Ritardo nella consegna dei lavori ed eventuale richiesta di risarcimento dell’eventuale danno subito dalla Stazione Appaltatrice

Pubblicato il 19-09-2017
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A cura dell’Avv. Laura Greco

In data 4 Settembre 2017, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sulle conseguenze del ritardo nella consegna dei lavori da parte della Stazione Appaltante ai danni della Stazione Appaltatrice.

In brevis, la causa oggetto della sentenza in esame verteva sui gravi danni in termini economici che la Società Appaltatrice e Ricorrente, avrebbe sopportato a causa del ritardo nella consegna dei lavori da parte della Committente; dunque, chiedeva a quest’ultima il risarcimento dei danni patiti.

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Innanzi al Supremo Consesso, la Stazione Appaltatrice si affidava a quattro motivi di doglianza; l’esame dei primi tre veniva effettuato congiuntamente dai Giudici presentando gli stessi “Il medesimo profilo di doglianza in tema di falsa applicazione dell’art. 10 del capitolato generale di appalto di cui al d.p.r. n. 1063 del 1962, con la connessa questione del diritto di recesso.”

Gli Ermellini analizzavano il citato art. 10 del capitolato generale d’appalto che prescrive che l’inizio dei lavori debba avvenire entro e non oltre i 45 giorni che decorrono dalla data di registrazione alla Corte dei Conti del decreto di approvazione del contratto e che, se la predetta consegna non avviene nei termini, è facoltà dell’Appaltatore chiedere il recesso dal contratto; inoltre, la disposizione prevede che se l’istanza da ultimo indicata viene accolta, la Stazione Appaltatrice ha diritto al rimborso delle spese sostenute, a contrario, se l’istanza non viene accolta e si procede tardivamente alla consegna, la stessa ha diritto ad un compenso per i maggiori oneri sopportati.

Nel caso che qui ci occupa, la Ricorrente sosteneva invece l’applicabilità dell’art. 19 delle condizioni generali di contratto per gli appalti per la categoria di appartenenza della Committente, approvate con deliberazione del consiglio di amministrazione n. 589 del 27 ottobre 1987, in quanto norma speciale che sarebbe dunque prevalsa sul citato art. 10.

Nello specifico, il citato art. 19 dispone che ove l’Ente ritardi la consegna lavori oltre il termine di un anno dalla conclusione del contratto, l’Appaltatore acquisterà solo il diritto di recedere dal contratto, senza pretendere alcunché a titolo di risarcimento danni o compenso per il mancato utile, salvo la restituzione della cauzione e il rimborso delle spese sostenute per la formalizzazione del contratto. La Società Appaltatarice sosteneva dunque di non aver potuto maturare il diritto di recesso poiché la stipula del contratto era avvenuta il 05.12.1994 e la consegna dei lavori il 01.12.1995 e, quindi, non era decorso il termine annuale necessario; ne era piuttosto conseguita la prosecuzione del rapporto contrattuale, fermo restando i danni subiti a causa del lamentato ritardo nella consegna dei lavori.

I Giudici, pur ritenendo fondata la censura avanzata dalla Ricorrente circa l’applicabilità del richiamato art. 19 al caso in esame in luogo del generale art.10 del capitolato generale di appalto di cui al d.p.r. n. 1063 del 1962, non ne hanno potuto però condividere le conclusioni: aderendo infatti alla tesi prospettata dalla Ricorrente, in primis, si violerebbe il termine annuale previsto ex art. 19 in favore della Stazione Appaltante, che è stato rispettato dalla stessa, ed in secundis, si riconoscerebbe un risarcimento dei danni in favore dell’Appaltatore non riconosciuto dalla norma nemmeno nell’ipotesi in cui fosse spirato il predetto termine annuale di consegna dei lavori.

Per queste ragioni, il Giudice delle Leggi ha ritenuto infondati i primi tre motivi del ricorso, in quanto pressoché inerenti alla questione appena affrontata.

Il Supremo Consesso afferma che parimenti anche il quarto motivo di ricorso, costituito dal danno da ritardo del collaudo, deve essere disatteso. A riguardo, la Corte precisa che, “l’art. 81, secondo comma delle condizioni generali del contratto, invocato dalla Ricorrente, nel prevedere lo svincolo delle polizze fideiussorie decorsi tre mesi dal termine ultimo stabilito in contratto per l’effettuazione del collaudo, non esclude l’applicabilità dell’art. 93 del r.d. n. 350 del 1895 sulle formalità relative ai cd. avvisi ad opponendum per gli eventuali reclami di chi vanti crediti nei confronti dell’Appaltatore, il motivo difetta di specifica censura della sentenza di appelli sul punto della ritenuta non imputabilità alla Stazione Appaltante del ritardo nel collaudo”.

Per queste ragioni dunque, il Supremo Consesso rigetta integralmente il ricorso.

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