A cura dell’avv. Gaetano Pecoraro
Pubblichiamo una recentissima sentenza del Tar Roma, in tema di perdurante vincolatività delle norme del Piano Regolatore Generale, anche in ipotesi di mancata realizzazione delle previsioni in esso contenute: il Giudice della Capitale conferma quanto sostenuto dal Comune, in ordine all’impossibilità di assumere decisioni in contrasto con le prescrizioni di PRG, in virtù della vincolatività e della durata indeterminata delle stesse, salvo una diversa disciplina del territorio mediante una variante o l’approvazione di un nuovo prg.
L’Amministrazione comunale non può disapplicare le previsioni di pianificazione, in ragione di una sorta di sopravvenuta inattualità rispetto alla situazione di fatto, non essendo neppure ipotizzabile il rilascio di un’autorizzazione condizionata: si tratterebbe di un atto abilitativo provvisorio, che non consentirebbe, in caso di avverarsi della condizione, la sopravvivenza di quanto realizzato in virtù della concessa autorizzazione.
- N. 00149/2014 REG.PROV.COLL.
- N. 02504/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) ha pronunciato la presente:
SENTENZA
sul ricorso RG n. 2504 del 2007, integrato da atto contenente motivi aggiunti, proposto dalla Soc. ENERPETROLI Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Gioia Maria Scipio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Daniela Spinaci in Roma, via Anastasio II, n.79;
contro
il COMUNE di MONTE ROMANO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Nicoletta Tradardi, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Roma, via Antonio Bertoloni, n.44/46;
nei confronti di
della SOCIETA’ TUSCIA PETROLI SRL, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Claudio Mastromarino, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via Monte Cervialto, 165;
per l’annullamento, previa sospensiva,
– del diniego di autorizzazione per installazione di impianto distribuzione carburanti prot. n. 1940 del 22.2.2007, adottato dal Comune di Monte Romano;
– del permesso di costruire n. 2/2007 del 22.2.2007 e autorizzazione petrolifera n. 1 del 22.2.2007 rilasciati alla società Tuscia Petroli srl, per la realizzazione di impianto di distribuzione di carburanti e di ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale ai provvedimenti impugnati
e con motivi aggiunti
per l’esercizio dell’azione di condanna al risarcimento dei danni ex art. 30, comma 5 cpa, in combinato disposto con l’art. 34, comma 3 cpa, a seguito dell’impugnazione dei predetti provvedimenti.
- Visti il ricorso, l’atto recante i motivi aggiunti e i relativi allegati;
- Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monte Romano e della Società Tuscia Petroli Srl;
- Vista l’ordinanza n. 1631/2007, pronunciata nella Camera di consiglio del 5 aprile 2007, con cui la domanda cautelare è stata respinta;
- Vista l’ordinanza collegiale n. 8837/2012, con cui sono stati disposti incombenti istruttori, eseguiti dal Comune di Monte Romano con nota depositata in data 24.2.2013;
- Viste le memorie difensive;
- Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2013 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società Enerpetroli srl riferisce di aver depositato in data 30.3.2006 istanza presso il Comune di Monte Romano recante una richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti – su un appezzamento di terreno, sito a ridosso della S.S. Aurelia bis, Km 12+600, lato sinistro direzione Tarquinia e censito al N.C.T. al Foglio 28, part.lla 289/290 – su cui il predetto Comune si è espresso per la improcedibilità della domanda.
A ciò è seguita ulteriore domanda in data 19.4.2006 di permesso di costruire con contestuale richiesta di autorizzazione petrolifera, corredata della documentazione e pareri necessari ai fini del rilascio del titolo abilitativo.
Espone la società istante che analoga domanda per la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti su un terreno adiacente alla S.S. Aurelia bis, Km 14+257, lato destro direzione Viterbo, è stata presentata dalla società Tuscia Petroli srl in data 13.3.2006 e 28.4.2006.
Dopo l’istruttoria, svolta da apposita commissione, entrambe le domande sono state ammesse e sono stati fissati i criteri di priorità di scelta.
