A cura dell’avv. Valentina Taborra
Con la recente sentenza n. 673 del 2018, il Tar del Lazio, sede di Roma, ha rigettato il ricorso avverso il diniego sul rilascio del Nulla Osta di un Ente Parco regionale, ancorché esso è intervenuto successivamente alla maturazione del silenzio (assenso?) ex art. 13 della l. 394/1991, sul presupposto che tale istituto non è applicabile all’istanza di rilascio del N.O. in questione, in quanto l’art. 20 della l. 241/1990, (come riformato dalla l. n. 80/2005 che ha sancito l’inapplicabilità dell’istituto alla materia della tutela paesaggistica ed ambientale), avrebbe implicitamente abrogato il citato art. 13 che sancisce “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”.
La vicenda trae origine dal diniego del Parco regionale al rilascio del nulla osta richiesto, in relazione ad un permesso di ricerca di acqua termale nel Comune di Bracciano al quale è conseguito il non accoglimento del relativo ricorso da parte del Tar Lazio che, pur (in teoria) consapevole dell’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17/2016 circa la non l’abrogazione dell’art. 13 d.lgs. 394/1991 da parte dell’art. 20 della l. 241/1990, ha ritenuto che il silenzio – assenso non possa mai trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica, su espressa previsione del citato art. 20, per cui “le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente…” .
Nel merito ed a giudizio di chi scrive, se è vero che, a livello generale, è esclusa l’applicabilità dell’istituto del silenzio –assenso in materie quali la tutela del paesaggio e dell’ambiente, il Giudice adito, con la pronuncia in commento, ha errato nel ritenere che il nuovo art. 20 della l. n. 241/1990 abbia abrogato il precedente art. 13 della l. 394/1991.
Molti sono gli argomenti a sostegno di questa erronea valutazione del Tar del Lazio, come riportato dallo stesso Consiglio di Stato nella citata Adunanza Plenaria.
Sul presupposto che non vi è stata alcuna esplicita abrogazione del citato art. 13, da un punto di vista tecnico, a norma dell’art. 15 delle Disposizioni preliminari al codice civile, vi è abrogazione tacita di una legge quando vi è incompatibilità fra nuova e precedente ovvero quando la nuova legge regola l’intera materia già regolata dall’anteriore, così da rendere impossibile la contemporanea applicazione delle due leggi; per consolidata giurisprudenza vige il principio per cui la legge posteriore generale (quale è l’art. 20 della l. 241/1990) non deroga quella antecedente e speciale (quale è l’art. 13 del d.lgs. 394/1991).
D’altronde è lo stesso art. 20 in discussione che al comma 4, sancendo la sua inapplicabilità a determinate materie, chiarisce di riferirsi alle sole proprie disposizioni, così escludendo l’estensione del divieto sancito a norme precedenti e specifiche, come l’art. 13 in argomento.
Più in generale vi è da dire che l’art. 13 della l. 394/1991 si poneva, in origine, quale norma procedimentale “speciale” rispetto al più restrittivo sistema dell’art. 20 della l. 241/1990, che inizialmente escludeva il silenzio – assenso (salvo specifici casi espressamente previsti); così che la riforma del 2005, nella logica di ribaltare il sistema e generalizzare l’applicazione dell’istituto del silenzio-assenso (salvo alcuni casi specifici), qualora avesse inteso sopprimere la previgente disposizione dell’art. 13 l. 394/1991, lo avrebbe espressamente disposto.
Sotto altro profilo, comunque, il nulla osta ex art. 13 l. n. 394/1991 ha ad oggetto la verifica di sola conformità dell’intervento con le disposizioni del Piano del parco e del Regolamento del parco, quali reali strumenti di tutela dell’interesse ambientale e, non concernendo un giudizio tecnico – discrezionale, può certamente essere sottoposto al regime del silenzio – assenso. La Suprema Corte Costituzionale, infatti, non ha escluso l’applicazione dello strumento di semplificazione anche in materia ambientale, purchè si tratti di valutazioni con tasso di discrezionalità non elevatissimo. La Corte di Giustizia Europea, a sua volta, ha ritenuto non compatibile la definizione tacita del procedimento solo quando, per garantire effettività agli interessi tutelati, sia necessaria una espressa valutazione amministrativa e non una semplice verifica di conformità.
