Assenza del titolo abilitativo per gli impianti c.d. minieolici e favor normativo per lo sviluppo del settore delle energie rinnovabili

Pubblicato il 11-05-2020
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A cura dell’Avv. Laura Greco

Con la sent. n. 596/2020 il TAR Sicilia affronta l’annosa questione del potere di annullamento in autotutela da parte dell’Amministrazione, dei suoi presupposti e dell’essenziale bilanciamento con l’interesse del privato. La pronuncia è interessante, principalmente, sotto due diversi profili: il Collegio, in primis afferma che non è previsto alcun titolo abilitativo ai fini dell’installazione di un impianto c.d. mineolico, e, in secundis, nel valutare l’interesse del privato, pone l’attenzione sul fatto che lo stesso operi nel settore delle energie rinnovabili.

In brevis, la Società Ricorrente aveva attivato presso un Comune siciliano la procedura abilitativa semplificata, c.d. P.A.S., al fine di poter procedere all’installazione di un impianto minieolico, trasmettendo contestualmente al Comune e all’Istituto Regionale per lo Sviluppo Attività Produttive (IRSAP) competente tutta la documentazione necessaria, per poi comunicare al SUAP l’inizio dei lavori.

Il SUAP però, dapprima aveva bloccato i lavori a causa della carenza di documentazione, poi, una volta integrata, aveva comunicato l’efficacia della P.A.S. richiesta, inducendo così la Società a concludere i lavori.

A distanza di un anno dall’attivazione dell’intera procedura, l’Ente annullava in autotutela la P.A.S., sulla base di una nota dell’IRSAP che attestava la non conformità dell’impianto agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, ed ingiungeva la demolizione e l’immediata interruzione dell’esercizio dell’impianto minieolico.

Nel decidere il ricorso, il TAR siciliano, dopo aver ribadito conformandosi alla giurisprudenza prevalente (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 05-10-2018, n. 5715) che, a mente dell’art. 6, comma 2 del D.lgs n. 28 del 2011, relativo agli impianti alimentati da fonti rinnovabili soggetti a P.A.S., a seguito della D.I.A., può seguire da parte della p.a. un silenzio di tipo significativo il quale, una volta decorso il relativo termine, le preclude l’esercizio di poteri inibitori, osserva che nel caso portato alla Sua attenzione, benché il silenzio si fosse formato, l’Amministrazione non avesse inteso attivare i propri poteri inibitori in tema di DIA, bensì quelli riconosciuti dall’art. 21 nonies l. 241/1990 (annullamento d’ufficio).

Di qui, l’approfondimento svolto dal Giudice palermitano sulle coordinate entro cui legittimamente esercitare tali poteri. Nel caso concreto, se è vero che il provvedimento era stato adottato entro il termine di 18 mesi e che recava le ragioni sostanziali del divieto, ancorché meramente indicative della non conformità dell’impianto al P.R.G., lo stesso, a dire del Giudicante, non avrebbe indicato le ragioni di interesse pubblico legittimanti l’esercizio del potere di autotutela, quindi, de facto non integrando uno dei presupposti previsti ex art. 21 nonies della L. n. 241/90.

L’Amministrazione cioè, prima di giungere all’emissione di tale provvedimento, avrebbe dovuto comparare e bilanciare i propri interessi con quelli del privato, oltre a tenere in considerazione l’incremento di produzione di energia meno inquinante con i connessi benefici per la collettività amministrata. Il Collegio fa riferimento all’obiettivo del D.lgs n. 28/2011 emesso in attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. La normativa vigente considera di pubblico interesse e di pubblica utilità l’utilizzazione dell’energia da fonti rinnovabili e cerca di perseguire tale scopo, istituendo procedure semplificate come la P.A.S. e riconoscendo incentivi ai privati che decidano di investire in tale settore.

A margine, i Giudici osservano poi come anche l’ordine di demolizione sia illegittimo in quanto la normativa di riferimento, costituita dall’art. 6 del D.lgs n. 28/2011 e dall’art. 3, comma 2, lett. f) della L.R. n. 16/2016, non prevede alcun titolo abilitativo per tale impianto, non trovandosi, tra l’altro, in un’area sottoposta a vincoli.

