Con la sentenza in commento (Cons. Stato, 18 gennaio 2017, n. 207), l’On.le Consiglio di Stato ha confermato la pronuncia del Tar Campania, Napoli, n. 3347 del 2015, ribadendo, quanto già dallo stesso affermato in altre occasioni: “nel caso di revoca della procedura di finanza del progetto, la P.A. non può essere condannata a risarcire il danno nemmeno per responsabilità precontrattuale, atteso che nessuna violazione del dovere di correttezza negoziale è dato di ravvisare nel comportamento dell’Amministrazione nel caso in cui non abbia mai dato luogo al minimo affidamento sul consolidamento di una posizione precontrattuale riconducibile a quella tipica del promotore”.
Nel caso di specie non è stato il promotore a chiedere il risarcimento del danno ma l’ATI prima classificata nell’aggiudicazione della seconda fase del procedimento di project financing, invitata, insieme ad altre società, dall’Amministrazione, a presentare un’offerta economica sul progetto del promotore. La Ricorrente, aderendo all’invito, aveva predisposto il progetto preliminare per gli interventi, una bozza di convenzione ed un piano economico e finanziario, regolarmente asseverato da due istituti bancari; aveva sostenuto dei lauti costi oltre a riservare un legittimo affidamento nell’aggiudicazione definita della concessione, data anche la carenza dei requisiti degli altri offerenti.
Per quanto si voglia ricondurre la responsabilità precontrattuale a fatti svoltisi nella formazione del contratto con il concessionario definitivo e dal quale, nel caso di specie, si era ancora lontani, non può non rilevare il legittimo affidamento dell’offerente al corretto esercizio dei poteri pubblicistici della P.A. la quale, nel caso in questione, ha assunto un atteggiamento colpevole revocando la procedura con un ingente ed ingiustificato ritardo, nonostante avesse conoscenza delle problematiche dichiarate ostative alla sua conclusione da molto tempo.
Un po’ forzata parrebbe la giustificazione del ritardo apportata dall’On.le Giudice e consistente nella pendenza di un altro giudizio per la revisione del secondo e terzo posto della classifica degli offerenti. Al più, detta circostanza poteva incidere sulla tempistica per la scelta del concessionario ma non di certo sulla dichiarazione di revoca della gara per mancanza di fondi della P.A. (l’affidamento prevedeva oneri parzialmente a carico del commissario concedente) che, anzi, se portata alla luce, avrebbe potuto estinguere, per sopravvenuta carenza d’interesse, il giudizio pendente.
A prescindere dall’alta discrezionalità riservata alla P.A., essa non può essere esonerata dal rispetto dei principi generali, come quelli della buona fede, posta alla base di qualsiasi rapporto contrattuale e del legittimo affidamento posto dal privato in ogni rapporto con la P.A..
A causa della poca trasparenza e della negligenza dell’agire amministrativo la Ricorrente ha sostenuto spese per la partecipazione, e perso, per molti anni, occasioni di guadagno che secondo l’interpretazione giurisprudenziale in commento, non sarebbe legittimata a ripetere: in conclusione l’interesse del privato che pur si adopera alla valorizzazione di quello pubblico, molto spesso deve soccombere ai privilegi riconosciuti alla P.A.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6885 del 2015, proposto da:
Sled s.p.a., Ottogas s.r.l., entrambe in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Mario Salvi, Nicola Salvi, Nica Rae, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
CONTRO
Commissario di Governo Delegato per le Bonifiche e Tutela delle Acque, in persona del Commissario, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Campania, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Marzocchella, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, 29.
PER LA RIFORMA
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I, n. 3347/2015, resa tra le parti, concernente risarcimento danni conseguenti all’eliminazione dell’intera procedura di project financing.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Commissario di Governo Delegato Per Le Bonifiche e Ttutela delle Acque e di Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Fabrizio Vittoria per delega di Salvi, Marzocchella, e, l’Avvocato dello Stato Stigliano Messuti.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo per la Campania le odierni appellanti, componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese partecipante alla procedura di project financing per la progettazione, la realizzazione e la successiva gestione di impianti di depurazione, chiedevano che la Regione Campania e il Commissario di Governo delegato per le bonifiche e la tutela delle acque in regione Campania fossero condannate a risarcire il danno loro imputabile a titolo di responsabilità precontrattuale.
2. Il giudice respingeva la richiesta ritenendo che l’A.T.I. composta dalle originarie ricorrenti non avesse ancora la titolarità di alcuna posizione soggettiva tutelabile, al fine del riconoscimento della responsabilità precontrattuale, né al momento dell’avvio del procedimento di revoca della procedura di project financing, né, tantomeno, alla sua conclusione, essendo stato iniziato il procedimento di secondo grado in una fase in cui non solo non era stato ancora selezionato il futuro concessionario, ma neppure era stata mai avviata la relativa procedura negoziata.
