A cura dell’avv. Gaetano Pecoraro
Il 10 febbraio 2014 la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per il Lazio, ha depositato la sentenza 142/2014, che qui pubblichiamo, con la quale, in accoglimento delle difese del convenuto, è stata dichiarata improcedibile la domanda della procura contabile circa il risarcimento del danno all’immagine alla Pubblica Amministrazione.
L’intricata vicenda giurisdizionale ha dovuto attendere gli esiti di alcuni giudizi penali, conclusisi con la dichiarazione di estinzione dei reati per prescrizione.
Accogliendo le tesi del Convenuto, la Corte dei Conti ha affermato alcuni interessanti principi:
- Solo alcune ipotesi di reato (e segnatamente quelle previste e punite dagli art. da 314 a 335 bis c.p.) danno luogo ad un danno all’immagine della P.A. Che deve essere risarcito dal colpevole;
- Solo in presenza di una sentenza penale di condanna definitiva, per quei reati, la Procura erariale può procedere alla richiesta di risarcimento;
- La dichiarazione di estinzione dei reati per prescrizione non è equiparabile alla “sentenza penale di condanna definitiva” richiesta dalla legge, e l’eventuale azione di responsabilità fondata su quel presupposto deve essere dichiarata improcedibile.
Pubblichiamo il testo della decisione assunta dalla Corte dei Conti Sezione Giurisdienziale per il Lazio
- N. 00142/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio
composta dei seguirenti magistrati:
dott. Ivan DE MUSSO Presidente
dott. Marcovalerio POZZATO Consigliere
dott. Luigi IMPECIATI Consigliere
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 66310 del registro di Segreteria, promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti per il Lazio nei confronti del sig. [omissis], nato a [omissis] il [omissis], rappresentato e difeso dagli avvocati Xavier Santiapichi e Beniamino Migliucci, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Santiapichi in Roma, Via A. Bertoloni n. 44/66;
Visto l’atto introduttivo della causa;
Visti tutti gli atti e documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del giorno 4.2.2014, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Daniela Martinelli:
il Giudice relatore Cons. dott. Marcovalerio Pozzato;
il Pubblico Ministero, nella persona del V.P.G. dott. Lucio Alberti;
l’avv. Gaetano Pecoraro, per delega dell’avv. Santiapichi, per il convenuto.
RITENUTO IN FATTO
L’atto di citazione della Procura della Corte dei conti per la Regione Lazio riferisce che, con provvedimento in data 10.10.2006, il G.I.P. presso il Tribunale di Bolzano aveva ordinato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del sig. [omissis], Presidente del Consorzio di Comuni [omissis], con riferimento a imputazione concernente reati di truffa ai danni della pubblica amministrazione e corruzione, per comportamenti tenuti nelle vicende dell’appalto per la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione in [omissis] (Provincia di [omissis]) e del contratto di fornitura di pezzi di ricambio per lo stesso impianto di termovalorizzazione.
Deduce l’ufficio inquirente nel presente giudizio il danno erariale derivante da due componenti fondamentali:
– le maggiori spese sostenute dal Consorzio [omissis]. per le maggiorazioni dei corrispettivi dei pezzi di ricambio forniti dalla L., posto che tali maggiorazioni si identificano con l’utile di una truffa ai danni del Consorzio, per un ammontare di € 1.114.459,26 (somma corrispondente alle fatture per prestazioni inesistenti emesse dalla I. e pagate, in definitiva, dal Consorzio e dai comuni consorziati);
– l’aumento dei costi determinato dagli episodi di corruzione relativi all’appalto per la realizzazione dell’impianto industriale (inceneritore termovalorizzatore) per la produzione di energia elettrica in [omissis].
In relazione ai descritti pregiudizi del pubblico erario viene dedotta la responsabilità amministrativa del sig. [omissis], che ha rivestito la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione e rappresentante legale del Consorzio [omissis] dal 2.12.1997, nonché di amministratore di varie società del gruppo e, in particolare, per ciò che interessa nel presente giudizio:
– di amministratore unico, dal 19 ottobre 2000 all’11 gennaio 2006, della E., società partecipata al 60% dal Consorzio [omissis] e per il 40 % dall’[omissis];
– di amministratore e legale rappresentante dal 16.7.2002, della M s.r.l., società acquistata in data 14.6.2002 dal Consorzio [omissis] che ne è interamente proprietario.
Deduce parte attrice che i comportamenti dannosi addebitabili al dott. [omissis] sono connotati da dolosa violazione dei doveri d’ufficio di onestà e di fedeltà: doveri che egli, per il fatto stesso di essere presidente del Consorzio, aveva assunto anche nei confronti dei comuni consorziati.
Tali comportamenti avrebbero cagionato, oltre ad un danno strettamente patrimoniale di € 2.364.429,26 (1.114.459,26 più 1.250.000) anche un danno all’immagine (valutato in € 1.182.250,00) della pubblica amministrazione destinato a tradursi in sfiducia dei cittadini, con conseguente pregiudizio della stessa capacità del consorzio di assolvere appieno i suoi compiti istituzionali.
In questo contesto, la cattiva gestione del consorzio avrebbe comportato gravi disavanzi finanziari (come si rileva dai bilanci prodotti e dalle notizie della stampa locale che pure si producono) che avrebbe provocato grave allarme nella cittadinanza dei comuni interessati (si producono al riguardo gli esposti pervenuti a questa Procura e le numerose notizie della stampa locale).
A seguito della notifica (1.2.2007) dell’invito di cui all’art. 5, c. 1 del D.L. 15.11.1993 n. 453, convertito, con modificazioni, nella L. 14.1. 1994, n. 19 (unitamente a ricorso per sequestro conservativo) il predetto incolpato, assistito dall’avv. Santiapichi, ha affermato la carenza di giurisdizione di questa Corte, l’inammissibilità della domanda attorea e, nel merito, che nessun comportamento dannoso poteva a lui essere imputato.
Con ordinanza n. 206/2007 in data 23.4.2007 questa medesima Sezione giurisdizionale ha parzialmente accolto il ricorso conservativo (proposto dalla Procura della Corte dei conti) sui beni del sig. [omissis].
La medesima Procura, ritenendo sussistente la responsabilità amministrativo-contabile del predetto in relazione a tali fatti, lo ha in seguito convenuto in giudizio (con atto notificato il 4.9.2007).
La predetta citazione ha quindi individuato il danno erariale da porre a carico del convenuto negli importi di € 2.364.429,26 (corrispondente all’illegittimo aggravio economico del bilancio del Consorzio) e di € 1.182,250,00 (corrispondente al danno alla pubblica immagine da determinarsi in via equitativa).
In data 19.1.2009 si è costituita parte convenuta, con il patrocinio dell’avv. Xavier Santiapichi; il predetto difensore ha prodotto memoria eccependo il difetto di giurisdizione di questa Corte, nonché la nullità della citazione, l’improcedibilità della domanda per intervenuta prescrizione e chiedendo, nel merito, il rigetto della pretesa attorea.
Con ordinanza n. 49/2009 questa Sezione giurisdizionale, aderendo alla richiesta subordinata di parte ricorrente, ha ritenuto opportuno:
1. acquisire dal Consorzio [omissis] e dalla M. la produzione delle scritture contabili relative ai propri rapporti commerciali per il periodo oggetto di contestazione, nonché i contratti di costruzione degli impianti contenenti le clausole di “esclusiva”;
2. acquisire dalla procedente Procura della Corte dei conti, nelle more del presente giudizio, l’eventuale provvedimento di rinvio a giudizio innanzi al Tribunale di Bolzano del convenuto dott. [omissis].
La procedente Procura ha quindi depositato (riservandosi di produrre, ulteriormente, i provvedimenti emessi all’udienza del G.U.P.) nota n. 956/09 della Procura della Repubblica di Bolzano, che ha comunicato che l’imputato [omissis] è stato rinviato a giudizio, per i fatti di cui sopra, con udienza dibattimentale fissata per il 26.10.2009, nonché la richiesta di rinvio a giudizio penale (in data 30.4.2008).
Con memoria depositata in data 27.4.2010 il convenuto ha nell’ordine rilevato:
– il mancato adempimento all’ordinanza istruttoria n. 49/2009, non risultando acquisita la documentazione richiesta;
– la nullità della citazione per violazione dell’art. 17, c. 30ter del D.L. 1.7.2009, n. 78, convertito nella L. 3.8.2009, n. 102, nel testo corretto dall’art. 1 del D.L. 3.8.2009, n. 103, convertito dalla L. 3.10.2009,n. 141.
Con ordinanza n. 286/2010 questa Sezione giurisdizionale ha:
– respinto la preliminare eccezione di nullità degli atti istruttori e dell’atto di citazione formulata dall’avv. Santiapichi;
– ordinato un supplemento di istruttoria, disponendo che la Guardia di Finanza – Comando Provinciale P.T. di [omissis] – acquisisse dal Consorzio [omissis]. e dalla M. la produzione delle scritture contabili relative ai propri rapporti commerciali per il periodo oggetto di contestazione, nonché i contratti di costruzione degli impianti contenenti le clausole di “esclusiva”.
In esecuzione della predetta ordinanza la Guardia di Finanza – Nucleo P.T. di Roma ha depositato nota prot. 443401/10/255/G.T.S.P./2327/2° S.A.D.E., in data 15.9.2010, corredata da:
– nota del Consorzio [omissis] n. 1926 del 2.9.2010, con allegata la documentazione in essa citata;
– nota della Società M. n. 845 del 2.99.2010, unitamente agli allegati in essa richiamati.
In data 26.1.2011 parte convenuta, conferendo altresì mandato difensivo (disgiunto) all’avv. Beniamino Migliucci del Foro di Bolzano, ha depositato memoria difensiva, rilevando:
– il difetto di giurisdizione di questa Corte;
– la nullità dell’atto di citazione, per violazione dell’art. 17, c. 30ter, del D.L. 1.7.2009,n. 78;
– l’improcedibilità della domanda per intervenuta prescrizione;
– violazione dell’onere probatorio e infondatezza della domanda, avendo la procedente Procura introdotto nel presente giudizio solo fonti indiziarie;
– comunque, errata quantificazione del preteso danno.
A corredo della memoria difensiva parte convenuta ha fatto ampia produzione documentale, relativa ad atti afferenti all’istruttoria penale a carico del convenuto (dichiarazioni, verbali conversazioni, verbali incidenti probatori).
In data 14.2.2011 la procedente Procura ha effettuato produzione documentale afferente ad atti giudiziari: sentenze del Tribunale di Bolzano n. 211/2008 (Ufficio per le indagini preliminari), n. 324/2009 (Ufficio del giudice dell’udienza preliminare), n. 325/2009 (Ufficio del giudice dell’udienza preliminare); sentenze emesse in data 11.2.2011 nei confronti di [omissis].
Con sentenza parziale – ordinanza n. 339/2011 questo medesimo Giudicante ha imputato allo [omissis] parte della somma richiesta dalla procedente Procura, per un importo di € 1.000.000,00, in considerazione del fatto che alla produzione del pregiudizio erariale potrebbero avere concorso altri soggetti (anche in forma di recettori tangentizi minori), legati da rapporto di pubblico servizio, non convenuti. Con il medesimo provvedimento giurisdizionale, ai fini della valutazione del danno all’immagine, è stata disposta la sospensione del giudizio in attesa della sentenza penale definitiva nei confronti del sig. [omissis].
Pendente questo procedimento amministrativo-contabile, si sono susseguite, la sentenza n. 882/2011 del Tribunale penale di Bolzano, la sentenza n. 157/2012 della Corte di Appello, Sez. staccata di Bolzano (confermativa della condanna penale del convenuto [omissis]) e, infine, la sentenza n. 225/2013 della Corte di Cassazione, Sez. VI penale, che ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per prescrizione.
Con atto depositato in data 1.10.2013 la procedente Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale ha presentato istanza di riassunzione per la prosecuzione del giudizio amministrativo-contabile, depositando le soprariferite sentenze penali (nonché notizie di stampa).
Parte attrice chiede l’ulteriore condanna del convenuto alla somma di € 1.182.215,00 quale danno all’immagine, quantificato in ragione del 50% di quello strettamente patrimoniale, in quanto la cattiva gestione del Consorzio ha comportato gravi disavanzi finanziari (come si rileva dai bilanci prodotti e dalle notizie della stampa locale), nonché un grave danno all’immagine della P.A., destinato a tradursi in totale discredito per le istituzioni coinvolte.
All’odierna udienza il rappresentante del P.M., V.P.G. dott. Alberti, si è riportato ai propri atti e alle conclusioni ivi dedotte, rilevando:
– la mancata produzione di ulteriori atti difensivi da parte del convenuto;
– la sussistenza del danno all’immagine, stante la definizione del processo penale a carico dello [omissis] (essendo dedotta un’imputazione penale compatibile con la richiesta del risarcimento del danno all’immagine subìto dall’Amministrazione).
Ha controdedotto l’avv. Pecoraro per il convenuto, eccependo in primo luogo la nullità degli atti istruttori ovvero l’inammissibilità della pretesa attorea con riferimento al danno all’immagine, non risultando alcuna sentenza definitiva di condanna a carico dello [omissis] per reato cui ricondurre l’azionabilità di tale danno (ha riferito, al proposito, il numerus clausus delle ipotesi penali cui ricondurre il risarcimento del danno all’immagine).
In via subordinata, ha comunque rilevato l’insussistenza di qualsiasi accertamento in ordine alle somme in ipotesi indebitamente percepite dallo [omissis] (parametro per la valutazione del danno all’immagine), sicché viene comunque chiesta la riduzione dell’importo addebitato a titolo di danno all’immagine.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Nel presente giudizio è stato dedotto il danno erariale diretto derivante da duplice fonte.
Sotto un primo profilo, vengono posti in evidenza i maggiori costi (€ 1.114.459,26) sopportati dal Consorzio [omissis] (ovvero dai Comuni consorziati) per le maggiorazioni dei corrispettivi dei pezzi di ricambio forniti dalla L.. Tali costi, nella prospettazione di parte attrice, rappresentano in realtà l’utile di una truffa perpetrata nei confronti di detto Consorzio e la provvista di denaro per remunerare il convenuto [omissis] per il suo comportamento infedele.
Per altro verso, viene fatto valere il danno derivante dall’aumento dei costi determinato dagli episodi di corruzione relativi all’appalto per la realizzazione dell’impianto industriale per la produzione di energia elettrica in [omissis]. Tale incremento deriverebbe dall’accordo corruttivo che garantiva al convenuto un lucro illecito del 3% dell’importo dell’appalto e, dunque, per un importo complessivo di € 960.000.
Da ultimo, viene fatto valere il danno all’immagine della pubblica amministrazione destinato a tradursi in sfiducia per i cittadini, con conseguente pregiudizio della stessa capacità del Consorzio di assolvere appieno i suoi compiti istituzionali.
La sentenza parziale – ordinanza n. 339/2011 di questo medesimo Giudicante ha anzitutto delibato le prime due richieste formulate da parte attrice, imputando allo [omissis] parte delle somme richieste a tale titolo (aumento dei costi determinato dagli episodi di corruzione relativi all’appalto per la realizzazione dell’impianto industriale (inceneritore termovalorizzatore) per la produzione di energia elettrica in [omissis]; maggiori spese sostenute dal Consorzio [omissis] per le maggiorazioni dei corrispettivi dei pezzi di ricambio forniti dalla Lurgie, per un importo di € 1000.000,00, in considerazione del fatto che alla produzione del pregiudizio erariale potrebbero avere concorso altri soggetti (anche in forma di recettori tangentizi minori), legati da rapporto di pubblico servizio, non convenuti.
Il medesimo provvedimento giurisdizionale, ai fini della valutazione del danno all’immagine, ha disposto la sospensione del presente giudizio in attesa della sentenza penale definitiva nei confronti del sig. [omissis].
Durante la sospensione del giudizio sono quindi intervenute la sentenza n. 157/2012 della Corte di Appello, Sez. staccata di Bolzano (confermativa della condanna penale del convenuto [omissis], avvenuta con sentenza n. 882/2011 del Tribunale penale di Bolzano) e, infine, la sentenza n. 225/2013 della Corte di Cassazione, Sez. VI penale, che ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata (n. 157/2012) per prescrizione.
Deve quindi essere vagliata l’ammissibilità ovvero la procedibilità dell’azione di responsabilità per danni all’immagine alla P.A., per difetto di sentenza penale irrevocabile di condanna, ai sensi dell’art. 17, c. 30-ter del D.L. n.78/2009, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 102/2009, come modificato dall’art. 1, c. 1, lettera c), n. 1, del D.L. n. 103/2009, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 141/2009.
Dispone il predetto art. 17, comma 30-ter, che “Le procure della Corte dei conti possono iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97. A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e’ sospeso fino alla conclusione del procedimento penale. Qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione delle disposizioni di cui al presente comma, salvo che sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e’ nullo e la relativa nullità può essere fatta valere in ogni momento, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, che decide nel termine perentorio di trenta giorni dal deposito della richiesta”.
Secondo il richiamato art. 7 della L. n. 97/2001 “la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nell’articolo 3 per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II dellibro secondo del codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti delcondannato”, soggiungendo che “resta salvo quanto disposto dall’articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271”.
In tale contesto normativo la Corte Costituzionale, con sentenza n. 355 dell’1 – 15.12.2010, ha dichiarato in parte inammissibili e in parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 30-ter, periodi secondo, terzo e quarto del D.L. n. 78/2009.
Il Giudice delle Leggi ha rilevato che il Legislatore ha teso a “circoscrivere oggettivamente i casi in cui è possibile, sul piano sostanziale e processuale, chiedere il risarcimento del danno in presenza della lesione dell’immagine dell’amministrazione imputabile a un dipendente di questa”; in questo quadro, la precettività della predetta disposizione (dell’art. 17) deve essere “univocamente interpretata” nel senso che “al di fuori delle ipotesi tassativamente previste di responsabilità per danni all’immagine dell’ente pubblico di appartenenza, non è configurabile siffatto tipo di tutela risarcitoria”.
Il Giudicante costituzionale ha chiarito che “nel caso in esame il legislatore ha ulteriormente delimitato, sul piano oggettivo, gli ambiti di rilevanza del giudizio di responsabilità, ammettendo la risarcibilità del danno per lesione dell’immagine dell’amministrazione soltanto in presenza di un fatto che integri gli estremi di una particolare categoria di delitti”, e che “la scelta di non estendere l’azione risarcitoria anche in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero costituenti un reato diverso da quelli espressamente previsti, può essere considerata non manifestamente irragionevole” avendo il Legislatore ritenuto, nell’esercizio della propria discrezionalità, che “soltanto in presenza di condotte illecite, che integrino gli estremi di specifiche fattispecie delittuose, volte a tutelare, tra l’altro, proprio il buon andamento, l’imparzialità e lo stesso prestigio dell’amministrazione, possa essere proposta l’azione di risarcimento del danno per lesione dell’immagine dell’ente pubblico”.
In sostanza, “la circostanza che il legislatore abbia inteso individuare esclusivamente quei reati che contemplano la pubblica amministrazione quale soggetto passivo concorre a rendere non manifestamente irragionevole la scelta legislativa in esame”, e pertanto “la particolare struttura e funzione della responsabilità amministrativa, unitamente alla valutazione della specifica natura del bene giuridico protetto dalle norme penali richiamate dalla disposizione impugnata, rende non palesemente arbitraria la scelta con cui è stato delimitato il campo di applicazione dell’azione risarcitoria esercitabile dalla procura operante presso le sezioni della Corte dei conti”.
L’art. 17, c. 30-ter del D.L. n. 78/2009 ha quindi limitato l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno all’immagine da parte delle Procure regionali della Corte dei Conti alle fattispecie esplicitamente indicate dall’art. 7 della L.n. 97/2001, ovvero ai delitti contro la P.A. previsti dal capo 1 del titolo II del libro II del codice penale, e, di conseguenza, ha sostanzialmente ridotto l’ambito di cognizione del giudice contabile sul danno in argomento, limitandolo alle sole fattispecie come sopra individuate.
Le sopramenzionate fattispecie delittuose devono essere definitivamente accertate, nel contesto recato dal combinato disposto degli artt. 3 e 7 della L. n. 97/2001, con sentenza irrevocabile di condanna penale.