La normativa statale in materia di impianti c.d. minieolici, ovvero quegli impianti di potenza non superiore a 60 Kw, è prevista dall’art. 6 del D.lgs n. 28/2011 che, ai fini dell’installazione dell’impianto, si limita a prevedere soltanto una procedura abilitativa semplificata e comunicazione per gli impianti alimentati da energia rinnovabile (P.A.S), senza il rilascio di un titolo abilitativo specifico; ovvero, ai sensi del comma 7 del citato articolo, si ritiene che “la sussistenza del titolo è provata con la copia della dichiarazione da cui risulta la data di ricevimento della dichiarazione stessa, l’elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l’attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari.”

Fondamentalmente, si è di fronte a un titolo abilitativo sui generis che corrisponde al corretto avvio e alla positiva conclusione della P.A.S. A riguardo, la Giurisprudenza è conforme nel ritenere che “l’art. 6 del D.Lgs. n. 28/2011 ha carattere omnicomprensivo, esteso a tutti i profili connessi alla realizzazione ed all’attivazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili e postula, pertanto, una verifica della compatibilità urbanistica-edilizia dell’intervento, costituendo l’atto abilitativo, per l’effetto conseguito, titolo a costruire e ad esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato” (T.A.R. Campania Salerno Sez. I, 26-11-2018, n. 1724). Il procedimento di P.A.S. si riterrà correttamente esperito, laddove il privato fornisca all’Amministrazione tutta la documentazione richiesta, in modo da consentirle di verificarne la conformità alla legge: “con riferimento alla procedura abilitativa semplificata per l’attività di costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui all’art. 6 del d.lgs. n. n. 28/2011, in assenza della documentazione ivi prescritta, l’istanza non può reputarsi “formalmente presentata” e, quindi, non può iniziare a decorrere dalla data del suo deposito il termine per la formazione per silentium di un relativo titolo abilitativo, dovendo – anche in tale materia – rimanere fermo il principio per cui le fattispecie di semplificazione astrattamente previste dal legislatore (statale o regionale) possono ritenersi formate ed esistenti soltanto quando esse risultino idonee, da sole, a soddisfare le esigenze informative indispensabili per l’esercizio del potere inibitorio – repressivo.”

La normativa regionale, ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. f) della L.R. n. 16/2016, ribadendo che gli impianti di energia rinnovabili indicati agli artt. 5 e 6 del D.lgs n. 28/2011 possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, detta una disciplina più specifica e restrittiva per quegli impianti che dovessero ricadere nelle aree all’interno di parchi e riserve naturali o in aree protette ai sensi della normativa relativa alle zone SIC, SIC, ZSC e ZPS, ivi compresa la fascia esterna di influenza per una larghezza di 200 metri, prescrivendo che, in tal caso, gli stessi potranno essere realizzati solo a seguito di redazione della valutazione di incidenza e delle procedure di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni.

N. 00596/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00360/2018 REG.RIC.

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 360 del 2018, proposto dalla Electra S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ignazio Scardina e Francesca Scardina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso lo studio dell’avv. Ignazio Scardina in Palermo, via Rodi 1;

CONTRO

Comune di Trapani, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Paolo Di Trapani e Carmela Santangelo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
IRSAP – Istituto Regionale per Lo Sviluppo Attività Produttive, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonina Alonzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

PER L’ANNULLAMENTO

– dell’ingiunzione di demolizione n. 10 del 18 gennaio 2018 con la quale il Dirigente del Settore Urbanistica/Suap del Comune di Trapani ha ordinato alla ditta ricorrente la demolizione di un impianto minieolico da 60Kw installato in c.da Creta Fornazzo;

– della nota prot. n. 115887 del 20.12.2017 con la quale il Responsabile S.U.A.P. ha annullato in autotutela la validità della P.A.S. – procedura abilitativa semplificata – relativa alla installazione dell’impianto;

