Albo Nazionale dei Gestori Ambientali ed interdittive antimafia: cancellazione sì, ma procedimentalizzata

Pubblicato il 19-10-2017
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A cura dell’Avv. Gaetano Pecoraro

Al fine di combattere il fenomeno dell’inquinamento mafioso nel settore pubblico, l’ordinamento è intervenuto prevedendo, in capo al Prefetto, il potere di emettere alcuni provvedimenti a carico di soggetti privati, in grado di incidere sui titoli abilitativi a loro rilasciabili (comunicazioni antimafia), o di impedire la partecipazione alle commesse pubbliche (interdittive antimafia).

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In una recente sentenza (n. 4692 del 6 ottobre 2017), il TAR Napoli ha osservato che il riparto dei rispettivi ambiti applicativi, risalente alla previgente legislazione antimafia, si è rivelato inadeguato ed è entrato in crisi di fronte alla constatazione empirica che le organizzazioni di tipo mafioso tendono ad infiltrarsi capillarmente in tutte le attività economiche, anche in quelle soggette a regime autorizzatorio, e che la risposta da parte dello Stato alla pervasività di tale fenomeno criminale rimane debole nello stesso settore dei contratti pubblici, delle concessioni e delle sovvenzioni, se l’azione preventiva antimafia non si estende al controllo e all’eventuale interdizione in ambiti economici nei quali, più frequentemente, la criminalità organizzata si fa, direttamente o indirettamente, imprenditrice e investe i propri proventi illeciti.

L’esperienza ha mostrato, infatti, che in molti di tali settori, strategici per l’economia nazionale (l’edilizia, le grandi opere pubbliche, lo sfruttamento di nuove fonti energetiche, gli scarichi delle sostanze reflue industriali, la gestione dei rifiuti, le licenze sanitarie e perfino la ricostruzione postsismica), le associazioni di stampo mafioso hanno impiegato, diretto o controllato ingenti capitali e risorse umane per investimenti particolarmente redditizi finalizzati non solo ad ottenere pubbliche commesse o sovvenzioni, ma in generale a colonizzare l’intero mercato secondo un disegno, di più ampio respiro, del quale l’aggiudicazione degli appalti o il conseguimento di concessioni ed elargizioni costituisce una parte certo cospicua, ma non esclusiva né satisfattiva rispetto alle mire egemoniche delle organizzazioni criminali.

La tradizionale reciproca impermeabilità tra le comunicazioni antimafia, richieste per i titoli abilitativo-autorizzativi, e le informative antimafia, rilasciate per i contratti, le concessioni e le agevolazioni pubbliche, ha fatto sì che le associazioni di stampo mafioso potessero aggirare la normativa antimafia nel suo complesso, perché l’organizzazione criminale, anche dopo l’interdizione di una impresa mediante una informativa, poteva servirsi di un’altra impresa, creata ad hoc, per avviare, intanto e comunque, una nuova attività economica privata, soggetta solo al regime della comunicazione antimafia, e concorrere ancora alle pubbliche gare, fintantoché non venisse emessa una informativa interdittiva antimafia anche a carico di quest’ultima.

Per far fronte al fenomeno, il Legislatore è intervenuto, introducendo l’art. 89 bis del d.lgs. n. 159/2011, che ha posto in capo al Prefetto, nelle ipotesi di cui all’art. 91, comma 1, del d.lgs. n. 159/2011, l’obbligo di rilasciare le informative antimafia e, nelle ipotesi di verifiche, procedimentalizzate dall’art. 88, comma 2, e dall’art. 89-bis, la facoltà di emettere una informativa antimafia, in luogo della richiesta comunicazione antimafia, tutte le volte in cui, nel collegamento alla Banca dati nazionale unica, emergano provvedimenti o dati che lo inducano a ritenere non possibile emettere una comunicazione liberatoria de plano, ma impongano più serie verifiche in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa.

Ciò posto, il TAR partenopeo, nella sentenza 4692/2017, si è dovuto occupare degli effetti delle informative antimafia sull’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, osservando come pretendere che l’art. 20 del d.m. n. 120/2014 commini la cancellazione dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali esclusivamente in presenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto ex art. 67, e non anche in presenza di una misura ostativa antimafia ex art. 84, comma 3, e 91 del d.lgs. n. 159/2011, significa svuotare la normativa primaria di lotto al fenomeno mafioso. Per il TAR Napoli, “le iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati” – quale, appunto, l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali – non si sottraggono all’onere di acquisizione dell’informativa antimafia (cfr. artt. 83, comma 1, e 91, comma 1, del d.lgs. n. 159/2011) ed ai suoi eventuali effetti interdittivi, la relativa adozione imponendosi comunque, ai sensi dell’art. 89 bis, all’autorità prefettizia, una volta acclarato il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata in sede di consultazione della Banca dati nazionale unica; e che, quindi, l’elenco delle cause di cancellazione dall’Albo anzidetto (menzionante le sole cause di sospensione di cui all’art. 67 del d.lgs. n. 159/2011) non riveste carattere tassativo”.

Il rischio, pur paventato, secondo cui estendendo l’applicazione delle informative antimafia alle attività economiche soggette al regime abilitativo-autorizzativo, si schiuda la via all’arbitrio dell’autorità prefettizia nella valutazione della permeabilità mafiosa e, quindi, anche nell’accesso alle attività economiche (solo) private, senza che tale valutazione sia assistita da preventive garanzie procedimentali o, comunque, dalle stesse garanzie dei provvedimenti giurisdizionali, è infondato, poiché la valutazione prefettizia deve, fondarsi su elementi gravi, precisi e concordanti che, alla stregua della logica del ‘più probabile che non’, consentano di ritenere razionalmente credibile il pericolo di infiltrazione mafiosa in base ad un complessivo, oggettivo, e sempre sindacabile in sede giurisdizionale, apprezzamento dei fatti nel loro valore sintomatico.

Peraltro, in una precedente decisione (TAR Napoli, sent. 3865 del 20 luglio 2017), lo stesso Giudice partenopeo ha rilevato come la cancellazione dall’Albo, per la presenza di interdittiva antimafia, debba essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento disciplinare, con la contestazione degli addebiti, ritenendo di dover sussumere la vicenda nell’ambito dell’art. 20 comma 1 lett. B) d.m. 120/2014: “in questa ipotesi, dunque, non può procedersi – a differenza di quanto avviene per le ipotesi di decadenza di cui all’articolo 20, comma 1, lettere c) e f) – direttamente alla cancellazione, ma è prescritta l’instaurazione del procedimento disciplinare – con le connesse garanzie – di cui all’art.21 d.m. n. 120/2014”.

Per le imprese colpite dall’interdittiva antimafia, dunque, va disposta la cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, previo avvio del procedimento disciplinare regolato dal d.m. 120/2014.