Requisito della regolarità fiscale per la partecipazione alle gare: cambia il vento?

Pubblicato il 1-08-2017
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A cura dell’Avv. Gaetano Pecoraro

Nelle ultime settimane si sono registrate due prese di posizione della Giustizia amministrativa in ordine al requisito della regolarità fiscale delle imprese, necessario per poter partecipare alle commesse pubbliche.

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Si tratta di pronunciamenti che, in qualche modo, rischiano di stravolgere il quadro amministrativo e giurisprudenziale che, ormai, poteva considerarsi granitico.

Il quesito giuridico risolto dal TAR Catanzaro prima (con sent. 20 luglio 2017, n. 1173), e dal Consiglio di Stato poi (con sent. 21 luglio 2017, n. 3614), che oggi commentiamo, è il seguente: quando può considerarsi definitivamente accertato il debito tributario perché un’impresa non possa considerarsi  fiscalmente in regola, e quindi non possa partecipare a procedure ad evidenza pubblica?

Fino ad ora, sia la giurisprudenza che l’Agenzia delle Entrate hanno ritenuto che “La definitività dell’accertamento consegue … all’inutile decorso del termine per l’impugnazione, ovvero, qualora sia stata proposta impugnazione, al passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale”, con la precisazione che “L’irregolarità fiscale deve … considerarsi venuta meno (e, dunque, non rappresentare causa ostativa alla partecipazione) nel caso in cui, alla data di richiesta della certificazione, il contribuente abbia integralmente soddisfatto la pretesa dell’amministrazione finanziaria, anche mediante definizione agevolata” (così, Circolare dell’Agenzia delle Entrate 41/E del 3 agosto 2010).

Su tale scia si era inserita anche la Suprema Corte di Cassazione penale che, con sent. 05 settembre 2016, n. 36821, ha preso posizione in ordine al non infrequente caso dell’operatore economico che ha dovuto far ricorso alla rateizzazione del pagamento del debito tributario, per poter far fronte ai propri impegni. Per gli Ermellini, il requisito della regolarità fiscale richiesto dall’allora art. 38 d. lgs. 163/2006, ed oggi confermato dall’art. 80 comma 4 d. lgs. 50/2016, “non è volto a sanzionare le imprese inadempienti agli obblighi tributari, ma ad assicurare la partecipazione alle gare d’appalto di soggetti privi di pendenze col fisco, che mettano in discussione la capacità di realizzazione delle opere loro affidate”, con la conseguenza che l’impresa ammessa con provvedimento espresso dall’Amministrazione finanziaria alla rateizzazione del debito tributario, ed in regola con i versamenti, può partecipare alle procedure dichiarando la propria regolarità, senza che il legale rappresentante dell’operatore economico possa essere sanzionato per falsa dichiarazione.

Peraltro, recentemente, lo stesso Legislatore è intervenuto con l’art. 49, comma 1, lett. d), D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 modificando l’art. 80 comma 4 d. lgs. 50/2016, che così oggi prevede “Il presente comma non si applica quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l’impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande”. E con il recente art. 1 d. l. 50/2017, relativo alla definizione agevolata regolata dal d.l. 193/2016 (cc.dd. “rottamazione delle cartelle”), ha precisato che “I certificati di regolarità fiscale, compresi quelli per la partecipazione alle procedure di appalto di cui all’articolo 80, comma 4, del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nel caso di definizione agevolata di debiti tributari ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, sono rilasciati a seguito della presentazione da parte del debitore della dichiarazione di volersene avvalere effettuata nei termini di cui al comma 2 dello stesso articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016, limitatamente ai carichi definibili oggetto della dichiarazione stessa”.

Di tali considerazioni sembra che le sentenze in commento non abbiamo voluto tener conto.

Il TAR Catanzaro, nel respingere il ricorso di un’impresa esclusa da una gara per irregolarità fiscale, ha fatto uso di una presunzione, rilevando che “La cartella esattoriale presuppone un atto impositivo a monte, pertanto, non può ritenersi mancante il requisito della definitività dell’accertamento del debito, requisito che si ottiene con l’atto impositivo e non con la cartella esattoriale che descrive i tributi già iscritti a ruolo”.

Così statuendo, però, il TAR calabrese ha ritenuto irrilevante la circostanza che la cartella esattoriale può essere contestata anche per l’ipotesi (tutt’altro che rara) di errori nella notifica dell’atto impositivo, che dunque può essere impugnato in uno con la cartella esattoriale: si veda, in proposito, Cass. Civ. SS.UU. sent. 4 marzo 2008, n. 5791, il cui principio di diritto è riportato nella recente Cass. Civ. VI Sez. ord. 6 aprile 2017, n. 8987: spetta al contribuente scegliere “di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria, spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dai contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa”. )

Il Consiglio di Stato, con la seconda delle sentenze in commento sembra, poi, essersi spinto anche oltre, statuendo che “non è sufficiente la pendenza di un contenzioso tributario per poter ritenere non esistenti le violazioni fiscali, già contestate, che ne sono oggetto. Inoltre la decisione del giudice tributario ha effetti “ex tunc” e dunque retroagisce al momento dell’emissione dell’atto impositivo, di talché l’eventuale esito sfavorevole del ricorso del contribuente, rende legittimo, “ ab origine” l’atto di accertamento dell’ufficio”.

Ad avviso di chi scrive, si tratta di due pronunciamenti che sembrano scalfire l’acquisizione normativa e giurisprudenziale degli ultimi dieci anni. Ci si augura che essi siano solo frutto di una breve perturbazione estiva, nella bonaccia in cui gli operatori del diritto hanno vissuto fino ad ora su tale problematica, e che non siano destinati a tramutarsi in uno tsunami che rischia di impedire la partecipazione alle gare di tutti quegli operatori economici (e non sono pochi) che, per le ragioni più varie, abbiano in corso pendenze con il fisco.

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