Pubblicato su Guida al Diritto del 29/5/2010.
Dopo la delega legislativa approvata dal Parlamento, con il decreto legislativo 15 febbraio 2010 n. 31 il Governo ha fatto il secondo passo del percorso a tappe forzate in vista della realizzazione delle centrali nucleari in Italia.
La vicenda storica è sin troppo nota e appare inutile ripercorrerla; oggi la scelta politica programmatica è quella di diversificare le fonti di produzione di energia elettrica, includendo appunto anche l’atomo.
Il Parlamento (con la legge delega) e il Governo (con il decreto delegato) in realtà non sono dovuti intervenire permettendo l’uso della risorsa nucleare per scopi energetici poiché, a seguito del referendum del 1987, non furono abrogate le disposizioni che effettivamente prevedevano l’utilizzo dell’atomo per scopi civili, ma si scelse la strada di un intervento chirurgico su disposizioni di carattere puramente programmatico.
Il decreto legislativo 31/2010 – Il Dlgs 31/2010 pone le basi affinché i singoli ministeri procedano, per tappe successive, a elaborare due documenti: la strategia nucleare nazionale e le linee guida per la definizione dei parametri per la localizzazione degli impianti.
Si tratta di uno dei pochi atti di pianificazione energetica, se così può essere definito il Dlgs 31/2010, di cui si è dotato il nostro sistema. E su questo profilo emerge subito la prima – e più rilevante – criticità; l’assenza del Piano energetico nazionale. Se è vero che il nostro paese necessita di diversificare le fonti di produzione energetica e – ma il dato non è acquisito – di incrementare la capacità di produzione, a monte della scelta
nucleare doveva esserci la decisione strategica, riportata in un atto di indirizzo, di stabilire un range di produzione, organizzato per fonti e secondo logiche (riscontrabili) di contemperamento degli interessi in gioco, prima tra tutti la questione ambientale.
Antecedentemente alla definizione del quadro di riferimento per sviluppare la scelta nucleare si doveva scegliere – ed è assolutamente necessario che lo si faccia presto – le politiche di sviluppo del settore energetico, stabilendo le logiche prioritarie di intervento; la riduzione dei consumi, l’incentivazione delle rinnovabili, la quantificazione del gas da importare, l’azzeramento delle (poche) centrali a olio combustibile, la strategia sul cosiddetto carbone pulito ecc.
Limitando l’analisi – a titolo esemplificativo – al solo settore del gas, il rischio vero che la politica dell’emergenza crei un surplus rispetto al fabbisogno nazionale, considerati i numerosi rigassificatori autorizzati (alcuni dei quali completati o in fase realizzativa), e i gasdotti internazionali in itinere.Del resto proprio questo era il percorso originariamente delineato dal legislatore.
L’assenza del parere della Conferenza unificata – Quanto alla verifica di conformità tra decreto delegato e delega del Parlamento uno degli elementi di maggior rilievo è legato alla necessità, stabilita in sede di delega appunto, di acquisire il parere della Conferenza unificata (ex articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 e successive modificazioni). Lo schema di decreto legislativo del 27 gennaio 2010 è stato sottoposto alla Conferenza unificata, che però non ha espresso parere.
L’assenza del parere rischia di determinare l’illegittimità costituzionale del decreto legislativo, sotto il profilo dell’inosservanza dell’articolo 76 della Costituzione (per violazione della legge delega) e dell’articolo 114 della Costituzione (per violazione delle autonomie regionali e locali).
La Corte costituzionale ha anche di recente ribadito che in assenza di un termine legale di risposta, alla Conferenza unificata deve essere riconosciuto un «congruo termine» per l’esame dell’atto sottoposto, altrimenti l’espressione del parere si potrebbe porre come veto alla prosecuzione dell’iter normativo.
Bisognerà allora valutare se questo termine riconosciuto – che dagli atti ufficiali non emerge – verrà ritenuto
congruo. L’assenza del parere non fa che confermare la contrarietà almeno di una parte del territorio alla realizzazione di impianti nucleari; già 11 regioni hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la delega stessa e bene ha fatto il Governo a stabilire un processo di ampia condivisione sociale per l’approvazione degli atti applicativi.
È inutile ribadire che si tratta di contestazioni antecedenti all’ultima tornata elettorale regionale.
Le novità contenute nel decreto legislativo
Nel merito dell’esame del Dlgs 31/2010 anzitutto va dato atto al Governo di aver posto particolare attenzione ai due temi cruciali: quello della sicurezza e quello della tutela dell’ambiente. I due elementi sembrano idonei a condizionare la scelta non solo del come realizzare gli impianto, ma del se realizzarli. Dall’esame del testo è chiaro che il livello normativo preesistente (ovviamente in merito alla costruzione di grandi impianti di produzione di energia) è ritenuto insufficiente a garantire l’ambito di tutela che si pretende. La norma dispone infatti l’attivazione, con una tempistica abbreviata, di più ampi sistemi di garanzia e di condivisione sociale, sin dai primi atti di programmazione.
Tutela dell’ambiente
Sotto il profilo della tutela dell’ambiente, il Dlgs 31/2010 impone lo svolgimento, rispetto ai due atti di competenza ministeriale, la Strategia nucleare e le Linee guida per i parametri localizzativi, della valutazione ambientale strategica, ferma la necessità, una volta definiti i siti e individuati i promotori, di ottenere anche la valutazione di impatto ambientale.
In realtà la Vas sulla strategia nucleare potrà arricchire marginalmente il documento, vuoi poiché si tratta di un atto programmatorio di livello altamente politico-discrezionale, vuoi perché sul piano degli effetti ambientali le conseguenze effettive del documento risulteranno scarsamente valutabili e vuoi, infine, poiché (come si è già detto) l’assenza di un quadro nazionale di riferimento sulla politica energetica, e della relativa Vas, non permette di identificare una cornice di riferimento.
Diverso il discorso rispetto alla Valutazione ambientale strategica dei criteri di localizzazione delle aree idonee; qui il parametro ambientale assumerà rilievo assoluto e il confronto obbligatoriamente previsto in sede di Vas con tutti gli attori potrà arricchire – o arenare definitivamente – l’atto di programmazione.
Incidentalmente deve notarsi che la Vas prevista dal Dlgs 31/2010 è una valutazione i cui effetti sono in qualche modo rinforzati; la disposizione impone che in sede di Via sui progetti non si valuti ciò che già è stato oggetto di esame in Vas. Si tratta di una norma di dubbia legittimità sia sul piano formale e sia nel merito, trattandosi di valutazioni oggettivamente non coincidenti, poiché la valutazione strategica non è una autorizzazione successiva, ma l’arricchimento dei contenuti del piano stesso.
Infine – sempre rispetto alla Vas – va notato che il legislatore nazionale sembra essersi già adeguato alla procedura di infrazione avviata dall’Unione europea contro il codice dell’ambiente, avendo attribuito al Parere Vas effetti vincolanti. L’effetto conformativo obbligatorio della Vas rispetto ai due atti applicativi consegue alla lettura del titolo dell’articolo 9, che fa espresso riferimento a «Valutazione Ambientale Strategica e integrazione della Strategia nucleare»; la Vas fornirebbe quindi un contributo ai relativi provvedimenti, contributo che, necessariamente, li integra.
Il successivo comma 4 del medesimo articolo 9 stabilisce poi che «Il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti adeguano, per le parti di rispettiva competenza, la Strategia e le
disposizioni di cui al comma 1 secondo le conclusioni della Valutazione ambientale strategica»; l’adeguamento è quindi uno specifico ordine alle autorità amministrative coinvolte.
La questione sicurezza
Quanto alla questione della sicurezza il Dlgs n. 31 riconosce a questo elemento valore decisivo, imponendo che i due atti conseguenti – strategia e linee guida per la localizzazione – prevedano principalmente un elevato standard di protezione della popolazione.
Del tutto peculiare – e innovativo rispetto al sistema nazionale – è poi la regola sull’individuazione del soggetto promotore. Il legislatore delegato ha normato questo passaggio con particolare attenzione, ritenendo, sulla base di esigenze di sicurezza, di tutela ambientale, di garanzia sulla realizzazione, di definire un percorso e dei criteri assai complessi. Ancora una volta ritenendo insufficiente il livello normativo precedente e disciplinando, ai limiti della costituzionalità, il libero mercato e l’attività di impresa.
Il Dlgs 31/2010 rinvia a un successivo decreto del ministro dello Sviluppo economico (Mise) la definizione una griglia di preselezione dei potenziali interessati, che dovranno comunque garantire, oltre all’idoneità morale, capacità tecniche di costruzione ed esercizio di impianti nucleari, di stoccaggio e gestione dei rifiuti radioattivi e la disponibilità di adeguate risorse umane e finanziarie.
Gli operatori così qualificati saranno chiamati a redigere un programma di intervento per lo sviluppo di impianti nucleari, i cui contenuti non sono oggi chiari. Sembra trattarsi di un documento separato rispetto alla richiesta di «certificazione del sito», indicata dall’articolo 10 del Dlgs 31/2010.
Conclusa infatti la fase di valutazione soggettiva del proponente interviene la valutazione oggettiva della localizzazione, che non solo dovrà rispettare le Linee guida per la localizzazione, ma dovrà essere redatta conformemente a un decreto ministeriale che analiticamente dovrà indicare i contenuti della richiesta di certificazione.
L’istruttoria è affidata alla costituenda Agenzia per la sicurezza nucleare (di cui all’articolo 29 della legge 23 luglio 2009 n. 99) che avrà il ruolo di supporto tecnico per molte delle attività previste dal Dlgs 31/2010.
Una struttura ad hoc
L’articolo 29 della legge 99/2009 ha istituito l’Agenzia per la sicurezza nucleare
Compiti e funzioni
L’agenzia svolge le funzioni e i compiti di autorità nazionale per la regolamentazione tecnica, il controllo e l’autorizzazione ai fini della sicurezza delle attività concernenti gli impieghi pacifici dell’energia nucleare, la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari provenienti sia da impianti di produzione di elettricità sia da attività mediche e industriali, la protezione dalle radiazioni, nonché le funzioni e i compiti di vigilanza sulla costruzione, l’esercizio e la salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica.
Composizione
È composta dalle strutture dell’attuale Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell’Ispra e dalle risorse dell’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (Enea), attualmente preposte alle attività di competenza dell’agenzia che le verranno associate.
Vigilanza
Vigila sulla sicurezza nucleare e sulla radioprotezione nel rispetto delle norme e delle procedure vigenti a livello nazionale, comunitario e internazionale, applicando le migliori efficaci ed efficienti tecniche disponibili, nell’ambito di priorità e indirizzi di politica energetica nazionale e nel rispetto del diritto alla salute e all’ambiente e in ossequio ai principi di precauzione suggeriti dagli organismi comunitari.