– delle note dell’IRSAP – Ufficio di Trapani del 7.11.2017 e del 18.7.2017 con le quali è stato espresso parere negativo alla realizzazione dell’impianto eolico per violazione delle distanze previste dal p.r.g. del Consorzio A.S.I. di Trapani;

– di tutti gli atti connessi, presupposti e/o conseguenti;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Trapani e dell’Irsap;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 16 febbraio 2018 e depositato il successivo 23 febbraio, la Electra s.r.l. – premesso di svolgere la propria attività di realizzazione di impianti elettrici, telefonici, climatizzazione, impianti di sicurezza, civili ed industriali, ed impianti di energia alternativa, in uno stabilimento di sua proprietà sito all’interno dell’agglomerato industriale di Trapani – espone che:

– in data 13/09/2016, attivava presso il Comune di Trapani una procedura abilitativa semplificata – P.A.S. – per l’installazione in c.da Creta Fornazzo di un impianto minieolico da 60 Kw ad esclusivo servizio dell’opificio, trasmettendo sia al Comune di Trapani che all’IRSAP di Trapani la documentazione e gli elaborati tecnici necessari, compresa la relazione tecnica del 12. 9.2016 con allegata “relazione tecnica di asseveramento” nella quale attestava la conformità del programmato intervento alle previsioni dei vigenti strumenti urbanistici;

– al 30° giorno dalla presentazione della P.A.S. riceveva dal Comune di Trapani una richiesta di integrazione documentale (nota prot. n. 96199 del 13/10/2016), evasa dalla società stessa in data 20/02/2017;

– dopo aver integrato la documentazione (in data 20.2.2017) procedeva all’acquisto delle attrezzature e, dopo circa tre mesi, nel corso dei quali non perveniva dal Comune alcuna richiesta di ulteriore integrazione documentale, in data 15 maggio 2017, comunicava al SUAP l’inizio dei lavori;

– con nota prot. n. 53320 del 05/06/2017, il SUAP del Comune di Trapani la diffidava a non dare corso ai lavori di cui alla richiesta P.A.S.;

– alla suddetta diffida replicava la ricorrente producendo una nota integrativa, datata 13/06/2017;

– a seguito di tale nota, il Comune riteneva completa la documentazione, comunicando l’efficacia della richiesta di P.A.S.;

– in data 26/06/2017 il Comune di Trapani chiedeva all’IRSAP di verificare la conformità dell’impianto minieolico allo strumento urbanistico vigente all’interno dell’area ASI;

– in data 16/09/2017, il Comune di Trapani, avendo preso atto della nota del 18/07/2017 con la quale l’IRSAP ha attestato la non conformità dell’impianto agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, comunicava l’avvio del procedimento di annullamento della P.A.S., invitando la ditta a presentare osservazioni, rese dalla stessa in data 25/09/2017;

– il Comune di Trapani, con nota prot. n. 115887 del 20/12/2017, avendo acquisito il parere, datato 07/11/2017, dell’IRSAP confermativo del precedente, ha disposto l’annullamento in autotutela della validità della P.A.S. e con il provvedimento n. 10 del 18/01/2018 ha ingiunto la demolizione e l’immediata interruzione dell’esercizio dell’impianto minieolico.

La società ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva, dei suddetti provvedimenti adottati dal Comune di Trapani nonché dei sopra citati pareri negativi dell’IRSAP di Trapani (del 18 luglio 2017e del 7 novembre 2017).

Assume che:

1) il Comune di Trapani avrebbe dovuto effettuare le verifiche necessarie per accertare la compatibilità del progetto con la disciplina urbanistica nel termine di 30 giorni dalla presentazione della richiesta P.A.S. con conseguente violazione dell’art. 6 del D.Lgs. n. 28/2011 e più in generale del divieto di aggravare l’iter del procedimento (art. 1 L. 241/90) sottraendosi agli obblighi derivanti dalle disposizioni nazionali e regionali in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili ed alla direttiva 2009/28/CE;

2) in ossequio a quanto previsto dagli artt. 10bis e 21nonies della L. n. 241/90 il Comune di Trapani avrebbe dovuto indicare nel provvedimento di annullamento le ragioni fondanti il mancato accoglimento delle osservazioni presentate da parte ricorrente a seguito del preavviso di annullamento, nonché avrebbe dovuto specificare il pubblico interesse legittimante l’adozione del provvedimento di annullamento in autotutela al fine di rispettare le condizioni cui la legge subordina l’annullamento d’ufficio;

3) gli impianti di potenza inferiore a 60 Kw non sarebbero soggetti all’applicazione di alcuna disciplina in materia di distanze senza contare che il P.R.G. dell’area di Sviluppo industriale di Trapani e le successive varianti approvate, nel dettare le prescrizioni relative alle distanze da osservare per la edificazione dei lotti, distinguerebbero gli edifici in “uffici, alloggi e capannoni” senza fare alcun riferimento agli impianti tecnologici;

4) i vizi di legittimità dell’annullamento dell’efficacia della PAS si ripercuoterebbero, invalidandolo, sull’ordine di demolizione; in ogni caso sarebbe priva di fondamento la contestata mancanza di “titolo abilitativo edilizio” in applicazione dell’art. 27 del D.p.r. n. 380/2001 in quanto la normativa sia nazionale che regionale in materia edilizia escluderebbe la necessità di titolo abilitativo per la installazione di un impianto c.d. minieolico, come quello in esame.

La società ricorrente ha chiesto, inoltre, in via subordinata in caso di mancato accoglimento della domanda cautelare, la condanna del Comune di Trapani e dell’IRSAP al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi.

Per resistere al ricorso e sostenere la legittimità degli atti impugnati si è costituito in giudizio il Comune di Trapani, il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del P.R.G. relativo al territorio ASI di Trapani e, nel merito, l’infondatezza del ricorso.

Con ordinanza del 26/03/2018 n. 232, la domanda cautelare della ricorrente è stata accolta.

In vista dell’udienza di merito, si è costituito in giudizio l’IRSAP il quale ha rilevato, ancor prima del difetto di legittimazione passiva, l’inammissibilità dell’impugnazione delle note dell’IRSAP in quanto pareri non vincolanti non lesivi della situazione giuridica del soggetto e l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del P.R.G. relativo al territorio ASI di Trapani, nonché la sua infondatezza nel merito.

Alla pubblica udienza fissata per la sua decisione il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, il Collegio esamina le eccezioni sollevate dal Comune di Trapani e dall’IRSAP per rilevarne l’infondatezza.

Con riguardo all’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del P.R.G. relativo al territorio A.S.I. di Trapani, sollevata sia dal Comune di Trapani che dall’IRSAP, è sufficiente osservare che la società ricorrente non formula alcuna censura in merito alle previsioni urbanistiche contenute nel predetto P.R.G. ma si limita esclusivamente a evidenziare che l’opera dalla stessa posta in essere non è in contrasto con tali previsioni delle quali ne riconosce pacificamente la legittimità. Ne consegue che non sussisteva alcun onere di impugnazione al riguardo in capo alla ricorrente.

Del pari infondato è quanto sostenuto dall’IRSAP in ordine al fatto che i pareri impugnati sarebbero atti non vincolanti e non obbligatori e, pertanto, essendo privi di contenuto decisorio, non sarebbero idonei a determinare, autonomamente e immediatamente, una lesione diretta e attuale in capo alla ricorrente, con la conseguente inammissibilità dell’impugnazione sotto tale profilo oltre che estraneità dell’IRSAP al presente giudizio.

Sul punto va rilevato che, in generale, un parere non vincolante, configurandosi quale semplice manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile.

La sua impugnabilità, però, non è da escludersi in assoluto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2019, n. 1622).

Invero, la giurisprudenza di merito si è espressa nel senso che il parere non vincolante assume una connotazione lesiva tutte le volte in cui integri la motivazione del provvedimento finale.

