Ripreso dal portale del Ministero dell’Ambiente
A cura Avv. Nicoletta Tradardi
Con la sentenza n. 218 del 20 ottobre 2017 la Corte Costituzionale ha ribadito che le Regioni non possono apportare deroghe in peius rispetto ai parametri di tutela fissati dal legislatore statale.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 218 del 20 ottobre 2017, si è espressa sui limiti dei poteri legislativi delle Regioni in materia ambientale.
L’occasione è stata offerta dalla legge regionale del Veneto n. 10 del 26.03.1999 che sottopone a procedura di screening (ovvero alla verifica preliminare per stabilire, se l’impatto sull’ambiente, in relazione alle caratteristiche del progetto, comporti la necessità dello svolgimento della procedura di Via) una serie di interventi (individuati in un successivo allegato C4), fra i quali le “strade urbane secondarie superiori a 5 km” (punto 7 lett.f); ciò, a fronte della corrispondente norma del Codice dell’Ambiente (d.lgs. n. 152/2006 art. 23 – all. III p. II del Codice, punto 7 lett. g), che richiede la procedura di screening per le “strade extraurbane secondarie” senza introdurre soglie minime.
La Corte Costituzionale, investita della questione, ha sancito la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma, “nella parte in cui esclude dalla procedure di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale le strade extraurbane secondarie di dimensioni pari o inferiori a 5 km”.
La sentenza, di natura additiva, si incentra sulle finalità della disposizioni contenute nel Codice dell’Ambiente in ordine allo strumento dello screening. Attraverso questo istituto, il legislatore statale ha inteso sottoporre a tale verifica determinate tipologie di interventi, a prescindere dalla competenza amministrativa – statale o regionale – e non consentendo esenzioni di carattere generale fondate su parametri dimensionali.
La pronuncia ribadisce che la “tutela dell’ambiente”, nell’ambito della ripartizione legislativa delle competenze, è una materia cd. trasversale, nella quale allo Stato è riservato il potere di fissare standards di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale. Nel perimetro così descritto, alle Regioni è consentito solo apportare deroghe in senso migliorativo, al fine di incrementare i livelli di tutela ambientale, senza incidere sul punto di equilibrio fra le contrapposte esigenze individuato dal legislatore statale. L’affermazione di questo canone corrisponde al formante normativo del Codice dell’Ambiente, che qualifica i principi in esso contenuti come condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale, rispetto alle quali è consentito alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano di adottare forme di tutela giuridica dell’ambiente più restrittive (art. 3quinquies).
Vale segnalare che, nelle more della decisione della Corte Costituzionale, sono stati modificati sia i relativi parametri dimensionali fissati dal Codice dell’Ambiente, sia la legislazione regionale (la l.r. 4/2016 ha abrogato la l.r. n. 10/1999 ed attualmente prevede la verifica di assoggettabilità, di competenza della Provincia, per le strade urbane secondarie, senza soglie dimensionali). La pronuncia della Corte Costituzionale, tuttavia, è significativa per il principio, in essa ribadito, sui limiti della competenza legislativa regionale e, di riflesso, sulla preminenza del bene “tutela dell’ambiente”, tale da richiedere una incisiva potestà legislativa statale.