Risarcimento da atto amministrativo illegittimo ed onere della prova: finalmente una pronuncia più favorevole al cittadino

Pubblicato il 29-06-2017
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A cura dell’Avv. Gaetano Pecoraro

Con un’innovativa sentenza (19 giugno 2017, n. 451), il TAR Basilicata ha mostrato una maggiore sensibilità nei confronti del privato leso da un atto amministrativo illegittimo, statuendo che la colpa della Pubblica amministrazione non ha bisogno di dimostrazione da parte del privato, dovendola riconoscere in re ipsa, spettando al contrario a quest’ultima dover dimostrare, per non essere condannata al risarcimento, la scusabilità dell’errore.

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Ma la sentenza appare ancora più interessante nella parte in cui ha quantificato in via equitativa (40% del domandato dal Ricorrente) l’importo dovuto a titolo risarcitorio. Si tratta di uno dei primi pronunciamenti della Giustizia amministrativa che, a fronte di un’acclarata illegittimità dell’atto amministrativo, ha riconosciuto una così alta percentuale risarcitoria.

Se fino ad oggi, infatti, l’affermazione di principio sul fatto che l’elemento soggettivo della colpa ex art. 2043 c.c. era rintracciabile in re ipsa nella illegittimità dell’atto, è stata fatta propria dalla giurisprudenza maggioritaria, ciò che è mancato è stato il coraggio delle determinazioni conseguenti: molto spesso, infatti, le sentenze amministrative, pur riconoscendo la colpa, non hanno liquidato il danno, richiedendo in capo al privato la sua dimostrazione (spese sostenute, impossibilità di svolgere altre attività). Quasi una probatio diabolica, soprattutto nell’ipotesi in cui il privato fosse privo di costi a “pie’ di lista”: di talché, al privato non rimaneva che gioire del solo annullamento giurisdizionale. Si pensi agli annullamenti di aggiudicazioni di gare pubbliche, intervenute a distanza tempo, con commesse già eseguite (e lucrate) dalla Controparte: al Ricorrente vittorioso, e quindi illegittimamente pregiudicato dall’esito della gara, molto spesso, non veniva riconosciuto un giusto ristoro.

Il Giudice lucano, facendo uso dei poteri riconosciutigli dall’ordinamento sulla valutazione equitativa del danno, è andato ben il risarcimento simbolico.

N. 00451/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00802/2014 REG.RIC.

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 802 del 2014, proposto da:
Nicola Maria Mancini, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Malossini e Francesco Vannicelli, con domicilio eletto in Potenza presso lo studio dell’avv. Luigia Barbara Lettieri, via Plebiscito, 7;

CONTRO

Regione Basilicata, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Maddalena Bruno, con domicilio eletto in Potenza presso l’Ufficio legale dell’Ente;

PER L’ACCERTAMENTO

del diritto del dott. Mancini al risarcimento del danno derivante dalla illegittimità (acclarata dalla sentenza del T.A.R. Basilicata n. 68 del 20 gennaio 2014) della graduatoria unica regionale di medicina generale per la Regione Basilicata per gli anni 1997, 1998 e successivi, nella parte in cui non ha riconosciuto al ricorrente 0,50 punti relativi al titolo specialistico di “Tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio”, precludendogli così l’affidamento dell’incarico di medicina generale fin dal 1997;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Basilicata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2017, il dott. Giuseppe Caruso e uditi per le parti l’avv. Carmine Bencivenga, su dichiarata delega degli avv.ti Alessandro Malossini e Francesco Vannicelli, e l’avv. Maddalena Bruno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

Con atto notificato il 10 novembre 2014 e depositato il 21 novembre 2014 il dott. Mancini chiede l’accertamento del suo diritto al risarcimento del danno derivatogli dall’illegittimità (acclarata dalla sentenza di questo Tribunale n. 68 del 20 gennaio 2014) della graduatoria unica regionale di medicina generale per la Regione Basilicata per gli anni 1997, 1998 e successivi, nella parte in cui non gli ha riconosciuto 0,50 punti relativi al titolo specialistico di “Tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio”, precludendogli così l’affidamento dell’incarico di medicina generale fin dal 1997.

