Silenzio dell’amministrazione e risarcimento del danno da ritardo

Pubblicato il 18-06-2018
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A cura dell’Avv. Valentina Taborra

Con la sentenza n. 1177/2018, in commento, il Tar Calabria si è pronunciato su una domanda di risarcimento del danno avente ad oggetto i danni conseguenti al contegno silente serbato dalle Amministrazioni su due consecutive richieste di rinnovo di concessione edilizia avente ad oggetto la coltivazione di una cava.

Rispetto alla prima istanza, il Giudice amministrativo, appurato che il presunto silenzio delle Amministrazioni dovesse piuttosto considerarsi come un rigetto dell’istanza, in quanto la scadenza del parere di compatibilità ambientale ostava al rinnovo del titolo edilizio, ha ritenuto l’infondatezza della domanda risarcitoria, “attesa l’insussitenza del relativo presupposto”.

D’altronde, la Ricorrente aveva prestanto acquiescenza a tale rigetto, presentando una nuova richiesta di autorizzazione della cava e trasmettendo un nuovo progetto così da riacquisire tutti i pareri necessari all’ottenimento della concessione.

Tuttavia, l’infondatezza della domanda risarcitoria è stata ritenuta dal Tar Calabria, anche rispetto al presunto danno derivante dal silenzio serbato dall’Amministrazione su questa seconda richiesta, stante la mancata integrazione documentale richiesta. La Ricorrente, infatti, contestualmente a tale seconda istanza di rinnovo della concessione, presentava un’ulteriore richiesta di autorizzazione per la coltivazione di una nuova cava, su un altro terreno e l’Amministrazione, sul presupposto che la contemporaneità dei progetti avrebbe creato un cumulo di impatti su tutte le componenti ambientali, riteneva la necessità di predisporre un unico progetto, segnalando che qualora questo non fosse pervenuto, e si fosse dato seguito solamente alla procedura di rinnovo, si sarebbe implicitamente intesa rinunciata l’apertura della nuova limitrofa cava. Ciò in linea con il disposto dell’art. 26 comma 3-ter del d.lgs. 152/2006 (illo tempore vigente) secondo cui “Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle richieste di integrazioni da parte dell’autorità competente, non presentando gli elaborati modificati, o ritiri la domanda, non si procede all’ulteriore corso della valutazione”.

Ad avviso del Giudice, non essendo stato trasmesso il nuovo progetto, il procedimento in parola ha subito un arresto che di certo esclude la rilevanza giuridica del contegno silente dell’Amministrazione, così come l’illiceità della sua condotta quale pretesa causa dei danni patiti in conseguenza del mancato rilascio delle autorizzazioni.

Sotto altro profilo, sostiene il Tar Calabria, la pretesa causa dei danni lamentati neppure può essere identificata nel mero mancato rispetto dei termini per la conclusione del procedimento ex art. 2 della l. n. 241/1990: infatti i “termini in questione … non iniziano a decorrere, con conseguente inesistenza del presupposto processuale della domanda di cui all’art. 31/117 c.p.a., tutte le volte in cui la documentazione allegata all’istanza non corrisponda alle previsioni normative e le pertinenti e non dilatorie richieste di integrazione documentale formulate dall’amministrazione non trovino adeguato riscontro(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18.12.2013, n. 6150”.

Da ultimo, come affermato da univoca giurisprudenza, Il Giudice amministrativo ha evidenziato come il rigetto della domanda risarcitoria trovi comunque causa nel mancato assolvimento dell’onus probandi incombente sul richiedente che, nel caso di specie non è stato assolto, in quanto “il risarcimento del danno da ritardo relativo ad un interesse pretensivo presuppone sempre e comunque la dimostrazione, ad opera del soggetto interessato, che l’aspirazione al provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica sia destinato ad esito favorevole”. Nella vicenda che ha occupato il Tar Calabria, neppure era desumibile dagli atti una prognosi favorevole alla Ricorrente, sia per la carenza di documentazione, sia per l’assenza di qualsiasi contestazione da parte dell’interessata sugli atti adottati dalle amministrazioni.

Ne deriva che il riconoscimento del risarcimento del presunto danno derivante dal silenzio dell’amministrazione è subordinato alla valutazione della rilevanza giuridica e dell’illiceità del contegno silente dell’Amministrazione che spesso, invece, è provocato dall’inerzia dell’interessato.

N. 01177/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01531/2016 REG.RIC

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1531 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da Crotonscavi Co.Ge. s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Germana Villirillo, con domicilio eletto presso l’avv. studio Simona Rotondaro, con studio in Catanzaro, via della Quercia, 47;

CONTRO

Regione Calabria, in persona del Presidente-legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Massimiliano Manna, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’Avvocatura Regionale siti in Catanzaro, Cittadella Regionale (località Germaneto);
Comune di Crotone non costituito in giudizio;

PER L’ACCERTAMENTO

dell’illegittimità del silenzio serbato dalla Regione Calabria e dal Comune di Crotone sulle istanze presentate nel 2011 (prot. n. 7572) e nel 2012 (prot. n. 7712) tese, rispettivamente, al rinnovo della concessione edilizia n. 40/2017, avente ad oggetto la coltivazione di una cava insistente nel territorio del comune di Crotone, ed al rilascio di una autorizzazione per la coltivazione di una nuova cava, limitrofa a quella preesistente e, quindi, per l’accertamento dell’obbligo di provvedere in relazione alle stesse, mediante l’adozione di un provvedimento espresso;

nonché per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del silenzio serbato dalle Amministrazioni intimate.

  • Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
  • Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Calabria;
  • Visti tutti gli atti della causa;
  • Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 marzo 2018 la dott.ssa Roberta Mazzulla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
  • Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1.Con ricorso principale notificato, a mezzo U.N.E.P., e ricevuto dal Comune di Crotone in data 22 novembre 2016 e dalla Regione Calabria in data 23 novembre 2016, depositato in data 13 dicembre 2016, la società ricorrente ha chiesto che venga accertato l’illegittimità del silenzio serbato dalle Amministrazioni evocate in giudizio in merito a talune istanze presentate nel 2011 (prot. n. 7572) e nel 2012 (prot. n. 7712), sul merito delle quali si dirà meglio nel prosieguo, con conseguenziale accertamento dell’obbligo di provvedere mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Ha, altresì, chiesto il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del contegno inerte delle Amministrazioni.

1.2 La Regione Calabria, costituitasi con il ministero dell’Avv. Massimiliano Manna, a mezzo controricorso depositato in data 21 dicembre 2016, ha meglio esplicitato le proprie difese con memoria dell’8 giugno 2017, nel corpo della quale ha chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere, attesa l’intervenuta adozione del decreto dirigenziale n. 160320 del 15 maggio 2017, nel contempo contestando la fondatezza della pretesa risarcitoria.

1.1 Con successivo ricorso per motivi aggiunti, notificato soltanto nei confronti della Regione Calabria in data 5 giugno 2017, la Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. ha, altresì, impugnato i provvedimenti prot. n. 112158 del 3.04.2017 e prot. n. 112199 del 3.04.2017 con cui è stato espresso parere negativo in merito, rispettivamente, all’istanza avanzata nel 2011 ed a quella del 2012, così reiterando sia la domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio che quella di risarcimento dei danni che ne sarebbero conseguiti.

1.4 Nessuno si è costituito per il Comune di Crotone.

2. All’esito dell’udienza pubblica del 28 marzo 2018 e, dunque, dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio, con ordinanza n. 989/2018, ha rilevato d’ufficio profili di irricevibilità del ricorso principale e di inammissibilità di quello per motivi aggiunti, così assegnando alle parti termine per interloquire sul punto, ai sensi dell’art. 73, comma 3 c.p.a.

3. Più precisamente, quanto alla specifica domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalle Amministrazioni evocate in giudizio, soggetta al rito speciale di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a., il Collegio ne ha evidenziato l’irricevibilità, essendo stata depositata in data 13 dicembre 2016, oltre il termine dimidiato (15 gg) di cui agli artt. 45 comma I e 87 comma III c.p.a., decorrente dall’ultima notificazione, ricevuta dalla Regione Calabria in data 23 novembre 2016.

3.1 Le difese articolate da parte ricorrente a fronte del rilievo officioso operato dal Tribunale non colgono nel segno.

Ad avviso della Crotonscavi Co.Ge. s.p.a., il contestuale esperimento della domanda avverso il silenzio e di quella risarcitoria conseguente al contegno inerte della p.a., avrebbe determinato, ex art. 32 c.p.a., la conversione del rito, da speciale ex art. 117 c.p.a. in ordinario, con conseguente inoperatività della dimidiazione dei termini processuali, prevista dall’art. 87 comma III c.p.a.

3.2 Tale assunto non può essere condiviso per una pluralità di ragioni.

Innanzitutto, in linea generale, la previsione di cui all’art. 32 c.p.a., secondo cui, in presenza di più domande connesse soggette a riti diversi si applica quello ordinario, presuppone comunque che le azioni, ancorché in maniera simultanea, siano state validamente introdotte nel rispetto dei termini decadenziali previsti, per ciascuna di esse, dal codice di rito.

In ogni caso, il meccanismo generale di automatica conversione di cui all’art. 32 c.p.a. non è operativo nel caso di cumulo tra la domanda di cui all’art. 117 c.p.a. e quella risarcitoria.

Ed invero, a differenza di quanto disposto dall’art. 32 c.p.a. citato, il comma 6 dell’art. 117 c.p.a. prevede espressamente che “Se l’azione di risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 30, comma 4, è proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudice può definire con il rito camerale l’azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria”.

Tale disposizione attribuisce, quindi, al giudicante la facoltà di decidere separatamente le due azioni, ciascuna con il proprio rito, ovvero disporre che l’intero giudizio venga trattato in udienza pubblica o in camera di consiglio (cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 14/02/2013, n. 102).

La possibilità di una definizione autonoma, piuttosto che cumulativa, della domanda di cui all’art. 117 c.p.a. rispetto a quella risarcitoria, comprova, semmai ve ne fosse bisogno, la piena operatività, in ordine alla prima, della dimidiazione dei termini di cui all’art. 87 comma 3 c.p.a., a prescindere dall’opzione in concreto esercitata dal Tribunale.

3.3 Ciò premesso, la circostanza che, in occasione della camera di consiglio del 21 giugno 2017, il Collegio, con l’accordo delle parti, abbia rinviato la trattazione “della causa” alla pubblica udienza del 28 marzo 2018, non incide in alcun modo sulla ricevibilità della domanda di cui all’art. 117 c.p.a. che, nella specie, deve essere negata, atteso il deposito del ricorso oltre il termine dimidiato di cui all’art. 87 comma 3 c.p.a.

4. Quanto poi al ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto l’annullamento dei pareri datati 3.04.2017, assunti ai nr. 112158 e 112199 di protocollo, in disparte i profili di inammissibilità conseguenti, quanto alla tecnica redazionale, alla mancata formulazione di qualsivoglia motivo di gravame che evidenzi la loro illegittimità (art. 40 c.p.a. comma I lett. d e comma II), non resta al Collegio che dichiararne preliminarmente l’inammissibilità, attesa la nullità della relativa notificazione nei confronti della Regione Calabria, non essendo condivisibili le osservazioni all’uopo formulate da parte ricorrente con la memoria depositata in data 23 maggio 2018.

Ed infatti, tale notifica è stata inoltrata alla casella di posta elettronica certificata non già del procuratore costituito della Regione Calabria, Avv. Massimiliano Manna (avvocato7.cz@pec.regione.calabria.it, espressamente indicata nel controricorso dell’amministrazione, depositato in data 21.12.2016), così come prescrivono gli artt. 43 comma 2 c.p.a. e 170 c.p.c., bensì all’indirizzo pec dell’avv. Paolo Falduto (avvocato6.cz@pec.regione.calabria.it) che, pur prestando, al pari del primo, la propria attività lavorativa presso l’avvocatura regionale, non era di certo abilitato a ricevere le notifiche relative al presente giudizio, in quanto privo del munus difensivo.

4.1 Considerata la nullità della relativa notificazione ed in assenza della costituzione della Regione, il ricorso per motivi aggiunti è, quindi, inammissibile.

4.2 Peraltro, tale ricorso non è stato notificato al Comune di Crotone, parte evocata in giudizio, ancorché non costituita, nell’ambito sia dei motivi aggiunti che del ricorso principale, da ciò conseguendo un ulteriore profilo di inammissibilità di tale strumento di gravame.

5. Ciò posto, non resta che scrutinare la domanda di risarcimento, parimenti avanzata nel corpo del ricorso principale, avente ad oggetto i danni conseguenti al contestato contegno silente serbato dalle Amministrazioni a fronte delle due istanze avanzate dalla Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. nel 2011 e nel 2012.

Tale esame, per come pacificamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa in tema di risarcimento del danno da illegittima attività provvedimentale della p.a. (cfr. Cons. Stato Adunanza plenaria n. 3/2011; Cons. Stato. Sez. III, 20.04.2016, n. 1565), i cui principi non possono che estendersi ai rapporti tra domanda di accertamento del silenzio e quella di risarcimento del danno da ritardo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25.11.2013, n. 5595), non è certamente precluso dalla definizione, in rito, tanto della domanda di cui all’art. 31 e 117 c.p.a., avanzata con il ricorso principale, quanto dei successivi motivi aggiunti, attesa la piena autonomia dell’istanza risarcitoria, espressamente sancita, per quanto qui di interesse, dall’art. 30, comma IV c.p.a. che ha inequivocabilmente escluso qualsiasi forma di pregiudiziale amministrativa.

6. La valutazione della tempestività della domanda risarcitoria, soggetta al termine decadenziale di cui all’art. 30 commi III e IV c.p.a., può essere trascurata in considerazione della palese infondatezza della stessa, desumibile dalla disamina, appresso sintetizzata, delle vicende procedimentali conseguenti alle istanze avanzate dalla società ricorrente.

7. Con nota assunta al prot. n. 7572 del 10.02.2011 la società Cro Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. ha richiesto al Comune di Crotone il rinnovo della Concessione edilizia n. 40 del 22.02.2007, di durata quadriennale, avente ad oggetto la coltivazione di una cava insistente nelle particelle identificate al NCEU ai numeri 81 e 98 del foglio 7 di mappa.

Per come ammesso dalla stessa società ricorrente, la Regione Calabria, notiziata di ciò, con nota del 28 febbraio 2012 prot. n. 71713, lungi dal tenere un comportamento inerte, ha dato riscontro all’istanza in questione, sostanzialmente rigettandola.

Ed infatti, l’Ente regionale ha espressamente chiarito che non sarebbe stato possibile assentire la chiesta proroga dell’efficacia della concessione edilizia n. 40/2007, in quanto il decreto VIA DDG n. 16231 del 29.11.2006 di efficacia triennale, propedeutico al provvedimento abilitativo comunale, al momento del deposito dell’istanza (febbraio 2011) era già scaduto. Tale circostanza, ostativa al rinnovo del parere di compatibilità ambientale illo tempore rilasciato e, quindi, al rinnovo del titolo edilizio, onerava la società che avesse voluto proseguire nell’esercizio dell’attività di coltivazione della cava, a depositare un nuovo progetto da sottoporre ad una nuova valutazione di impatto ambientale.

7.1 Da quanto sopra discende che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, a fronte dell’istanza prot. n. 7572 del 10.02.2011, le Amministrazioni interessate non hanno serbato alcun silenzio. Ed invero, il relativo procedimento si è sostanzialmente definito con un rigetto da parte dell’Ente regionale (nota del 28 febbraio 2012 prot. n. 71713), evidentemente ostativo a qualsivoglia ulteriore pronunciamento ad opera del Comune di Crotone, atteso il carattere pregiudiziale del parere di compatibilità ambientale. A tale rigetto la società ricorrente ha, per sua stessa ammissione, prestato acquiescenza, avendo depositato, a distanza di un anno, presso la Regione Calabria, Dipartimento Politiche ambientali ORAE ed Ufficio VIA, una nuova richiesta di autorizzazione cava, corredata dalla trasmissione di un nuovo progetto in duplice copia (nota prot. n. 106500 del 27 marzo 2013).

Ne è conseguito l’avvio di un nuovo e distinto iter procedimentale, come tale completamente estraneo al preteso contegno inerte oggetto della specifica domanda di accertamento avanzata, sul punto, dalla Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. la quale ha espressamente chiesto la declaratoria di “illegittimità del silenzio illegittimamente serbato all’istanza presentata dalla ricorrente con prot. n. 7572 del 10.02.2011 volta all’autorizzazione per il rinnovo della Concessione Edilizia rilasciata il 22/02/2007 n.40”.

8. Quanto sopra comporterebbe, de plano, il rigetto della domanda risarcitoria, attesa l’insussistenza del relativo presupposto, così come specificamente allegato dall’istante a fondamento della propria pretesa, coincidente con il silenzio asseritamente serbato dal comune di Crotone e dalla Regione Calabria in merito “all’istanza presentata dalla ricorrente con prot. n. 7572 del 10.02.2011”.

9. A miglior sorte non sarebbe destinata, comunque, la suddetta richiesta anche nel caso in cui il Tribunale, interpretando complessivamente le allegazioni e le censure di cui al ricorso principale (art. 32 comma II c.p.a.), ritenesse di correlarla al preteso contegno omissivo conseguente non già all’istanza del febbraio del 2011, bensì a quella avente ad oggetto il rilascio di una nuova autorizzazione alla coltivazione della cava, corredata dalla trasmissione di un nuovo progetto (istanza assunta al prot. n. 106500 del 27 marzo 2013).

9.1 Ed invero, emerge agli atti del giudizio che la Regione Calabria -il cui parere di compatibilità ambientale, lo si ripete, risultava pregiudiziale a qualsivoglia pronunciamento ad opera del Comune di Crotone- a fronte di tale nuova istanza, ha inoltrato, nel tempo, alla Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. una pluralità di richieste di integrazione documentale, motivate in ragione delle gravi lacune rilevate dal punto di vista progettuale e della documentazione amministrativa che avrebbe dovuto corredare tale richiesta, alle quali la ricorrente non ha mai adeguatamente fatto fronte.

9.2 In particolare, dal carteggio processuale si evince l’estrema difficoltà dell’Ente di istruire adeguatamente il procedimento in questione, anche in considerazione della parallela pendenza di altro procedimento, precedentemente avviato con nota prot. n. 07712 del 12.03.2012, rispetto al quale, secondo le allegazioni della ricorrente, sarebbe stato tenuto l’ulteriore contegno omissivo oggetto di causa.

Trattasi della richiesta di autorizzazione alla coltivazione di una nuova cava che si sarebbe voluta avviare su un terreno contraddistinto alla particella 80 del foglio 7 di mappa, immediatamente limitrofo a quello ove si trova la preesistente cava (part. 81 e 98).

9.3 Ebbene, preso atto dell’intima connessione tra i due procedimenti in questione, la Regione Calabria, contrariamente a quanto asserito in ricorso –laddove si sostiene che in ordine alla richiesta relativa alla particella 80 non sarebbe mai stato “frapposto alcun limite o vincolo” – con nota prot. n. 0019890 del 25 gennaio 2016 (allegata al n. 3 del fascicolo di parte ricorrente) ha comunicato alla Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. il verbale della seduta della Struttura Tecnica di Valutazione VIA-VAS tenutasi in data 18 gennaio 2016, contenente specifiche prescrizioni e richieste, la mancata evasione delle quali, per come chiarito nella stessa nota di accompagnamento del 25 gennaio 2016, ha impedito l’ulteriore corso della valutazione, con conseguenziale archiviazione dei procedimenti.

