A cura dell’Avv. Valentina Taborra
Il tema trattato dalla sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, n. 3851/2020, in materia edilizia, concerne la legittimità di un ordine di demolizione adottato dall’Amministrazione comunale in pendenza del procedimento di sanatoria dell’abuso edilizio ex art. 37 comma 4 del DPR 380/2001, ed è questione diversa da quanto oggetto di recente discussione sul nostro sito, con riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1925/2020, nella quale si è parlato delle sorti dell’ordine di demolizione quando, a seguito del ricevimento del provvedimento sanzionatorio, venga presentata istanza di sanatoria.
Nella vicenda che ha occupato il Tar Lazio con la sentenza in commento, la ricorrente, successivamente al sopralluogo della Polizia locale, e quando ancora non le era stato notificato l’ordine di demolizione, depositava al Comune un’istanza di sanatoria ex art. 37 comma 4 del DPR 380/2001, data la conformità delle opere realizzate senza titolo edilizio sia alla disciplina urbanistica vigente al momento della realizzazione dell’intervento abusivo che a quella vigente al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
Per inciso, si ricorda che l’assentibilità del cosiddetto accertamento di conformità, disciplinato dagli artt. 36 e 37 comma 4 del Testo Unico Edilizia (DPR 380/2001), e cioè della richiesta di sanatoria di interventi edilizi realizzati in assenza di permesso di costruire e SCIA o in difformità da essi, è condizionata al presupposto della doppia conformità dell’opera, sia alla normativa in vigore al tempo dell’abuso, sia a quella vigente al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria.
Comunque, nel caso di specie, in pendenza del procedimento di sanatoria avviato con la domanda ex art. 37 citato, l’Amministrazione comunale notificava all’Istante l’ordine di demolizione dell’opera abusiva e, presentato ricorso avverso tale provvedimento sanzionatorio, con la sentenza n. 3851/2020, il Tar Lazio, sede di Roma, ha ritenuto l’illegittimità dell’ordine di demolizione, in quanto, in pendenza della sanatoria chiesta dalla ricorrente, il Comune si sarebbe dovuto astenere dall’esercizio del potere sanzionatorio, rinviando ogni determinazione, peraltro da adottare con provvedimento espresso, all’esito del procedimento di sanatoria.
Infatti, altra questione affrontata dalla pronuncia in commento è proprio la differenza tra l’art. 36 e l’art. 37 del DPR 380/2001, in tema di applicabilità del meccanismo del silenzio – diniego.
L’accertamento di conformità ex art. 36 prevede espressamente che, in caso di mancata risposta dell’Amministrazione sull’istanza di sanatoria, entro 60 giorni dalla presentazione della richiesta, questa si intende rifiutata, mentre, niente di esplicito in tal senso è previsto dal successivo art. 37, così che, in quest’ultimo caso, chiarisce il Giudice, non è da intendersi applicabile il meccanismo del silenzio – rigetto, dovendo il Comune determinarsi, in ogni caso, con provvedimento espresso.
Per completezza di trattazione del tema si segnala che di recente abbiamo pubblicato un articolo sulla sentenza del Tar Campania n. 1213/2020 che si è occupata di un caso simile a quello della sentenza del Tar Lazio oggi in commento, ma, in quella sede, il Giudice amministrativo, nonostante il ricorrente lamentasse che il Comune non avrebbe potuto irrogare la sanzione demolitoria finché non si fosse pronunciato sull’istanza di accertamento di conformità presentato, ha respinto la doglianza premettendo che, “nel procedimento di repressione degli abusi edilizi, finalizzato all’adozione dell’ordine di demolizione, l’autorità comunale non è tenuta a verificare la legittimità o la sanabilità delle opere contestate, poiché è sufficiente che sia rilevata l’assenza del titolo edilizio a supporto delle opere realizzate. Gli artt. 27 e 31 DPR 380/2001, obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l’abuso, senza alcuna valutazione circa la sanabilità dello stesso, la quale può rilevare solo nella fase relativa all’accertamento di conformità di cui all’art. 36 DPR 380/2001”.
N. 03851/2020 REG.PROV.COLL.
N. 10262/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10262 del 2017, proposto dalla sig.ra Giuseppone Alessandra, rappresentata e difesa dagli avv.ti Federica Cavalieri e Elisabetta Rossi, con domicilio eletto in Roma, in Roma, Via Valerio Publicola n. 67;
CONTRO
Comune di Ardea, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
PER L’ANNULLAMENTO
previa sospensione dell’efficacia
quanto al ricorso principale:
– dell’ordinanza di demolizione n.130 del 26/07/2017, notificata il 28/08/2017 adottata dal Dirigente Area IV, Servizio Territorio del Comune di Ardea;
– di tutti gli atti preordinati, presupposti e consequenziali, comunque connessi;
quanto al ricorso per motivi aggiunti depositati in data 8.02.2019:
– del diniego definitivo di sanatoria prot. n. 74030 del 31 dicembre 2018 adottato dal Comune di Ardea ex art. 37 T.U. 380/01;
– di tutti gli atti preordinati, presupposti e consequenziali, comunque connessi.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 84 D.L. n. 18/2020.
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 aprile 2020 la dott.ssa Roberta Mazzulla;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso tempestivamente notificato e depositato in data 26.10.2017, la ricorrente, quale proprietaria della porzione immobiliare sita nel Comune di Ardea, Via Monreale n. 16, composta da piano terra e seminterrato, con annessa corte di pertinenza esclusiva della superficie di circa mq. 500, in Catasto Fabbricati al foglio n. 47, particella 2371, assistita da concessione edilizia in sanatoria n. 3192 del 25 giugno 2002, ha impugnato l’ordinanza n. 130 del 26/07/2017 con cui il predetto Comune, all’esito del sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale in data 17/03/2017, le ha ingiunto, ex art. 33 D.P.R. n. 380/2001, la demolizione di una serie articolata di opere edilizie, ritenendole eseguite in difformità al predetto titolo edilizio.
1.2 Più precisamente, ad avviso del Comune, l’odierna ricorrente avrebbe, sine titulo, modificato ed ampliato la sagoma dell’immobile, nella parte posteriore, in corrispondenza della via Monreale, mediante l’esecuzione dei seguenti interventi: “ampliamento della superficie utile abitabile pari a mq 34, sviluppanti una cubatura pari a circa 100 mc; realizzazione sul retro di un portico/veranda per una superficie di circa mq 48, all’interno della quale risulta realizzato un angolo cottura; chiusura con vetrata della logia di ingresso per una superficie di circa 24 mq. per un volume di circa 72 mc.; Realizzazione di tre porticati di cui due antistanti sviluppanti una superficie di 19 mq. E di 14 mq. Ed un prospiciente il lato ovest di circa mq. 24.00; Al piano interrato dello stabile è situata la cantina, che per circa metà della superficie, per un totale di 50 mq. circa ha subito un cambio di destinazione d’uso, in quanto risulta un angolo cottura con taverna, un camino, un bagno e un ripostiglio; nell’area di sedime della particella 2371, verso Via Pisa, è stata realizzata una piscina di circa mq. 86.00, con adiacente un locale tecnico avente pianta rettangolare di superficie di mq. 6,00 circa, altezza variabile da ml 0,95 a ml. 1,45; a ridosso della recinzione su Via Monreale è presente una doccia aperta in muratura; a ridosso del confine su Via Monreale è stato realizzato un locale in muratura destinato a ricovero cani di mq. 7,72 con altezza variabile da ml. 1,30 a ml. 1,80; realizzazione di un locale spogliatoio/bagno di mq. 6,30 circa alto ml. 2.35; realizzazione di una tettoia in legno strutturale poggiante su sei pilastri in cemento rivestiti in pietra, la superficie coperta sviluppa un’area di circa mq. 59,00”.