Riferisce però che in data 5.12.2006 il Comune ha comunicato l’avvio del procedimento, recante i motivi ostativi all’accoglimento della richiesta di autorizzazione e permesso di costruire, a cui sono seguite le osservazioni presentate dalla società medesima in data 13.12.2006.
L’Amministrazione ha avanzato quale motivo ostativo l’esistenza di una strada vicinale in prossimità del sito di realizzazione del distributore Enerpetroli srl , mentre l’Anas, rilasciando il parere di competenza, ha subordinato l’assentibilità dell’intervento alla condizione del mantenimento della inutilizzabilità di fatto di detta strada vicinale.
Il Comune dopo aver accertato e dichiarato con nota in data 28.9.2006, prot. n. 9510 la situazione di totale abbandono e inaccessibilità di detta strada e, attese le prescrizioni contenute nel parere dell’Anas, ha evidenziato che la predetta strada vicinale sarebbe stata oggetto di una previsione di ampliamento, come da PRG.
In seguito, in data 22.2.2007, il Comune ha respinto la richiesta avanzata dalla soc. Enerpetroli srl e contestualmente ha rilasciato i relativi permessi a costruire alla società Tuscia Petroli srl.
Avverso i suddetti provvedimenti, meglio indicati in epigrafe, la società Enerpetroli srl ha proposto ricorso a questo Tribunale amministrativo regionale deducendo articolati motivi di 1) Violazione di legge ed errata interpretazione in relazione agli artt. 12 e 13 della L.R. n. 8 del 2001. Eccesso di potere per illogicità della motivazione, violazione del principio di ragionevolezza, di proporzionalità, carenza di istruttoria nella forma della errata valutazione dei presupposti, ingiustizia manifesta, contraddittorietà: in quanto la strada in questione sarebbe interpoderale e realizzata da proprietari frontisti per consentire l’accesso ai fondi e, allo stato, inutilizzabile; inoltre le argomentazioni dell’Amministrazione basate su una previsione di PRG del tutto potenziale, sarebbe in contrasto con i criteri di logicità e ragionevolezza e con l’effettiva vocazione urbanistica della zona. Nonostante i pareri favorevoli delle altre Amministrazioni, il diniego sarebbe immotivato, in quanto fondato su previsioni di PRG potenzialmente in contrasto con i vincoli imposti sulla zona, basandosi altresì su possibili sviluppi edilizi del tutto ipotetici per la zona.
2) Violazione dell’art.41 della Cost. e dei principi comunitari in materia di concorrenza. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, illogicità, palese irragionevolezza, arbitrarietà, mancata correlazione ad uno specifico interesse pubblico: la decisione del Comune sarebbe viziata di eccesso di discrezionalità amministrativa, tenuto conto anche che un sistema autorizzatorio per essere conforme al diritto comunitario deve essere fondato su criteri non discriminatori, giustificati da esigenze di interesse generale e proporzionali. Il Comune avrebbe dovuto limitarsi a decidere sulla base della documentazione e dei pareri in suo possesso, con la ponderazione degli interessi pubblici e privati.
3) Violazione di legge in relazione al disposto dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed irrazionalità manifesta: la motivazione del provvedimento di diniego sarebbe carente delle ragioni per le quali la realizzazione dell’impianto comporterebbe un aumento del pericolo per la viabilità, tenuto conto che allo stato la strada sarebbe inutilizzata.
4) Violazione di legge ed errata interpretazione in relazione al disposto dell’art. 14 bis della legge regionale 2 aprile 2001, n. 8: in quanto la commissione nominata per l’istruttoria avrebbe dovuto rispettare il criterio di priorità della presentazione della domanda per l’ammissibilità delle stesse, scegliendo la ricorrente piuttosto che la società Tuscia Petroli, il cui perfezionamento della domanda è successivo a quello della ricorrente medesima.
Si è costituito in giudizio il Comune intimato per resistere al ricorso, contestando il gravame anche sotto il profilo dell’ammissibilità dello stesso per mancata impugnazione degli atti presupposti e delle previsioni del PRG, che destinano la via vicinale a strada di progetto. La difesa comunale ha insistito, comunque, per la reiezione del ricorso attesa la infondatezza dei motivi di impugnazione.