Nello specifico, dal tenore di tale verbale si evince come la Struttura Tecnica avesse, per un verso, rilevato la persistenza di lacune inerenti la documentazione tecnico-amministrativa che non consentivano di esprimere il parere di compatibilità ambientale in merito al progetto di completamento e ripristino ambientale relativo alla preesistente cava insistente sulle particelle 81-98, evidenziando, nel contempo, come il distinto progetto afferente la limitrofa particella 80, foglio 7 si risolvesse in null’altro se non in un sostanziale ampliamento dell’attività estrattiva già in essere.

La contemporaneità dei due progetti, per come strutturati, avrebbe, così generato, ad avviso dell’amministrazione, un cumulo di impatti su tutte le componenti ambientali, con conseguenziale necessità di predisporre, ove fosse stato interesse della società perseguire entrambi gli interventi, un progetto unitario, con connessa rimodulazione dello Studio di impatto ambientale. Viceversa, ove la società avesse dato seguito, entro il prescritto termine di 60 giorni, esclusivamente, alla richiesta integrativa afferente la preesistente cava, in assenza della predisposizione di un progetto unitario, ciò sarebbe stato inteso quale implicita rinuncia all’apertura della nuova limitrofa cava.

9.4 Le statuizioni appresso sintetizzate sono state, lo si ripete, portate a conoscenza della Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. a mezzo della nota prot. n. 0019890 del 25 gennaio 2016, nella quale è stato chiarito come il mancato seguito alle stesse avrebbe comportato l’archiviazione dei procedimenti e ciò in linea con quanto previsto dall’art. 26 comma 3-ter del D.lgs. 3 aprile 2016, n. 152 (cd. codice dell’ambiente), nel testo illo tempore vigente, secondo cui “Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle richieste di integrazioni da parte dell’autorità competente, non presentando gli elaborati modificati, o ritiri la domanda, non si procede all’ulteriore corso della valutazione”.

Ebbene la nota prot. n. 0019890 del 25 gennaio 2016, in uno all’allegato verbale della seduta del 18 gennaio 2016 – a cui, si badi bene, la società ricorrente ha prestato acquiescenza, non essendo stati tali atti oggetto di impugnazione – costituisce un inequivocabile e soprattutto legittimo, secondo quanto all’uopo espressamente previsto dal citato comma 3-ter dell’art. 26 Codice ambiente, arresto tanto del procedimento inerente la preesistente cava insistente sulle particelle 81-98, quanto di quello afferente la nuova cava che si sarebbe voluta coltivare nella limitrofa particella 80, foglio 7.

10. Rispetto all’arresto procedimentale di cui sopra (gennaio 2016), il decreto dirigenziale n. 4835 dell’11 maggio 2017, depositato dalla Regione Calabria in uno alla memoria conclusionale al fine di argomentare l’intervenuta cessazione della materia del contendere relativa alla (irricevibile) domanda di accertamento del silenzio proposta, non può che costituire un atto meramente confermativo, privo di valenza provvedimentale, in quanto ricognitivo del comportamento inerte tenuto dalla società ricorrente a fronte delle puntuali prescrizioni dettate dall’autorità competente in occasione della seduta del 18 gennaio 2016.

11. L’arresto procedimentale in questione esclude, dunque, in radice, qualsivoglia contegno silente, giuridicamente rilevante, asseritamente tenuto dalle Amministrazioni evocate in giudizio, con conseguenziale inesistenza della pretesa condotta illecita allegata dalla ricorrente quale causa dei danni (acquisto di materiale inerte presso altri imprenditori e costo degli impianti e macchinari rimasti inutilizzati) patiti in conseguenza del mancato rilascio delle autorizzazioni richieste ed evidente infondatezza della domanda risarcitoria.

12. Ove poi, come sembra prospettare la società istante, la pretesa causa dei danni lamentati fosse identificata nel mero mancato rispetto dei termini per la conclusione del procedimento previsti dagli artt. 26 D.lgs. 152/2006 e LR 40/2009, la pretesa risarcitoria sarebbe, comunque, infondata sulla scorta di quanto appresso.

