Pubblicato su Guida al Diritto del 20.7.2013 di Santiapichi Xavier, Campilongo Sandro.
La normativa che si commenta costituisce l’ennesimo intervento di semplificazione che, al sistema “chirurgico” di eliminazione di passaggi burocratici non sempre necessari, preferisce l’accorpamento di competenze, nell’ambito di un provvedimento amministrativo unico.
La finalità della norma – Le ragioni della disposizione sono ben riportate nella nota di trasmissione dello schema di Regolamento dal Governo al Consiglio di Stato, per l’approvazione di competenza. In essa si legge (così come riportato nel Parere 5069/2012 del 29/11/2012) che «la principale criticità nel vigente sistema normativo è rappresentata dalla molteplicità delle tipologie di autorizzazioni ambientali che le imprese devono acquisire per l’esercizio della propria attività, con consistente aggravio di adempimenti di carattere burocratico; ne deriva l’esigenza di un contemperamento tra l’osservanza della normativa – anche di carattere comunitario – da parte degli operatori economici, e la riduzione degli oneri burocratici a loro carico, con conseguenti effetti positivi sui costi di gestione, anche in funzione di una condizione di maggiore competitività con le imprese straniere che, sovente, risultano agevolate dall’esistenza di ordinamenti in cui il processo di unificazione delle autorizzazioni necessarie per operare sui mercati è stato già da tempo posto in essere».
Viene da chiedersi pertanto: se il problema è la molteplicità delle autorizzazioni perché non eliminarne/accorparne alcune, piuttosto che lasciare invariati i sub-procedimenti amministrativi, intervenendo dall’alto con l’unificazione procedimentale.
Restano, insomma, tal quali gli atti che si debbono ottenere per avviare/ristrutturare una data attività, ma questi atti si “semplificano” (sicuro?) in sub-procedimenti separati, per creare poi un provvedimento amministrativo unico. Con la particolare aggravante che proprio il sistema dove si va a incidere a livelli di governo diversi, dallo Stato alle regioni sino alle province, e l’intervento legislativo nazionale definisce un principio generale ben lungi dal poter trovare immediata applicazione alla data del 13 giugno 2013, termine di entrata in vigore della disposizione.
Le novità
Ma andiamo per gradi. A partire dal decreto “Semplifica Italia” (Dl 9 febbraio 2012 n. 5 nel testo convertito dalla legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35) il Governo prima e il Parlamento poi hanno ritenuto di semplificare gli adempimenti amministrativi in materia ambientale delle piccole e medie imprese, in relazione agli impianti di modeste dimensioni, ovvero con scarse emissioni (quindi non soggetti ad Autorizzazione integrata ambientale) disponendo che:
- l’autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione, notifica e autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale;
- l’autorizzazione unica ambientale è rilasciata da un unico ente;
- il procedimento deve essere improntato al principio di proporzionalità degli adempimenti amministrativi, in relazione alla dimensione dell’impresa e al settore di attività, nonché all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovrà comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.
Queste (poche) regole sono state trasfuse nel Regolamento pubblicato in questi giorni, che – a detta del Governo – dovrebbe garantire risparmi per le Pmi nell’ordine di alcune centinaia di milioni, ancorché non sono stimati gli oneri per la Pa per darne esecuzione.
La portata innovativa è certamente forte; la nuova Aua potrà sostituire sino a 7 autorizzazioni contenute nella legislazione ambientale e l’elenco potrà essere ulteriormente integrato dalla legislazione regionale applicativa.
La disposizione prevede la presentazione di un’unica domanda da inviare per via telematica a un apposito sportello (Suap); sarà poi questo che provvederà a inoltrare le richieste agli altri enti competenti. È previsto che il rilascio dell’Aua avvenga entro 90 giorni, ma i tempi possono allungarsi nel caso in cui sia necessaria la convocazione della Conferenza di servizi.
L’intervento regolamentare non ha quindi un effetto novativo sul sistema autorizzatorio ambientale; si tratta di un nuovo modello organizzativo che ha l’obiettivo di deburocratizzare il rapporto Pa/Pmi.
Restano invariati i contenuti, gli accertamenti, le valutazioni, le responsabilità di chi agisce nel presentare le domande e nel valutarle, mentre si stabilisce una tempistica certa per la conclusione dell’iter, senza per questo imporre alcuna forma di silenzio-assenso conseguente alla decorrenza dei termini.
L’autorità competente al rilascio
Tra i primi temi sui quali è necessario avviare una riflessione vi è quello dell’ente competente al rilascio dell’Aua o – meglio – dell’ente presso il quale deve essere istituito lo sportello unico.
Il Regolamento si limita a stabilire che l’autorità competente è «la Provincia o la diversa autorità indicata dalla normativa regionale quale competente ai fini del rilascio, rinnovo e aggiornamento dell’autorizzazione unica ambientale».
Delle due l’una: o il rilascio dell’Aua non può avvenire in attesa di un intervento legislativo regionale, oppure l’individuazione dell’Ente-Provincia è valida sin tanto che non intervenga una diversa disposizione regionale.
Quest’ultima interpretazione appare più corretta, anche in considerazione della sentita necessità di applicare immediatamente la norma, per rilanciare il sistema economico in crisi.
Non a caso l’articolo 10, comma III, del Regolamento non condiziona la presentazione delle domande all’adozione di un Dm applicativo pur previsto, ma obbliga a presentare la domanda di Aua («…le domande per l’ottenimento dell’autorizzazione unica ambientale sono comunque presentate…») dimostrando così il favor del legislatore per una applicazione immediata.
Alla stessa conclusione si perviene accertando quale sia l’Ente preposto al rilascio dei sette sub-provvedimenti sostituiti (accorpati). Nella maggior parte dei casi si tratta proprio della Provincia.
Per completezza va segnalato che il parere della Conferenza unificata sulla bozza di Regolamento (Rep. n. 136/cu del 22 novembre 2012) prevedeva la competenza in capo alle regioni, salvo naturalmente l’intervento legislativo regionale.
Si è detto che la domanda per l’Aua è presentata a un apposito Sportello unico. Un caso analogo a quanto accade – ad esempio – in occasione del rilascio del permesso di costruire (l’ex concessione edilizia).
Il Dpr 380/2001 e successive modifiche ha imposto la costituzione di uno Sportello unico per l’edilizia che rappresenta «l’unico punto di accesso per il privato interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l’intervento edilizio oggetto dello stesso, che fornisce una risposta tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte». L’istituzione dello Sportello, nel caso del
procedimento edilizio, è accompagnata da un quadro normativo articolato (il Testo unico appunto) che aiuta l’interprete a comporre la situazione. Non solo.
Nella logica della (vera) semplificazione la norma dispone che una serie di interventi sono sostanzialmente “liberalizzati” (si pensi alla Scia, piuttosto che agli interventi non sottoposti ad alcun atto abilitativo, ex articolo 6). Il Regolamento in esame, invece, intanto (incomprensibilmente) non si inserisce nel relativo Testo unico (il Dlgs 152/2006 e modifiche) ma, soprattutto, lascia del tutto invariati sistemi e regole dei provvedimenti sottostanti, i quali vengono degradati a sub-provvedimenti di un procedimento unitario.
Osservazioni
Certo si può osservare che la materia ambientale necessita di maggiore “precauzione”; c’è però da chiedersi se la disciplina edilizia non rappresenti altro che il medesimo tema.
Quanto alla ricostruzione della natura giuridica dello Sportello unico, si tratta solo di un modello organizzativo, senza soggettività giuridica.
E questa soggettività giuridica è esclusa anche nel caso in cui l’ufficio faccia capo a più amministrazioni.
Va segnalato che si tratta solo di un’interfaccia dell’amministrazione con le Pmi; il Suap non emette l’Aua, che è di competenza provinciale (o del diverso soggetto individuato dalla legislazione regionale).
Si limita ad accettare la domanda, collaborando con l’autorità competente per definire eventuali integrazioni o per attivare la Conferenza di servizi, e consegna l’Aua al richiedente. Nonostante infatti non sia l’autorità competente, l’Aua viene rilasciata dal Suap (Sportello unico per le attività produttive) istituito a livello comunale dal Dlgs 31 marzo 1998, n. 112; in base al Regolamento per la disciplina e la semplificazione dello sportello (Dpr 7 settembre 2010 n. 160), il Suap è:
l’unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano come oggetto l’esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione,
ampliamento o trasferimento nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività, ivi compresi quelli di cui al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (ossia la norma di recepimento della Direttiva Bolkestein, che ha ribadito l’esigenza della istituzione dei Suap telematici presso i Comuni).
In sintesi, il Suap opera a livello comunale ed è una funzione obbligatoria che il Comune può esercitare in modalità diverse: in autonomia, in forma associata con altri Comuni oppure con delega alla Camera di commercio competente per territorio.