2. Il gravame risulta affidato ai motivi di diritto appresso sintetizzati.
– “1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 33 e 37 del D.P.R. 380/01, Violazione e falsa applicazione dell’art. 3/5 della L.R. 21/2009 c.m. L.R. 10/2011. Violazione del giusto procedimento di legge; eccesso di potere per errore nei presupposti in fatto e in diritto; eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento; arbitrarietà, illogicità ed ingiustizia manifesta, in quanto l’impugnata ordinanza comprenderebbe opere oggetto di istanza di sanatoria non ancora esitata”;
– “2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 L.R. n. 15/08. Eccesso di potere. Contraddittorietà tra atti della stessa amministrazione”.
In epoca successiva alla realizzazione del sopralluogo da parte della Polizia Locale, e precisamente in data 31 maggio 2017, la ricorrente depositava istanza di sanatoria ex art. 37, comma 4, D.P.R. n. 380/2001 (prot. n. 33815 del 31.05.2017).
Ciò sul presupposto che gli interventi abusivi fossero conformi alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione della domanda ex art. 37 citato D.P.R. (cd. doppia conformità), con conseguente assentibilità della sanatoria.
In pendenza del procedimento amministrativo avviato con il deposito di tale richiesta, l’ente locale non avrebbe, dunque, potuto esercitare il potere sanzionatorio di cui all’art. 33 D.P.R. n. 380/2001, con conseguente illegittimità dell’ordinanza di demolizione oggetto di gravame, adottata in data 26/07/2017.
Inoltre, ingiungendo la demolizione senza attendere la definizione del procedimento di cui all’art. 37 D.P.R. n. 380/2001, l’ente locale sarebbe caduto in contraddizione rispetto all’avviso, reso nel corpo della stessa ordinanza gravata, circa la possibilità di chiedere la sanatoria.
3. Il Comune di Ardea, pur non costituendosi nelle forme di rito, in data 15.01.2019, ha versato agli atti del giudizio il diniego di sanatoria prot. n. 74030 del 31.12.2018, medio tempore adottato sulla scorta della seguente motivazione: “il cd. piano casa non può essere applicato in funzione di sanatoria di opere, anche parzialmente, abusive”.
4. Avverso il diniego in questione, la ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti, affidato ai motivi di diritto appresso sintetizzati.
“1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 33, 36 e 37 del D.P.R. 380/01, Violazione e falsa applicazione dell’art. 3/5 della L.R. 21/2009 c.m. L.R. 10/2011. Violazione del giusto procedimento di legge; eccesso di potere per errore nei presupposti in fatto e in diritto; eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento dei fatti; arbitrarietà, illogicità ed ingiustizia manifesta. Carenza di motivazione”.
Il Comune avrebbe erroneamente inserito, nel novero delle opere edilizie oggetto della denegata richiesta di sanatoria ex art. 37 D.P.R. n. 380/2001, anche porzioni del preesistente fabbricato, ritenute legittime in quanto già sanate in forza del permesso di costruire n. 3192 del 25 giugno 2002, rilasciato in favore della dante causa della ricorrente.
Inoltre, le disposizioni normative di cui alla L.R. Lazio n. 21/2009, modificata dalla L.R. 10/2011 e s.m.i. (cd. Piano casa), rientrerebbero nella complessiva disciplina urbanistica ed edilizia che il Comune avrebbe dovuto utilizzare quale parametro di riferimento per l’accertamento, ex art. 37 D.P.R. n. 380/2001, della cd. doppia conformità dei lavori edilizi realizzati sine titulo.
Si tratterebbe, invero, di un’attività edilizia di ampliamento del preesistente fabbricato, assistito da permesso di costruire in sanatoria, pienamente coerente, per una parte, con le previsioni, derogatorie agli strumenti urbanistici, dettate dal legislatore regionale con la l. n. 21/2009 e, per la restante parte, con le norme di cui al Regolamento Edilizio del Comune di Ardea, complessivamente vigenti sia al momento dell’abuso sia al momento della presentazione della domanda.
Il diniego di sanatoria sarebbe stato, dunque, adottato a valle di un’istruttoria lacunosa e deficitaria nel corso della quale non sarebbero presi in considerazione gli apporti endo-procedimentali offerti dalla ricorrente, per come reso palese dallo scarno impianto motivazionale posto a base del provvedimento gravato.
In particolare, il rigetto sarebbe stato motivato interamente in funzione della pretesa non applicabilità della normativa sul cd. “piano casa”, senza tener conto delle oggettive differenze esistenti tra gli interventi effettuati dalla ricorrente. Per buona parte dei lavori non sarebbe stata, infatti, richiesta l’applicazione della normativa speciale summenzionata, stante l’operatività del regolamento comunale.
Il provvedimento impugnato risulterebbe carente di siffatta necessaria distinzione, con conseguente insufficienza della relativa motivazione.
5. All’esito della camera di consiglio del 12.03.2019, il Tribunale, con ordinanza n. 1666 del 14.03.2019, ha sospeso l’efficacia dell’ordine di demolizione impugnato con il ricorso principale, anche ai fini del riesame del diniego di condono gravato con i motivi aggiunti e ciò previa valutazione del cd. fumus boni iuris, avuto specifico riguardo al prospettato deficit motivazionale del diniego di condono.
6. In data 19.02.2020 la ricorrente ha versato agli atti del giudizio la nota prot. n. 713 dell’8.01.2020, con cui il Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Ardea, dopo aver riaperto l’istruttoria ed esaminato gli ulteriori apporti procedimentali offerti dalla ricorrente (integrazione prot. n. 56736 del 16.10.2019), comunicava a quest’ultima che le opere edilizie oggetto della richiesta di sanatoria prot. n. 33815 del 31.05.2017 sono “compatibili con gli strumenti urbanistici”, pur mancando, ai fini della definizione della pratica, la documentazione comprovante il possesso dei cd. requisiti “prima casa” nonché le ricevute di pagamento delle somme dovute a titolo di sanzioni, costo di costruzione, oneri di urbanizzazione, oneri di monetizzazione standard.
6.1 Parte ricorrente ha, altresì, depositato, sempre in data 19.02.2020, copia dell’attestazione di deposito della documentazione richiesta, effettuato in data 15.01.2020.
7. In occasione della pubblica udienza del 7.04.2020, in vista della quale la ricorrente ha insistito nell’accoglimento del gravame, la cui fondatezza risulterebbe comprovata dagli esiti della rinnovata istruttoria, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Il ricorso, per come integrato da motivi aggiunti, è fondato.
9. Quanto all’impugnazione dell’ordine di demolizione n. 130 del 26.07.2017, gravato con il ricorso principale, coglie nel segno la preliminare ed assorbente censura secondo cui, in pendenza della sanatoria chiesta dalla ricorrente, in data 31.05.2017, ex art. 37 D.P.R. n. 380/2001, il Comune di Ardea si sarebbe dovuto astenere dall’esercizio del potere sanzionatorio, rinviando ogni determinazione all’esito del procedimento di sanatoria, peraltro da concludersi mediante l’adozione di un provvedimento espresso e motivato, non essendo applicabile il meccanismo del silenzio-diniego di cui all’art. 36 citato D.P.R. (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 03/10/2018, n. 5779).
9.1 Quanto sopra trova conferma in quel consolidato orientamento della giurisprudenza, pienamente condiviso dal Collegio, secondo cui “Non può ravvisarsi nella fattispecie di sanatoria di cui all’art. 37, d.P.R. n. 380 del 2001 un’ipotesi di silenzio significativo in termini di accoglimento, dal momento che l’art. 37 non solo non prevede esplicitamente un’ipotesi di silenzio significativo, a differenza dell’art. 36 del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001, ma al contrario stabilisce che il procedimento si chiuda con un provvedimento espresso, con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento. Dalla lettura della norma emerge che la definizione della procedura di sanatoria non può prescindere dall’intervento del responsabile del procedimento competente a determinare, in caso di esito favorevole, il quantum della somma dovuta sulla base della valutazione dell’aumento di valore dell’immobile compiuta dall’Agenzia del Territorio” (così Tar Campania, Salerno, sez. II, 23/08/2019, n. 01480/2019; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 23/05/2019, n.2755; sez. II, 23/04/2019, n.2233; sez. VIII, 06/06/2016, n.2794; sez. VIII, 14 maggio 2014 n. 2668; id., sez. VI, 2 luglio 2012 n. 3111; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 7 maggio 2015 n. 789; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 02/07/2012, n.3111).
10. Quanto all’impugnazione del diniego di condono, si rileva, in via preliminare, l’insussistenza dei presupposti per una declaratoria di cessazione della materia del contendere.
11. Ed invero malgrado il Comune, all’esito della rinnovata istruttoria del procedimento ex art. 37 T.U.E. – nel corso del quale parte ricorrente ha fornito ulteriori apporti difensivi e documentali – abbia recentemente (nota prot. n. 713 dell’8.01.2020) valutato, in distonia con il gravato diniego di condono, la compatibilità delle opere edilizie con gli strumenti urbanistici, la pratica di sanatoria non risulta, allo stato, ancora conclusa, mediante l’adozione di un espresso e motivato provvedimento edilizio in sanatoria.
11.1 Ne consegue l’impossibilità di affermare che la pretesa della ricorrente sia stata pienamente soddisfatta nelle more del giudizio e, dunque, l’obbligo per il Tribunale di esaminare i motivi di gravame posti a base del ricorso per motivi aggiunti.
12. Coglie nel segno la censura tesa a valorizzare il deficit istruttorio e motivazionale del gravato diniego.
13. Il Comune di Ardea ha, infatti, rigettato tout court la richiesta senza procedere alla puntuale identificazione – resa doverosa in considerazione della corposa documentazione versata dalla ricorrente agli atti del procedimento – delle singole opere edilizie oggetto di sanatoria ex art. 37 D.P.R. n. 380/2001.
13.1 Siffatta identificazione risultava necessaria non soltanto al fine di distinguere le opere de quibus da quelle “coperte” dal precedente permesso di costruire in sanatoria n. 3192 del 2012 ma anche allo scopo di accertare il rispetto disciplina urbanistica ed edilizia di riferimento – L.R. n. 21/2009 ovvero Regolamento edilizio comunale – in attuazione del parametro della cd. doppia conformità di cui al citato art. 37.
13.2 Il suddetto deficit istruttorio – disvelato dal succinto e generico impianto motivazionale che correda il gravato diniego – risulta del resto, comprovato dal tenore della nota prot. n. 713 dell’8.01.2020 con cui il Comune, dopo aver rinnovato il procedimento, previa acquisizione di ulteriori elementi di indagine forniti dalla stessa ricorrente (integrazione prot. n. 56736 del 16.10.2019), ha ritenuto che le opere edilizie dalla stessa realizzate siano “compatibili con gli strumenti urbanistici”, così valutando la sussistenza dei presupposti per la relativa sanatoria.
14. In conclusione, il ricorso, per come integrato da motivi aggiunti, è fondato.
14.1 Ne consegue l’annullamento tanto dell’ordinanza di demolizione n. 130 del 26/07/2017 quanto del diniego definitivo di sanatoria prot. n. 74030 del 31 dicembre 2018, entrambi adottati dal Comune di Ardea.
15. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – (Sezione Seconda Quater) – definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto ed integrato da motivi aggiunti, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza di demolizione n. 130 del 26/07/2017 ed il diniego definitivo di sanatoria prot. n. 74030 del 31 dicembre 2018, adottati dal Comune di Ardea.
Condanna il Comune di Ardea al pagamento in favore della ricorrente della complessiva somma di € 2.000,00 a titolo di spese di lite, oltre IVA e CPA e rimborso del contributo unificato come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2020 con l’intervento dei magistrati:
Donatella Scala, Presidente
Floriana Rizzetto, Consigliere
Roberta Mazzulla, Referendario, Estensore