Il sequestro penale non impedisce l’adozione di un’ordinanza di rimozione di rifiuti

Pubblicato il 17-07-2014
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A cura dell’avv. Nicoletta Tradardi

In tema di gestione di rifiuti, la sottoposizione dell’area a sequestro penale non impedisce l’adozione di un’Ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti, di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152/ 2006 (Codice dell’Ambiente). Il destinatario del provvedimento è tenuto a richiedere al Giudice l’autorizzazione per accedere al sito, configurandosi, in caso contrario, la contravvenzione prevista dagli artt. 192 co. 3 e 255 d.lgs. n. 152/2006.

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Il principio è stato ribadito dal Tar Liguria, sez. II, con la sentenza n. 1074 del 03 luglio 2014, che qui pubblichiamo.

La pronuncia ha anche confermato la competenza del Sindaco, e non del dirigente, ad assumere le ordinanze di rimozione di rifiuti abbandonati o per deposito incontrollato, attesa la specialità e, quindi, la prevalenza della disposizione dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006 smi, rispetto all’art. 107 d.lgs. n. 267/2000 (TUEL).

Pubblichiamo la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

  • N. 01074/2014 REG.PROV.COLL.
  • N. 00143/2010 REG.RIC

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

HA PRONUNCIATO LA PRESENTE SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 143 del 2010, proposto da: Gino Roberto Cristofanini, Immobiliare Giana di Cristofanini Gino Roberto e C. Sas, rappresentati e difesi dagli avv. Umberto Capoluongo, Luca Capoluongo, con domicilio eletto presso Enrico Ferraris in Genova, via D. Fiasella, 10/8;

CONTRO 

Comune di Sori, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Bilanci, con domicilio eletto presso Carlo Bilanci in Genova, via Roma 11/1;

PER L’ANNULLAMENTO

ordinanza n.11 prot. N. 16638 del 24\11\2009 di divieto abbandono e deposito incontrollato di rifiuti nel suolo e nel sottosuolo.

  • Visti il ricorso e i relativi allegati;
  • Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Sori;
  • Viste le memorie difensive;
  • Visti tutti gli atti della causa;
  • Relatore nell’ Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
  • Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. udienza pubblica del giorno 14 maggio 2014 il dott. Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

  • Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso regolarmente notificato e depositato il 18\2\2010, il ricorrente, nella sua qualità di rappresentante legale della P.A.D. spa, e dell’immobiliare Giana, chiede l’annullamento dell’ ordinanza n.11 prot. N. 16638 del 24\11\2009 di divieto abbandono e deposito incontrollato di rifiuti nel suolo e nel sottosuolo.

Il ricorso, senza indicare in specifiche rubriche i motivi d’illegittimità lamenta innanzitutto il vizio d’incompetenza dell’ordinanza impugnata poiché, ai sensi dell’art. 14,3°c. D.lgs n.22\97 l’atto rientrava tra i poteri del dirigente e non del Sindaco, che invece ha firmato il provvedimento. Inoltre, risultando l’area sotto sequestro penale, il ricorrente non avrebbe comunque potuto intervenire per la rimozione del materiale ivi depositato, commettendo così una violazione penale; infine il materiale depositato non poteva essere qualificato rifiuto, con la conseguenza della illegittimità dell’ordinanza.

Si costituiva in giudizio il comune intimato che, con separata memoria, affermava l’infondatezza delle difese avversarie e concludeva per il rigetto del ricorso. All’udienza del 14\5\2014, preso atto della rinuncia al mandato del difensore di parte ricorrente, la causa veniva trattenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

Il ricorso non è fondato.

Preliminarmente il Collegio, prende atto della rinuncia al mandato da parte del difensore del ricorrente, ma secondo una giurisprudenza che si condivide (CdS IV n.1957 del 4\4\2012), non trattandosi di un evento interruttivo, la mancata facoltà di richiedere il termine a difesa consente al Tribunale di decidere la controversia.

Va anche sottolineato che la causa in discussione, inserita in un apposito ruolo aggiunto al fine di ridurre il contenzioso ultratriennale pendente preso i Tribunali amministrativi, corrisponde anche ad un fine d’interesse generale, evitando il superamento del termine triennale cui la legge Pinto ricollega il diritto al risarcimento del danno causato dalla eccessiva durata del processo. Ciò premesso, nessuna delle ragioni prospettate in ricorso è meritevole di accoglimento.

Quanto al primo dei motivi dedotti, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che “Sebbene l’art. 107, d.lg. n. 267 del 2000 attribuisca l’attività di gestione dei rifiuti ai dirigenti, la competenza ad emanare l’ordinanza di rimozione è del Sindaco e ciò in virtù del carattere di specialità della norma di cui all’art. 192, d.lg. n. 152 del 2006” (Tar Calabria Cz.I sez. 7\5\2013 n.514; Tar Lazio Roma II sez. 1\2\2013 n.1142; CdS V n.4635\2012). Altrettanto infondato è il secondo motivo di ricorso.

La giurisprudenza infatti ha chiarito che il sequestro di un area non impedisce l’esecuzione di un provvedimento sanzionatorio. (CdS.IV n.1260\2012). In particolare la Cassazione penale (III 11\3\2008 n.14747) ha affermato che “In tema di gestione dei rifiuti, nel caso in cui l’area sulla quale i rifiuti si trovano in stato di abbandono sia sottoposta a sequestro giudiziario, il proprietario (od il possessore) della medesima, che sia destinatario dell’ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti, deve richiedere al giudice l’autorizzazione ad accedervi onde provvedere alla rimozione, diversamente configurandosi la contravvenzione prevista dall’art. 14, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, oggi sostituito dall’art. 192, comma terzo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio, ha conseguentemente escluso che il sequestro costituisca causa di inesigibilità della condotta normativamente richiesta).

Infine, inammissibile si appalesa l’ultimo motivo di ricorso che si limita a negare la natura di rifiuto al materiale abbandonato, così invece qualificato in un rapporto dell’ARPAL (doc. 5 comune). Il ricorso va, conclusivamente respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Le spese sono poste a carico della parte ricorrente e liquidate nella somma complessiva di €.3000 (tremila) a favore del comune di Sori, oltre ad IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:

  • Giuseppe Caruso, Presidente
  • Roberto Pupilella, Consigliere, Estensore
  • Paolo Peruggia, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 03/07/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)