A cura dell’avv. Gaetano Pecoraro
Nel nostro precedente post, abbiamo dato conto dell’orientamento della Corte Costituzionale circa la competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale, associata dall’art. 117 comma 2 lett. S Cost. a quella dei beni culturali, e ciò al fine di garantire livelli di tutela uniformi su tutto il territorio nazionale.
Tale principio, a volte, è lo stesso legislatore nazionale a derogarlo, demandando espressamente a quello regionale alcuni compiti. E’ il caso della nozione di bosco. A livello nazionale l’art. 2 d. lgs. 227/2001 tenta di darne una definizione generale, salvo poi consentire alle singole Regioni di stabilire “le fattispecie che per la loro particolare natura non sono da considerarsi bosco”. Cosicché, ciò che per una Regione è area boschiva, per altra può valere il contrario.
Questione di non poco momento, in ragione della sottoposizione ex lege di tali aree a vincolo paesaggistico ex art. 142 lett. g) d. lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). La sentenza che oggi rassegnamo (TAR Firenze 01 luglio 2014, n. 1150) si occupa di una vicenda nella quale si discuteva del riconoscimento di un’area boscata ad un terreno incolto da più di 15 anni, e ciò in ragione del fatto che la Regione Toscana, con la legge 39/2000 aveva escluso tale natura “per le formazioni arbustive ed arboree insediatesi nei terreni già destinati a colture agrarie e a pascolo, abbandonate per un periodo inferiore a quindici anni”.
Ergo, per abbandoni superiori, ed in concomitanza con gli altri elementi previsti dall’art. 3 della indicata legge regionale, quelle aree sono da considerare bosco, con le conseguenze immaginabili in ordine alla pianificazione comunale, in ragione della sussistenza del vincolo di cui sopra. La decisione qui pubblicata è poi interessante perché afferma principi circa:
- i requisiti che i comitati locali devono possedere perché possano essere legittimati ad impugnare provvedimenti amministrativi pretesamente lesivi di interessi diffusi;
- l’insussistenza dell’inedificabilità assoluta per le zone sottoposte a vincolo idrogeologico;
- la possibilità che la motivazione degli atti collegiali si desuma dalle opinioni espresse dai singoli componenti dell’organo.
Pubblichiamo la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
- N. 01150/2014 REG.PROV.COLL.
- N. 01352/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima)
HA PRONUNCIATO LA PRESENTE SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1352 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Comitato per la Difesa di Opini, Elena Totti e Orazio Biagioli, rappresentati e difesi dall’avv. Letizia Salvadori, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Orcagna n. 76;
CONTRO
Comune di Castel Focognano, non costituito in giudizio;
NEI CONFRONTI DI
Opini s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Edoardo Borrelli, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via G. La Pira, n. 21;
PER L’ANNULLAMENTO
– della delibera consiliare del Comune di Castel Focognano n. 21 del 16 maggio 2008, di approvazione della variante n. 1 al Piano strutturale, pubblicata in data 19 maggio 2008, e dei relativi allegati;
– della delibera consiliare del Comune di Castel Focognano n. 22 del 16 maggio 2008, di approvazione della variante n. 2 al Regolamento Urbanistico, pubblicata in data 19 maggio 2008, e dei relativi allegati;
– nonché, per quanto occorrer possa, delle deliberazioni consiliari n. 38 e n. 39 del 30 maggio 2007, rispettivamente di adozione della variante n. 1 al Piano strutturale e della variante n. 2 al Regolamento Urbanistico, e dei relativi allegati;
– di ogni altro atto connesso;
e per l’annullamento (chiesto con motivi aggiunti depositati in giudizio in data 9/12/2008):
-della deliberazione consiliare del Comune di Castel Focognano n. 38 del 26 settembre 2008, avente ad oggetto “variante n. 1 al vigente piano strutturale. Revoca parziale della deliberazione n. 21 del 16 maggio 2008 in accoglimento delle prescrizioni della Provincia di Arezzo e nuova definitiva approvazione”, e dei relativi allegati;
-della deliberazione consiliare del Comune di Castel Focognano n. 39 del 26 settembre 2008, avente ad oggetto “variante n. 2 al vigente regolamento urbanistico. Revoca parziale della deliberazione n. 22 del 16 maggio 2008 in accoglimento delle prescrizioni della Provincia di Arezzo e nuova definitiva approvazione”, e dei relativi allegati;
-di ogni altro atto connesso ed in particolare, per quanto occorrer possa, della nota del Comune di Castel Focognano prot. n. 8345 del 10 ottobre 2008;
- Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
- Visto l’atto di costituzione in giudizio di Opini s.r.l.;
- Viste le memorie difensive;
- Visti tutti gli atti della causa;
- Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2014 il dott. Gianluca Bellucci e udita la difesa dei ricorrenti come specificato nel verbale;
- Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I signori Elena Totti e Orazio Biagioli sono proprietari di immobili situati nel Comune di Castel Focognano, in aree adiacenti alla località di Opini: la prima in località Casa Marcuccio, il secondo in località Ornina Bassa, Casa Giannino. Su quest’ultima area si trovano formazioni boschive.
Stante la particolare bellezza paesaggistica e naturalistica della zona, tutelata da vincoli urbanistici ed edilizi, i signori Totti e Biagioli hanno costituito, assieme ad altri, un apposito Comitato denominato “Comitato per la tutela di Opini”, il cui scopo statutario è impedire trasformazioni che danneggino il paesaggio collinare di Opini: il suddetto Comitato è stato costituito, come risulta dal relativo statuto datato 25.4.2007 (documento n. 1 allegato all’impugnativa), ai fini sia della tutela ambientale della zona di Opini sui versanti dei torrenti Soliggine e Salutio e aree limitrofe, sia dell’assunzione di compiti propositivi e controllo nei confronti delle Istituzioni per il recupero e valorizzazione delle bellezze artistiche e ambientali, la tutela di flora e fauna, il recupero della memoria e delle identità storiche della zona.
Il Comune di Castel Focognano, con deliberazioni consiliari n. 38 e 39 del 30.5.2007, ha adottato la variante n. 1 al piano strutturale e la variante n. 2 al regolamento urbanistico, atte a modificare la disciplina urbanistica e paesaggistica della predetta zona, allo scopo di consentire alla Opini s.r.l. la realizzazione di un complesso intervento edilizio (struttura turistico recettiva di 15.000 mq., campo da golf, club house, ristrutturazione del centro antico di Opini) precluso dai vincoli previgenti.
I ricorrenti hanno formulato osservazioni ex art. 17 della L.R. n. 1/2005; osservazioni sono state presentate anche dalla Provincia di Arezzo e dalla Regione Toscana.
In particolare, gli interessati hanno fatto presente al Comune, con missiva del 25.7.2007 (documento n. 4), che:
I) l’aggregato di Opini è ricoperto quasi interamente da boschi, come definiti dall’art. 3 della L.R. n. 39/2000, e molte delle previste casette ad uso turistico invaderanno particelle aventi destinazione boschiva;
II) sono state violate le istruzioni tecniche per la pianificazione degli impianti per il gioco da golf, stante la mancata determinazione del bacino d’utenza, con riguardo alla popolazione residente, al flusso turistico ed alla presenza di altri impianti in Comuni limitrofi (in particolare, l’Amministrazione ha omesso di considerare che il Comune di Poppi ha un impianto a 9 buche e che il Comune di Capolana ha in progetto un campo da 27 buche), e vista altresì la mancata analisi dei caratteri morfologici (essendo consigliabili terreni pianeggianti e la disponibilità di almeno 5 ettari, a fronte di 4 ettari collinari nel caso di specie) e del bilancio idrico;
III) non è stata valutata la compatibilità con il piano comunale di classificazione acustica di cui alla delibera consiliare n. 13 del 23.4.2004;
IV) sussiste incompatibilità rispetto al piano territoriale di coordinamento della Provincia di Arezzo (documento n. 15) in quanto: a) l’area interessata dall’intervento è sottoposta a vincolo di valore urbanistico eccezionale e di valore paesaggistico buono, con la conseguenza che essa è inedificabile ai sensi dell’art. 13 del PTC (che preclude le nuove edificazioni nelle zone di tutela paesistica dei centri antichi e degli aggregati che abbiano grado di valore eccezionale/eccezionale, eccezionale/buono, buono/eccezionale o buono/buono); b) l’art. 25, comma 2, lettere “b” ed “e”, prevede la conservazione integrale delle aree con sistemazioni a terrazze e il divieto di edificabilità nei boschi perimetrati nella carta forestale; c) l’area oggetto d’intervento è classificata come instabile, inoltre nei pressi del nucleo di Opini è indicata una frana censita, con conseguente divieto di nuove edificazioni ai sensi dell’art. 31, comma 5, del PTC, riferito alle aree geomorfologicamente instabili (documento n. 15); d) l’area in questione, essendo adibita ad agricoltura sviluppata intensiva, ricade nelle zone a prevalente funzione agricola ex artt. 17 ss. del PTC ed è quindi sottoposta dal PTC alla tutela prevista per le aree collinari;
V) sussiste incompatibilità rispetto al piano di indirizzo territoriale regionale (documento n. 12) in quanto: a) è incomprensibile l’affermazione del Comune secondo cui l’intervento de quo è strategicamente funzionale sotto il profilo paesaggistico, ambientale, culturale, economico e sociale ed è efficace nel lungo periodo; b) in merito alla rilevata non pertinenza al caso in esame dell’art. 21 lettera “e” del PIT, che condiziona la nuova edificazione alla verifica di congruità ai fini della promozione o del consolidamento di attività economicamente, socialmente e culturalmente innovative, il rilievo mal si concilia con l’affermazione del Comune in merito alla funzionalità strategica degli interventi; c) l’art. 24, comma 1, lett. a, b, c, del PIT ammette interventi in materia di turismo e impianti sportivi qualora sussistano contestualmente le seguenti condizioni: non vi siano possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente, essi non alterino il paesaggio; d) l’art. 25 del PIT subordina la localizzazione di nuovi impianti alla salvaguardia delle risorse essenziali ed alla condizione che non si alteri il valore paesaggistico.
La Provincia, nelle proprie osservazioni (documento n. 5), ha tra l’altro rilevato la difformità delle varianti de quibus rispetto alle istruzioni tecniche regionali ex D.G.R. n. 646/1998, stante l’elevata qualità paesaggistico ambientale della zona interessata dalle varianti medesime (successivamente all’approvazione definitiva, la stessa Provincia ha ritenuto persistenti elementi di incompatibilità rispetto al PTC, con particolare riferimento alla disciplina degli interventi ammessi sull’aggregato storico di Opini –si veda la missiva da essa indirizzata al Comune in data 12.8.2008, costituente il documento n. 20 depositato in giudizio dai deducenti-).
