Anche la IV Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza che oggi pubblichiamo (4566/2014) prende posizione in tema di Valutazione di Impatto Ambientale ed Autorizzazione Unica, con riferimento agli impianti eolici.
- 04566/2014REG.PROV.COLL.
- 06641/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6641 del 2013, proposto da:
Farpower2 Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alberto Linguiti, Gianfrancesco Fidone, con domicilio eletto presso Alberto Linguiti in Roma, viale G. Mazzini 55;
contro Regione Puglia, in persona del presidente della G.R. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Maria Liberti, con domicilio eletto presso Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, 92; per la riforma della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari: Sezione I n. 00242/2013, resa tra le parti, concernente procedura di valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte eolica;
- Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
- Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia;
- Viste le memorie difensive;
- Visti tutti gli atti della causa;
- Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Alberto Linguiti e Maria Liberti;
- Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
DIRITTO
1) Devono, in primo luogo, essere disattese le censure di inammissibilità sollevate dalla Regione Puglia.
1.1.) Erroneamente infatti la Regione assume che la Farpower2 avrebbe modificato la sua domanda iniziale chiedendo il rinvio del progetto alla Conferenza dei servizi per la porzione di progetto non contestata.
Al contrario, tale domanda era una subordinata, formulata nelle conclusioni del ricorso di primo grado, sia relativamente alla fase cautelare che al merito. Non vi è stata dunque alcuna “mutatio libelli” in sede di appello.
1.2.) Deve parimenti essere respinta l’eccezione di carenza di interesse fondata sull’asserita mancata lesività per la società appellante del provvedimento di non-esclusione dalla procedura di VIA in quanto lo stesso comunque non precluderebbe il futuro rilascio dell’Autorizzazione Unica (c.d. A.U.).
Premesso che l’imperatività del termine di conclusione va qualificato quale principio fondamentale della materia, essendo il d.lgs. n. 387/2003 ispirato alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità (cfr. Consiglio di Stato Sez. V, sent. n. 1139 del 26-02-2010), non vi sono conseguentemente dubbi che la sottoposizione a VIA costituisca comunque un aggravio temporale nel rilascio dell’A.U. che può essere giustificata solo in presenza dei presupposti previsti dalla disciplina comunitaria in materia.
L’eccezione va dunque respinta perché il provvedimento finisce per incidere de facto sul termine dei 180 giorni assegnati per la conclusione del procedimento volto all’emissione del provvedimento autorizzatorio alla produzione di energia da fonti rinnovabili.
2.) Per ragioni di economia espositiva, devono essere esaminati congiuntamente i primi tre motivi d’appello che attengono a questioni generali tra loro logicamente connesse.
2.1) Come dedotto con il primo motivo, la sentenza non avrebbe tenuto conto che:
— l’articolo 6 della DIR. 27 settembre 2001/77/CEE imponeva che si sarebbero dovuti “… ridurre gli ostacoli normativi di altro tipo … e razionalizzare ed accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo”;
— in base all’art. 13 della successiva DIR. 23 aprile 2009/28/CEE “le norme nazionali in materia di procedure di autorizzazione siano proporzionate e necessarie” e che devono essere previste ” … procedure di autorizzazione semplificate”;
— l’art. 20 del D.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. impone alla Regione di verificare se il progetto preliminare ha effetti negativi sull’ambiente, con la conseguenza che, in caso di accertamento negativo, può essere disposta l’esclusione della procedura di VIA anche con eventuali prescrizioni, ma esclude che in tale sede possano essere inserite valutazioni estranee ai profili ambientali quali quelle di carattere estetico-paesaggistico come la co-visibilità tra gli interventi.
Illegittimamente invece la Regione avrebbe ritenuto che il progetto della Farpower2 avrebbe comportato significativi impatti negativi sull’ambiente, scendendo nell’esame del dettaglio del “progetto definitivo”- in luogo di quello preliminare – che non sarebbe stato valutabile in sede di verifica di assoggettabilità.
La sentenza impugnata avrebbe invece liquidato tutti i motivi dal 9 al 19, compreso quella relativo all’abrogazione de facto della procedura di VIA, sul rilievo della loro riconducibilità ad insindacabili valutazioni di merito dell’amministrazione, senza appurare l’attendibilità dei dati fattuali sulla cui base era stata esercitata la scelta tecnico – discrezionale e senza tener conto che, a decorrere dalla sentenza la Corte Costituzionale n. 344/2010, la Regione Puglia avrebbe inviato alla procedura di valutazione di impatto ambientale tutti i progetti di aereo-generazione, senza che un solo progetto avesse poi superato la predetta VIA.
2.2). Con il secondo motivo si lamenta che la sentenza:
— avrebbe “dato corpo e motivazione al provvedimento” qualificando come significativamente negativi i singoli impatti rilevati dalla Regione e, non cogliendo il senso della censura della Farpower2, avrebbe erroneamente affermato che la domanda doveva essere assoggettata alle Linee Guida di cui al Regolamento Regionale Puglia n. 24 del 31 dicembre 2010 in quanto queste erano state tempestivamente adottate nei 90 giorni dall’entrata in vigore del D.M. 10 settembre 2010 recante le “Linee Guida Nazionale” in materia di verifica di assoggettabilità a VIA.
Invece, giustamente, la Regione non aveva nemmeno richiamato nel provvedimento impugnato il Regolamento Regionale Puglia n. 24 in quanto, come lamentato dalla Farpawer2:
— il Regolamento Regionale n. 24/2010 all’art. 5, comma primo, escludeva dall’ambito della sua applicazione i procedimenti relativi agli impianti eolici — già ricadenti nel campo di applicazione del regolamento regionale n. 16/2006, dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 344/2010;
— la fattispecie sarebbe quindi dovuta essere ricondotta nell’ambito di applicazione delle “Linee Guida Nazionali”.