La sua concreta lesività, pertanto, si manifesta solo nell’ipotesi in cui il parere non vincolante sia trasposto o richiamato nell’atto conclusivo del procedimento che dispone in senso negativo per il destinatario (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 settembre 2018, n. 5424).

Ne consegue che l’impugnazione del parere non vincolante e non obbligatorio è consentita solo se unitamente al provvedimento finale che lo recepisce e del quale diviene presupposto.

Il parere non vincolante non è, quindi, sottratto in linea di principio al sindacato giurisdizionale, ma questo viene differito al momento in cui si dà luogo alla lesione della posizione giuridico-soggettiva dell’interessato da parte dell’organo competente ad intervenire sulla situazione concreta.

Dalle considerazioni sopra svolte consegue che il ricorso è ammissibile nella parte in cui è stato proposto avverso le note dell’IRSAP, considerato che le conclusioni rese nei due citati pareri sono state poste a base del provvedimento di annullamento in autotutela della validità della P.A.S. altresì impugnato con il ricorso in esame.

Invero, il Comune di Trapani nel provvedimento di annullamento, con il quale rileva che: «continuano a persistere le condizioni di non conformità allo strumento urbanistico vigente (P.R.G. – A.S.I.) e dunque l’insussistenza di uno dei requisiti di validità della procedura P.A.S.», ha addotto una motivazione che si limita a richiamare quanto contenuto nei pareri forniti dall’IRSAP, pareri che, dunque, hanno avuto un’efficacia determinante nell’assunzione del provvedimento di annullamento della procedura de qua.

Da quanto sopra esposto consegue che correttamente la società ricorrente ha impugnato i suddetti pareri dell’IRSAP che deve di conseguenza essere considerato soggetto legittimato passivo nel presente giudizio.

Passando all’esame del merito, giova richiamare, nella parte di interesse, quando disposto dall’art. 6 del D.Lgs. n. 28 del 2011, relativamente agli impianti alimentati da fonti rinnovabili soggetti a procedura abilitativa semplificata secondo cui “Il proprietario dell’immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse presenta al Comune … almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie” (comma 2).

Il Comune, “ove entro il termine indicato al comma 2 sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l’autorità giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza; è comunque salva la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Se il Comune non procede ai sensi del periodo precedente, decorso il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione di cui comma 2, l’attività di costruzione deve ritenersi assentita”.

La giurisprudenza ha precisato che “la DIA ivi disciplinata è un atto soggettivamene ed oggettivamente privato, alla cui presentazione può seguire da parte della p.a. un silenzio di tipo significativo il quale, una volta decorso il relativo termine, le preclude l’esercizio di poteri inibitori (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 05-10-2018, n. 5715; Cons. Stato, IV, 12 novembre 2015 n. 5161; id., 29 febbraio 2016 n. 839; id., 19 maggio 2016 n. 2077).

Nel caso di specie solo dopo l’inizio dei lavori, la definizione del procedimento, il formale riconoscimento della validità della P.A.S. (19 giugno 2017) e la realizzazione dell’impianto è stata contestata dal SUAP di Trapani “la non conformità agli strumenti urbanistici approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti dell’impianto in oggetto” sulla base di una nota con cui Ufficio di Trapani dell’IRSAP ha ritenuto di segnalare il contrasto del progetto con la disciplina urbanistica del P.R. consortile e, in particolare, la violazione della distanza delle costruzioni di almeno 5 metri dal confine del lotto e 15 metri dalle strade e, comunque, per una distanza non inferiore all’altezza della pala eolica, calcolata in m. 31,80.

Orbene, se è vero che, come dedotto dalla difesa di parte ricorrente nel primo motivo di ricorso, il Comune aveva l’obbligo di verificare la conformità del progetto alle previsioni degli strumenti urbanistici, entro trenta giorni dalla data di attivazione della procedura e che non vale a superare tale conclusione la richiesta di integrazione istruttoria formulata “in limine” dall’amministrazione che è stata puntualmente ottemperata dalla ricorrente in data 20 febbraio 2017 ed è stata seguita dalla comunicazione di inizio lavori del 15 maggio 2017, quando erano già trascorsi altri tre mesi, ossia un termine ben più ampio del termine di 30 giorni previsto dal secondo comma dell’art. 6 del D.lgs. n. 28/2011, (rimasto sospeso sino all’acquisizione degli atti di assenso ritenuti necessari), è altrettanto vero che l’impugnato provvedimento n. 115887 del 20/12/2017 del Comune di Trapani è stato adottato nell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, pur sempre consentito all’amministrazione nel rispetto dei presupposti previsti dall’art. 21 nonies della L. n. 241/90.

E dunque il discorso si sposta sulla verifica della corretta applicazione di tali presupposti e, più in generale, dei principi che regolano l’esercizio dell’autotutela amministrativa.

La questione è stata formulata in ricorso con il secondo motivo.

Sul punto rileva il Collegio che il potere residuale, con il quale l’Amministrazione è chiamata a porre rimedio al mancato esercizio del doveroso potere inibitorio, deve essere esercitato nel rispetto del limite del termine ragionevole (profilo non contestato) e soprattutto, sulla base di una valutazione comparativa, di natura discrezionale, degli interessi in rilievo, idonea a giustificare la frustrazione dell’affidamento incolpevole maturato in capo al denunciante a seguito del decorso del tempo e della conseguente consumazione del potere inibitorio. Tali principi, del tutto pacifici in materia di DIA, sono stati affermati anche dalla quella giurisprudenza che ha ritenuto illegittimo l’operato dell’amministrazione che “non ha fatto alcun riferimento ai presupposti (interesse pubblico all’annullamento; sussistenza di ragionevole lasso di tempo; bilanciamento dell’interesse pubblico con quello del destinatario del provvedimento e di eventuali controinteressati) richiesti per il corretto esercizio del potere di autotutela, pretendendo invece, sulla base di rilievi concernenti il merito della pretesa azionata dal ricorrente, di inibire a quest’ultimo lo svolgimento di un’attività già assentita per silentium, essendo ampiamente decorso il termine all’uopo previsto dall’art. 6 D.Lgs. n. 28 del 2011” (T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, 02-04-2014, n. 895).

Nel caso di specie, con il provvedimento di annullamento impugnato, l’Amministrazione si è limitata a dare atto delle osservazioni presentate dalla ricorrente senza formulare alcuna replica con riguardo alle stesse, violando conseguentemente quanto disposto ai sensi dell’art. 10bis della L. 241/90.

Anche qualora si volesse ritenere soddisfatto l’obbligo motivazionale ex art. 10bis, atteso che il provvedimento di annullamento richiama la nota dell’IRSAP, il Comune di Trapani ha adottato il provvedimento di annullamento indicando quale unica ragione inibitoria la non conformità dell’impianto minieolico alla normativa urbanistica in materia di distanze dagli edifici.

Ciò significa che il provvedimento di annullamento, pur essendo intervenuto entro il termine massimo di 18 mesi, reca soltanto le ragioni sostanziali del divieto (la non conformità allo strumento urbanistico vigente), ma non rispetta l’altra condizione prevista dall’art. 21nonies, in quanto non indica le ragioni di interesse pubblico che hanno legittimato l’esercizio del potere di autotutela. L’amministrazione comunale di Trapani avrebbe dovuto quindi procedere, prima di privare di efficacia la PAS, ad una adeguata comparazione degli interessi contrapposti: quello del privato al mantenimento di un impianto eolico realizzato nel rispetto delle disposizioni vigenti, e quello pubblico, che non è solo quello al mero ripristino della legalità, in ipotesi violata, ma è anche quello all’incremento di produzione di energia meno inquinante con i connessi benefici per la collettività amministrata. E, ai fini di detta comparazione, il Comune di Trapani avrebbe dovuto tenere in debito conto – in disparte ogni considerazione sui costi per la progettazione, l’acquisto, la istallazione e l’attivazione dell’impianto – le conseguenze sull’impianto già definitivamente assentito, malgrado l’affidamento incolpevole maturato in capo alla ditta per effetto del decorso del tempo dalla presentazione del progetto ed i successivi adempimenti alla stessa imposti nel corso dell’istruttoria.

Risulta pertanto fondato il secondo motivo.

È altresì fondata la censura con cui la società ricorrente ha dedotto che gli impianti minieolici di potenza inferiore a 60 Kw non soggiacerebbero all’applicazione della disciplina in materia di distanze (terzo motivo).

Posto, infatti, che la variante al P.R.G. del Consorzio ASI di Trapani, nel dettare la disciplina per la edificazione dei lotti, individua esattamente gli “edifici” cui si riferiscono le prescrizioni in materia di indici di edificabilità, limiti di altezza e distanze dai confini, distinguendoli in “uffici, alloggi e capannoni”, la tesi del Comune resistente che arriva ad estendere analogicamente la prescrizione sulle distanze agli impianti in questione, aventi all’evidenza caratteristiche oggettivamente diverse riceve smentita da quella giurisprudenza, che il Collegio ritiene di condividere, secondo cui la disciplina locale in tema di distanza delle costruzioni dai confini, non può essere applicata analogicamente agli impianti eolici, non essendo, questi ultimi, classificabili appunto tra gli “edifici” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12/01/2016 n. 61; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 27/04/2017 n.2255).

Per completezza, il Collegio ritiene di esaminare anche il quarto motivo.

La L.r. n. 16/2016, all’art. 3, comma 2, alla lett. f, include tra gli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo anche “gli impianti ad energia rinnovabile di cui agli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, da realizzare al di fuori della zona territoriale omogenea A di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968, ivi compresi gli immobili sottoposti ai vincoli del decreto legislativo n. 42/2004”.

La stessa disposizione prevede poi che “Negli immobili e nelle aree ricadenti all’interno di parchi e riserve naturali o in aree protette ai sensi della normativa relativa alle zone pSIC, SIC, ZSC e ZPS, ivi compresa la fascia esterna di influenza per una larghezza di 200 metri, i suddetti impianti possono essere realizzati solo a seguito di redazione della valutazione di incidenza e delle procedure di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni”.

Come correttamente dedotto dalla società ricorrente, tale ultima ipotesi non ricorre nella fattispecie in esame in quanto l’impianto dista dal limite estremo del SIC “Saline di Trapani e Paceco” circa 600 mt.; inoltre il progetto dell’impianto è stato sottoposto alla Soprintendenza Beni culturali ed ambientali di Trapani che ha espresso “parere favorevole all’esecuzione delle opere di cui al progetto in quanto compatibile rispetto ai valori paesaggistici” (v. nota 22 maggio 2017 n. 2594). Il progetto è stato sottoposto all’Ufficio del GG.CC. di Trapani che ha autorizzato l’esecuzione dei lavori (v. provvedimento prot. n. 184858 del 18.9.2017).

Ne consegue che non sussiste la mancanza di titolo abilitativo edilizio su cui si fonda il provvedimento repressivo impugnato che, pertanto, anche sotto tale profilo, risulta illegittimo.

In conclusione, sulla scorta di quanto precede, il ricorso merita accoglimento e pertanto i provvedimenti impugnati vanno annullati.

Il Collegio ritiene di prescindere dall’esame della domanda risarcitoria considerato che la ricorrente ha proposto tale domanda “in subordine, in caso di mancato accoglimento della domanda di sospensiva”, circostanza di fatto non verificatasi atteso che con la citata ordinanza n. 232/2018 la sospensiva è stata accolta.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna in solido il Comune di Trapani e l’Irsap al pagamento delle spese di lite, comprensive di onorari e spese anche generali, in favore della ricorrente, che liquida in complessivi €. 2.000,00, oltre IVA, c.p.a. e rifusione del contributo unificato, ove regolarmente corrisposto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Cosimo Di Paola, Presidente

Nicola Maisano, Consigliere

Francesco Mulieri, Primo Referendario, Estensore