A cura dell’avv. Xavier Santiapichi
Si è chiuso in Consiglio di Stato il lungo contenzioso che ha visto confrontarsi la Regione Calabria, insieme ad un Comune, al WWF, ad ItaliaNostra, a Legambiente ed altri ancora, contro i promotori dell’iniziativa (la SEI partecipata dal Gruppo HERA).
I Giudici di Palazzo Spada osservano anzitutto che l’intesa ‘forte’ della Regione, ai sensi delle varie sentenze della Corte Costituzionale di questi anni, è richiesta nell’ambito del solo procedimento di autorizzazione unica – funzionale alla costruzione dell’infrastruttura –ex d.-l. n. 7 del 2002 (rispettivamente ex d.-l. n. 239 del 2003), ma non anche nell’ambito della fase sub-procedimentale di v.i.a.-a.i.a., dove l’apporto della Regione risulta circoscritto alla sola fase istruttoria in sede di Conferenza di servizi (v. art. 25, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006), non sussistendo un potere di codecisione della Regione sulla v.i.a. di competenza statale (nella specie ai sensi dell’art. 10 d.lgs. n. 152 del 2006 collimante con l’.a.i.a., trattandosi di progetto di competenza statale ricadente nel campo di applicazione di cui all’allegato XII alla Parte Seconda del d.lgs. n. 152 del 2006).
Prosegue il Consiglio di Stato prendendo atto che non vi sarebbe eccesso di potere, stante “l’articolata e puntuale motivazione del parere della Commissione tecnica n. 559 del 21 ottobre 2010 si evince che nell’ambito del procedimento v.i.a.-a.i.a. sono stati bilanciati adeguatamente tutti gli interessi coinvolti – ambiente, salute, attività produttive, tenuto conto dello stato delle conoscenze scientifiche e della sostituibilità delle nuove tecnologie – e sono stati valutati i possibili scenari alternativi sia con riferimento all’impiego di fonti primarie diverse, sia in relazione a differenti ipotesi di reinfrastrutturazione del sito, sia in relazione ad un’eventuale opzione zero (v. pp. 10 ss. del parere), a prescindere dal rilievo, di per sé dirimente, che le censure per la maggior parte impingono nel merito delle scelte amministrative improntate ad un alto tasso di discrezionalità e sono in parte qua inammissibili.”
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3974 del 2015, proposto da:
S.E.I. s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Cosimo Cuppone, Ambrogio Papa e Maria Cristina Lenoci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Roma, via E. Gianturco, 1;
CONTRO
Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Benito Spanti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Maria Toscano, in Roma, viale Giulio Cesare, 61/7;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Montebello Jonico, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Agostino Meale, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi, in Roma, via Cosseria, 2;
Associazione Italiana per il World Wilde Fund for Nature (WWF) Onlus, Legambiente Onlus, Greenpeace Onlus, Lega Italiana Protezione degli Uccelli – LIPU Birdlife Italia Onlus, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Alessio Petretti, Valentina Stefutti, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via degli Scipioni, 269/A;
Italia Nostra Onlus, Club Alpino Italiano – CAI, Consorzio di tutela del Bergamotto di Reggio Calabria – Olio Essenziale, Associazione Eureka, Associazione Culturale ‘I Fossatesi nel mondo’, Associazione culturale Nemesis, Associazione ‘Pro Pentedattilo’, Associazione ambientalista ‘Mondo Verde Club’ Onlus, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Vittorio Angiolini, Loris Maria Nisi e Luca Formilan, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Sebastiano Comerci, in Roma, viale Parioli, 112;
Comune di Condofuri;
sul ricorso numero di registro generale 4491 del 2015, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dello sviluppo economico, Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
CONTRO
Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Benito Spanti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Maria Toscano, in Roma, viale Giulio Cesare, 61/7;
Italia Nostra Onlus, Club Alpino Italiano – CAI, Consorzio di tutela del Bergamotto di Reggio Calabria – Olio Essenziale, Associazione Eureka, Associazione Culturale ‘I Fossatesi nel mondo’, Associazione culturale Nemesis, Associazione ‘Pro Pentedattilo’, Associazione ambientalista ‘Mondo Verde Club’ Onlus, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Vittorio Angiolini, Loris Maria Nisi e Luca Formilan, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Sebastiano Comerci, in Roma, viale Parioli, 112;
S.E.I. s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Cosimo Cuppone, Ambrogio Papa e Maria Cristina Lenoci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Roma, via E. Gianturco, 1;
Associazione Italiana per il World Wilde Fund for Nature (WWF) Onlus, Legambiente Onlus, Greenpeace Onlus, Lega Italiana Protezione degli Uccelli – LIPU Birdlife Italia Onlus, Provincia di Reggio Calabria, Comune di Reggio di Calabria, Comune di Melito di Porto Salvo, Comune di Bagaladi, Comune di San Lorenzo, Comune di Calanna, Comune di Motta San Giovanni e Comune di Condofuri;
NEI CONFRONTI DI
Comune di Montebello Jonico, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Agostino Meale, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi, in Roma, via Cosseria, 2;
PER LA RIFORMA
della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione II-Quater, n. 03402/2015, resa tra le parti e concernente: v.i.a. ed a.i.a. in relazione al progetto per la realizzazione di una centrale termoelettrica alimentata a carbone ed opere connesse;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle rispettive parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2016, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Lenoci, Cuppone, Spanti, Angiolini, Nisi, Meale e Petretti, nonché l’avvocato dello Stato De Nuntis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per il Lazio accoglieva i ricorsi n. 8353 del 2012, n. 8954 del 2012 e n. 5720 del 2013, in parte integrati da motivi aggiunti e tra di loro riuniti, proposti rispettivamente dalla Regione Calabria, da alcune associazioni ambientaliste, nonché da una serie di altre associazioni ed enti locali, avverso i seguenti atti:
(i) il provvedimento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 115 del 5 aprile 2013 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Parte II, foglio inserzioni n. 48 del 23 aprile 2013), con il quale, su domanda di pronuncia di valutazione di impatto ambientale (v.i.a.) e di autorizzazione integrata ambientale (a.i.a.) presentata il 19 giugno 2008 dalla Società S.E.I. s.p.a. – a sua volta preceduta dalla presentazione, in data di domanda di autorizzazione unica ex artt. 1 d.-l. n. 7 del 2002, convertito nella l. n. 55/2002, e 1-sexies d.-l. n. 239 del 2003, convertito nella l. n. 290 del 2003 –, sono state decretate la compatibilità ambientale e l’autorizzazione integrata ambientale al successivo esercizio relativamente al progetto proposto dalla Società S.E.I. s.p.a., concernente la realizzazione di una centrale termoelettrica alimentata a carbone, di potenza elettrica complessiva di 1320 MWe da localizzare nel Comune di Montebello Jonico, località Saline Ioniche, con relative opere connesse, e di un elettrodotto di connessione alla rete elettrica di trasmissione nazionale, a condizione dell’ottemperanza alle prescrizioni e disposizioni precisate negli allegati, ivi compreso il parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 559 del 21 ottobre 2010, costituente parte integrante del decreto;
(ii) il provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2012 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Parte II, foglio inserzioni n. 138 del 24 novembre 2012), con cui sono state decretate la compatibilità ambientale e l’autorizzazione al successivo esercizio relativamente al progetto sopra menzionato, a condizione dell’ottemperanza alle prescrizioni e disposizioni precisate negli allegati e nel menzionato parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – M.a.t.t.m. n. 559 del 21 ottobre 2010, costituente parte integrante del decreto;
(iii) ogni atto presupposto, consequenziale e connesso, ivi compreso il parere n. 559 del 21 ottobre 2010 reso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale.