Erroneamente invece la Regione avrebbe invece utilizzato le Linee Guida per l’Inserimento Paesaggistico di Impianti Eolici di accompagnamento al D.P.C.M. 12.12.2005 che concerne il differente ambito delle autorizzazioni per interventi ricadenti in aree tutelate, ai sensi dell’articolo 146, comma 3, del Codice dei Beni Culturali di cui al d.lgs. n. 42/2004, ovvero aree interessate a beni paesaggistici di “notevole interesse pubblico”.
2.3.) Con la terza rubrica si lamenta che il TAR avrebbe respinto i motivi dall’1 all’8 affermando erroneamente:
— che la regione avrebbe fatto un’accurata indagine sui singoli infatti (pagina 11 sentenza impugnata);
— che, in assenza degli opportuni approfondimenti sugli impatti sul paesaggio, sugli eco-sistemi e sulla co-visibilità, vi sarebbe stati ” impatti cumulativi negativi”;
— che l’Amministrazione Regionale avrebbe affermato una pretesa carenza documentale, senza nemmeno procedere alle richieste di integrazioni documentali, mentre, al contrario, la documentazione era stata depositata in modo completo a livello di “progettazione definitiva”;
— che la Società aveva specificamente denunciato la violazione dell’omessa convocazione della conferenza dei servizi entro il termine di 30 giorni previsti dalla normativa di settore di cui al d.lgs. n. 387/2003 e all’articolo 14 ter, co. 8 della L. n. 241/1990 per cui l’integrazione documentale può essere effettuata una sola volta;
— che un possibile impatto negativo avrebbe dovuto essere rilevato a livello di “progettazione preliminare” mentre, a causa del lungo decorso del tempo derivante dalla sospensione dell’istruttoria del relativo giudizio di costituzionalità sul progetto del 2007, la Regione avrebbe dovuto far luogo alla facoltà di cui all’art.20 d.lgs. n. 152/2006 di richiedere integrazioni documentali o chiarimenti ai fini del provvedimento del 2011;
— che il rinvio del progetto alla VIA non avrebbe potuto basarsi su una mera ipotesi di un impatto negativo ma sulla concreta probabilità di un tale incidenza;
— che la società aveva sollecitato con nota del 21 maggio 2009 ed una successiva del 19 settembre 2011 l’apertura di un tavolo tecnico in relazione sia al sopravvenire delle linee guida nazionali sia all’introduzione sul mercato di nuovi aerogeneratori ben più performanti come suggerito dalle linee guida statali (cfr. allegato 4, par. 3.2 lettera M), per cui la facoltà di soccorso istruttorio si sarebbe trasformata in un obbligo procedimentale.
2.4). Le predette doglianze meritano di essere favorevolmente considerate nei sensi, e nei limiti, che seguono.
Come è noto, i principi fondamentali fissati dal legislatore statale in attuazione della “Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”, sono consacrati nell’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387 del 29 dicembre 2003, che ha disciplinato il procedimento amministrativo volto al rilascio dell’A.U. per la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia anche alla luce degli impegni europei conseguenti all’adesione dell’Italia ai protocolli di Kyoto sul contenimento del CO2 ed alle successive integrazioni relative alla limitazione dell’uso dei combustibili fossili e degli idrocarburi.
Si tratta, peraltro, di profili che in Italia interferiscono non solo con il piano ambientale, ma anche con quello propriamente economico, data la quasi totale dipendenza in materia di idrocarburi dalle importazioni.
In conseguenza, la disciplina legislativa sul procedimento autorizzatorio degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha natura di normativa speciale, informata al canone della massima semplificazione al fine di “… rendere più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa.. “(cfr. Corte costituzionale da ultimo n. 13 del 28 gennaio 2014).
Il sostanziale favor del legislatore comunitario e nazionale, sottolineato anche dal Giudice delle Leggi come limite alla competenza legislativa delle Regioni (cfr. ancora Corte Cost. sentenza n. 224 del 17 ottobre 2012), comporta che il margine di intervento riconosciuto alla Regione non tolleri in alcun modo irragionevoli limitazioni, anche in via di fatto, all’istallazione dei generatori sul territorio regionale (come ad esempio “… la fissazione di un indice massimo di affollamento , il parametro di controllo P”: cfr. anche Corte Cost. sentenza n. 344/2010 del 26/11/2010).
Ciò infatti contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dalla ricordata disciplina statale ed europea (cfr. Corte Cost. sentenza n.13 cit.).
Sotto il profilo procedimentale, si deve sottolineare che esattamente l’appellante ricorda come l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, tra l’altro, preveda in particolare che l’istanza di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio dell’impianto (ivi comprese le opere di connessione alla rete elettrica ed ogni altro intervento necessario allo scopo), debba essere definita in un termine che non può essere superiore a novanta giorni, in un procedimento unico al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate e che costituisce titolo a costruire ed esercitare l’impianto.
Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’art. 2, co. 1, lett. c. (cioè impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta) possono essere senz’altro ubicati anche in zone classificate “agricole” dai vigenti piani urbanistici tenendo presenti la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e rurali.
La disciplina dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 cit., in coerenza con le finalità semplificatorie e di concentrazione procedimentale, vede nella conferenza di servizi il modulo procedimentale ordinario essenziale per la formazione del successivo titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.
L’Amministrazione, ai sensi dell’art. 2, L. 7 agosto 1990 n. 241 e dell’art. 12, d.lgs. 23 dicembre 2003 n. 387, ha il dovere di concludere il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica con un provvedimento espresso e motivato nel termine prescritto dalla legge. L’adozione del provvedimento finale è l’oggetto di un preciso obbligo di provvedere gravante sull’Amministrazione (arg. ex Consiglio di Stato sez. V 09/09/2013 n.4473).