In conclusione, il silenzio – assenso previsto dall’art. 13 della l. 394/1991 non è stato implicitamente abrogato dall’art. 20 della l. 241/1990 che, come novellato dalla l. 80/2005, esclude l’applicabilità del silenzio – assenso alla materia di tutela paesaggistica ed ambientale. Di conseguenza il N.O. dell’Ente Parco deve intendersi rilasciato qualora quest’ultimo non si esprima nei 60 giorni successivi all’istanza in tal senso.
A rinforzare ulteriormente questa conclusione convergono ulteriori due elementi:
– la necessità di fornire al Cittadino delle risposte certe nei tempi stabiliti dalla legislazione, in linea con i consolidati principi in materia;
– la novella legislativa della cd. “Riforma Madia” (L. 7 agosto 2015, n. 124, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) che al suo articolo 2 comma I lett. G espressamente dispone (seppur nel diverso caso della Conferenza di servizi) “….. si consideri comunque acquisito l’assenso delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e dell’ambiente che, entro il termine dei lavori della conferenza, non si siano espresse nelle forme di legge”.
N. 00673/2018 REG.PROV.COLL.
N. 09652/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9652 del 2007, proposto da:
Società Vicarello Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Michele Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Mordini, 14;
CONTRO
Ente Parco Naturale Regionale di Bracciano e Martignano non costituito in giudizio;
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Rosa Maria Privitera, domiciliata in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
PER L’ANNULLAMENTO
del diniego nulla-osta per ottenere il permesso di ricerca di acqua termominerale denominato Fonti di Vicarello nel Comune di Bracciano -risarcimento danni
- Visti il ricorso e i relativi allegati;
- Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali;
- Viste le memorie difensive;
- Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2017 il dott. Fabio Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
Con atto (n. 9652/2007) la Società Vicarello s.p.a. ha adito questo Tribunale per l’annullamento del provvedimento del Parco Naturale Regionale di Bracciano e Martignano del 25 luglio 2007 che ha negato il rilascio del nulla osta richiesto in relazione ad un permesso di ricerca di acqua termale denominato “Fonti di Vicarello” in località Vicarello, sita nel Comune di Bracciano.
La Società espone di essere titolare di una concessione per la coltivazione delle sorgenti di acqua termo minerale denominata “Terme Apolinnari”, rilasciata ex R.D. n. 1433/1927, insistente su terreno di sua proprietà ubicato nel territorio del Comune di Bracciano, in relazione al quale ha richiesto in data 27 maggio 2002 un permesso di ricerca di acqua minerale e termale essendo la sorgente già assentita insufficiente a soddisfare le esigenze curative ed igienico sanitarie degli stabilimenti termali.
Espone che la Regione Lazio, in data 1.3.2006, ha dato avvio alla fase istruttoria trasmettendo alla Soprintendenza archeologica per l’Etruria meridionale ed al Parco Regionale Naturale di Bracciano e Martignano, nonché alla sua Direzione ambiente e territorio istanza di rilascio dei rispettivi pareri di competenza.
Riferisce, a tale riguardo, che il Parco Regionale ha espresso il proprio diniego sul rilascio del nulla osta il quale è risultato ostativo alla conclusione dei lavori della conferenza di servizi all’uopo riunitasi in data 25 ottobre 2007.
Avverso tale provvedimento la Società ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
a) Violazione del principio del contrario actus e del principio del contraddittorio; violazione degli artt. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990; violazione dell’art. 97 della Costituzione; dell’art. 28, comma 1 della legge regionale n. 29/1997 e dell’art. 13, commi 1 e 4 della legge n. 394/1991; eccesso di potere sotto differenti profili, dovendosi, ai sensi del riferito art. 13, il rilascio del nulla osta ritenersi perfezionato alla scadenza del termine di sessanta giorni dalla richiesta di rilascio di autorizzazioni o concessioni relative ad interventi, impianti ed opere da realizzarsi all’interno del perimetro del parco, con facoltà del presidente del parco, entro il citato termine, di rinviare, per una sola volta di ulteriori trenta giorni, i termini di espressione del parere, tenuto conto della presentazione dell’istanza di rilascio del parere pervenuta il 6 marzo 2006 e della richiesta di documentazione integrativa in data 15 marzo 2007, con conseguente asserita formazione del silenzio assenso sull’istanza di rilascio del nulla osta.
b)Violazione degli artt. 14, 14 bis, 14 ter, 14 quater della legge n. 241 del 1990, violazione dell’art. 28, comma 1 della legge regionale n. 29/1997; eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione, in quanto la Regione Lazio anziché procedere ad inoltrare la richiesta di rilascio di nulla osta all’Ente parco era tenuta ad indire la conferenza di servizi di cui al citato art. 28.
c) Violazione dell’art. 2 della legge regionale n. 36 del 1999, dell’art. 3 della legge n. 29 del 1997; violazione della legge n. 394 del 1991; eccesso di potere per difetto d’istruttoria e difetto di motivazione non essendosi il Parco avveduto dell’insussistenza di alcun pregiudizio connesso all’attività di ricerca e di coltivazione innanzi citata.
d) Violazione della legge regionale n. 90/1980, dell’art. 2 della legge regionale n. 36/1999; dell’art. 3 della legge n. 29 del 1997, della legge n. 394/1997, eccesso di potere sotto differenti profili, tenuto conto della insussistenza di pregiudizi connessi alla realizzazione di pozzi di sondaggio insuscettibili di comportare effetti in danno delle specie animali esistenti nella zona interessata da tali interventi.
e) Violazione della legge regionale n. 90/1980, dell’art. 2 della legge regionale n. 36/1999; dell’art. 3 della legge n. 29 del 1997, della legge n. 394/1997, eccesso di potere sotto differenti profili, tenuto conto che le specie animali a cui il provvedimento di diniego di nulla osta fa riferimento non sono incluse tra le specie protette ai sensi della direttiva 92/43/CE.
f) Violazione dell’art. 28, comma 1 della legge regionale n. 29/1997; della legge n. 394/1991, dell’art. 2 della legge regionale n. 36/1999; eccesso di potere per difetto d’istruttoria e difetto di motivazione, in considerazione della disposizione di cui all’art. 8, comma 2 della legge regionale n. 29/1997 non potendo le misure di salvaguardia ivi indicate trovare applicazione per periodo temporale superiore al quinquennio.
g) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, insufficiente motivazione, tenuto conto della asserita sussistenza di uno squilibrio idraulico in presenza di captazioni d’acqua evidentemente sostenibili in rapporto alla estensione del bacino idrico interessato.
h) Violazione dell’art. 28, comma 1 della legge regionale n. 29/1997; della legge n. 394/1991, dell’art. 2 della legge regionale n. 36/1999; eccesso di potere per difetto d’istruttoria e difetto di motivazione, essendo previsto, ex art. 13 della legge n. 394/1997 solo in presenza di opere edilizie, nel caso in esame insussistenti, a fronte della realizzazione di tre perforazioni profonde n. 150 metri con un diametro di circa trenta centimetri.
Si è costituita in giudizio la Regione Lazio che chiede il rigetto del ricorso per infondatezza delle doglianze.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali ed il Parco Regionale di Bracciano e Martignano che hanno chiesto anch’essi il rigetto del ricorso.
Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
Con il primo motivo la Società ricorrente invoca la formazione del silenzio assenso sulla sua istanza, ai sensi del riferito art. 13, a norma del quale il rilascio del nulla osta deve ritenersi perfezionato alla scadenza del termine di sessanta giorni dalla richiesta di rilascio di autorizzazioni o concessioni relative ad interventi, impianti ed opere da realizzarsi all’interno del perimetro del parco, con facoltà del presidente del parco, entro il citato termine, di rinviare, per una sola volta di ulteriori trenta giorni, i termini di espressione del parere, tenuto conto che l’stanza di rilascio del nulla osta risulta pervenuta all’ente parco il 6 marzo 2006 con conseguente richiesta di documentazione integrativa in data 15 marzo 2007.
Giova premettere, al fine del decidere, che la legge n. 394/1991, evocata dal ricorrente, all’art. 6 ed all’art. 11 rispettivamente dispone che nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat, e che sono vietate l’apertura e l’esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l’asportazione di minerali, comprensive dell’attività di ricerca delle acque minerali e termali ai sensi delle disposizioni di cui al R.D. n. 1443/1927.
Osserva, altresì, il Collegio come la legge regionale n. 29/1997 all’art. 8 prevede che nelle zone A del parco è vietata la realizzazione di opere di opere che comportino una modificazione permanente del regime delle acque, circostanza quest’ultima rinvenibile riguardo all’area interessata dagli interventi assoggettati a nulla osta del Parco, essendo quest’ultima ricompresa all’interno della zona (ZPS) del comprensorio di Bracciano e Martignano.
Per quanto premesso, il Collegio, pur consapevole dell’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato secondo cui il silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, l. 6 dicembre 1991 n. 394 (legge quadro sulle aree protette) non è stato implicitamente abrogato a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 80 del 2005, che, nell’innovare l’art. 20, l. n. 241 del 1990, ha escluso che l’istituto generale del silenzio-assenso possa trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica, ritiene che tale evento procedurale in caso di inerzia dell’ente parco non può far ritenere venuta meno la cura concreta dell’interesse ambientale, non essendo configurabile un sistema che sovverta i principi fondamentali in materia ambientale.
Con specifico riguardo al caso in esame, giova rilevare come la vigenza di divieti normativi previsti dalla normativa regionale, l’inclusione dell’area interessata dall’intervento in zona di protezione speciale, in disparte dalla complessità dell’istruttoria foriera di richieste documentali integrative, non possano ritenersi superabili, nella prospettiva della tutela ambientale, dalla mancata espressione del succitato nulla osta entro i termini temporali invocati dalla parte ricorrente.
Anche il secondo motivo di ricorso con cui si lamenta la omessa convocazione della conferenza di servizi utile alla definizione dell’istanza presentata dalla ricorrente non appare, ad avviso del Collegio, persuasiva, posto che il diniego espresso dall’ente parco, alla stregua delle motivazioni diffusamente richiamate nella parte in premessa, non avrebbero potuto condurre a diverso esito rispetto alle determinazioni sfavorevoli ostative allo svolgimento dell’attività di ricerca in questione.
Per le medesime ragioni, anche i residui motivi di ricorso devono considerarsi privi di pregio, atteso che il diniego di nulla osta diffusamente dà conto del quadro normativo di riferimento ostativo all’esercizio dell’attività di ricerca di acqua termale, nonché delle ragioni per le quali la realizzazione dei pozzi di sondaggio e delle opere di cementificazione e strutturali strumentali all’attività anzidetta (cementificazione rispetto al piano di campagna e costruzione di una cabina) sarebbero precluse tenuto conto dei vincoli ambientali, paesaggistici e faunistici insistenti sull’area d’intervento.
Pertanto, per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto, con compensazione, fra le parti in causa, delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo, Presidente
Anna Bottiglieri, Consigliere
Fabio Mattei, Consigliere, Estensore