CORTE COSTITUZIONALE – sentenza 24 febbraio 2017 n. 39 – Pres. Grossi, Red. Coraggio – (giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 10 dicembre 2015, depositato in cancelleria il 15 dicembre 2015 ed iscritto al n. 104 del registro ricorsi 2015).
SENTENZA N. 39
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 14 ottobre 2015, n. 29 (Provvedimenti urgenti per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema della costa abruzzese), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 10 dicembre 2015, depositato in cancelleria il 15 dicembre 2015 ed iscritto al n. 104 del registro ricorsi 2015.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2017 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefania Valeri per la Regione Abruzzo.
RITENUTO IL FATTO
1.− Con ricorso spedito per la notifica il 10 dicembre 2015 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 15 dicembre, il Presidente del Consiglio dei ministri, giusta delibera di autorizzazione adottata il 4 dicembre 2015 dal Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 14 ottobre 2015, n. 29 (Provvedimenti urgenti per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema della costa abruzzese), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 105 del 14 ottobre 2015, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 117, secondo comma, lettera s), in relazione all’art. 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), come modificato dall’art. 35, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, e terzo comma, della Costituzione, in riferimento ai princìpi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», contenuti nella legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), in particolare nell’art. 1, comma 2, lettera c), e comma 7, lettere g), l) ed n), e all’art. 118 Cost.
2.− La legge regionale impugnata, composta di due articoli, dispone il divieto, ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle zone di mare poste entro le dodici miglia marine dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero della Regione Abruzzo, estendendo il medesimo divieto anche ai procedimenti autorizzatori e concessori in corso alla data di entrata in vigore della legge, nonché a tutti i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. L’unica clausola di salvaguardia prevista dalla legge regionale riguarda i titoli abilitati già rilasciati.
3.− Ad avviso del ricorrente, tale disciplina rientrerebbe tra quelle rimesse alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e contrasterebbe con l’art. 6, comma 17, del d.lgs. n. 152 del 2006, come modificato dall’art. 35, comma 1, del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 134 del 2012.
4.− Secondo il ricorrente, l’intervento del legislatore regionale, nella parte in cui (art. 1, comma 2) estende il divieto anche ai procedimenti autorizzatori in corso, interferirebbe con lo svolgimento di un procedimento amministrativo incardinato in capo all’amministrazione statale e finalizzato al rilascio della concessione per lo svolgimento dell’attività di coltivazione di idrocarburi nelle acque di mare poste dinanzi alle coste abruzzesi (“Ombrina mare”) ostacolando l’applicazione di una norma statale che la Regione non ha impugnato. Ne conseguirebbe la violazione dell’art. 5 Cost. perché la norma regionale, con finalità meramente demolitorie, pregiudicherebbe l’unità giuridica della Repubblica.
5.− Ad avviso del ricorrente, la norma impugnata violerebbe, inoltre, l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto interviene in materia di localizzazione delle opere energetiche in mare, e quindi in un ambito di territorio sottratto alla competenza regionale e ricadente nella materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». Infatti la legge n. 239 del 2004, che fissa i princìpi fondamentali della materia (sono citate le sentenze n. 124 del 2010 e n. 282 del 2009), in coerenza con l’ordinamento comunitario e al fine di garantire la tutela della concorrenza e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, per garantire l’unità giuridica ed economica dello Stato, assoggetta a concessioni le attività di esplorazione, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi (art. 1, comma 2, lettera c). Stabilisce, inoltre, che le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, siano adottate dallo Stato, d’intesa con le Regioni interessate, per la terraferma, e in via esclusiva per l’offshore (art. 1, comma 7, lettera n). Sono di esclusiva competenza statale, inoltre, le funzioni amministrative concernenti «l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» e «l’utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia» (art. 1, comma 7, lettere g ed l).
6.− Sempre ad avviso del ricorrente, la legge regionale, dunque, si porrebbe in contrasto con i princìpi fondamentali dettati dal legislatore statale che rimettono in via esclusiva allo Stato l’adozione delle determinazioni, in materia upstream, relative alle zone di mare antistanti le coste italiane, laddove la potestà legislativa regionale dovrebbe esplicarsi all’interno della legislazione statale di cornice e con spirito di leale collaborazione.