In tale arco temporale strettamente contingentato, la verifica di assoggettabilità deve avvenire, ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i. “sul progetto preliminare” , proprio per consentire che l’ulteriore sviluppo dell’iniziativa tenga conto di tutti i suggerimenti e di tutte le modifiche necessarie.
In tali casi, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico, deve quindi essere computato al netto dei tempi previsti dall’art. 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale.
Sotto il profilo sostanziale, l’art. 20 del D.lgs. n. 152/2006 prevede che la verifica degli elementi che impongono l’assoggettamento del progetto alla VIA vada fatta con precipuo riferimento agli interventi elencati nell’allegato IV, qualora “… il progetto abbia possibili effetti negativi e significativi sull’ambiente” .
I parametri a tal fine rilevanti – di cui all’all. V del d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. “Criteri per la verifica di assoggettabilità di cui all’art. 20 dal 13 febbraio 2008 “ – sono individuati con riferimento rispettivamente:
I. alle caratteristiche dimensionali e di cumulo con altri progetti; all’utilizzazione di risorse naturali; alla produzione di rifiuti; all’inquinamento ed ai disturbi ambientali; al rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate;
II. alla localizzazione dei progetti tenendo conto, tra l’altro, dell’utilizzazione attuale del territorio; della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona; della capacità di carico dell’ambiente naturale (zone umide, costiere, montuose o forestali, riserve e parchi naturali, classificate, o protette ecc.); zone a forte densità demografica; zone di importanza storica, culturale o archeologica;
III. alle caratteristiche dell’impatto per la grandezza e la complessità dell’impatto, per la probabilità dell’impatto e per la durata, frequenza e reversibilità dell’impatto.
In tale direzione è stato affermato in materia di impianti eolici che il ricordato carattere speciale, che è proprio del procedimento di A.U., distingue le valutazioni dell’impatto paesaggistico e ambientale rispetto a quelle ordinarie: di guisa che il modello procedimentale e provvedimentale legittimante l’installazione di siffatti impianti è esclusivamente quello dell’autorizzazione unica regionale, tipizzato espressamente dall’art. 12 d.lgs. n. 387/2003, la cui incidenza altrimenti finirebbe per essere del tutto attenuata (cfr. Consiglio di Stato sez. VI 07/08/2013 n. 4167).
La VIA non consiste, infatti, nella mera verifica dell’astratta compatibilità dell’opera ma si sostanzia in un’analisi comparata tesa a valutare il reale sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica, tenendo conto delle alternative praticabili (ivi compresa l’opzione zero).
In tale prospettiva, se si tiene conto che la conversione dell’energia cinetica di una massa d’aria, che si muove con una certa velocità in energia meccanica (e poi in elettrica) è una risorsa abbondante, economica, inesauribile, e soprattutto che non immette nessun tipo di sostanze inquinanti né di rifiuti nell’ambiente, appare abbastanza difficile giustificare il rinvio “automatico” alla VIA di tutte le richieste di istallazione di impianti eolici, sull’astratto presupposto della sua eccessiva visibilità. In base al coordinato disposto si cui all’art. 12 per cui “ …rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico” , e all’art. 20 del d.lgs n. 152 per cui l’assoggettabilità alla VIA è necessaria al di sopra della soglia di 1 megawatt (ex Allegato 4 alla parte II del d.lgs. n. 152/2006), si deve dunque concludere che le valutazioni della compatibilità ambientale e paesaggistica, in caso di procedimento per il rilascio del titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti eoliche, debbano ordinariamente essere demandati alla conferenza di servizi (cfr. Consiglio di Stato Sez. VI 27/11/2012 5994).
Nel caso in esame, non si vuole quindi negare, in linea di principio come vorrebbe l’appellante, la possibilità della Regione di valutare le specifiche esigenze di tutela del paesaggio, della biodiversità, del patrimonio culturale, del paesaggio rurale, dell’impatto visivo e del paesaggio, dell’impatto acustico, delle interferenze elettromagnetiche e degli impianti di produzione di energia eolica ma si deve affermare che, ai sensi dell’art. 12 co. 7, d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, e dell’art. 14 del D.M. 10.9.2010, tutti i predetti profili possono – e devono – essere considerati nella competente e tempestiva conferenza dei servizi che deve essere exlege convocata entro 30 gg. dalla presentazione dell’istanza.
Nel caso, in particolare, appare dunque evidente come nella conduzione dell’istruttoria de quo la Regione abbia assolutamente disatteso le esigenze di semplificazione e di sollecitudine nella definizione del provvedimento finale.
Sotto altro profilo, ha ragione l’appellante quando ricorda che alla fattispecie in esame non poteva applicarsi il Reg. Reg. 30 dicembre 2010, n. 24 di “Individuazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Puglia” perché, come vedremo, l’impianto non è propriamente ubicato in alcun sito inibito, ma soprattutto perché, comunque, l’istanza originaria risaliva al 10.4.2007 e quindi restava disciplinato dalla normativa precedente.
Infatti, l’art. 5 contenente la “Norma finale”, al primo comma espressamente esclude che il ricordato Reg. n. 24 si applichi ai procedimenti in corso alla data della sua pubblicazione ed a quelli relativi “… ad impianti eolici ricadenti nel campo di applicazione del Regolamento regionale 4 ottobre 2006, n. 16” (“Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia”).