3. Avverso la sentenza propongono appello le originarie ricorrenti, denunciandone l’erroneità in quanto; a) la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione prescinderebbe dalla titolarità di un diritto all’aggiudicazione da parte del danneggiato ed in una gara pubblica potrebbe individuarsi in capo all’amministrazione sin dal momento della presentazione delle offerte; né la culpa in contrahendo necessiterebbe di un rapporto personalizzato; b) le amministrazioni appellate avrebbero violato i doveri di buona fede e correttezza, dal momento che la revoca della gara, posta in essere con la delibera di G.R. n. 173 del 4 aprile 2012 e con l’ordinanza commissariale n. 12 del 16 maggio 2012, sarebbe intervenuta a seguito di una stasi immotivata di quattro anni dall’indizione della gara e dal termine per la presentazione delle domande, nonostante entrambe le amministrazioni fossero medio tempore a conoscenza dell’impossibilità di portare a compimento la gara. La revoca, quindi, sarebbe sopravvenuta con un ritardo ingiustificato e senza che la diffida delle appellanti trovasse riscontro.
In particolare, le amministrazioni appellate sarebbero state a conoscenza che dal giugno 2008, ma in realtà già dal marzo 2004, non vi sarebbero stati i fondi necessari per la realizzazione dell’opera. Inoltre, sarebbe pretestuosa la giustificazione relativa alla scadenza dell’incarico commissariale.
Del pari, l’incoerenza dell’intervento rispetto agli obiettivi programmatici regionali afferenti al sistema depurativo campano in corso di definizione sarebbe stata dichiarata in data 1 settembre 2010, ossia due anni prima della revoca. Così come nota già, a far tempo dall’entrata in vigore della l.r. Campania 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), sarebbe stata la possibilità di contenzioso con l’ATO. Né la responsabilità delle amministrazioni potrebbe essere esclusa in ragione del contenzioso instaurato dalla terza classificata ovvero dell’atto di sospensione della stessa da parte del commissario in data 22 novembre 2011.
4. Costituitisi in giudizio, la Regione Campania ed il Commissario di Governo delegato per le bonifiche e la tutela delle acque in regione Campania invocano la reiezione dell’appello.
Il secondo, inoltre, precisa di non potere essere additato quale eventuale responsabile, essendosi limitato ad eseguire i provvedimenti regionali.
5. Con memoria di replica del 7 ottobre 2016 le società appellanti insistono nelle proprie conclusioni, argomentando in ordine all’infondatezza delle avverse difese.
6. La Regione Campania il 18 ottobre 2016 deposita memoria, che non può essere valutata in quanto tardiva.
7. L’appello è infondato e non può essere accolto.
Prima di vagliare nel dettaglio le censure contenute nel gravame, è necessario rammentare alcuni passaggi che hanno caratterizzato la procedura di project financing:
a) la proposta di project financing approvata dalla Regione Campania con delibera di Giunta regionale numero 1911 del 2000 proviene dalla Società Termomeccanica Ecologia;
b) la successiva gara svoltasi con il sistema della licitazione privata si concludeva con ordinanza del vicecommissario numero 126 del 3 dicembre 2007, che stilava la graduatoria che poneva al primo posto le odierne appellanti;
c) la successiva procedura negoziata tra il promotore e i soggetti presentatori delle due migliori offerte nella gara conclusa non seguiva in ragione dell’attivazione di un contenzioso da parte della 3ª classificata l’associazione temporanea di imprese con capogruppo Siba, che si concludeva solo con la sentenza n. 7403/2010 di questo Consiglio di Stato che respingeva le domande della Siba;
d) l’ordinanza del Vicecommissario numero 126 del 3 dicembre 2007 non veniva, invece, impugnata dalle odierne appellanti, sicché (anche in ragione dell’esito del giudizio promosso dalla terza graduata) questa diveniva inoppugnabile;
e) il 3 dicembre 2010 le appellanti inoltravano diffida, avente ad oggetto la prosecuzione della procedura, alle amministrazioni interessate;
f) la Regione, con la delibera di G.R. n. 586 del 29 ottobre 2011, avviava, in autotutela decisoria, il procedimento di revoca della procedura di project financing, concluso con i provvedimenti di revoca definitiva della procedura rispettivamente adottati dalla Regione, con delibera di G.R. n. 173 del 4 aprile 2012, e dal Commissario delegato del Governo, con ordinanza n. 12 del 16 maggio 2012, non impugnati dalle appellanti.
7.1. Tanto premesso in punto di fatto, va ricordata la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato per cui in tema di project financing, anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato quindi il promotore privato, l’Amministrazione non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della relativa concessione, posto che:
a) tale scelta costituisce una tipica e prevalente manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all’effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, tali da non potere essere rese coercibili nell’ambito del giudizio di legittimità che si svolge in sede giurisdizionale amministrativa (Cons. Stato, III, 20 marzo 2014, n. 1365; cfr. altresì Cons. Stato, III, 4026, 30 luglio 2013; 24 maggio 2013, n. 2838; V, 6 maggio 2013, n. 2418);
b) la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all’interno della gara, una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta (Cons. Stato, V, 21 giugno 2016, n. 4177).