L’orientamento sopra espresso del Giudice delle Leggi è stato sostanzialmente confermato con le ordinanze nn. 219, 220 e 221 (depositate il 21.7.2011), con la dichiarazione della manifesta infondatezza o inammissibilità di ulteriori questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti della norma in esame richiamando la citata sentenza n. 355/2010 e riferendo che “la scelta di non estendere l’azione risarcitoria anche in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero costituenti un reato diverso da quelli espressamente previsti, può essere considerata non manifestamente irragionevole”. Tanto premesso, ne consegue che nella fattispecie in giudizio, concernente fatti coperti da prescrizione (sentenza n. 225/2013 Cass., Sez. VI pen.) in base al disposto del menzionato art. 17, c. 30-ter del D.L. n. 78/2009,l’accertamento del danno all’immagine correlato alle vicende sopradescritte resta sottratto alla cognizione della Corte dei conti difettando, nella specie, il formale accertamento di reato con sentenza irrevocabile di condanna penale (cfr. Sez. Lazio, sent. n. 998/2011, Sez. Friuli-Venezia Giulia, sent. 19/2011).
La giurisprudenza di merito ha infatti evidenziato, con attestato orientamento, che il risarcimento del danno all’immagine della P.A. è attivabile innanzi a questa Corte solo quando sussista il presupposto di una sentenza irrevocabile di condanna del pubblico funzionario (nella specie, il Giudizio penale da cui deriva la pretesa risarcitoria si è concluso con annullamento senza rinvio della sentenza di condanna in appello dello [omissis] per prescrizione). La coerenza di fondo del quadro normativo in esame è dimostrato dal fatto che l’art. 17, c. 30-ter, del D.L. 78/2009 ha previsto che, per il risarcimento del danno all’immagine della Pubblica Amministrazione, il decorso del termine di prescrizione di cui all’art. 1, c. 2, della L. 20/1994, è “sospeso fino alla conclusione del procedimento penale”. L’eccezione defensionale relativa alla nullità degli atti istruttori ovvero all’improcedibilità della pretesa afferente al danno all’immagine subìto dalla P.A è quindi fondata, mancando, nella specie, una sentenza irrevocabile di condanna nei confronti del convenuto per i medesimi fatti.
La sopramenzionata disciplina (cfr. SS.RR., sent. 13/QM/2011) “non introduce delle mere sanzioni processuali, limitando ab externo l’azione ed il processo di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti, bensì conforma ab interno il potere di azione del P.M., delimitandone l’ambito sotto il profilo sostanziale, ovvero stabilendo entro quali limiti sussista il risarcimento del danno all’immagine”.
Le Sezioni Riunite di questa Corte hanno chiarito la natura retroattiva della novella in questione, precisando altresì che il convenuto può “fare valere la sola nullità “in ogni momento” con l’azione autonoma prevista dall’art. 17, comma 30-ter, anche a giudizio di responsabilità già intrapreso; restando salva la sua facoltà di costituirsi in tale giudizio successivamente”.
Il danno all’immagine evocato in relazione alla commissione dei reati contestati allo [omissis] va correlato alla carenza di potere cognitorio nei termini sopra delineati e, quindi, all’improcedibilità della pretesa attorea.
Deve essere di conseguenza dichiarata l’improcedibilità della richiesta di ristoro del danno all’immagine subìto dall’Amministrazione.
Alla pronuncia di improcedibilità della pretesa attorea per mancanza dei presupposti di legge non consegue, per pacifica giurisprudenza, la liquidazione dei diritti ed onorari ai difensori del convenuto, non applicandosi, in tal caso, l’art.10-bis, c. 10, del D.L. n.203/2005, convertito con modificazioni nella L. n. 248/2005 (cfr. SS.RR., sentenze n. 13/QM/2011 e n. 3/QM/2008/QM).
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunciando, ferma restando la pronunzia di condanna del convenuto di cui alla sentenza parziale-ordinanza n. 339/2011 di questa medesima Sezione giurisdizionale
DICHIARA
l’improcedibilità della pretesa al ristoro al danno all’immagine subìto dalla P.A., nei confronti del convenuto [omissis].
Non vi è luogo a pronuncia per le spese.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 4.2.2014
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to dott. Marcovalerio Pozzato F.to dott. Ivan De Musso
Deposito del 10/02/2014
P. L DIRIGENTE
IL RESPONSABILE DEL SETTORE
GIUDIZI DI RESPONSABILITA’
F.to Luigi DE MAIO