7.− Ad avviso del ricorrente, la competenza regionale sugli idrocarburi in mare e sull’individuazione delle aree per lo svolgimento delle relative attività, dovrebbe considerarsi esclusa anche per il fatto che le finalità cui si collegano la ricerca e l’estrazione degli stessi, con evidenti riflessi anche nei rapporti con l’estero, non attengono all’interesse esclusivo o prevalente delle Regioni, tanto più se si considera che ciascuna Regione non è dotata di un proprio mare territoriale, né può esercitare poteri su quel mare.
8.− Secondo il ricorrente, la legge regionale impugnata contrasterebbe, ancora, con l’art. 118 Cost., in attuazione del quale sono attribuite allo Stato le competenze amministrative in materia di impianti e infrastrutture energetiche considerate di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti.
9.− Infine, secondo il ricorrente, la legge regionale impugnata violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost., per contrasto con il principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento e, quindi, del buon andamento della pubblica amministrazione.
10.− La Regione si è costituita con memoria depositata il 19 gennaio 2016, chiedendo di dichiarare cessata la materia del contendere a seguito della sopravvenienza normativa costituita dalla novellazione dell’art. 6, comma 17, del d.lgs. n. 152 del 2006, da parte dell’art. 1, comma 239, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», secondo cui soltanto «[i] titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale».
La difesa regionale deduce, poi, l’inammissibilità della questione, per difformità tra la deliberazione di impugnativa, come adottata dal Consiglio dei ministri il 4 dicembre 2015, e il ricorso predisposto dall’Avvocatura generale dello Stato.
Nel merito deduce l’infondatezza della questione con riguardo all’art. 5 Cost., nonché con riguardo alla dedotta esclusione di competenze regionali in materia di idrocarburi in mare. Ed infatti, vengono in rilievo le materie valorizzazione dei beni culturali e ambientali, governo del territorio ed energia.
Inoltre, l’art. 114 Cost. pone in rilievo un profilo giuridico e non solo naturalistico di territorio.
11.− In data 6 dicembre 2016 l’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria con la quale ha insistito nelle conclusioni rassegnate, deducendo, in particolare, che non è intervenuta la cessazione della materia del contendere, poiché la norma regionale appare comunque eccedere dalle competenze regionali, avendo riguardo all’art. 1, commi 4 e 7, della legge n. 239 del 2004.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito per la notifica il 10 dicembre 2015 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 15 dicembre, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 14 ottobre 2015, n. 29 (Provvedimenti urgenti per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema della costa abruzzese), in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 117, secondo comma, lettera s), in relazione all’art. 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), come modificato dall’art. 35, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, e terzo comma, della Costituzione, in riferimento ai princìpi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», contenuti nella legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), in particolare nell’art. 1, comma 2, lettera c), e comma 7, lettere g), l) ed n), e all’art. 118 Cost.
2.− Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso dedotta dalla difesa regionale con riguardo alla non coincidenza dei parametri indicati nella delibera di autorizzazione alla proposizione dell’impugnazione, con quelli dedotti dall’Avvocatura generale dello Stato: nella delibera governativa si prospetterebbe il contrasto della norma impugnata con l’art. 6, comma 17, del d.lgs. n. 152 del 2006, come successivamente modificato, mentre la difesa erariale dello Stato ha dedotto la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
L’eccezione è infondata.
Occorre rilevare, infatti, che l’indicazione delle norme regionali ritenute lesive è formulata nella delibera governativa con la necessaria chiarezza.
Sulla sua base l’Avvocatura dello Stato ha esercitato, poi, il suo ruolo professionale, individuando tutti i princìpi costituzionali e le norme con cui tali disposizioni si ponevano in contrasto.
3.− La legge della Regione Abruzzo n. 29 del 2015 è impugnata nella parte in cui, all’art. 1, pone il divieto di tutte le nuove attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle zone di mare poste entro le dodici miglia marine lungo l’intero perimetro delle coste abruzzesi, comprendendo nell’ambito di applicazione del divieto anche i procedimenti in corso e quelli conseguenti e connessi, atteso che l’unica clausola di salvaguardia riguarda i titoli abilitativi già rilasciati.