Anche la società controinteressata Tuscia Petroli srl si è costituita in giudizio, dichiarando di aver quasi completato la realizzazione dell’impianto ed ha eccepito preliminari profili di irritualità del ricorso, contestando anche la fondatezza del gravame.
Con ordinanza n. 1631/2007, pronunciata nella Camera di consiglio del 5 aprile 2007, la domanda cautelare è stata respinta.
In seguito con atto recante motivi aggiunti parte ricorrente ha chiesto la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni ex art. 30, comma 5 cpa, in combinato disposto con l’art. 34, comma 3 cpa, a seguito dell’impugnazione dei predetti provvedimenti. In particolare, la società ricorrente – considerata la sopravvenuta inutilità per la medesima di proseguire nell’azione di mero annullamento dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale e la sopravvenuta diseconomicità dell’eventuale realizzazione di un distributore in un Comune in cui già è stato realizzato altro impianto – ha chiesto l’accertamento della illegittimità dei
provvedimenti impugnati ,ai fini della positiva valutazione della domanda di condanna del Comune resistente al risarcimento dei danni ingiustamente subiti (quantificato in una somma non inferiore a euro 70.000,00 per gli anni 2008-2012 e fino alla definizione del giudizio oltre la maggiore somma per la perdita economica futura), previa eventuale istruttoria per l’esatta quantificazione del danno.
Il Comune intimato si è opposto al nuovo gravame avanzato dalla società Enerpetroli srl e ha eccepito preliminari profili di inammissibilità dell’atto recante motivi aggiunti, contestando i motivi di impugnazione in quanto infondati.
Successivamente entrambe le parti hanno depositato memorie e repliche, allegando ulteriori argomentazioni a difesa, e all’udienza pubblica del 4 ottobre 2012 la causa è stata introitata per la decisione.
Con ordinanza collegiale n. 8837/2012, sono stati disposti incombenti istruttori, eseguiti dal Comune di Monte Romano con nota depositata in data 24.2.2013.
In prossimità dell’odierna udienza pubblica parte ricorrente ha depositato memoria conclusionale insistendo sulla propria posizione, alla luce anche della documentazione depositata dal Comune.
Il Comune ha replicato con memoria difensiva con argomentate osservazioni.
Alla pubblica udienza del 4 aprile 2013 la causa è stata introitata per la decisione.
2. Il giudizio in esame verte sulla domanda, formulata dalla società Enerpetroli srl con il ricorso introduttivo, di annullamento del diniego di autorizzazione richiesta dalla stessa per installazione di impianto distribuzione carburanti, adottato dal Comune di Monte Romano nonché del permesso di costruire e autorizzazione petrolifera rilasciati alla società Tuscia Petroli srl, per la realizzazione di impianto di distribuzione di carburanti; a ciò si aggiunge la richiesta di risarcimento dei danni, a seguito dell’impugnazione dei predetti provvedimenti, proposta con l’atto recante motivi aggiunti, ritenendo derivante dall’accertamento di tale illegittimità l’elemento pregiudiziale per far valere il diritto al risarcimento.
2.1. Il Collegio esamina congiuntamente i profili di illegittimità degli atti impugnati proposti con il ricorso introduttivo e ribaditi con l’atto recante motivi aggiunti, attesi gli elementi di unicità del rapporto sostanziale, in presenza del manifestato interesse all’accertamento giudiziale dell’illegittimità degli atti impugnati, rilevando l’interesse a conseguire il risarcimento del danno discendente dagli atti medesimi e in relazione a ciò dall’esame della pretesa – in disparte i profili di rito sollevati – ne discende l’infondatezza delle censure proposte, sulla base di quanto di seguito riportato.