A prescindere dagli aspetti di dettaglio (per i quali si rinvia al punto che precede), il semplice mancato rispetto dell’obbligo dell’Amministrazione di osservare i termini procedimentali di per sé comportava:
— l’impossibilità per l’Ente di richiedere ulteriori integrazioni documentali (cfr. Consiglio di Stato sez. V 26/09/2013 n. 4755);
— l’illegittimità, in ogni caso, del provvedimento di sottoposizione a VIA del presente progetto, in relazione al tempo trascorso. Per la conclusione del procedimento di autorizzazione di cui trattasi, l’amministrazione deve tassativamente restare nei termini massimi imposti da detto art. 12 d.lgs. n. 387 (cfr. Consiglio di Stato, sez. V 03/06/2013 n. 3028).
E ciò soprattutto in considerazione dell’ubicazione dell’intervento in zone classificate agricole dal PRG e della richiesta della società di “dialogo tecnico” del 2009.
In conclusione, la decisione di avviare il progetto a VIA a quasi cinque anni dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione di un impianto eolico, nel caso in esame, appare exse alquanto pretestuosa in linea generale e ciò proprio in relazione alle singole argomentazioni addotte nel provvedimento (di cui amplius al punto che segue).
Tutti e tre i motivi sono fondati e devono essere accolti.
3.) Possono essere esaminati unitariamente anche i numerosi ed analitici profili delle restanti doglianze.
3.1.) Con la quarta censura si lamenta che la sentenza, travisando il contenuto del provvedimento, avrebbe trasformato l’elencazione dei “possibili impatti” in “specifici impatti” e, soprattutto, avrebbe avvalorato l’elemento della “visibilità” come un fattore negativo e significativo senza tener conto delle rilevante distanze tra le parti, della diversa quota altimetrica delle torri.
Tenendo conto che la Strada Provinciale n. 91 sarebbe posta ad un’altitudine di 218 m e che la torre dell’altra società IVPC sarebbe posizionata sul crinale ad un’altitudine di 380 m sul mare, il Tar non avrebbe tenuto conto che l’aerogeneratore FP05 della Farpower2 sarebbe retro-distante di 1340 m e posizionato a 345 m sopra il livello del mare.
Pertanto, per rendersi co-visibile dalla strada provinciale, la FP05 avrebbe dovuto essere alta ben m. 236 anziché i m. 151,5 di progetto (come dimostrerebbe la foto inserita alla pag. 24 dell’appello ripresa dai depositi di primo grado), e ciò senza contare che l’assorbimento atmosferico della radiazione visibile tende a sfumare i contorni degli oggetti più lontani.
Analogamente per quanto riguarda gli aerogeneratori FP 95, 82 e 89.
Ai sensi della L. R. Puglia 24 settembre 2012 n. 25 lo scrutinio del territorio in chiave estetica avrebbe dovuto essere svolto in sede di conferenza di servizi e non già in sede di verifica di assoggettabilità VIA.
La compatibilità con gli impianti eolici in zona agricola sarebbe principio fondamentale della materia anche in considerazione dell’assenza di aree sensibili di cui all’articolo 18 del PUTT/P.
Inoltre, sarebbe stato incongruo il rilievo alla vicinanza del fiume Ofanto dato che la domanda della società appellante era stata presentata (nel marzo 2007) antecedentemente all’istituzione del Parco nel dicembre dello stesso anno. Nell’interno della stessa area sarebbe stata autorizzata l’istallazione di altri aerogeneratori della IVCP.
In violazione dell’articolo 5 lett. l) del D.M. ambiente del 17 ottobre 2007 (G.U. n. 285/2007) il provvedimento, nel far riferimento alla presenza di altri impianti nella stessa area con problematiche di “impatto cumulativo”, non avrebbe specificato perché il preteso impatto era “negativo” e “significativo” data la distanza delle pale eoliche.
Nel caso la co-visibilità sarebbe stata del tutto inesistente e comunque avrebbe avuto un rilievo esclusivamente paesaggistico e non ambientalistico.
Fatta eccezione per la FP26 che potrebbe risultare parzialmente visibile, gli altri aerogeneratori della società appellante non si affaccerebbero sull’area SIC del Parco perché sarebbero arretrati dalla linea del crinale.
Inoltre la zona 2 del Parco ingloberebbe nel suo perimetro l’area di una marrana, spesso in secca, e non risulterebbero visibili dal fiume.
Né i cavidotti interrati produrrebbero un significativo impatto ambientale perché l’interferenza con i “tratturelli” sarebbe limitata alla fase di interramento dei cavi, e costituirebbero opere minori soggette a semplice denunzia lavori ex legge regionale n. 25/2008, art. 4 co. 2 lett. b).
3.2.) Con il 5º motivo si lamenta l’omissione di pronuncia da parte del TAR sui motivi che vanno dal numero 9 al 19 e che sarebbero stati liquidati unitariamente come censure di natura tecnico-amministrativa, sottratte al vaglio giurisdizionale. Per l’appellante, la Regione Puglia non avrebbe evidenziato dubbi ambientali specificamente significativi dai quali ricavarsi l’opportunità di una valutazione VIA, ma avrebbe solo vagheggiato astratte ipotesi di conflittualità visivo – paesaggistica dell’intervento con altri interventi.
Contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, la discrezionalità tecnica della Regione non attribuisce un libero arbitrio ma dovrebbe essere ancorata ad elementi di fatto e criteri sempre sindacabili dal giudice amministrativo.
Al riguardo il Tar non avrebbe colto la carenza della motivazione, il difetto di istruttoria e l’eccesso di potere del provvedimento impugnato. La Regione, nonostante il fatto che i dubbi avrebbero riguardato solo 9 dei 47 aerogeneratori, avrebbe rinviato a VIA un intero progetto, quando invece avrebbe dovuto esentare dalla procedura di VIA i 38 aerogeneratori non coinvolti dalle singole fattispecie o comunque avrebbe potuto dare le opportune prescrizioni.
L’appellante reitera inoltre i seguenti motivi non esaminati dal TAR:
3.2.a.) Con parte del 7º e del 9º motivo di primo grado, si contesta la sussistenza di impatti cumulativi con gli altri impianti dello stesso tipo considerando che:
– i progetti limitrofi della Daunia Wind e IVPC si estenderebbero verso Ascoli Satriano, mentre quello della società appellante si estenderebbero verso Cerignola;
– non vi è mai alcuna sovrapposizione dei perimetri e nessun cumulo tra gli interventi in quanto le torri più vicine sono previste ad 800 mt dagli interventi e solo limitatamente al quadrante Nord e Nord-Ovest del solo lotto nord;
– le distanze fra gli aerogeneratori più vicini avrebbero rispettato le distanze minime tra parchi eolici limitrofi di cui al più restrittivo regolamento regionale n. 16/2006 all’epoca vigente;
– anche se non ci sarebbero interferenze data la distanza di 800 m tra le varie torri, l’amministrazione avrebbe potuto disporre uno spostamento, o anche l’eliminazione delle torri asseritamente interferenti.
3.2.b.) In relazione al 10º motivo non esaminato, il Tar avrebbe concluso per la legittimità del rimando alla VIA del progetto in considerazione della dimensione degli aerogeneratori che potrebbe avere un impatto significativo su una serie di punti sensibili anche per la vicinanza a rilevanti siti ambientali quali il Parco naturale regionale “fiume Ofanto” ed il SIC “Valle Ofanto – Lago Capacciotti”. Al contrario per l’appellante:
1. il legislatore non ha previsto le limitazioni al numero delle torri ed alle dimensioni delle pale, ma ha previsto un limite di potenza dell’impianto. Lo stesso servizio ecologia avrebbe rilasciato il 9 maggio 2011 su un’area limitrofa, che guarda verso gli stessi siti sensibili, parere favorevole per macchine di maggiori dimensioni.
La scelta di macchine di maggiore altezza (120-140 metri al mozzo e rotore di oltre 120 m) sarebbe il frutto dell’evoluzione tecnologica, per la loro migliore resa in termini di produzione e per il vantaggio ambientale per la sostituzione dell’utilizzo delle fonti fossili.
2. L’aerogeneratore più prossimo, il FP 26, disterebbe ben 1 km dal sito dal SIC per cui sarebbe del tutto compatibile con la fascia di rispetto prevista espressamente per gli impianti eolici in 200 m dai siti sensibili (art. 2, co. 8º della L.R. Puglia 21 ottobre 2008 n. 31) e sarebbe allineato rispetto all’area ambientalmente sensibile a quello della Daunia Wind da cui dista poco meno di ulteriori 1000 m. (come dimostra la cartina satellitare inserita pagina 47);
– i potenziali impatti ambientali negativi e significativi connessi con la vicinanza alla zona parco riguarderebbero pochi aerogeneratori progettati prima dell’iscrizione del parco e comunque posti in aree prive di qualsiasi vincolo;
– l’asserita incompatibilità dell’intervento si porrebbe in contraddizione con le conclusioni della conferenza di servizi relativa alla perimetrazione del parco del fiume Ofanto del 23 ottobre 2010 di cui alla L.R. n. 7/2009 per cui la riperimetrazione si era resa necessaria al fine di consentire la realizzazione di impianti di energia da fonti rinnovabili.
— la valutazione sull’interesse paesaggistico sarebbe stata rimessa alla soprintendenza ex articolo 142, primo comma F del d.lgs. n. 42/2004;
— il parco, al di fuori del bacino fluviale propriamente detto, non sarebbe una “riserva naturale” e comunque le pale non interagirebbero sulla catena alimentare e sull’habitat della fauna selvatica e dei chirotteri;
– sull’altra sponda del fiume Ofanto, sul versante della Basilicata, vi sarebbe la zona industriale di San Nicola ed una vasta viabilità ad alto traffico;
3.2.c.) Il Tar non avrebbe poi esaminato l’11° ed il 12º motivo, sul presupposto dell’interferenza degli aerogeneratori n.12 e n. 47, della nuova viabilità e dei cavidotti con la viabilità storica dei tratturi.
Al contrario:
— la torre n. 47 sarebbe situata a 75 m da una strada vicinale e non da un tratturo;
— la n. 12 è situata 50 m dal tratturello Foggia-Ordona-Lavello, mentre quella della Daunia i nn. 47 e 48 sarebbero rispettivamente a 50 e 75 m dal regio tratturello Foggia – Otranto – Lavello;
— i tratturelli indicati (Foggia – Ordona- Lavello; Cerignola – Melfi; Foggia – Lavello) sono di fatto stati quasi interamente assorbiti da strade asfaltate;
— la Soprintendenza per i beni architettonici paesaggistici delle province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia al riguardo si era limitata ad affermare che “gli impianti e le linee di collegamento alla rete nazionale sono “localizzate in aree contermini a quelle sottoposte a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 recante il codice dei beni culturali paesaggistici”, il che avrebbe escluso a priori la sussistenza di un impatto potenzialmente negativo e significativo delle macchine progetto, comprese la n. 12 e la n. 47.
Le linee guida nazionali prevedono che, per le aree interessate alle tutele di cui all’articolo 142 del d.lgs. n. 42 cit., hanno rilievo, ai fini dell’eventuale parere sfavorevole, solo in caso di caratteristiche che siano incompatibili con l’intervento (cfr. Dm 19 settembre 2010 Allegato n. 3 U-C).
In presenza di altri aerogeneratori la presenza di solo 2 autogeneratori della società appellante non avrebbe potuto pregiudicare l’ambiente.
Né sarebbero identificabili reali interferenze tra la viabilità di servizio e la viabilità storica, neppure in fase di cantiere.
Il progetto — fatti salvo brevi tracciati di collegamento tra le piazzole delle aree dei generatori che attraversano i campi — utilizzerebbe solamente la viabilità già esistente senza interessare le aree dei sei tratturi, peraltro aperti a qualsiasi tipo di veicolo.
Analogamente si riporta per i tratturi numero 36 a, 36 b, 37 e 57.
Non si capisce perché l’amministrazione abbia rimesso a VIA il progetto anziché utilizzare la facoltà di imporre “le necessarie prescrizioni” ex art. 20, 5º comma del d.lgs. n.152/2006: prescrivendo un “allontanamento” o una riduzione delle macchine; suggerendo un diverso percorso per i cavidotti interferenti con i tratturi (come fatto in passato dall’amministrazione regionale) o esonerando dalla VIA le pale che non superavano i limiti prestabiliti (cfr doc. n. 12-16 allegati al fascicolo di primo grado).
3.2.d.) Non sarebbero stati esaminati nella sentenza nemmeno il 12º, 13º , 16° e 17º motivo riguardanti l’interferenza dei cavidotti con alcuni tratturi, alcune aree boscate, il parco regionale, e con l’iconografia superficiale delle aree di versante. Per l’appellante tali profili non concernerebbero la fase della VIA ma quella dell’esecuzione dei lavori.
La normativa comunitaria e statale di cui al n. 20 dell’allegato I (“progetti di cui all’articolo 4, paragrafo 1”) alla direttiva 97/11/CEE, prevede che sia sottoposta a VIA solo “la costruzione di elettrodotti aerei con un montaggio superiore a 220 kW e di lunghezza superiore ai 15 km” e ad analogamente il numero 3b) All. 2 della stessa direttiva che concerne i trasporti di energia elettrica mediante linee aeree e non la realizzazione degli elettrodotti interrati.
Per questo i cavidotti interrati sfuggono alla verifica ambientale (cfr. Consiglio di Stato sezione VI° 27 novembre 2002,n. 6507).
3.2.e.) Con i seguenti sottoprofili l’appellante:
d.1. ripete per l’ennesima volta la cesura relativa ai cavidotti;
d.2. specifica che non vi sarebbero aree boscate ma solo una vegetazione bassa (come dimostrerebbero le fotografie allegate), e comunque sarebbe bastato prescrivere l’utilizzo dei campi privati e le sedi stradali esistenti come raccomandano le linee guida statali All. n.4 par. 5.2. ;
d.3. iniquamente si sarebbe affermato che i tracciati dei cavidotti di connessione degli AG nn. 34-41-43-28 e 29 sarebbero posti a ridosso del Parco naturale regionale e lo avrebbero attraversato nel tratto di connessione alla sottostazione dell’AG8. Le opere di scavo di interramento sarebbero minimali e non modificherebbero la morfologia del terreno e sarebbero realizzabili con le previsioni semplificate della L.R. 25/2008. Lo stesso Servizio Ecologia ha prescritto “che i cavidotti di collegamento tra gli aerogeneratori la stazione di raccolta energia elettrica prodotta…” siano “… seminterrati e corrano lungo la rete viaria” (cfr. determina n. 578 del 22/12/2009 su B. U. Regione Puglia n. 24/2010, allegato 14 fascicolo di primo grado);
d.4. Del tutto immotivatamente si sarebbe affermata l’interferenza degli aerogeneratori 34 – 43 e 05 con la sottostazione di connessione con il Parco Eolico e con l’idrografia superficiale del relativo versante. La Guida Regionale del 2004 raccomanderebbe di evitare la localizzazione dell’impianto sui versanti con pendenze superiori al 20% e nelle aree poste ad una distanza inferiore di 50 m al margine dei ripidi versanti maggiormente utilizzati dai rapaci. I cavi sotterranei non recherebbero alcun danno potenziale ai rapaci e poi sui versanti di cui ai fogli 434 e 435 sarebbero presenti più di 30 torri delle altre due società.
L’Autorità di bacino, in sede di conferenza di servizi avrebbe sempre espresso un avviso favorevole senza escludere nessuna torre ed inoltre le aree in questione sarebbero classificate a pericolosità geomorfologica “media moderata – PG1” che tollererebbe tutti gli interventi che non determinino instabilità o incidano negativamente sui processi geomorfologici (cfr. NTA del PAI).
3.2.f.) Il Tar non esaminando compiutamente il 14º ed il 15º motivo relativi all’impatto del progetto su flora e fauna si è limitato ad affermare che non si sarebbe potuto escludere potenziali impatti sugli elementi naturali, che il provvedimento non avrebbe affatto indicato i potenziali effetti negativi e non avrebbe considerato che, in un’area priva di grotte ed intensivamente coltivata, il calo dell’avifauna sarebbe cagionato dalla diminuzione degli insetti a causa del largo utilizzo di parassitarie ed insetticidi.
Non vi sarebbe stata negli ultimi vent’anni alcuna segnalazione di danni al patrimonio dei chirotteri né l’area sarebbe interessata da flussi migratori cagionati da impianti eolici.
3.2.g.) Il Tar non avrebbe esaminato la 18ª doglianza relativa alla contestazione della pretesa carenza dello studio impatto acustico definito per lo scarso numero di recettori;
Nel caso in esame non ci sarebbe alcuna violazione del limite dei 200 mt dalle abitazioni.
3.2.h.) Il Tar non avrebbe esaminato la censura con cui si contestava la pretesa carenza di studi in ordine al distacco accidentale della pala. Detti studi, di tipo balistico, fondati su leggi fisiche ed equazioni matematiche, sarebbero certificati dai costruttori degli aerogeneratori.
La stessa Regione avrebbe ammesso che il rischio di gittata della pala sarebbe estremamente raro. Comunque la velocità del rotore sarebbe andata via via diminuendo e la velocità periferica delle pale non supererebbe gli 80 km all’ora e le macchine sarebbero soggette al d.lgs. 27 gennaio 2010 n. 17 in materia di requisiti essenziali di sicurezza ed imprevisti.
3.3.) Nonostante la profusa, prolissa e spesso ripetitiva esposizione di profili, talvolta analoghi ma spesso identici, i predetti motivi possono essere condivisi nei sensi, e nei limiti, che seguono.
La ricordata priorità dei principi di sostenibilità energetica e di prevalenza dell’utilità derivante dalla realizzazione di impianti di energia a fonti rinnovabili di cui alla direttiva Ce n. 2001/77 ed al d.lgs. n. 387 del 2003 (cfr. Consiglio di Stato sez. V 2/07/2012 n. 3860), comporta che sia illegittimo imporre limiti alla produzione di energia elettrica derivante da fonte eolica sia per via legislativa in ragione della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. V, 10/09/2012 n. 4768) sia utilizzando il pregiudiziale e sistematico rinvio alla valutazione VIA come strumento di ostruzionismo per rinviare ulteriormente la definizione delle richieste di autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di energia elettrica di fonte eolica.
Tale comportamento procedimentale si pone infatti in diretta violazione del “favor” della normativa europea, emanata anche in relazione agli impegni assunti con il protocollo di Kyoto, per lo sviluppo, l’incremento e la promozione delle fonti energetiche rinnovabili.
Sotto altro profilo poi si deve annotare che nessuna previsione dell’art. 12 D.lg. n. 387 del 2003 o dell’art. 14- quater, co. 1, l. n. 241 del 1990, infatti, consente di trasformare in un arbitrario giudizio di discrezionalità assoluta quello che, in base alla legge, è una valutazione oggettivamente ancorata a parametri di ordine tecnico che compete alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità (Consiglio di Stato sez. VI 15 gennaio 2013 n. 220).
E, se non appartiene alla sfera di valutazione del giudice amministrativo la compita disamina del merito delle diverse singole questioni dedotte dall’appellante, non di meno, anche alla luce delle difese dell’Amministrazione regionale, si deve ritenere che contrariamente a quanto ritenuto dal Primo Giudice, sotto i profili della logica, della razionalità, della correttezza e della coerenza dell’istruttoria e della motivazione, la decisione di sottoporre il progetto de quo a VIA sia afflitta da numerosi indizi che appaiono sintomaticamente sul piano funzionale.
E’ evidente il vizio di eccesso di potere per sviamento del provvedimento, collegato al ritenuto eccessivo sviluppo degli impianti eolici nella Regione, il quale è in realtà dovuto alle peculiari caratteristiche orografiche e climatiche del territorio pugliese che, soprattutto nella parte dorsale, è caratterizzata da una costante e considerevole incidenza dei venti (vedi sul web: Atlante Eolico Italiano del RSE SpA – Ricerca sul Sistema Energetico, società del gruppo “GSE SpA-Gestore Servizi Elettrici”).
Tale conclusione, del resto, è avvalorata anche dalla condotta processuale dell’Amministrazione che non ha replicato analiticamente alle diverse, e specifiche, censure dedotte dalla Farpower2 e si è limitata a smentire genericamente la circostanza per cui solo 9 torri su 47 sarebbero state realmente fatte oggetto di uno specifico rilievo.
In sostanza, come esattamente denunciato sotto più profili dall’appellante, il TAR erroneamente:
— ha omesso di esaminare dettagliatamente tutte le censure, che sono state sbrigativamente liquidate come generiche ed afferenti ad insindacabili scelte di stretto merito amministrativo;
— non ha compiutamente considerato che, da un lato, alcune mende addebitate al progetto nel provvedimento impugnato appaiono oggettivamente del tutto inconsistenti e che altre sono sostanzialmente del tutto inconferenti sul piano ambientale.
Anche sulla scorta delle considerazioni di cui al punto che precede si rileva, quanto al profilo della ritenuta eccessiva visibilità, che la speciale disciplina ex art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 attiene a profili differenti dalla valutazione dell’impatto paesaggistico di cui all’art. 159 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, relativo al regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica per i procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 31 dicembre 2009 non si fossero ancora conclusi con l’emanazione della relativa autorizzazione (e dell’art.146 del d.lgs. cit. a regime).
Pertanto, fatta salva l’esclusione di aree specificamente individuate dalla Regione come inidonee, l’installazione di aerogeneratori è una fattispecie tipizzata dal legislatore in funzione di una bilanciata valutazione dei diversi interessi pubblici e privati in gioco, ma che deve tendere a privilegiare lo sviluppo di una modalità di approvvigionamento energetico come quello eolico che utilizzino tecnologie che non immettono in atmosfera nessuna sostanza nociva e che forniscono un alto valore aggiunto intrinseco.
In tali ambiti la visibilità e co-visibilità è una naturale conseguenza dell’antropizzazione del territorio analogamente ai ponti, alle strade ed alle altre infrastrutture umane. Al di fuori delle ricordate aree non idonee all’istallazione degli impianti eolici la co-visibilità costituisce un impatto sostanzialmente neutro che non può in linea generale essere qualificato in termini di impatto significativamente negativo sull’ambiente.
Pertanto si deve negare che, al di fuori dei siti paesaggisticamente sensibili e specificamente individuati come inidonei, si possa far luogo ad arbitrarie valutazioni di compatibilità estetico-paesaggistica sulla base di giudizi meramente estetici, che per loro natura sono “crocianamente” opinabili (basti pensare all’armonia estetica del movimento delle distese di aerogeneratori nel verde delle grandi pianure del Nord Europa).
La “visibilità” e la co-visibilità delle torri di aerogenerazione è un fattore comunque ineliminabile in un territorio già ormai totalmente modificato dall’uomo — quale è anche quello in questione — per cui non possono dunque essere, di per sé solo, considerate come un fattore negativo dell’impianto.
In conseguenza, anche i riferimenti alla possibile interferenza del progetto con valori ambientali appaiono del tutto strumentali e sviatori con peculiare riferimento:
— al Parco dell’Ofanto: non solo perché istituito successivamente, ma sopratutto perché –si vera sunt allegata — alla luce delle cartografie e dei c.d. “rendering” depositati (e comunque non contestati specificamente), la visibilità delle torri appare abbastanza relativa se si tiene conto delle rilevanti distanze e delle diverse quote altimetriche delle torri;
— alla presunta vicinanza alle Zone di protezione speciale: il progetto, se pure è in posizione limitrofa ai confini del Parco dell’Ofanto, è comunque esterno ad esso, non insiste su alcuna area SIC o su aeree successivamente che ancorché successivamente siano poi state indicate come “non idonee”. Inoltre le torri interessate sono poste a distanza superiore ai mt 200 di cui all’art. 2, 8° co. della L.R. n. 31/2008 in quanto distano oltre un km dai limiti del Parco;
— al riferimento alla Strada Provinciale n. 91: essendo la stessa posta ad un’altitudine di 218 m, non pare possa realmente ricevere un negativo impatto visivo dalla torre FP05 che risulterebbe posizionata a valle ed arretrata rispetto al crinale di ben 1340 mt.;
— all’impatto cumulativo con impianti di altre società ai fini del rumore: appare comunque del tutto recessivo se si considera che la distanza legale minima tra un impianto ed un’altra unità non deve essere inferiore ai 200 mt, mentre nel caso degli impianti de quo risulterebbero distanziati di oltre 800 mt.;
— all’interferenza dell’intervento sui tratturi: al contrario, l’utilizzo della viabilità esistente e quindi l’assenza di modifiche e di consumo del territorio avrebbe dovuto costituire semmai un elemento per la favorevole valutazione ai fini dell’assoggettabilità alla VIA. Inoltre molti tratturi, in conseguenza della progressiva alta meccanizzazione dell’attività agricola (specie in pianura), sono stati asfaltati e presentano spesso caratteristiche tecniche di idoneità al passaggio dei mezzi pesanti e ingombranti;
— all’interferenza dei cavidotti interrati: dato che la Regione aveva prescritto di interrare i cavidotti di collegamento tra gli aerogeneratori e la stazione di raccolta (det. 2 dicembre 2000 n. 558: su BRUP n. 24/2010) non si comprende davvero come si possa ricollegare una qualche criticità ambientale a strutture di connessione poste nel sottosuolo, che non richiedono permessi particolari. Peraltro, utilizzando il tracciato dei vecchi tratturi, si sarebbe interferito con gli stessi solo in fase realizzativa, e non certo a regime. In conseguenza, sul piano strettamente logico non si comprende il giudizio negativo su una soluzione tecnica che non modifica ulteriormente l’assetto e non limita lo sfruttamento agricolo della campagna;
— all’impatto acustico: in assenza di un qualunque riferimento alle risultanze di una perizia fonometrica la pretesa rilevanza negativa di tale profilo appare del tutto immotivata, anche in considerazione che il progetto appare rispettare le distanze prescritte dalle abitazioni e l’intervento concerne una zona agricola caratterizzata da una bassissima densità di popolazione;
— alla protezione dei chirotteri e delle aree boscate: al riguardo mentre non si capisce come gli aerogeneratori possano in realtà impensierire i chirotteri notoriamente dotati dalla natura della possibilità di evitare istantaneamente gli ostacoli in movimento (come le pale eoliche), per il profilo di tutela della flora sarebbe bastato prescrivere il divieto di tagli di alberi;
— alla grandezza delle pale ed al rischio del loro distacco: anche tali riferimenti appaiono del tutto pretestuosi sia perché è notorio che le pale più grandi girano più lentamente e producono più energia e meno rumore.
In ogni caso né i singoli profili ostativi addebitati al progetto e neppure la loro unitaria considerazione, appaiono realmente sufficienti a supportare sul piano logico il provvedimento impugnato.
La scelta dall’amministrazione di avviare il progetto a VIA appare fondato su una decisione pregiudiziale che non appare realmente corrispondente alla realtà dei dati di fatto.
Esattamente dunque la Farpower2 lamenta che la Regione avrebbe dovuto utilizzare la facoltà di imporre “le necessarie prescrizioni” di cui all’articolo 20 5º comma del d.lgs. n. 152/2006 e dell’articolo 5, comma primo della L.R. Puglia n. 11/2001 richiedendo, nella competente sede della conferenza di servizi, una differente allocazione delle torri eoliche o comunque una loro più opportuna e confacente localizzazione ove ciò fosse ritenuto assolutamente necessario.
Di qui la fondatezza del motivo nei profili qui esaminati.
4.) In conclusione l’appello è fondato e deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado con il conseguente annullamento, per l’effetto, della determina n. 252 del 28.10.2011 di avvio alla VIA in luogo della convocazione della conferenza dei servizi decisoria.
Resta assorbito ogni altro motivo od eccezione e, data la complessità della vicenda, le spese possono essere compensate.
P.Q.M
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
1. accoglie l’appello come in epigrafe proposto e, in riforma della sentenza impugnata, per l’effetto, annulla la determina n.252 del 28.10.2011.
2. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:
- Riccardo Virgilio, Presidente
- Diego Sabatino, Consigliere
- Raffaele Potenza, Consigliere
- Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
- Leonardo Spagnoletti, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 09/09/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.).