In particolare, l’adìto T.a.r. basava la pronuncia di accoglimento sul seguente iter argomentativo:
– ai sensi della disciplina applicabile, occorre presentare istanza al fine di ottenere l’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 1 d.-l. n. 7 del 2002;
– la procedura si svolge attraverso il modulo della conferenza di servizi decisoria di cui all’art. 14, comma 2, l. n. 241 del 1990, quale disciplinata, nel settore che qui viene in rilievo, dalle disposizioni del citato art. 1 d.-l. n. 7 del 2002 (e dell’art. 1-sexies d.-l. n. 239 del 2003, nella parte relativa alla realizzazione dell’elettrodotto);
– trattasi di procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge n. 241 del 1990, d’intesa con la regione interessata;
– nel corso della procedura autorizzatoria si svolge, qualora sia necessario in ragione della tipologia dell’opera da realizzarsi, il parallelo procedimento di valutazione di impatto ambientale presso il M.a.t.t.m., secondo le disposizioni recate dal d.lgs. n. 152 del 2006;
– l’esito positivo della v.i.a. costituisce parte integrante e condizione necessaria per il rilascio del provvedimento di autorizzazione unica, tanto che l’istruttoria si conclude in ogni caso, una volta acquisita la v.i.a., entro il termine di centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta munita del progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale;
– l’autorizzazione unica – sostitutiva di autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati –, una volta acquisita la v.i.a. (nonché, come nel caso di specie, anche l’a.i.a.), è rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico – M.i.s.e. di concerto con il M.a.t.t.m. e previa intesa con la regione o le regioni interessate;
– nella procedura di cui è causa, a fronte del parere favorevole espresso dalla Commissione tecnica v.i.a.-v.a.s., erano stati manifestati due rilevanti avvisi contrari: quello della Regione Calabria e quello del M.i.b.a.c.t., secondo linee di contestazione al progetto diverse e inerenti alle competenze specifiche riferibili a ciascuna delle predette amministrazioni;
– stante il mancato raggiungimento dell’intesa, sospesa (rectius, interrotta) di diritto la conferenza di servizi avviata dal M.i.s.e. in seguito all’istanza presentata da S.E.I., il M.a.t.t.m. decideva di trasmettere la questione alla Presidenza del Consiglio dei ministri, affinché il Governo, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. c-bis), l. n. 400 del 1988, sciogliesse il nodo istituzionale creato dal diniego di intesa espresso dalla Giunta regionale della Regione Calabria con delibera 6 ottobre 2008 n. 666;
– tali manifestazioni di dissenso espresse dalla Regione e dal M.i.b.a.c.t., tenuto conto delle prescrizioni normative recate dagli artt. 14 e ss. della legge n. 241 del 1990, nel corso del modulo procedimentale proprio della conferenza di servizi sospeso dal Ministero procedente (il M.i.s.e.), assumevano dunque, anche per il contenuto, le caratteristiche proprie del dissenso qualificato voluto dal legislatore per contrastare le manifestazioni favorevoli ad un progetto sottoposto all’esame di una conferenza di servizi;
– il meccanismo di superamento del dissenso espresso nel corso della conferenza di servizi da una amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili e di livello costituzionale nella sede governativa statale, costruito nelle prescrizioni contenute nell’art. 14-quater della legge n. 241 del 1990, si basa sulla ricerca dell’intesa tra le amministrazioni – ed in particolare tra quelle tra loro dissenzienti – realizzata attraverso la mediazione del Governo della Repubblica;
– il meccanismo di rimessione al Consiglio dei ministri svolge una funzione semplificatoria volta a superare gli arresti procedimentali per il rilascio – in questo caso – dell’autorizzazione unica, sostituendosi il Consiglio dei ministri completamente alle amministrazioni interessate, previa acquisizione delle loro posizioni, nel rispetto del principio di leale collaborazione, ed essendo al Consiglio dei ministri conferito un ampio potere discrezionale volto ad effettuare una valutazione degli interessi in giuoco;
– una volta però che sia stata devoluta al Consiglio dei ministri la questione, lo stesso non può prescindere dallo svolgimento delle due sottofasi nelle quali si sviluppa la procedura di livello governativo, ossia, dalla ricerca dell’intesa nei sessanta giorni e dalla definizione del procedimento, opportunamente motivando le ragioni della decisione assunta, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa e nel successivo termine di trenta giorni;
– sebbene la deliberazione del Consiglio dei ministri costituisca un atto di alta amministrazione assoggettato a un sindacato giudiziale di tipo ‘debole’, dovendosi questo arrestarsi ad uno scrutinio limitato alla ricerca di eventuali profili di palese illegittimità, contraddittorietà e irragionevolezza, nondimeno tale sindacato può e deve estendersi a verificare la correttezza dell’istruttoria svolta dal Consiglio (o per esso dalla Presidenza) ed il rispetto delle prescrizioni normative dettate dalla legge n. 241 del 1990 per disciplinare tale fase di superamento del dissenso;
– nell’ambito dell’istituto dell’autorizzazione unica ex art. 1 d.-l. n. 7 del 2002 l’intesa regionale, secondo la ricostruzione operata dalla Corte Costituzionale (con sentenza n. 6 del 2004), va considerata come un’intesa ‘forte’, nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.;
– l’intesa va dunque in ogni caso acquisita, a presidio del livello di partecipazione della regione direttamente interessata dall’impianto;
– la v.i.a. si inserisce, quale sub-procedimento, nella procedura di autorizzazione unica, sicché quest’ultima, per un verso, doveva ritenersi sospesa fino al rilascio della v.i.a., insuscettibile di rinuncia o di essere sostituita con l’attivazione di poteri di altri organi consultivi (trattandosi di un parere rilasciato da amministrazioni preposte alla tutela ambientale e paesaggistica), e, per altro verso, non poteva concludersi legittimamente senza che, a fronte del diniego di intesa espresso dalla Regione Calabria e del parere contrario manifestato e ribadito dal M.i.b.a.c.t. al progetto, si fosse realizzata un’adeguata istruttoria volta a tentare di raggiungere comunque una intesa tra i vari livelli politici coinvolti una volta trasferita in sede governativa la decisione sul procedimento;
– il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto avvalersi del potere conferitogli dalla legge quale organo di ultima istanza in chiave semplificatoria, esprimendo le ragioni per le quali l’intesa non si era raggiunta e specificando esattamente attraverso quali strumenti l’intesa era stata ricercata, per poi approfondire le ragioni strategiche, di vantaggio economico o meno per le popolazioni interessate e di tutela del paesaggio e del territorio che rilevavano ai fini dell’accoglimento della richiesta di rilascio dell’autorizzazione unica alla realizzazione della centrale a carbone;
– tutto ciò non risultava nella documentazione prodotta in atti, di talché la procedura svolta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri non appariva in linea con le previsioni legislative e quindi doveva ritenersi non correttamente eseguita, presentandosi il decreto del 15 dicembre 2012 fortemente carente delle necessarie motivazioni utili a comprendere il percorso logico-giuridico sviluppato dal Presidente del Consiglio per raggiungere la soluzione (definitiva) favorevole della procedura;
– in via derivata, anche il decreto del M.a.t.t.m. doveva ritenersi formato in modo illegittimo.
Il T.a.r., in accoglimento dei ricorsi e con assorbimento dei restanti motivi, annullava dunque gli atti impugnati, a spese di causa interamente compensate tra tutte le parti.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello la S.E.I. s.p.a. (con ricorso rubricato sub r.g. n. 3974 del 2015), deducendo i seguenti motivi:
a) l’erroneità, contraddittorietà e ingiustizia della sentenza sotto i seguenti profili:
– l’affermazione del T.a.r. circa la necessità dell’intesa regionale e della supposta attivazione del procedimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri a seguito dell’espressione del dissenso regionale si basa su una confusa ricostruzione dei rapporti tra procedimento di autorizzazione unica e sub-procedimento di acquisizione della v.i.a. condotta dal M.a.t.t.m. d’intesa con il M.i.b.a.c.t., comportante l’erronea conclusione secondo cui il diniego d’intesa espresso dalla Regione Calabria in sede di autorizzazione unica costituisse fatto ostativo al rilascio del parere di compatibilità ambientale e perciò stesso motivo di illegittimità del d.P.C.M. e del conseguente decreto del M.a.t.t.m.;
– alla Regione Calabria, la quale non aveva espresso alcun parere negativo in sede di v.i.a., era stata garantita l’effettiva possibilità di partecipare al relativo procedimento e l’Autorità centrale correttamente aveva preso atto della volontà della Regione di non fornire alcun contributo istruttorio, concludendo la procedura v.i.a. con una provvedimento espresso in conformità alla disciplina di cui all’art. 25, comma 3-bis, d.lgs. n. 152 del 2006;
– ad ogni modo, le osservazioni sollevate dalla Regione nell’ambito della conferenza di servizi indetta per il rilascio dell’autorizzazione unica erano state puntualmente riscontrate dalla Commissione tecnica di verifica v.i.a.-v.a.s. insediata presso il M.a.t.t.m.;
– alla luce del disposto dell’art. 27, comma l. n. 99 del 2009, modificativo dell’art. 1, comma 2, l. n. 55 del 2002, il diniego di intesa espresso dalal Regione Calabria doveva ritenersi comunque illegittimo, poiché avrebbe dovuto essere espresso solo dopo la conclusione della conferenza di servizi e della proposta formulata dal M.i.s.e. all’esito dell’istruttoria;
– peraltro, lo stesso T.a.r., con sentenza n. 2212/2014 del 26 febbraio 2014, aveva riconosciuto la legittimità della procedura v.i.a. in oggetto, respingendo analogo ricorso proposto da altre parti contro i medesimi provvedimenti;
b) l’erroneità della sentenza, nella parte in cui aveva al ritenuto che i provvedimenti impugnati fossero viziati da difetto di motivazione, anche tenuto conto dell’ivi contenuto richiamo per relationem all’articolato parere della Commissione v.i.a.;
c) l’omessa pronuncia sulle eccezioni preliminari sollevate da S.E.I. s.p.a. sia con riguardo al ricorso di Italia Nostra sotto il profilo della mancata impugnazione dell’atto presupposto costituito dal d.P.C.M. del 15 giugno 2012, sia con riguardo al ricorso per motivi aggiunti della Regione Calabria e del ricorso di Italia Nostro sotto il profilo della genericità dei motivi, sia, infine, con riguardo a tutti i tre ricorsi di primo grado perché impingenti nel merito tecnico-discrezionale delle scelte delle amministrazioni partecipanti alla procedura v.i.a..
La società appellante chiedeva pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, la reiezione degli avversari ricorsi di primo grado.
3. Avverso la stessa sentenza interponevano separato appello (rubricato sub r.g. n. 4491 del 2015) anche le Amministrazioni statali (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dello sviluppo economico, Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo), deducendo i motivi come di seguito rubricati, a contenuto sostanzialmente analogo ai primi due motivi dedotti da SEI s.p.a.:
a) «Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 55/2002, degli articoli 10, 25 e 26 del D.lgs. n. 152/2006, dell’art. 5, comma 2, lett. c-bis), della legge n. 400/1988»;
b) «Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/90».
Le Amministrazioni appellanti chiedevano pertanto la riforma dell’impugnata sentenza e la reiezione degli avversari ricorsi di primo grado.
4. Si costituivano in giudizio i ricorrenti di primo grado meglio indicati in epigrafe, contestando la fondatezza degli interposti appelli e chiedendone la reiezione in rito e nel merito.
5. All’udienza pubblica del 14 gennaio 2016 entrambe le cause sono state trattenute in decisone.
6. Premesso che i due appelli, proposti avverso la medesima sentenza, a norma dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm. devono essere riuniti e tratti congiuntamente, si osserva che infondate sono le eccezioni di inammissibilità degli appelli, quali sollevate dal Comune di Montebello Jonico e da Italia Nostra (e altri), in quanto:
– la mancata notificazione del ricorso in appello di S.E.I. s.p.a. al predetto Comune è rimasta sanata dalla sua costituzione in giudizio, con conseguente infondatezza del correlativo profilo di inammissibilità;
– identica considerazione s’impone in reiezione dell’eccezione di nullità della notificazione del ricorso in appello nei confronti di Italia Nostra (e altri) per essere stata effettuata a mezzo di posta elettronica certificata;
– il dedotto conflitto di interesse tra le Amministrazioni statali appellanti nell’ambito del ricorso in appello sub r.g. n. 4491 del 2015 determinerebbe, tutt’al più, l’inammissibilità dell’impugnazione limitatamente al M.i.b.a.c.t. per difetto del requisito della soccombenza, giammai dell’appello nella sua globalità.
7. Nel merito, i motivi d’appello sub 2.a), 2.b), 3.a) e 3.b), tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono fondati e meritano accoglimento.
A fronte della fondatezza di tali motivi e la conseguente reiezione dei ricorsi di primo grado nel merito, si può prescindere dell’esame del motivo d’appello sub 3.c).
7.1. Meritano, in primo luogo, accoglimento i motivi d’appello sub 2.a) e 3.a).
Giova premettere che l’oggetto dei ricorsi impugnatori di primo grado è costituito dai seguenti provvedimenti:
(i) dal provvedimento del M.a.t.t.m. n. 115 del 5 aprile 2013, con il quale sono state decretate la compatibilità ambientale (v.i.a.) e l’autorizzazione integrata ambientale al successivo esercizio (a.i.a.) relativamente al progetto proposto da S.E.I. s.p.a., concernente la realizzazione della centrale termoelettrica con opere connesse e del relativo elettrodotto, meglio descritti sopra sub 1.(i), subordinate a una serie di prescrizioni;
(ii) dal provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2012, adottato, a seguito dell’attivazione della procedura di cui all’art. 5, comma 2, lett. c-bis), l. n. 400 del 1988, ai soli fini della composizione del conflitto emerso in sede di v.i.a. tra il parere negativo del M.i.b.a.c.t. e l’orientamento negativo espresso dalla Regione Calabria d’un lato, ed il parere positivo della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale presso presso il M.a.t.t.m. d’altro lato;
(iii) dal parere positivo, con prescrizioni, n. 559 del 21 ottobre 2010 di detta Commissione tecnica.
Trattasi di atti inerenti alla fase sub-procedimentale di v.i.a.-a.i.a. assoggettata alla disciplina di cui agli artt. 10, 25 e 26 d.lgs. n. 152 del 2006 – che si innesta nel procedimento di autorizzazione unica ex d.-l. n. 7 del 2002 (per la centrale), rispettivamente ex d.-l. n. 329 del 2003 (per l’elettrodotto), secondo cui l’esito positivo della v.i.a. costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio –, nel cui ambito il parere regionale è reso ai soli fini istruttori e non è ostativo al rilascio del provvedimento di compatibilità ambientale da parte delle competente amministrazioni statali (M.a.t.t.m. di concerto con il M.i.b.a.c.t.), nella specie tra di loro in contrasto; contrasto, superato dal Consiglio dei Ministri ai sensi del sopra citato art. 5, comma 2, lett. c-bis), l. n. 400 del 1988 con l’adozione del decreto del 15 giugno 2012.
L’intesa ‘forte’ della Regione, ai sensi della giurisprudenza costituzionale citata nell’appellata sentenza, è richiesta nell’ambito del solo procedimento di autorizzazione unica – funzionale alla costruzione dell’infrastruttura –ex d.-l. n. 7 del 2002 (rispettivamente ex d.-l. n. 239 del 2003), ma non anche nell’ambito della fase sub-procedimentale di v.i.a.-a.i.a., dove l’apporto della Regione risulta circoscritto alla sola fase istruttoria in sede di Conferenza di servizi (v. art. 25, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006), non sussistendo un potere di codecisione della Regione sulla v.i.a. di competenza statale (nella specie ai sensi dell’art. 10 d.lgs. n. 152 del 2006 collimante con l’.a.i.a., trattandosi di progetto di competenza statale ricadente nel campo di applicazione di cui all’allegato XII alla Parte Seconda del d.lgs. n. 152 del 2006).
Ne consegue che, nell’impugnata sentenza, erroneamente sono stati applicati alla procedura v.i.a.-a.i.a., oggetto di causa, i principi che presiedono alla disciplina del procedimento autorizzatorio unico ex d.-l. n. 7 del 2002, quale risultante dalla giurisprudenza costituzionale in tema di intesa con le regioni interessate dalla costruzione dell’opera.
Esula, invece, dai limiti oggettivi della presente controversia ogni questione attinente alla legittimità, o meno, degli atti della procedura di autorizzazione unica in sé e per sé considerata – la quale, peraltro, appare a tutt’oggi non definita e pendente dinanzi al M.i.s.e. –, talché nulla è dato statuire al riguardo.
7.2. Sono, altresì, fondati i motivi d’appello sub 2.b) e 3.b), con i quali è dedotta l’erroneità della statuizione di primo grado, secondo cui sia il d.P.C.M. del 15 giugno 2012 che il d.m. n. 115 del 5 aprile 2013 sarebbero inficiati dal vizio di difetto di motivazione in merito alle posizioni contrarie del M.i.b.a.c.t. e della Regione Calabria, emerse nel corso del procedimento.
Infatti, entrambi i provvedimenti impugnati richiamano espressamente per relationem, quale parte integrante, il parere della Commissione tecnica v.i.a.-v.a.s. n. 559 del 21 ottobre 2010, il quale (a pp. 8 e ss.) contiene una precisa, puntuale ed esauriente valutazione delle osservazioni sia della Regione sia del M.i.b.a.c.t.., oltre che degli altri soggetti intervenuti in sede procedimentale (sul principio, secondo cui nel provvedimento amministrativo la motivazione per relationem corrisponde ad una tecnica motivazionale ammessa dall’art. 3 l. n. 241 del 1990, specie allorquando il provvedimento sia preceduto da atti istruttori o da pareri, e purché l’interessato sia messo in grado di prenderne visione, non incidendo siffatto modus operandi sull’essenza dell’operazione valutativa che non ne risulta minimamente sminuita, v., ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 6169; Cons. St., Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4896).
7.3. L’accoglimento degli appelli comporta la reviviscenza dei motivi assorbiti, purché devoluti in appello attraverso l’espressa riproposizione con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio (v. art. 101, comma 2, cod. proc. amm.).
Ebbene, l’unica parte (collettiva) di primo grado ad aver proposto espressamente i motivi medesimi, ai sensi della citata disposizione processuale, sono le associazioni ambientaliste capeggiate da Italia Nostra (v. memoria depositata il 6 giugno 2015, pp. 14 e ss.), mentre nelle memorie di costituzione delle altre parti appellate manca un’espressa dichiarazione idonea a devolvere al presente grado di giudizio i motivi assorbiti [così, la memoria di costituzione di WWF Onlus (ed altri) si limita a riportare i motivi di primo grado in sede di esposizione dello svolgimento del processo, ma senza formulare una dichiarazione espressa di riproposizione nella parte rubricata «Diritto»; anche negli altri atti di costituzione in giudizio manca un’espressa dichiarazione ripropositiva dei motivi assorbiti].
Orbene, i motivi riproposti da Italia Nostra o collidono con la ricostruzione procedimentale sviluppata sopra sub 7.1. o sono manifestamente infondati nella parte in cui deducono il vizio di eccesso di potere sotto vari profili, in particolare sub specie di irragionevolezza, illogicità, contraddittorietà e difetto e carenza di motivazione, nonché la violazione della disciplina, nazionale e europea, in tema di attuazione dell’accordo di Kyoto sull’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra.
Infatti, dall’articolata e puntuale motivazione del parere della Commissione tecnica n. 559 del 21 ottobre 2010 si evince che nell’ambito del procedimento v.i.a.-a.i.a. sono stati bilanciati adeguatamente tutti gli interessi coinvolti – ambiente, salute, attività produttive, tenuto conto dello stato delle conoscenze scientifiche e della sostituibilità delle nuove tecnologie – e sono stati valutati i possibili scenari alternativi sia con riferimento all’impiego di fonti primarie diverse, sia in relazione a differenti ipotesi di reinfrastrutturazione del sito, sia in relazione ad un’eventuale opzione zero (v. pp. 10 ss. del parere), a prescindere dal rilievo, di per sé dirimente, che le censure per la maggior parte impingono nel merito delle scelte amministrative improntate ad un alto tasso di discrezionalità e sono in parte qua inammissibili.
7.4. Per le esposte ragioni, in riforma dell’impugnata sentenza, s’impone la reiezione dei ricorsi di primo grado, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.
8. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti e tra di loro riuniti (ricorsi n. 3974 del 2015 e n. 4491 del 2015), li accoglie e, per l’effetto, respinge i ricorsi di primo grado; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2016, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
Marco Buricelli, Consigliere
Francesco Mele, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)