Preliminarmente, va evidenziato che trova accesso la prospettazione di parte ricorrente secondo cui il proprio interesse alla decisione della controversia permarrebbe sia pure solo “ai fini risarcitori”, aspirandosi alla pronuncia sulla domanda di risarcimento danni spiegata con i motivi aggiunti, ai sensi degli art. 30 e 34, comma 3, del cpa. In particolare, l’accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati è contenuto nel petitum di annullamento come un antecedente necessario e, siccome il più contiene il meno, l’organo giudicante ai sensi delle richiamate norme, limita d’ufficio la sua pronuncia ad un contenuto di accertamento dell’illegittimità, in relazione alla pretesa risarcitoria, giacchè manca l’interesse all’annullamento, ma sussiste l’interesse ai fini risarcitori (cfr.Cons.Stato, sez. IV, 18 maggio 2012, n. 2916). A ciò va aggiunto che la disposizione recata dall’art. 34, comma 3 cpa richiamata, in quanto norma eminentemente processuale, è di immediata applicazione ed è estesa ai procedimenti giudiziali che, come il presente giudizio, sono stati incardinati prima della sua entrata in vigore (16 settembre 2010).
2.2. Il Collegio passa così all’esame delle censure proposte con il primo motivo del ricorso introduttivo (e A2 e A3 dell’atto contenente motivi aggiunti) con cui si contesta, nella sostanza, la illegittimità del diniego di autorizzazione in quanto le argomentazioni dell’Amministrazione sarebbero basate su una previsione di PRG, del tutto potenziale di ampliamento della strada vicinale, e in contrasto con i criteri di logicità e ragionevolezza e con l’effettiva vocazione urbanistica della zona, riferendosi invece ad una strada interpoderale, allo stato, inutilizzabile, nonostante tra l’altro i pareri favorevoli delle altre Amministrazioni competenti al procedimento. Al riguardo si osserva che tali argomentazioni non sono condivisibili per le seguenti ragioni.
Nel ricostruire la vicenda occorre evidenziare quanto disposto dall’atto di diniego impugnato: in particolare nelle premesse dello stesso è richiamato il presupposto parere dell’Anas che è stato subordinato dall’Ente medesimo “al perdurare della inutilizzazione” della strada “evidenziando che il ripristino della stessa comporterebbe l’immediata chiusura dell’impianto” e riconoscendo al Comune tutti gli elementi per stabilire se la strada vicinale resterà inutilizzata. In sostanza il parere dell’Anas è stato emesso condizionatamente in relazione alla domanda di parte ricorrente e presenta un contenuto non definitivo, ancorando la sua efficacia al perdurare della non utilizzazione della strada.
Appare significativo, inoltre, rilevare che il nucleo motivazionale del provvedimento di diniego impugnato si fonda su due aspetti, quali da un lato il riferimento alla previsione del PRG, riguardo l’allargamento della strada interpoderale, per la realizzazione di una nuova strada di collegamento, dall’altro il rilievo che il Comune non è in grado di garantire che la strada in oggetto resterà inutilizzata nel prossimo futuro, così come subordinato dall’Anas nel parere presupposto adottato.
Tali ragioni indicate dal Comune nel provvedimento impugnato non appaiono viziate nei sensi sopra proposti da parte ricorrente, in quanto il Comune stesso alla luce delle previsioni derivanti dall’utilizzazione del territorio comunale di cui al PRG – ossia dell’utilizzo della strada vicinale con un allargamento della stessa, per consentire così il collegamento con l’arteria stradale principale – non avrebbe potuto garantire il permanere dello stato di non uso della strada (come dal parere dell’Anas), ponendosi ciò in contrasto con le richiamate previsioni di pianificazione del territorio. Orbene, alla luce dei principi generali in materia, l’Amministrazione non può assumere decisioni in contrasto con le previsioni di PRG, tenuto conto della vincolatività e della durata indeterminata delle stesse; infatti, una nuova disciplina del territorio può conseguire soltanto con l’approvazione di un nuovo PRG, o di una variante, che costituisce lo strumento per l’adeguamento della disciplina urbanistica alle diverse circostanze di fatto. In tal senso non sono configurabili ipotesi di disapplicazione delle previsioni di pianificazione per una sorta di sopravvenuta inattualità delle stesse rispetto alla situazione di fatto, stante la durata indeterminata delle previsioni stesse e la vincolatività per il Comune alla concreta regolazione (risultando, nella specie, limitati gli interventi dalla dimostrata azione di contenimento delle spese avviata dall’Amministrazione, ma non per questo da far ritenere superate le previsioni urbanistiche, la cui vincolatività ed efficacia resta indiscussa). Né varrebbe obiettare, come sostiene la società, che il diniego opposto potrebbe superare il vaglio della legittimità solo se supportato da una pianificazione attuativa di secondo livello o dalla volontà di imminente attuazione del piano – contestando che risulterebbe invece la consapevolezza del Comune, dimostrata anche nella relazione dal medesimo depositata, della impossibile realizzazione delle opere – tenuto conto della onerosità delle stesse e della particolare situazione finanziaria dell’Amministrazione. Ed invero tali circostanze non consentono all’Amministrazione di assumere decisioni in contrasto con le prescrizioni di PRG , rivestendo le norme dello strumento urbanistico carattere di obbligatorietà e cogenza.