4.− L’illegittimità costituzionale è prospettata con riguardo a tre distinti gruppi di parametri costituzionali: a) art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 6, comma 17, del d.lgs. n. 152 del 2006, come vigente ratione temporis, con conseguente violazione dell’art. 5 Cost.; b) art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai princìpi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», dettati dalla legge n. 239 del 2004, in particolare nell’art. 1, comma 2, lettera c), e comma 7, lettere g), l) ed n), e art. 118 Cost.; c) artt. 3 e 97 Cost. (certezza del diritto, legittimo affidamento, buon andamento dell’amministrazione).
5.− La questione è fondata in relazione alla censura di violazione dell’art. 117, terzo comma, e dell’art. 118 Cost.
6.− Lo Stato ha dedotto la lesione dei princìpi fondamentali, posti dalla legge n. 239 del 2004, nella materia concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e delle competenze amministrative in materia di offshore.
6.1.− Questa legge all’art. 1, comma 7, lettera n), stabilisce, solo per la terraferma, che le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, siano adottate dallo Stato d’intesa con le Regioni interessate.
6.2.− Per le determinazioni relative agli idrocarburi a mare, occorre, invece, far capo ad altre disposizioni dello stesso art. 1.
Alla stregua del comma 7 di tale articolo: «Sono esercitati dallo Stato, anche avvalendosi dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, i seguenti compiti e funzioni amministrativi […]».
Fra tali compiti e funzioni rientrano, da una parte, «l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» (lettera g) e, dall’altra, «l’utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia» (lettera l).
6.3.− Da questo complesso normativo emerge il principio che, per il rilascio dei titoli di cui è questione – e cioè quelli a mare −, la competenza dello Stato è esclusiva.
7.− Tale principio, d’altra parte, deve qualificarsi come fondamentale.
Con riferimento alla legge n. 239 del 2004 in generale, infatti, questa Corte ha già avuto modo di affermare, con la sentenza n. 131 del 2016, che: «[s]i tratta di norme che ridefiniscono, “in modo unitario ed a livello nazionale, i procedimenti di localizzazione e realizzazione” delle opere, “in base all’evidente presupposto della necessità di riconoscere un ruolo fondamentale agli organi statali nell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere unitario” […], ma anche in relazione “ai criteri indicati dall’art. 118 Cost. per la allocazione e la disciplina delle funzioni amministrative, nonché al principio di leale collaborazione […]” (sentenza n. 117 del 2013)».
Quanto in particolare alla ricerca sottomarina, questa Corte, sia pure in un diverso contesto normativo, ha già affermato che sul fondo e sul sottofondo marino si esplicano poteri di contenuto e di intensità uguali per tutta la fascia che va dalla linea della bassa marea fino al limite esterno della piattaforma, circostanza che non consente di riconoscere alle Regioni una competenza neppure con riguardo alle attività che possono esercitarsi sulla porzione di fondo e di sottofondo sottostante al mare territoriale (sentenza n. 21 del 1968).
8.− La legge regionale si pone dunque in contrasto con il principio fondamentale dettato dal legislatore, che riserva allo Stato la materia in questione.
Essa, infatti, nello stabilire l’ambito di operatività dei titoli autorizzatori, lungi dal porre mere norme di dettaglio, modifica la disciplina unitaria dell’accesso alle attività offshore di ricerca e coltivazione degli idrocarburi, funzionale al raggiungimento degli obiettivi della politica energetica nazionale, così violando l’art. 117, terzo comma, Cost.
9.− La legge della Regione Abruzzo n. 29 del 2015, inoltre, comportando una interferenza con l’attività amministrativa di competenza dello Stato, e in particolare con i procedimenti volti al rilascio dei titoli in questione, viola l’art. 118 Cost.
10.− L’accoglimento della questione sotto questo profilo determina l’assorbimento delle altre censure. Ciò rende anche irrilevante il vaglio degli effetti dello ius superveniens che ha interessato l’art. 6, comma 17, del d.lgs. n. 152 del 2006, modificato dall’art. 1, comma 239, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)».
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 14 ottobre 2015, n. 29 (Provvedimenti urgenti per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema della costa abruzzese).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2017.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA