Condono edilizio: il Consiglio di Stato interviene (ancora) sul “completamento funzionale

Pubblicato il 16-09-2014
Condividi

A cura dell’avv. Xavier Santiapichi

Pronunciandosi in materia di condono edilizio il Consiglio di Stato ha chiarito come debba interpretarsi l’art. 31, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, (“Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente”) stabilendo che la mera chiusura di un porticato con delle tamponature – senza impianti o opere ulteriori – non consente l’inclusione in detta definizione.

condono-edilizio-consiglio-interviene-completamento-funzionale-contro

Va detto che questo riferimento si applica ai soli condoni presentati per mutamento di destinazione d’uso (ad es. da garage ad abitazione – tipologia 3) e non anche nel diverso caso di nuova costruzione (tipologia 1). Per le nuove costruzioni è sufficiente la realizzazione dell’immobile a rustico, con la copertura.

Pubblichiamo la sentenza del Consiglio di Stato

  • N. 03558/2014REG.PROV.COLL.
  • N. 09766/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente

HA PRONUNCIATO LA PRESENTE

sul ricorso numero di registro generale 9766 del 2003, proposto dal signor Lena Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Pettini, con domicilio eletto presso il signor Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

CONTRO

Comune di Prato, in persona del Sindaco pro tempore,rappresentato e difeso dagli avvocati Elena Bartalesi e Marcello Clarich, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Liegi, n. 32;

PER LA RIFORMA

della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, SEZIONE III, n. 2031/2002, resa tra le parti, concernente una ordinanza di demolizione di un locale con destinazione commerciale.

  • Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
  • Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Prato;
  • Viste le memorie difensive;
  • Visto l’atto depositato in data 26 luglio 2013, con cui l’avvocato dell’appellante ha rinunciato al mandato difensivo;
  • Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2014 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e udito per il Comune di Prato l’avvocato Carli Chiara, su delega dell’avvocato Clarich Marcello; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Il Signor Lena Giuseppe adiva il TAR per la Toscana, invocando l’annullamento:

– quanto al ricorso n. 2795/97, del diniego parziale di sanatoria del 14 giugno 1997, adottato dal Sindaco limitatamente alla parte relativa al locale “con destinazione dichiarata commerciale”, del diniego di concessione edilizia del 5 luglio 1997, a firma del dirigente responsabile del settore concessioni edilizie del Comune, relativamente al bene immobile sopra indicato, della decisione n. 24 del 27 giugno 1997 della concessione edilizia e del relativo parere, della proposta conclusiva redatta in data 28 giugno 1997 dal responsabile del procedimento;

– quanto al ricorso n. 1839/00, dell’atto di rettifica del rilascio di concessione edilizia in sanatoria del 15 maggio 2000;

– quanto al ricorso n. 1691/01, dell’ordinanza di demolizione n. 29646 dell’8 maggio 2001, con il quale il Comune ha ingiunto di demolire le opere abusive relative all’immobile in oggetto, compreso l’atto di rettifica impugnato con il precedente ricorso, nonché il verbale di polizia edilizia del 29 maggio 2000 e la comunicazione del 6 marzo 2001.

2. La vicenda sottoposta all’esame del primo Giudice si snoda attraverso il susseguirsi di atti e ricorsi giurisdizionali proposti dall’odierno appellante in qualità di proprietario di un immobile. Questi, infatti, aveva presentato una domanda di condono relativa a due interventi – uno di ampliamento e modifiche interne a civile abitazione, l’altro per la realizzazione di un locale a piano terra con destinazione commerciale –, con il ricorso n. 2795/97 impugnava il diniego di sanatoria relativo al locale con destinazione commerciale, recante la motivazione “in quanto non completato funzionalmente”.

Successivamente, dopo che il comune aveva rilasciato la concessione edilizia in sanatoria con riferimento alla domanda di condono presentata (avente ad oggetto entrambi gli interventi edilizi effettuati), con ricorso n. 1839/00 impugnava l’atto di rettifica della concessione, con il quale veniva escluso il vano ad uso negozio al piano terreno. Infine, con ricorso n. 1691/01 egli impugnava l’ordinanza di demolizione delle opere realizzate sulla base della concessione edilizia già rilasciatagli.

3. Il TAR respingeva tutti i ricorsi sopra indicati.

In particolare, quanto al ricorso n. 2795/97, il Giudice di prime cure evidenziava come la nozione di completamento funzionale per gli immobili a destinazione diversa da quella residenziale impone che siano ultimate le opere che rendano evidente la diversa destinazione dell’immobile, tali cioè che siano sufficienti ad assolvere alla funzione, diversa da quella residenziale, cui l’immobile è destinato, mentre tali non possono considerarsi quelle poste in essere dal ricorrente.

In relazione, invece, al ricorso n. 1839/2000, il TAR riteneva non condivisibili le censure ivi esposte, atteso che l’atto di rettifica – oggetto di gravame – non poteva essere qualificato, anche nella percezione dell’originario ricorrente, come esercizio del potere di autotutela dell’amministrazione, ma come atto ricognitivo/confermativo dell’esatta portata della concessione in sanatoria, alla luce dei provvedimenti presupposti, in rettifica dell’erronea allegazione di elaborati grafici non coerenti con l’ambito d’operatività della concessa sanatoria.

