Il commento dell’avvocato Xavier Santiapichi alla sentenza pubblicata a questo link è comparsa su Guida al Diritto. A seguire il testo completo.
Con la sentenza pubblicata il massimo organo della giustizia amministrativa affronta il complesso tema dei rapporti tra valutazione ambientale strategica, che riguarda gli atti a carattere programmatorio e valutazione di impatto ambientale che riguarda, invece, interventi puntuali. Lo fa con una decisione in un caso diffuso, nel quale viene modificato un atto di programmazione al solo fine di includere un intervento puntuale. La pianificazione – Nell’esperienza italiana la pianificazione la si fa intervenendo chirurgicamente, variando gli strumenti programmatori; non a caso qualcuno ha coniato il termine “urbanistica per progetti”, figlio di quel modello che non si riconosce in un (solido) atto di disciplina generale, ma che – probabilmente anche consapevole della lentezza nell’approvazione degli interventi – accelera quanto più possibile le varianti speciali, derogatorie ed eccezionali, che diventano la regola.
La Vas, in quanto endo-procedimento dell’atto di pianificazione, subisce le conseguenze negative di questa visione; il legislatore del 2010, modificando il Codice dell’ambiente, ha dovuto prendere atto della questione, disponendo appunto che «per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l’applicazione della disciplina in materia di Via, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere», articolo 6 comma 12, del codice dell’ambiente, introdotto dal Dlgs 29 giugno 2010 n. 128. Il ragionamento di Palazzo Spada – Su questo dato normativo si poggia oggi il Consiglio di Stato; «quando la modifica al Piano, derivante dal progetto, sia di carattere esclusivamente localizzativo, la Via è sufficiente a garantire il principio di sviluppo sostenibile, non essendo necessaria una preliminare fase strategica che evidenzi altre opzioni localizzative. Logico corollario è che qualora la localizzazione proposta dovesse essere, secondo la Vn, pregiudizievole per l’ambiente nonostante ogni cautela, il progetto andrà incontro a una mera inibizione». Il giudice deve tuttavia riconoscere che si tratta di un approccio “non” preventivo, ossia «non finalizzato alla ricerca di opzioni localizzative alternative (com’è tipico dell’approccio concomitante e collaborativo della Vas), ma focalizzato esclusivamente alla valutazione di impatto ambientale ai fini di un’alternativa si/no».
La mancata valutazione del “fattore ambiente” tra gli elementi della variante localizzativa del piano è sostanzialmente giustificata dai giudici del Supremo consesso poiché anche il procedimento di Via – che sarà comunque svolto – si esprimerà sulla cosiddetta opzione zero (non realizzazione dell’intervento). Va ricordato, per mera completezza, che il cosiddetto quadro programmatico è già un elemento della Via, ma le cui risultanze non impediscono di approvare interventi in variante (giurisprudenza costante, tra le altre Tar Toscana 888/2009). Eppure la soluzione di superare la necessità della Vas, rispetto alle varianti di inserimento di interventi puntuali, con la motivazione che la Via include anche gli aspetti localizzativi, non convince del tutto. La posizione della Commissione europea – La Commissione europea alcuni anni fa, ha avviato una procedura di infrazione contro il Governo italiano per l’errata trasposizione della Direttiva Vas in Italia (Ue C/2009/7330); procedura poi conclusa a seguito della modifica introdotta con il Dlgs 128/2010 al codice dell’ambiente, che ha “rinforzato” gli effetti vincolanti del parere Vas. In quella occasione la Commissione Europea ha ribadito l’elemento sostanzialistico voluto dalla Direttiva Vas; l’ambiente deve ritenersi un fattore a considerazione obbligatoria nella predisposizione di ogni atto di programmazione, sin dalla sua fase embrionale. La domanda allora da porsi è se sia possibile valutare un intervento singolo senza poter disporre e, soprattutto, modificare il quadro d’insieme. La Via non ha quella visione “strategica” insita nella Vas e può solo approvare (o negare) la realizzazione di un intervento. La Vas può modificare il quadro complessivo, localizzando nuove infrastrutture, vietando tipologie di insediamenti, sviluppando alcune aree in sostituzione di altre. Sono solo esempi per far comprendere che la Vas non è una autorizzazione amministrativa, è un sub-procedimento valutatorio che impone di includere gli elementi ambientali tra i principi ispiratori del piano.
Altri due punti sotto la lente dei giudici amministrativi – Particolarmente interessanti sono poi gli ulteriori due punti esaminati dal Consiglio di Stato; le contestazioni sollevate dagli appellanti circa il livello di progettazione ove interviene la Via (preliminare/esecutivo) e il parallelismo sulla valutazione di impatto ambientale delle “opere strategiche”, incluse nel programma approvato dal Cipe. I ricorrenti avevano infatti chiesto di rimettere al giudice delle leggi la disparità di trattamento dei progetti sottoposti a Via “ordinaria” (disciplinata dal codice dell’ambiente) e Via “speciale” (disciplinata dal Codice dei contratti pubblici). Nel primo caso l’esame si ha sulla progettazione esecutiva, nel secondo caso sulla progettazione preliminare (salve le modifiche apportate con il progetto definitivo, che andrebbero comunque risottoposte a Via). Nella Via ordinaria, osservano gli appellanti, lo stadio avanzato della progettazione non lascerebbe spazio alla “opzione zero”, e in ogni caso quest’ultima determinerebbe uno spreco di attività e denaro, oltre che l’ingiustificata apposizioni di vincoli preordinati all’esproprio. L’argomentazione non appare priva di fondamento. Tuttavia correttamente il Consiglio di Stato ha replicato che la progettazione preliminare, soprattutto quando proviene da privati, è attività destinata a essere superata dagli ulteriori sviluppi legati al confronto con l’amministrazione. È solo con il progetto definitivo che l’opera è compiutamente rappresentata e sono individuate le caratteristiche dei materiali prescelti e dell’inserimento delle opere sul territorio.
Solo, quindi, da questo momento è possibile comprendere pienamente quali impatti saranno prodotti dagli interventi e se vi sarà l’onere di mitigarli e/o la necessità di compensarli. Sul confronto tra Via ordinaria e “Legge obiettivo”, la diversità di trattamento – Via sul progetto definitivo e Via sul preliminare – sarebbe giustificata dalle peculiarità contestualmente introdotte in punto di progettazione preliminare: innanzitutto, dalla citata disciplina emerge che la fase preliminare dell’attività progettuale di dette opere è caratterizzata da maggior approfondimento e dettaglio; poi la stessa disciplina prevede che per le eventuali modifiche apportate dalla progettazione definitiva, la Via debba essere comunque acquisita in sede di definitivo. Quindi il livello “preliminare” di progettazione della Via speciale è in realtà una via intermedia con il definitivo, idonea comunque a garantire sufficienti elementi di conoscenza per l’espressione di una valutazione di impatto ambientale approfondita. Con l’ulteriore garanzia del nuovo passaggio in Via in caso di scostamento tra preliminare ed esecutivo”.