La Regione, con le proprie osservazioni aventi ad oggetto le adottate varianti (documento n. 6), ha da parte sua tra l’altro segnalato al Comune l’impossibilità di realizzare case per vacanza, ha sottolineato l’esigenza che le NTA specifichino la funzionalità delle nuove strutture sportive al recupero ambientale e precisato che, trattandosi di ambito collinare aperto, gli interventi relativi alle strutture sportive e recettive devono essere sostenibili sotto il profilo paesistico, ambientale, culturale, economico e sociale, e comunque non devono alterare la struttura del paesaggio, con la conseguenza che la disciplina del piano strutturale e del regolamento urbanistico dovrebbe definire le modalità d’inserimento paesaggistico delle strutture recettive e sportive, nonché le misure di mitigazione; la Regione ha inoltre rimarcato la necessità di una valutazione socio economica degli effetti positivi degli interventi sull’economia locale nel lungo periodo, con connessa verifica della sostenibilità anche in rapporto alle valenze paesistico ambientali (valutazione integrata come da regolamento approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale n. 4/R del 9.2.2007) e richiamato l’obbligo del parere dell’Autorità di Ambito territoriale ottimale.
Il Consiglio comunale, in sede di controdeduzioni (documenti n. 7 e 8), ha replicato che:
I) le istruzioni sulle caratteristiche dei campi da golf sono rispettate, in quanto i terreni in questione non hanno pendenze accentuate, talché l’impianto da golf è realizzabile senza apprezzabili movimenti di terra e conservando gli elementi del paesaggio, fatta eccezione per alcune piante; l’estensione del campo da golf (circa 4,5 ettari) non è lontana dal minimo di 5 ettari fissato nelle Istruzioni regionali; quest’ultime inoltre si limitano ad escludere i terreni con forti pendenze, mentre nel caso di specie le pendenze non sono eccessive; le volumetrie esuberanti rispetto alle esigenze del campo da golf derivano dal fatto che esse sono attrezzature turistiche aventi una valenza anche propria;
II) le strutture de quibus sono realizzabili con la prescrizione del rispetto di condizioni di compatibilità rispetto al contesto e perseguendo la finalità del recupero ambientale, ferma restando la conservazione delle strutture paesaggistiche rilevate nel quadro conoscitivo; l’impatto sull’assetto della zona è ridimensionato attraverso una riduzione della volumetria realizzabile nella sottozona C15 da mc. 15.000 a mc. 7.000 e imponendo misure di mitigazione per gli interventi previsti nelle sottozone F”/a, F2/b e F2/c, indicate nelle schede di valutazione degli effetti ambientali allegate alla variante;
III) le opere in argomento producono effetti economici a breve e a lungo periodo;
IV) non si andrà a incidere sul fabbisogno idrico generale, in quanto l’approvvigionamento e lo smaltimento dei reflui saranno risolti all’interno dell’area di variante;
V) quanto alla problematica del vincolo a bosco, rilevano le planimetrie della carta tecnica regionale basate su foto aeree eseguite nel 1997 e la carta forestale del PTCP (1998);
VI) quanto al piano di classificazione acustica, la classificazione dell’area nella classe II è compatibile con le attività residenziali e ricreative.
Contestualmente alle controdeduzioni alle osservazioni presentate ad esito degli atti di adozione, il Consiglio comunale, con deliberazioni n. 21 e 22 del 16.5.2008, ha definitivamente approvato le varianti al piano strutturale e al regolamento urbanistico.
Avverso quest’ultimi provvedimenti i ricorrenti sono insorti deducendo:
1) Violazione dell’art. 142 del d.lgs. n. 42/2004 e dell’art. 37 della L.R. n. 39/2000; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti; eccesso di potere per difetto dei presupposti.
L’area in questione è coperta da boschi, come da documentazione fotografica (documento n. 9) e come risulta dal sistema informativo del Ministero per i Beni e le Attività culturali (documento n. 10);
2) Violazione della L.R. n. 39/2000 sul vincolo idrogeologico;
3) Violazione dell’art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004 e dell’art. 48, comma 6, della L.R. n. 1/2005; eccesso di potere per contrasto con le prescrizioni e le norme del PIT, approvato con delibera del 24.7.2007, n. 72.
Trattandosi di patrimonio collinare, vi è contrasto con gli artt. 20 – 25 del PIT; in particolare, l’art. 21, commi 7 e 8, del PIT vieta tipologie insediative ascrivibili alla residenza urbana, mentre l’art. 21 comma 1 ammette interventi di nuova edificazione ove sussistano i presupposti (mancanti nella fattispecie in esame) della funzionalità strategica, accertati tramite la verifica del soddisfacimento contestuale dei requisiti sub lettere b, c, d, e, f, ed anzi il Comune stesso, in fase di controdeduzioni, ha escluso che rilevassero le attività economicamente, socialmente e culturalmente innovative di cui alla lettera e (“si è ritenuta la verifica non pertinente all’oggetto della variante in quanto la stessa non riguarda attività economicamente, socialmente e culturalmente innovative” –pagina 9 delle controdeduzioni di cui ai documenti n. 7 e 8 depositati in giudizio-); l’art. 24 del PIT ammette interventi per il turismo e gli impianti sportivi qualora si verifichino contestualmente le condizioni sub lettere a, b, c, ovvero qualora ci si limiti al recupero ed alla riqualificazione paesaggistica e non si alteri il paesaggio.
4) Violazione dell’art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004, nonché degli artt. 16 e 51 della L.R. n. 1/2005; eccesso di potere per contrasto col PTC, approvato dal Consiglio provinciale di Arezzo con delibera n. 72 del 16.5.2000.
L’area di Opini è sottoposta a vincolo di valore architettonico/urbanistico eccezionale e di valore paesistico buono, come indicato nell’allegato B alle norme del PTC, con conseguente inibizione di nuove edificazioni in forza dell’art. 13 comma 5, lett. d; l’area de qua è interessata da processi geomorfologici attivi, mentre presso il nucleo di Opini vi è una frana censita, con conseguente divieto di edificare, ex art. 31, comma 5, del PTC (documento n. 15); l’area è inoltre sottoposta alla tutela prevista dal PTC per le aree collinari ex artt. 17 ss..
5) Eccesso di potere per difetto o carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e di motivazione; violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990.
Sono mancate la valutazione strategica ambientale (d.lgs. n. 152/2006), la valutazione integrata ex D.P.G.R. n. 4/R del 9.2.2007, il parere dell’ATO, nonché la valutazione di compatibilità col piano di classificazione acustica, col piano faunistico venatorio e con il piano provinciale di gestione dei rifiuti; rileva un intervento privato non connotato dall’interesse pubblico.
6) Violazione della D.G.R.T. n. 646/98; eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di presupposti.
In pendenza del gravame il Consiglio Comunale di Castel Focognano, con deliberazioni n. 38 e 39 del 26.9.2008, preso atto che non era pervenuta alcuna comunicazione di accoglimento dell’istanza cautelare presentata al TAR, in accoglimento di prescrizioni della Provincia di Arezzo (secondo cui persistevano profili di incompatibilità rispetto al PTC, con particolare riferimento alla disciplina riguardante l’aggregato storico di Opini), ha riapprovato con modifiche le precedenti varianti. In particolare, sono state cambiate le schede nn. 1, 2, 4 e 5 di censimento degli immobili del borgo antico di Opini e sono state introdotte prescrizioni riguardanti il trattamento degli esterni e gli elementi strutturali (documenti n. 18 e 19 depositati in giudizio dai ricorrenti).
I ricorrenti, ritenendo non superati i motivi di ricorso, li hanno riproposti avverso le sopravvenute deliberazioni con motivi aggiunti depositati in giudizio in data 9.12.2008.
Si è costituita in giudizio Opini s.r.l..
Con ordinanza n. 815 del 5.9.2008 è stata respinta l’istanza cautelare.
All’udienza dell’11 giugno 2014 la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.
E’ stata eccepita la carenza di legittimazione attiva del Comitato ricorrente, il quale sarebbe sorto in rappresentanza di un interesse diffuso, allo scopo di proporre un’azione giudiziaria tesa ad impedire modifiche dello stato dei luoghi.
L’eccezione è fondata, nei sensi di seguito precisati.
Va richiamato, in tema di legittimazione processuale delle associazioni e dei comitati, il prevalente orientamento della giurisprudenza in base al quale, impregiudicato il criterio legale di legittimazione che la attribuisce agli enti a carattere nazionale iscritti nell’apposito elenco tenuto dal Ministero dell’ambiente, ai sensi dell’art. 13 della l. 8 luglio 1986 n. 349, è possibile che il riconoscimento della titolarità dell’azione sia attribuito ad associazioni o enti esponenziali locali i quali perseguano statutariamente, in modo non occasionale, obiettivi di tutela di determinati interessi della collettività ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione pubblica che si assume leso (cfr., ex multis, Cons. Stato sez. IV, 8 novembre 2010, n. 7907; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 11 marzo 2011, n. 398).
Per contro è indubitabile che, anche in materia di interessi diffusi, nel nostro ordinamento non è ammessa l’azione popolare, vale a dire la possibilità per il quisque de populo di intraprendere un’iniziativa giurisdizionale in assenza della titolarità, sul piano sostanziale, di un interesse diretto, concreto e personale che lo ponga su un piano differenziato rispetto alla generalità dei consociati (TAR Toscana, sez. II, 18 novembre 2011, n. 1765).
Orbene, gli enti esponenziali, onde poter essere ammessi alla tutela giurisdizionale, debbono agire per la difesa di specifici fini individuati nello Statuto; tuttavia tale specificità nel caso di specie manca, giacchè lo Statuto del Comitato ricorrente opera un riferimento generico ed omnicomprensivo a finalità di tutela e valorizzazione della zona di Opini (documento n. 1 depositato in giudizio dai deducenti).
Ciò posto, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della legittimazione ad agire di un’associazione o di un comitato, non è sufficiente il mero scopo associativo o la finalità statutaria per differenziare l’interesse diffuso (Cons. Stato, sez. VI, 29 maggio 2008, n. 2546; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 26 marzo 2010, n. 866), specie quando, come nel caso in esame, il Comitato si è costituito non molto tempo prima della proposizione dell’impugnativa, con la conseguenza che, al momento del ricorso, il Comitato stesso non poteva reputarsi radicato nel territorio (TAR Toscana, sez. II, 1° aprile 2011, n. 567); la carenza di adeguata rappresentatività e radicamento nel territorio deve valutarsi anche in relazione al numero dei componenti (TAR Toscana, sez. II, 1° aprile 2011, n. 567; idem, sez. I, 28 febbraio 2012, n. 397), che, stando allo statuto, sono solo dieci.
E’ stata anche eccepita la carenza di legittimazione ad agire dei signori Totti e Biagioli, sull’assunto che in capo a loro difetterebbe la necessaria vicinanza rispetto ai luoghi interessati dalle contestate varianti urbanistiche.
L’eccezione non è condivisibile.
I ricorrenti hanno precisato che una parte degli immobili di loro proprietà confina con la zona oggetto degli atti impugnati, e, nel far presente il pregiudizio loro derivante dai provvedimenti impugnati, hanno dedotto che la strada che condurrebbe al nuovo complesso turistico (finora priva di traffico) passa davanti all’abitazione della signora Totti; inoltre la difesa della parte istante, nell’odierna udienza, ha puntualizzato che la proprietà di quest’ultima dista circa 50 metri in linea d’aria dalla zona in cui ricadranno gli interventi ammessi dal nuovo regolamento urbanistico.
Pertanto, stante la vicinanza della proprietà dei ricorrenti alla zona oggetto delle contestate previsioni urbanistiche e visto il pregiudizio che deriverebbe da quest’ultime, appare sussistere l’interesse a ricorrere dei signori Totti e Biagioli (Cons. Stato, IV, 5.9.2003, n. 4977; idem, 2.8.2000, n. 4253).
Opini s.r.l. ha infine eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica del medesimo alla Regione Toscana.
L’eccezione non ha alcun pregio.
La Regione non ha concorso all’adozione degli atti impugnati, essendo la stessa titolare della mera facoltà di presentare osservazioni successivamente all’adozione della variante urbanistica, e non essendole invece demandata la potestà di approvare il piano strutturale o il regolamento urbanistico deliberato dal Comune, né la formulazione di pareri vincolanti.
Invero, in forza della L.R. n. 1/2005 il suddetto ente non ha poteri decisionali in ordine agli atti di pianificazione o di governo del territorio, né assume al riguardo una funzione di controllo e annullamento, contrariamente a quanto ritiene la controinteressata.
Pertanto, non sussisteva in capo ai ricorrenti alcun onere di notificare l’impugnativa alla Regione.
Ciò premesso, il Collegio ritiene di esaminare per primi i motivi aggiunti, in quanto la loro reiezione farebbe venire meno l’interesse a ricorrere avverso le varianti oggetto del ricorso principale, mentre all’opposto il loro accoglimento lascerebbe integro l’interesse all’impugnativa principale, in quanto l’annullamento giurisdizionale delle varianti al piano strutturale ed al regolamento urbanistico da ultimo approvate (oggetto dei motivi aggiunti), stante la sua efficacia retroattiva, comporterebbe la riviviscenza della variante urbanistica impugnata con l’originario gravame (Cons. Stato, V, 23.9.1997, n. 1008; TAR Trentino Alto Adige, Trento, 9.4.2014, n. 127; TAR Veneto, I, 5.6.2002, n. 2492; TAR Piemonte, I, 14.7.2011, n. 782).
Né le deliberazioni consiliari oggetto dei motivi aggiunti potrebbero concretare, per la parte non modificata della previgente disciplina urbanistica, atti meramente confermativi, in quanto la riapprovazione accompagnata dalle circoscritte variazioni suggerite dalla Provincia di Arezzo fa seguito ad un riesame complessivo delle varianti che erano state deliberate nel maggio 2008, come risulta dal richiamo, nelle deliberazioni impugnate con i motivi aggiunti, al ricorso in epigrafe, al riscontrato mancato accoglimento della domanda cautelare, all’esposto dei ricorrenti riferito alla violazione del PIT, oltre che del PTC, al silenzio della Regione in ordine all’esposto medesimo, con conseguente decisione da parte del Comune (stante il silenzio della Regione sui rapporti tra PIT e piano strutturale e viste le ulteriori osservazioni della Provincia) di procedere alla riapprovazione delle varianti del piano strutturale e del regolamento urbanistico con le sole modifiche, concernenti la parte della disciplina urbanistica interferente con il PTC, aderenti all’osservazione da ultimo presentata dalla Provincia con nota del 12.8.2008 e nel corso della seduta congiunta dell’8.8.2008.
In altri termini, l’aggiornata motivazione delle contestate deliberazioni di riapprovazione induce a qualificarle come provvedimenti nuovi ad effetto confermativo in parte qua, e non meramente confermativo.
Entrando nel merito della trattazione delle impugnative, il Collegio osserva quanto segue.
Con la prima censura aggiunta gli esponenti precisano che l’area interessata dalla variante è coperta da boschi, come da documentazione fotografica (documento n. 9) e come risulta dal sistema informativo del Ministero per i Beni e le Attività culturali (documento n. 10), con conseguente vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, lett. g, del d.lgs. n. 42/2004; ciò premesso i deducenti osservano che trattasi di terreno originariamente destinato a colture agrarie e abbandonato da oltre 15 anni, con la conseguenza che il Comune non può uscire dall’ampia definizione di bosco di cui all’art. 3, comma 1, della L.R. n. 39/2000 facendo leva sull’art. 3, comma 5 lett. c, della legge stessa.
La doglianza è fondata, nei sensi appresso indicati.
Il quadro conoscitivo della variante al piano strutturale (documento n. 2, pagina 5, allegato all’impugnativa) puntualizza che “l’area interessata è caratterizzata dalla presenza di ex coltivi abbandonati intorno al 1990 e di seguito ricolonizzati da vegetazione erbacea poliannuale spontanea e quindi, in successione, da vegetazione arbustiva e arborea che ha occupato gran parte degli spazi disponibili”.
Il riscontrato abbandono delle coltivazioni dal 1990 fa sì che debba essere esclusa nel caso di specie l’applicazione dell’art. 3, comma 5 lett. c, della L.R. n. 39/2000, secondo cui “non sono considerati bosco le formazioni arbustive e arboree insediatesi nei terreni già destinati a colture agrarie e a pascolo, abbandonate per un periodo inferiore a 15 anni”, in quanto dall’anno 1990 alla data di adozione delle contestate varianti è intercorso un arco temporale superiore a 15 anni.
A fronte delle specifiche osservazioni presentate sul punto dai ricorrenti in fase di adozione della contestata variante urbanistica (documento n. 4), dirette a evidenziare sia l’estensione del bosco su quasi tutta la zona dell’aggregato di Opini (in particolare, sulle particelle 108 e 110, dove la contestata previsione urbanistica contempla molte casette turistiche), sia l’inadeguatezza delle fotografie di cui si è avvalso il Comune (a loro avviso rispecchianti uno stato di fatto ormai superato), il Comune stesso, in fase di controdeduzioni (documento n. 8, pagina 7), “per quanto riguarda l’estensione e l’età delle aree boscate” si è richiamato alle planimetrie della carta tecnica regionale “realizzate sulla base di riprese aeree eseguite attorno al 1997” ed alla carta forestale del P.T.C.P. risalente al 1998, ovvero a documentazione non attuale, rispetto alla data di adozione delle varianti de quibus.
Se è vero che l’abbandono dei campi agricoli da oltre 15 anni non dimostra di per sé che alberi e arbusti nati sugli spazi incolti costituiscano un bosco, dovendo sussistere comunque le condizioni di cui all’art. 3, commi 1, 2, 4 e 6, della L.R. n. 39/2000, con la conseguenza che non è condivisibile la tesi assolutista espressa dalla signora Totti in sede di osservazioni secondo cui “se le terre fossero state abbandonate solo nel 1990 sarebbero trascorsi oggi oltre 15 anni e quindi le stesse dovrebbero considerarsi boschi ai sensi dell’art. 3 della L.R. n. 39/2000”, è altrettanto vero che le argomentazioni opposte dal Consiglio Comunale in sede di replica alle osservazioni non danno contezza di un esauriente accertamento in ordine all’attuale estensione del bosco.
La carenza di istruttoria trova conferma nella relazione agronomica (documento n. 6 depositato in giudizio dalla controinteressata) richiamata nella pagina 6 del quadro conoscitivo della variante del piano strutturale (documento n. 2 allegato al gravame): tale relazione da un lato (pagina 3) dà atto di un “confronto tra le foto aeree del 1987 e quelle attuali al fine di individuare e perimetrare le formazioni vegetali insediatesi dopo il ‘90”, e dall’altro pone a raffronto una foto aerea del 1987 con una foto aerea del 2001 (tavola agr III), ovvero con una foto che, risalendo ad oltre 5 anni prima il momento dell’adozione delle varianti, appare inidonea a rappresentare lo stato di fatto attuale d’insieme dei luoghi interessati e l’attuale limite complessivo del bosco (limite che viene evidenziato graficamente nella suddetta anacronistica foto).
Invero cinque anni sono più che sufficienti alla formazione quanto meno di nuova e ulteriore vegetazione arbustiva ricadente nell’ampio elenco richiamato dall’art. 39, comma 6, della L.R. n. 39/2000 e tale da dare vita, ai sensi dell’art. 3, comma 4, della stessa L.R. n. 39/2000, ad un bosco.
Un puntuale accertamento al riguardo sarebbe stato indispensabile, giacché la presenza del bosco sottintende, ai sensi dell’art. 142, lett. g, del d.lgs. n. 42/2004, un corrispondente vincolo paesaggistico.
Nel caso in esame, invece, ad esito della (carente) istruttoria condotta il Comune è giunto a considerare come unico lotto a tutela paesaggistica quello relativo al club house, soltanto rispetto al quale sono state approntate regole di minimizzazione dell’impatto ambientale calibrate sul pregio paesaggistico dei luoghi (pagina 5 delle controdeduzioni espresse dal Comune sulle osservazioni della Provincia –documento n. 2 allegato al ricorso-). E’ quindi evidente che l’eventuale accertamento di un più ampio ambito di tutela paesaggistica porterebbe ad un corrispondente impianto di salvaguardia, o comunque imporrebbe scelte diverse all’Amministrazione.
Del resto, l’accertamento svolto dal consulente tecnico incaricato dai ricorrenti (documento n. 11 depositato in giudizio) dà argomentata contezza del fatto che oltre l’80% della superficie compresa nella variante del piano strutturale è riconducibile a bosco.
Con la seconda censura la parte istante sostiene che l’area di Opini è sottoposta a vincolo idrogeologico per l’intera superficie, con la conseguenza che il divieto di edificare riguardante le aree boscate si dovrebbe estendere ai terreni non boschivi.
Il rilievo è infondato.
Il vincolo idrogeologico non comporta l’inedificabilità assoluta, ma semmai l’approntamento di particolari cautele: non ogni opera edilizia in zona vincolata può ritenersi pregiudizievole all’interesse pubblico, ma soltanto quelle che, in seguito a puntuale accertamento, risultino in contrasto con lo stesso (TAR Piemonte, I, 13.6.2007, n. 2593; TAR Puglia, Lecce, I, 24.8.2005, n. 4122).
La terza censura si incentra sulla violazione, sotto molteplici aspetti, del piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana.
Il motivo non è condivisibile.
Le opere previste nelle contestate varianti riguardano gli impianti sportivi (il campo da golf) e nuove strutture turistico ricettive (si veda la pagina 10 delle controdeduzioni approvate dal Consiglio Comunale).
La norma di riferimento al riguardo è data dall’art. 24 del PIT, secondo cui sono ammesse siffatte opere sul patrimonio collinare a condizione che non sussistano possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente, che esse siano finalizzate alla riqualificazione paesaggistica e comunque non alterino il paesaggio e che siano utilizzate tecniche edilizie sostenibili.
Appare quindi inappropriato il richiamo, nell’impugnativa, all’art. 21 del PIT (riferito alle lottizzazioni destinate alla residenza urbana e al recupero del patrimonio collinare, diverse da quelle disciplinate dall’art. 24).
In relazione all’art. 24 del PIT i deducenti obiettano che non sussiste il presupposto ivi indicato al comma 1, lett. a, secondo cui le suddette opere sono ammissibili solo qualora “non sussistano possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente”.
Orbene, la relazione tecnica relativa alla variante di piano strutturale (pagine 8 e 9) da un lato puntualizza che il recupero del patrimonio edilizio esistente (4 edifici ed una cappella) non soddisfa le esigenze recettive della nuova struttura turistico-sportiva, dall’altro si richiama alle caratteristiche progettuali ed alle prescrizioni imposte che consentono di ritenere che il paesaggio non sarà alterato e che le risorse essenziali di cui all’art. 25 del PIT non subiranno riduzioni significative. Rilevano sul punto anche le pagine 35 e 36 della scheda di valutazione degli effetti ambientali allegata al nuovo piano strutturale.
Con il quarto mezzo gli istanti deducono, sotto molteplici profili, la violazione del piano territoriale di coordinamento della Provincia di Arezzo.
La doglianza non può essere accolta.
L’art. 13, comma 5, del P.T.C. consente di derogare alla regola dell’inedificabilità prevista per le aree di tutela paesaggistica degli aggregati, sulla base di una verifica di compatibilità urbanistica e paesaggistica, verifica di cui è data contezza al capitolo 5 (pagine 15 e 16) della relazione sulla valutazione degli effetti allegata al piano strutturale.
Delle aree terrazzate e ciglionate è prevista comunque la conservazione, come precisato alla pagina 8 delle controdeduzioni alle osservazioni degli interessati (documento n. 8 allegato al gravame).
In relazione alla dedotta violazione dell’art. 31, comma 5, del P.T.C. (che vieta nuove edificazioni nelle zone geomorfologicamente instabili), occorre rilevare che solo una porzione circoscritta risulta a pericolosità elevata, con la conseguenza che solo per essa vale la regola dell’inedificabilità sancita dall’art. 31, comma 5, del P.T.C. (si vedano la pagina 5 della relazione tecnica del piano strutturale e la relazione geologica prodotta dalla società controinteressata, costituente il documento n. 5 depositato in giudizio dalla stessa).
Resta comunque ferma la necessità di valutare la conformità con il P.T.C. in relazione all’esito dell’accertamento dell’effettiva consistenza dello spazio boschivo, nei sensi di cui alla trattazione della prima censura.
Con la prima parte del quinto motivo i ricorrenti lamentano l’omessa effettuazione sia della valutazione strategica ambientale richiesta dall’art. 7 del d.lgs. n. 152/2006, sia della valutazione integrata prevista dal regolamento approvato con D.P.G.R. n. 4/R del 9.2.2007.
L’assunto è infondato.
La normativa di riferimento degli strumenti urbanistici nella Regione Toscana, al momento dell’adozione delle contestate varianti, era costituita dall’art. 11 della L.R. n. 1/2005, il quale, a differenza della sua attuale formulazione (avente ad oggetto la valutazione ambientale strategica), prevedeva la cosiddetta valutazione integrata degli effetti ambientali.
In attuazione di tale norma il Presidente della Giunta Regionale, con regolamento n. 4/R del 9.2.2007 (pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione in data 14.2.2007), ha disciplinato nei dettagli i criteri, la procedura e le modalità tecniche di effettuazione della valutazione integrata, ed ha in particolare statuito (nell’art. 13) l’applicazione del procedimento de quo “agli strumenti della pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio e alle loro varianti da adottarsi trascorsi 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento”.
Pertanto le contestate varianti, la cui adozione è stata deliberata dal Consiglio Comunale in data 30 maggio 2007, non rientrano, ratione temporis, nell’ambito di applicazione della disciplina normativa riguardante la valutazione ambientale.
Per tale ragione il Comune ha operato la valutazione degli effetti ambientali prevista dall’art. 32 della L.R. n. 5/1995 (pagina 13 della relazione tecnica relativa al piano strutturale).
Con la seconda parte del quinto motivo gli istanti deducono la mancata acquisizione del parere dell’Autorità d’Ambito territoriale ottimale.
Il rilievo non può essere accolto.
La variante prevede che l’approvvigionamento idrico e lo smaltimento dei reflui trovino soluzione all’interno dell’area di variante, con infrastrutture private non incidenti sul fabbisogno idrico generale; inoltre, l’art. 14 delle norme regionali del piano di tutela delle acque (D.C.R. n. 6/2005) qualifica sostanzialmente come non immediatamente vincolanti per le Amministrazioni i commi 6 degli artt. 5 e 9 delle norme di piano stesse, i quali prevedono il parere dell’ATO in fase di adozione o variante del piano strutturale.
Pertanto, sotto tale duplice profilo, il Comune non era obbligato ad acquisire il parere in questione.
Con la terza parte del quinto motivo gli esponenti rilevano la carenza di una valutazione reale di compatibilità con il piano comunale di classificazione acustica.
L’assunto non è condivisibile.
I ricorrenti sostengono che l’area in questione dovrebbe essere stata inclusa nella classe I (documento n. 4 allegato al gravame), mentre invece il piano di classificazione acustica l’ha inserita nella classe II, considerato il possibile rumore derivante dall’uso di macchine agricole.
Rispetto a tale classificazione il Comune ha compiuto legittimamente la valutazione di compatibilità (si vedano la pagina 6 delle controdeduzioni alle osservazioni e la pagina 27 della scheda di valutazione degli effetti ambientali).
La quarta parte del quinto motivo si incentra sulla carente valutazione di compatibilità con il piano faunistico venatorio e con i programmi regionali delle aree naturali protette.
La censura è infondata.
Gli effetti sulla fauna sono stati congruamente ponderati sulla base dell’apposita scheda di valutazione degli effetti ambientali (pagine 33 e 34); privo di pregio, in particolare, è il generico richiamo ai programmi regionali delle aree naturali protette, in quanto all’interno della zona in questione non risultano esistenti oasi o spazi di protezione della fauna.
La quinta parte del quinto motivo è incentrata sulla carente verifica di compatibilità con il piano provinciale di gestione dei rifiuti.
La doglianza non può essere accolta.
Da un lato i ricorrenti non adducono specifici elementi di incompatibilità sul punto, dall’altro l’istruttoria condotta dall’Amministrazione lascia emergere l’effettuazione di tale verifica (pagina 30 della scheda di valutazione degli effetti ambientali).
Per la sesta parte del quinto motivo, riferita all’inadeguatezza del materiale fotografico utilizzato dall’Ente ai fini dell’adozione delle varianti in argomento, valgono le considerazioni espresse dal Collegio nella trattazione della prima censura aggiunta.
L’ultima parte del quinto motivo si incentra sul difetto di motivazione della contestata variante.
Il rilievo non ha pregio.
La motivazione dell’atto deliberativo collegiale può legittimamente essere desunta dalle opinioni espresse dai singoli componenti dell’organo, le quali costituiscono esplicazione delle ragioni addotte per suffragare il contenuto della proposta deliberativa o della votazione, nel corso della trattazione di ciascun affare sottoposto all’esame dell’organo collegiale (TAR Sicilia, Palermo, III, 10.5.2012, n. 931).
Orbene, nel caso in esame la presentazione della variante da parte del Sindaco, ai fini dell’adozione della stessa, è indicativa dell’intento di perseguire l’obiettivo dello sviluppo turistico della zona, il quale assurge a motivazione delle gravate deliberazioni.
In ogni caso, poiché quest’ultime non incidono su aspettative qualificate e stante la discrezionalità insita nelle scelte pianificatorie, va escluso un obbligo di puntuale indicazione del pubblico interesse al mutamento della qualificazione di una zona urbanistica (Cons. Stato, IV, 18.10.2010, n. 7554).
Con la sesta censura i ricorrenti deducono la violazione delle istruzioni tecniche regionali per la pianificazione degli impianti per il gioco del golf, contenute nella deliberazione della giunta regionale n. 646/1998.
La doglianza è infondata.
Da un lato valgono le puntuali argomentazioni del Comune, riportate nelle controdeduzioni (pagina 7), dall’altro occorre considerare che le predette istruzioni sono state emanate in forza dell’art. 13 della L.R. n. 5/1995 (non più in vigore, in quanto superata dalla L.R. n. 1/2005, al momento dell’adozione delle varianti de quibus), con la conseguenza che esse non costituiscono un precetto inderogabile per il Comune.
In definitiva, i motivi aggiunti devono essere accolti in relazione alla prima censura.
Stante l’accoglimento ed il conseguente annullamento delle deliberazioni consiliari n. 38 e 39 del 26.9.2008, occorre procedere alla trattazione, per le ragioni preliminarmente evidenziate dal Collegio, del ricorso principale.
Quest’ultimo, incentrato sulle stesse censure dedotte con i motivi aggiunti, deve essere accolto in relazione alla fondatezza della prima doglianza, nei sensi sopra precisati nella trattazione della prima censura aggiunta.
In conclusione, il ricorso principale ed i motivi aggiunti, come proposti dai signori Totti e Biagioli, devono essere accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati. Il ricorso ed i motivi aggiunti sono invece inammissibili per difetto di legittimazione attiva quanto al Comitato per la Difesa di Opini.
Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, stante la particolarità e complessità della controversia in esame.
P.Q.M
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, dispone quanto segue:
- dichiara il ricorso ed i motivi aggiunti inammissibili rispetto al Comitato per la Difesa di Opini;
- quanto agli altri ricorrenti, accoglie il ricorso principale ed i relativi motivi aggiunti, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
- Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
- Paolo Buonvino, Presidente;
- Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore;
- Alessandro Cacciari, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)