Per tali ragioni, il TAR ha respinto le censure di mancato avviso di avvio del procedimento, difetto di motivazione e violazione dell’affidamento dell’originario ricorrente. In ordine, infine, al ricorso n. 1691/2001, le censure di illegittimità derivata venivano disattese in ragione di quanto statuito per i due precedenti ricorsi.

4. Propone appello il Signor Lena Giuseppe, dolendosi dell’erroneità della sentenza. Col primo motivo, egli ha dedotto che il TAR avrebbe errato nel ritenere che il locale posto a pian terreno non potesse essere condonato in quanto non completato funzionalmente alla data del° 1 ottobre 1983 ed a quella del diniego. Al contrario, vi sarebbero i presupposti di cui all’art. 31, l. 47 del 1985, perché le strutture fondamentali erano state realizzate, residuando soltanto la realizzazione di finiture, come indicato anche dalla circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 17 maggio 1995, n. 2241/UL punto 2.2.

Erronea sarebbe anche la sentenza nella parte in cui ritiene che la nozione di completamento sia diversa a seconda del fatto che l’abuso riguardi un manufatto con destinazione residenziale o meno. Infatti, il ‘completamento funzionale’, richiesto dal citato art. 31, dovrebbe intendersi non come quello che comporta la definitiva idoneità dell’immobile all’uso preordinato, ma come la realizzazione di interventi preordinati al mutamento di destinazione.

Pertanto, poiché alla data prevista dalla l. 47 del 1985 erano già state realizzate le opere di tamponamento del loggiato, quest’ultimo non era già più idoneo alla sua destinazione originaria, ma ad uso diverso anche se non univocamente desumibile. Con il secondo motivo, l’appellante ha dedotto che, al di là del nomen di rettifica attribuito dall’amministrazione comunale, l’atto adottato rappresenterebbe una revoca parziale della concessione con cui erano state assentite tutte le opere oggetto della domanda di condono n. 27411. Ciò comporterebbe l’illegittimità per mancato avviso di avvio del procedimento, per l’assenza del parere della commissione edilizia comunale, per il lungo decorso di tempo (concessione rilasciata il 17 ottobre 1997 e rettifica del 15 maggio 2000), per la violazione dell’affidamento ingenerato e per l’assenza di un interesse pubblico prevalente.

5. Costituitasi in giudizio, l’amministrazione comunale precisa che quanto al primo motivo, come risulta dalla documentazione di primo grado, il porticato sarebbe stato tamponato solo parzialmente con materiali precari (assi di legno) e, inoltre, che i lavori erano in corso alla data del sopralluogo del 31 agosto 1986.

Pertanto, dovrebbe seguirsi quell’orientamento giurisprudenziale che ha chiarito come l’immobile ad uso residenziale può essere condonato solo se l’immobile sia stato eseguito – sia pure al rustico – in tutte le sue strutture essenziali comprese le tamponature, che devono essere realizzate con materiali idonei. Inoltre, sarebbe irrilevante che l’opera avesse perso le sue caratteristiche originarie, essendo necessaria la realizzazione di quelle opere che ne consentano la funzione dichiarata nella stessa domanda di condono.

Quanto al secondo motivo, l’atto di rettifica andrebbe interpretato alla luce della sequenza provvedimentale caratterizzata prima del rilascio della concessione in sanatoria del 14 ottobre 1997, dal diniego parziale espressamente riferito alle opere di trasformazione del loggiato ed al diniego di concessione per opere interne formulato ex art. 26, l. 47 del 1985. Pertanto, appariva evidente che la concessione in sanatoria del 14 ottobre 1997 non si riferiva a tutte le opere, ma solo a quelle eccettuate rispetto al precedente diniego espresso. Pertanto, la rettifica andrebbe intesa quale correzione di errore materiale.

6. In data 26 luglio 2013 il difensore dell’odierno appellante deposita nota con la quale dichiara di rinunciare al mandato (evento quest’ultimo che non spiega alcuna influenza in termini di prosecuzione dell’odierno giudizio, atteso che, in assenza della costituzione di un nuovo difensore, non vengono meno gli effetti connessi al mandato difensivo rinunciato).

7. All’udienza dell’11 giugno 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Occorre rilevare che l’appello in esame non muove alcuna censura in relazione al capo della sentenza di prime cure che ha deciso il ricorso n. 1691/2001, con il quale l’odierno appellante aveva chiesto l’annullamento del provvedimento di demolizione, sicché sul punto risulta essersi formato il giudicato.

9. Infondate sono, invece, le doglianze riproposte in questa sede e quelle che hanno censurato la sentenza impugnata. Quanto alla prima, con la quale si contesta il ragionamento posto dal TAR a fondamento della reiezione del ricorso n. 2795/1997, occorre premettere che l’art. 31, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, dispone che, “Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente”.

9.1. La giurisprudenza di questo Consiglio, in relazione alla nozione di ‘completamento funzionale’, ha chiarito che – per il condono dell’abusivo mutamento della destinazione d’uso di un immobile – è sufficiente che, ai sensi dell’art. 31, comma 2, l. 28 febbraio 1985 n. 47, lo stesso sia stato “completato funzionalmente”, vale a dire che l’immobile deve essere comunque già fornito delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile un uso diverso da quello assentito (Cons. St., Sez. V, 9 maggio 2011, n. 2750).

Per ‘completamento funzionale’, deve intendersi la realizzazione delle principali opere necessarie per attuare il mutamento di destinazione, sicché non è sufficiente che siano state realizzate opere incompatibili con la precedente destinazione, ma è altresì necessario che siano state poste in essere opere atte a rendere effettivamente possibile un uso diverso da quello assentito (Cons. St., Sez. V, 18 dicembre 2002, n. 7021; Id., 4 luglio 2002, n. 3679).

Nella fattispecie non si registra una situazione di tal fatta, poiché il porticato di cui trattasi era stato parzialmente tamponato solo con materiali precari, quali assi di legno: non vi era dunque una struttura stabile già esistente, né poteva assentirsi la successiva richiesta di completamento delle opere di finitura, che avrebbe comportato la innovativa realizzazione di una ulteriore volumetria.

10. Non può, del pari, trovare accoglimento la seconda doglianza contenuta nel gravame in esame, con la quale si lamenta un esercizio illegittimo del potere di autotutela da parte dell’amministrazione resistente.

10.1. Al riguardo, occorre chiarire che la rettifica dell’atto amministrativo consiste nella eliminazione di errori ostativi o di errori materiali commessi dall’Amministrazione, di natura non invalidante ma che diano luogo a mere irregolarità. Affinché ricorra un’ipotesi di errore materiale in senso tecnico-giuridico, occorre che esso sia il frutto di una svista che determini una discrasia tra la manifestazione della volontà esternata nell’atto e la volontà sostanziale dell’autorità emanante, obiettivamente rilevabile dall’atto medesimo e riconoscibile come errore palese secondo un criterio di normalità, senza necessità di ricorrere ad un particolare sforzo valutativo o interpretativo, valendo il requisito della riconoscibilità ad escludere l’insorgenza di un affidamento incolpevole del soggetto destinatario dell’atto in ordine alla corrispondenza di quanto dichiarato nell’atto a ciò che risulti effettivamente voluto (Cons. St., Sez. VI, 5 marzo 2014, n. 1036).

Un esame del provvedimento adottato in concreto dall’amministrazione comunale consente di qualificarlo come rettifica, in quanto l’atto poi rettificato – nonostante contenga erroneamente come allegati gli elaborati grafici originari inerenti anche la rappresentazione del fondo commerciale oggetto del precedente diniego – non contiene alcun riferimento a quest’ultimo. Pertanto, l’atto di rettifica non incide sugli effetti del provvedimento di concessione edilizia in sanatoria, ma si limita a eliminarne una mera irregolarità nella sua composizione.

Ciò non toglie che anche il provvedimento di rettifica – se va ad incidere su aspetti discrezionali dell’atto rettificato – debba essere emanato entro un congruo lasso di tempo a tutela dell’affidamento del suo destinatario che può ingenerarsi a causa dell’errore commesso dall’amministrazione.

Nel caso di specie, invece, la rettifica ha riguardato aspetti del tutto vincolati, riguardando un atto che avrebbe dovuto accertare i limiti entro cui era accoglibile l’originaria istanza di condono. Inoltre, un simile affidamento in concreto non risulta essere neppure maturato in capo all’originario ricorrente, che – come ha correttamente notato il primo Giudice – era ben consapevole dei limiti del provvedimento di concessione in sanatoria, tanto che, “in data 2 novembre 1998 (dopo il ritiro della concessione edilizia in sanatoria, della cui interpretazione si tratta), ha prodotto istanza di completamento delle opere ai sensi dell’art. 35 L. n. 47/85; inoltre, gli oneri corrisposti dal ricorrente riguardano solo gli abusi ritenuti ammissibili e non comprendono quelli concernenti la presunta realizzazione del fondo commerciale”.

10.2. La particolare natura giuridica dell’atto di rettifica – che come rilevato tende ad eliminare mere irregolarità degli atti ai quali si riferisce – non impone la comunicazione di avviso di avvio del procedimento, né un supplemento di motivazione rispetto all’indicazione dell’errore da rimuovere, né, infine, necessita del parere della commissione edilizia.

11. Le considerazioni sopra esposte comportano il rigetto dell’appello.

12. Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello (R. 9766/2003), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il signor Lena Giuseppe al pagamento delle spese di giustizia del presente grado di giudizio, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, a favore del Comune di Prato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:

  • Luigi Maruotti, Presidente;
  • Francesco Caringella, Consigliere;
  • Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere;
  • Doris Durante, Consigliere;
  • Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11/07/2014

IL SEGRETARIO