12.1 E’ ben noto al Collegio che nel sistema di cui all’art. 2 l n. 241/90 la fissazione di precisi termini di durata massima del procedimento, ancorché non perentori, assolve ad evidenti finalità acceleratorie, con conseguente qualificazione come inadempimento del fatto stesso dell’inutile spirare degli stessi, posti a presidio della certezza dei tempi dell’azione amministrativa. Tuttavia i termini in questione, così come affermato da avveduta giurisprudenza, non iniziano a decorrere, con conseguente inesistenza del presupposto processuale della domanda di cui all’art. 31/117 c.p.a., tutte le volte in cui la documentazione allegata all’istanza non corrisponda alle previsioni normative e le pertinenti e non dilatorie richieste di integrazione documentale formulate dall’amministrazione non trovino adeguato riscontro (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18.12.2013, n. 6150; Cons. Giust. Amm. Sic., n. 528 del 30.05.2013).

Diversamente opinando, si lascerebbe all’arbitrio del soggetto direttamente interessato, che potrebbe aver interesse ad assecondare talune istanze di integrazione documentale e non altre, la scelta del momento in cui possa dirsi spirato il termine di conclusione del procedimento, con conseguenziale formazione del cd. silenzio inadempimento.

Si attribuirebbe, insomma, al diretto interessato la disponibilità della tempistica del procedimento, con conseguente frustrazione della ratio legissottesa all’art. 2 L. n. 241/90, consistente nell’esigenza di garantire la certezza dei tempi dell’agire della p.a.

12.2 Ebbene, nel caso in esame, se è vero che tra la presentazione dell’istanza del 2012 avente ad oggetto la coltivazione della nuova cava (part. 80), l’istanza del 2013 avente ad oggetto il rilascio di una nuova autorizzazione per il completamento del piano di coltivazione di recupero ambientale e paesaggistico relativo alla cava preesistente (part. 81 e 98) e l’arresto procedimentale verificatosi nel gennaio 2016 sono intercorsi parecchi anni, è altrettanto vero che, per come emerge dal carteggio processuale, i procedimenti, evidentemente connessi, istruiti dalla Regione Calabria sono stati costellati da plurime, analitiche e pertinenti richieste di integrazioni documentali, occasionate da persistenti lacune di allegazione direttamente imputabili alla società interessata.

Considerata la continua interlocuzione intercorsa tra le parti, può escludersi un uso distorto ed illegittimo del potere istruttorio in capo all’amministrazione, con conseguente inconsistenza della censura con la quale è stato lamentato il mancato rispetto dei termini per la conclusione del procedimento.

12.3 Del resto, una eventuale violazione dei termini in questione non sarebbe certamente da imputarsi all’amministrazione quanto piuttosto ai deficit di allegazione della stessa Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. la quale, ove avesse ravvisato finalità meramente speciose e dilatorie nell’atteggiamento tenuto dalla Regione, avrebbe certamente avuto interesse ad adire tempestivamente il Tribunale.

12.4 Sulla scorta di quanto sopra, non si ravvisa una tardiva conclusione dei procedimenti avviati dalla società ricorrente che possa ascriversi a colpa delle amministrazioni evocate in giudizio, con conseguente infondatezza, anche sotto tale profilo, della domanda risarcitoria avanzata dalla società istante.

13. Da ultimo, ma non per ordine di importanza, giova comunque evidenziare come il rigetto delle richieste di refusione dei danni trovi comunque causa nel mancato assolvimento dell’onus probandi, incombente sulla Crotonscavi Co.Ge. s.p.a., circa la spettanza del bene della vita sotteso alle istanze da quest’ultima avanzate.

Ed invero, per come affermato da univoca giurisprudenza, il risarcimento del danno da ritardo relativo ad un interesse pretensivo presuppone sempre e comunque la dimostrazione, ad opera del soggetto interessato, che l’aspirazione al provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica sia destinata ad esito favorevole. Non è quindi possibile ritenere che, in forza del disposto di cui all’art. 2- bis, l. 7 agosto 1990, n. 241, il legislatore abbia elevato a bene della vita, ex sé risarcibile, l’interesse procedimentale al mero rispetto dei termini dell’azione amministrativa, sganciato dalla presupposta spettanza del bene della vita al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 17/01/2018, n. 240).

13.1 Nel caso in esame, tale onus probandi non è stato assolutamente assolto dalla Crotonscavi Co.Ge. s.p.a. né le vicende procedimentali desumibili dagli atti versati in giudizio consentono una prognosi favorevole all’interessata.

Ciò se solo si considerano, quanto al preteso rilascio di una nuova autorizzazione per il completamento del piano di coltivazione della cava preesistente (part. 81 e 98), le gravi lacune progettuali e documentali segnalate dall’autorità competente in seno al verbale della seduta della Struttura tecnica di valutazione del 18 gennaio 2016, trasmesso con la nota prot. n. 0019890 del 25 gennaio 2016 –giammai impugnati dalla ricorrente- la cui mancata sanatoria ha determinato l’arresto procedimentale di cui si è sopra detto.

Per ciò che concerne poi la pretesa autorizzazione alla coltivazione della nuova cava (part. 80), la stessa Struttura tecnica, con una valutazione che, lo si ripete, non è stata in alcun modo contestata, ne ha negato il rilascio, giacché la stessa avrebbe determinato un sostanziale ampliamento della limitrofa attività estrattiva (part. 81 e 98), con conseguente cumulo di impatto ambientale.

13.2. La natura discrezionale delle valutazioni ambientali da ultimo espresse dalla Regione Calabria, in uno alla totale assenza di qualsivoglia contestazione delle stesse ad opera dell’interessata, non consente di formulare alcuna prognosi positiva circa il soddisfacimento dell’interesse pretensivo sotteso alle istanze avanzate dalla Crotonscavi Co.Ge. s.p.a., le cui richieste risarcitorie non possono che essere disattese.

13.3 Per completezza si evidenzia come, pur volendo considerare quanto di recente incidentalmente affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato –per la verità occupata a dipanare il conflitto di giurisprudenza su una questione differente da quella che ci occupa, inerente l’ambito di operatività della responsabilità precontrattuale in tema di procedure ad evidenza pubblica- secondo cui “la pretesa al rispetto del termine assume la consistenza di un diritto soggettivo (un modo di essere della libertà di autodeterminazione negoziale) a fronte della quale l’amministrazione non dispone di un potere ma è gravata da un obbligo” (Consiglio di Stato ad. plen., 04/05/2018, n. 5)non sussisterebbero, in ogni caso, i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria, attesa l’insussistenza, per le ragioni sopra evidenziate, di una tardiva conclusione dei procedimenti avviati dalla società ricorrente che possa ascriversi a colpa delle amministrazioni evocate in giudizio.

14. In conclusione, sulla scorta di quanto fin qui esposto, la domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio formulata, ex artt. 31-117 c.p.a., con il ricorso principale è irricevibile. La domanda di risarcimento del danno, parimenti formulata con il ricorso principale, è infondata e, come tale, va integralmente respinta. Il ricorso per motivi aggiunti è inammissibile.

14. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo nei confronti della Regione Calabria. Non vi è luogo per provvedere nei confronti del Comune di Crotone che non si è costituito

P.Q.M

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso principale, lo dichiara in parte irricevibile ed in parte infondato, per come in motivazione.

Dichiara, altresì, inammissibile il ricorso per motivi aggiunti.

Condanna la Crotonscavi Co.Ge. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore della Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento della complessiva somma di € 2.500,00, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA, come per legge, ove dovuti.

Così deciso in Catanzaro nelle camere di consiglio dei giorni 28 marzo 2018, 8 giugno 2018, con l’intervento dei magistrati:

  • Vincenzo Salamone, Presidente
  • Pierangelo Sorrentino, Referendario
  • Roberta Mazzulla, Referendario, Estensore