Il ricorrente quantifica tale danno in € 140.476,28, oltre rivalutazione ed interessi legali a decorrere dal 28 dicembre 2001, chiedendo la condanna della Regione Basilicata al pagamento di detta somma, ovvero di quella diversa ritenuta di giustizia.

L’istante perviene a tale richiesta considerando di essere stato assegnatario del posto di medicina generale solo nel dicembre del 2001 a Matera, mentre con il riconoscimento del dovuto punteggio avrebbe, a suo dire, ottenuto un’assegnazione fin dal settembre 2007 (quando l’ha invece ottenuta, a Montescaglioso, altro medico con punteggio inferiore a quello che sarebbe spettato al ricorrente). Per i quattro anni (1997/1991) di asserita illegittima pretermissione, il ricorrente computa il danno sulla base di 1.000 assistiti per anno (compenso capitario: € 35,12).

In subordine, chiede che il danno sia valutato “almeno in termini di perdita di chances visto che non si può negare che il miglior punteggio avrebbe dato al ricorrente almeno la possibilità … di ottenere l’assegnazione di medico di medicina generale prima del dicembre 2001”.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione regionale, eccependo di essere venuta a conoscenza della sentenza di questo Tribunale n. 68/2014 soltanto a seguito della notificazione del presente ricorso, sicché chiede “la rimessione in termini per errore scusabile” ai fini della proposizione dell’appello. Nel merito sostiene l’assenza di responsabilità per il danno lamentato dal ricorrente, in quanto mancherebbe il requisito soggettivo della colpa, essendosi “premurata di trovare una conferma al suo operato mediante la richiesta di un parere tecnico al Ministero competente”. Sul quantum contesta la somma richiesta, eccependo in primo luogo che la graduatoria annullata dal T.A.R. Basilicata con la sentenza n. 68/2014 concerneva l’anno 1998 e non il 1997 e che la prima carenza “utile” per il ricorrente nella USL n. 4 di Matera si è verificata nel semestre ottobre 1998 / marzo 1999, sicché Egli, se assegnatario, non avrebbe potuto iniziare l’attività prima di luglio / agosto 1999. Fa presente, poi, che l’assegnazione degli incarichi in questione avviene attraverso un complesso iter procedimentale, cui segue l’obbligo di apertura dello studio entro novanta giorni, con decadenza dal rapporto nel caso di mancato conseguimento di un minimo di 50 scelte (oggi 300) dopo 5 anni (oggi 3). Infine sottolinea che “qualora il medico sia titolare di continuità assistenziale (come nel caso del dott. Mancini) l’ACN consente di mantenere il doppio incarico fino a quando non si superano le 500 scelte di assistenza primaria”.

Con successive memorie il ricorrente ribadisce e puntualizza le sue tesi, rilevando che l’attribuzione del punteggio corretto gli avrebbe consentito di aspirare ad un incarico anche fuori dalla Provincia di Matera.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 24 maggio 2017.

1. Va, innanzi tutto, dichiarata inammissibile la richiesta dell’amministrazione di rimessione in termini ai fini della proposizione dell’appello avverso la sentenza di questo Tribunale n. 68/2014, passata in giudicato per decorrenza del termine “lungo” decorrente dalla sua pubblicazione.

Siffatta richiesta invero – a prescindere dalla considerazione che la decorrenza del termine “lungo” dalla pubblicazione rende comunque irrilevante l’asserita mancata comunicazione della sentenza in parola all’amministrazione da parte del suo legale – potrebbe essere avanzata in sede di proposizione “tardiva” dell’appello in questione, innanzi al Consiglio di Stato, non certo nella controversia in esame, concernente le conseguenze risarcitorie dell’illegittimità dell’operato dell’amministrazione, con detta sentenza accertata.

2. Nel merito, il ricorso è fondato, nei limiti di seguito precisati.

3. Sussistono sia l’illegittimità del provvedimento assunto dall’amministrazione, che non ha riconosciuto al ricorrente il giusto punteggio nella graduatoria unica regionale di medicina generale per la Regione Basilicata per l’anno 1998, sia il danno, consistente nella perdita di chance da parte dell’interessato di ottenere l’incarico in questione, presso una delle sedi disponibili a partire dal 1998 e fino al 2001 (quando il dott. Mancini ha ottenuto l’incarico anche con il punteggio assegnatogli, illegittimamente inferiore a quello spettante). Non può al riguardo condividersi la prospettazione principale di parte attrice, secondo cui dovrebbe considerarsi “accertata” la spettanza dell’incarico nel quadriennio 1997/2001. Il ricorrente infatti cita, a comprova di detta spettanza, un incarico ottenuto da altro concorrente con punteggio inferiore al suo nell’anno 1997, cioè con riferimento a graduatoria diversa e precedente rispetto a quella annullata dal T.A.R., con la sentenza n. 68/2014. Non vengono, invece, indicate assegnazioni in concreto ottenute da altri, dal 1998 al 2001, con punteggio inferiore a quello che sarebbe spettato al ricorrente. Per verità la difesa regionale fa presente la sussistenza di una vacanza in Provincia di Matera nel semestre ottobre 2008 / marzo 2009, ma non precisa il punteggio posseduto dal soggetto che ha ottenuto l’assegnazione. Ne discende che, avuta presente la complessità della procedura da seguire per l’affidamento dell’incarico al verificarsi della vacanza – segnalata dalla difesa della Regione – e la molteplicità delle variabili insite nel procedimento (gradimento della sede, interesse effettivo per le sedi a mano a mano resesi disponibili, ecc.) il danno comprovato dal ricorrente nell’ambito del presente giudizio attiene soltanto alla perdita di chance, che appare al collegio ragionevolmente quantificabile nel 40% della possibilità di accedere a sede di gradimento, anche fuori dalla provincia di Matera, nel triennio 1998 / 2001.

4. Sussiste anche la colpa dell’amministrazione, giacché in sede di controversia relativa al risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell’amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (v. C.S., IV, 22 novembre 2016,  n. 4896).

Nella specie l’illegittimità della graduatoria è stata acclarata da questo Tribunale, con la sentenza n. 68/2014, “sia per il 1998, sia per gli anni successivi”. L’amministrazione non ha, per converso, dimostrato che si sia trattato di errore scusabile, giacché in tal senso non è sufficiente il parere richiesto al Ministero della sanità (peraltro a seguito di ricorso amministrativo del ricorrente, che ha contestato il punteggio assegnatogli ogni anno, a partire dal 1993), considerato pure che in tutte le altre Regioni italiane le graduatorie sono state compilate considerando la specializzazione in tisiologia come affine a quella in medicina generale (circostanza quest’ultima dedotta dal ricorrente e non contestata dall’amministrazione).

5. Sul quantum liquidabile, occorre osservare che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente – e tenuto anche conto dell’incompatibilità, superati i 500 assistiti, con l’attività dallo stesso svolta nel periodo in questione – l’assegnazione di una sede determina la necessità di apertura e gestione dell’ambulatorio, sicché dal compenso che sarebbe spettato vanno dedotte, in sede risarcitoria, le spese, quantificabili nel 50% del compenso stesso.

6. In definitiva, considerando una perdita di chance del 40%, un numero di potenziali assistiti nel triennio 1998 / 2001 pari a 500 e deducendo le spese nella misura del 50% si perviene ad una somma di € 10.536,00 – (40% di 52.680 euro) – 50 % – che appare al collegio equa, in valore odierno, senza riconoscimento dei chiesti accessori.

7. In relazione a quanto precede il ricorso si appalesa fondato e va quindi accolto, con conseguente condanna dell’amministrazione regionale a pagare al ricorrente, a titolo risarcitorio, la somma di € 10.536,00, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.

8. Le spese di causa seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata accoglie, ai sensi di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e per l’effetto condanna la Regione Basilicata a pagare al ricorrente la somma di € 10.536,00, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.

Condanna l’amministrazione soccombente al pagamento delle spese di lite a favore del ricorrente, forfetariamente liquidate in € 1.500,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente, Estensore

Pasquale Mastrantuono, Consigliere

Benedetto Nappi, Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE Giuseppe Caruso