Quanto alla reclamata responsabilità civile, ne consegue che anche dopo la dichiarazione di pubblico interesse dell’opera non si è costituito un distinto, speciale ed autonomo rapporto precontrattuale, interessato dalla responsabilità precontrattuale, a che l’amministrazione dia poi comunque corso alla procedura di finanza di progetto. La valutazione amministrativa della perdurante attualità dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera continua a essere immanente. Si tratta infatti di considerare, sino all’affidamento, l’attualità e la convenienza della realizzazione, senza condizionamenti finanche da eventuali previ e informali contatti, finalizzati all’elaborazione delle «proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità» da parte del promotore (art. 153 d.lgs. n. 163 del 2006).
Ne consegue ancora che in detta elaborazione e conseguente presentazione di progetto e accessori vi è, da parte del promotore, un’assunzione consapevole di rischio a che quanto proposto non venga poi stimato conforme all’interesse pubblico e dunque davvero da realizzare (cfr. Cons. Stato, III, 20 marzo 2014, n. 1365, cit.).
Nel caso in esame le appellanti nemmeno acquisivano formalmente la posizione di promotore finanziario, restando solo potenziali concorrenti rispetto alla terza fase del procedimento di affidamento, cui sono ammesse, unitamente al promotore finanziario, le imprese prime due classificate nella licitazione privata. Pertanto, alla loro nemmeno può essere equiparata la posizione del promotore finanziario, trattandosi di meri concorrenti.
Del resto, in costanza di provvedimenti non impugnati, non possono utilmente in questa sede dimostrare che la terza fase li avrebbe visti sicuramente vincitori in ragione del difetto dei requisiti soggettivi in capo a tutti gli altri partecipanti alla terza fase della procedura.
Al riguardo, va rammentato come la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha affermato che la p.a. non può essere condannata a risarcire il danno nemmeno per responsabilità precontrattuale, atteso che nessuna violazione del dovere di correttezza negoziale è dato di ravvisare nel comportamento dell’Amministrazione nel caso in cui non abbia mai dato luogo al minimo affidamento sul consolidamento di una posizione precontrattuale riconducibile a quella tipica del promotore (Cons. Stato, III, 20 marzo 2014, n. 1365, cit.). Pertanto non appare fondata la prima doglianza delle appellanti.
7.2. Quanto alla seconda censura, e indipendentemente da ogni carattere già dirimente di quanto appena considerato, la stessa non appare avere autonomo fondamento, non risultando comunque rinvenibile un comportamento colpevole in capo all’amministrazione.
Anche cioè a tutto concedere circa la configurabilità di un quadro che leghi l’Amministrazione ai doveri precontrattuali, la condotta complessiva di questa appare in concreto incolpevole; mentre – anche alla luce del principio di cui all’art. 30, comma 3, u.p. Cod. proc. amm. – le appellanti non hanno fatto tutto quanto potevano per evitare il preteso danno usando l’ordinaria diligenza anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti, e dunque hanno concorso a cagionarlo.
In questo senso si deve anzitutto rilevare come, da un lato, il differimento, dal 2007 al 2010, nell’espletamento della procedura risulti imputabile non alle amministrazioni appellate, ma alle infondate quanto condizionanti iniziative giurisdizionali poste in essere dalla concorrente terza classificata all’esito della licitazione privata.
Poi va considerato che alla diffida del dicembre 2010 le stesse appellanti non facevano seguire un’iniziativa giurisdizionale per ottenere imperativamente la prosecuzione della procedura; e neanche quando il 22 novembre 2011fu loro notificata l’ordinanza numero 71 del 2011 di sospensione della procedura di gara. Non hanno cioè compiuto tutto quanto era nella loro disponibilità per far adempiere l’asserito dovere dell’amministrazione e così realizzare, esse stesse, l’opera. Esse si sono limitate a solo, successivamente, proporre la presente azione risarcitoria, vale a dire a domandare la monetizzazione in giudizio della figurata violazione dei doveri precontrattuali da parte dell’amministrazione.
Nemmeno la confutata retrodatazione prospettata dalle appellanti al 2008 o al 2004 della consapevolezza dell’assenza di fondi risulta argomento qui convincente: dagli atti di causa emerge che la stessa maturava solo nel 2010, come si evince dalle note del Commissario delegato dell’8 ottobre 2010, del 2 novembre 2010, del 16 dicembre 2010, del 14 febbraio 2011.
Si deve in sintesi riconoscere che il mutamento delle condizioni fattuali che induceva l’amministrazione – considerando le risorse effettivamente disponibili – a valutare la non praticabilità dell’opera oggetto di project financing sia dipesa da un insieme di fattori, che non consentono di rinvenire in capo ad essa un comportamento colpevole, tale da renderle imputabile una responsabilità precontrattuale come quella invocata dalle odierne appellanti.
8. In assenza della possibilità di individuare gli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale, il presente appello non può che essere respinto.
Nella particolare complessità delle questioni in fatto ed in diritto trattate si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dell’odierno grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere