicurezza d’emergenza”, mentre per la “messa in sicurezza permanente” devono essere previsti limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici (non necessarie per gli altri interventi di messa in sicurezza), laddove gli interventi di ripristino ambientale hanno invece proprio l’obiettivo di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici.
Di maggior peso appare l’attribuzione al MATTM, da parte del d.l. in commento, delle funzioni già attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di contrasto al dissesto idrogeologico e di difesa e messa in sicurezza del suolo: viene, di fatto, soppressa la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico appositamente istituita presso la Presidenza del Consiglio, con conseguente accentramento di funzioni in capo al MATTM.
Come si legge nell’ultimo rapporto disponibile redatto dall’ISPRA nel 2015 sullo stato del dissesto idrogeologico, “il dissesto idrogeologico costituisce un tema di particolare rilevanza per l’Italia a causa degli impatti sulla popolazione, sulle infrastrutture lineari di comunicazione e sul tessuto economico e produttivo. … Dal secondo dopoguerra, l’intensa urbanizzazione, avvenuta senza tenere in debito conto le aree del Paese in cui avrebbero potuto manifestarsi eventi idrogeologici ed idraulici pericolosi e potenzialmente dannosi, ha portato a un considerevole aumento degli elementi esposti e vulnerabili e quindi del rischio. D’altro canto l’abbandono dei territori montani ne ha determinato una mancata manutenzione e ancor più, in generale, un venir meno del ruolo attivo delle popolazioni a presidio tanto del territorio quanto dell’ambiente naturale”.
I fenomeni presi in considerazione nel rapporto sono le Frane, le Alluvioni e l’Erosione costiera, la cui mappatura, effettuata da ISPRA e pubblicata nell’indicato rapporto, dimostra in maniera incontrovertibile, la serietà dell’allarme lanciato.
Per ISPRA, è solo dagli eventi alluvionali di Sarno del 5 maggio 1998 che il Legislatore ha preso coscienza dell’importanza del tema, accelerando, con il d.l. 180/1998, la perimetrazione e classificazione delle aree a pericolosità e rischio idrogeologico per frane e alluvioni, ed imponendo l’adozione dei Piani stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI) e delle misure di salvaguardia con vincoli e regolamentazioni d’uso del territorio.
Per tali finalità, l’art. 55 l. 221/2015 ha istituito, presso il MATTM, un “Fondo per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico”, le cui norme di funzionamento sono state dettate dal DPCM 14 luglio 2016, che all’art. 1 precisava come lo stesso fosse “diretto a favorire l’efficace avanzamento delle attività progettuali delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico e provvede a rendere le stesse immediatamente cantierabili”, attraverso il riconoscimento di finanziamenti nei limiti delle risorse stanziate.
E’ in tale contesto che nel 2014, con d.l. 133/2014 è stata prevista l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di una apposita Struttura di Missione, di fatto intervenuta ad opera del DPCM 27 maggio 2014 con il quale, se da un lato si indicava la scadenza del mandato dell’allora Governo in carica, quale data entro cui avrebbe operato, si attribuivano alla stessa compiti di impulso, coordinamento, monitoraggio e controllo in ordine alle funzioni di programmazione, progettazione e realizzazione degli interventi stessi, siano essi di prevenzione o di messa in sicurezza post-eventi.
Con successivo DPCM del 20.12.2016, è stata è confermata l’istituzione, con i relativi contingenti di personale, della Struttura di missione, “fino alla scadenza del mandato del Governo in carica”.
Con la formazione del nuovo Governo, pertanto, l’indicata struttura di missione è cessata dai propri compiti, e con il recente d.l. 86/2018 è stato abrogato l’art. 7 comma 9 d.l. 133/2014 che stabiliva che l’indicata Struttura avrebbe dovuto operare “di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per quanto di competenza, con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nelle attività pianificatorie, istruttorie e di ripartizione delle risorse finanziarie finalizzate alla realizzazione degli interventi per la mitigazione del dissesto idrogeologico”.
La conseguenza di quanto sopra è la riattribuzione al MATTM delle funzioni prima svolte dall’indicata Struttura, ed alla luce delle ulteriori materie assegnate al primo da parte del d. l. 86/2018, sarà necessario riorganizzare la struttura ministeriale, ad opera di un regolamento da adottarsi ex art. 17 comma 4 bis d.p.r. 400/1988, su proposta del Ministro dell’Ambiente.
Come al solito, è stata inserita la clausola di invarianza finanziaria, con la precisazione che le risorse prima assegnate alla Presidenza del Consiglio, dovranno ora essere allocate in appositi capitoli di bilancio del MATTM.