2.3.Con riferimento poi alla dedotta perdurante inutilizzabilità della strada vicinale (1 e 2 motivo del ricorso introduttivo e A3 dell’atto contenente motivi aggiunti) appare significativo quanto risulta anche dal confronto della documentazione fotografica della strada vicinale, depositata da entrambe le parti in causa, laddove a differenza di quanto sostenuto da parte ricorrente risulta esistente un tratto di strada sterrata, ma praticabile al transito, mentre non appare sufficientemente comprovato lo stato di abbandono della stessa e la completa inutilizzabilità censurata (“in considerazione della fitta vegetazione che ha, di fatto, ricoperto il viottolo” -1 motivo), circostanza quest’ultima smentita dagli ulteriori rilievi documentati dal Comune, anche con riferimento alla utilizzazione per il collegamento a diversi siti pubblici e privati.
2.4. Peraltro, va posto in rilievo, riguardo alle ulteriori censure della violazione del principio di proporzionalità, illogicità, irragionevolezza per la mancata correlazione ad uno specifico interesse pubblico (secondo mezzo del ricorso introduttivo) – in quanto il Comune avrebbe dovuto limitarsi a decidere sulla base della documentazione e dei pareri in suo possesso, con la ponderazione degli interessi pubblici e privati – che la decisione del Comune appare legittima alla luce del presupposto parere positivo dell’Anas, sottoposto a condizione risolutiva (in caso di ripristino della strada e di mutamento dell’utilizzazione). Nel richiamare anche quanto sopra riportato, giova infatti osservare che non è ipotizzabile la condizione risolutiva apposta ad un provvedimento autorizzativo di siffatto contenuto, configurandosi in tal caso l’ autorizzazione come meramente provvisoria con l’eventualità della decadenza della stessa, al verificarsi della condizione: si tratterebbe quindi di una autorizzazione, anche a costruire, “fin tanto che” esista una determinata situazione di fatto, che deve ritenersi intesa a limitare nel tempo la facoltà stessa di realizzazione dell’opera, con la decadenza dell’atto concessorio, e non anche la sopravvivenza di ciò che si è realizzato in forza della concessa autorizzazione (con l’eventuale rimozione nel caso di realizzazione dell’impianto a ridosso della strada, in seguito ampliata).
A ciò va aggiunto anche l’ulteriore profilo che, alla luce della normativa in materia (art. 61, comma 2 del dPR n. 495 del 1992 e succ. mod.), l’autorizzazione all’installazione di impianti di distribuzione di carburanti è subordinata al parere tecnico favorevole dell’ente proprietario della strada, derivandone la non ammissibilità di un parere tecnico condizionato da parte dell’ente stesso, come nella specie (in tal senso con conseguenti profili in relazione anche all’interesse ad agire).
2.5.Con riferimento alla ulteriore doglianza (terzo mezzo) riguardo la carenza di motivazione in relazione alle ragioni per le quali la realizzazione dell’impianto comporterebbe un aumento del pericolo per la viabilità, tenuto conto che allo stato la strada sarebbe inutilizzata, il Collegio rileva la infondatezza della stessa in quanto il provvedimento di diniego impugnato, come già evidenziato, si fonda sul presupposto parere dell’Anas e in relazione alla inconciliabilità delle condizioni apposte nello stesso con le previsioni di PRG, riguardo l’ampliamento della strada, a nulla rilevando quanto al contrario dedotto, trattandosi tra l’altro di profili non rilevanti.
2.6. Il Collegio passa all’esame della censura riguardante la illegittimità del permesso di costruire rilasciato alla società controinteressata, in relazione al disposto dell’art. 14 bis della l.r.n. 8 del 2001 (quarto mezzo del ricorso introduttivo e A1 dell’atto recante motivi aggiunti) per il mancato rispetto da parte della commissione istruttoria del criterio di priorità della presentazione delle domande delle società interessate essendo ricaduta la scelta sulla società Tuscia Petroli srl, il cui perfezionamento della domanda sarebbe successivo a quello della ricorrente medesima.
Al riguardo, tale censura non appare fondata tenuto conto che la normativa richiamata nell’individuare il criterio prioritario di scelta in caso di domande concorrenti fa riferimento alla “data di presentazione della domanda completa della documentazione tecnico-progettuale prevista”.
Alla luce di ciò, la Commissione istruttoria ha ritenuto che “ai fini della individuazione della data di completamento della documentazione si dovrà fare riferimento alla data di rilascio dell’ultimo parere o nulla osta necessari”; nella specie, risulta anche dalla documentazione in atti, che i pareri dell’Anas sono stati rilasciati ad entrambe le società interessate in data 16.11.2006 e inoltre risulta certa e non contestata la presentazione del predetto parere Anas al Comune nella medesima data del 21.11.2006 sia da parte della società Enerpetroli srl che della società Tuscia Petroli srl, derivandone quindi per entrambe le società la medesima tempistica di completamento della domanda (né varrebbe obiettare, come sostiene parte ricorrente, che il numero di protocollo assunto dal Comune al parere Anas relativo alla richiesta di Enerpetroli srl sia precedente rispetto a quello attribuito alla società Tuscia srl, atteso che dal previsto dato testuale del criterio di scelta delle domande sopra richiamato rileva la “data di presentazione” – nella specie coincidente per entrambe le imprese al 21.11.2006 – e non l’ordine di presentazione della domanda completa con riferimento all’orario e al numero di acquisizione al protocollo). Alla luce di ciò le doglianze non appaiono fondate.
3. Infine riconosciuta la legittimità degli atti assunti dal Comune vengono a cadere le condizioni della domanda risarcitoria, in relazione all’ingiustizia del danno derivante dall’esercizio illegittimo dell’azione amministrativa subordinato alla violazione di norme. Da quanto sopra rilevato appare corretto il comportamento del Comune e ragionevole l’azione amministrativa non violativa nel complesso di norme di legge (violazione che, come rilevato, si sarebbe determinata in caso di rilascio di autorizzazione in relazione al presupposto parere dell’Anas). Inoltre solo all’esito di un eventuale riesame, conseguente alla caducazione dei provvedimenti gravati, sarebbe stata rilasciata la richiesta autorizzazione: in tal senso l’istanza risarcitoria potrebbe collegarsi al lucro cessante derivante dalla mancata apertura dell’impianto. A ciò va aggiunto che gli elementi di quantificazione del danno dell’istanza risarcitoria non appaiono utilizzabili, in quanto non ancorati ad adeguati dati oggettivi e comparabili, trattandosi di parametri soggetti ad elementi di aleatorietà, escludendo anche la possibilità di procedere a liquidazione equitativa del danno, in mancanza di prova dell’entità del danno, come nella specie.
In conclusione, il gravame in quanto infondato va respinto unitamente alla domanda di risarcimento del danno.
Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti, tenuto conto della particolare articolazione del contenzioso in questione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sull’atto recante motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge unitamente alla domanda di risarcimento del danno.
Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 4 aprile 2013, 20 giugno 2013, 10 ottobre 2013, con l’intervento dei magistrati:
- Eduardo Pugliese, Presidente
- Raffaello Sestini, Consigliere
- Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore