Con la sentenza in commento, n. 272 del 21 dicembre 2020, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale della legge della Regione Marche n. 29/2019, Criteri localizzativi degli impianti di combustione dei rifiuti e del CSS.
La legge regionale prevede(va) dei criteri particolarmente restrittivi per l’individuazione di siti idonei ad ospitare impianti di combustione di combustibile solido secondario (CSS), andando a porre un divieto di localizzazione in un raggio di 5 chilometri dai centri abitati e da “funzioni sensibili”, con ciò intendendosi strutture scolastiche, sanitarie e case circondariali.
Tra le varie censure mosse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Corte ha ritenuto fondata quella relativa all’art. 117, co.2, lett. s) Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva Statale la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Gli artt. 195, co. 1, lett. p), e 196, co. 1, lett. n) e o) del d. lgs. n. 152/2006 demandano infatti alla Regione la definizione dei criteri per l’individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti.
Tale individuazione, a norma, dell’art. 199, co. 3, lett. l) si iscrive nel procedimento di pianificazione volto ad ordinare la gestione dei rifiuti (il piano regionale di gestione dei rifiuti).
Proprio sotto tale profilo il Giudice delle Leggi ha ritenuto che la decisione del legislatore Regionale di utilizzare la legge regionale sia in contrasto con le previsioni nazionali in quanto è “solo nella sede procedimentale […] che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela“.
Afferma infatti la Corte che “L’attività di pianificazione è per propria natura devoluta a realizzare una trama unitaria nell’assetto del territorio, ove confluiscono i più vari, e talvolta divergenti, interessi che la legge persegue. Sempre più presente nell’ordinamento, e tipica dell’attività amministrativa, è perciò l’esigenza di raggiungere un punto di sintesi, adottando scelte non frazionate, ma sensibili al contesto di pianificazione al quale vengono a sovrapporsi“.
Oltre a questa essenza, potremmo dire, ontologica della pianificazione è lo stesso d. lgs. n. 152/2006 a stabilire all’art. 199, co. 1 che il piano di gestione dei rifiuti deve essere adottato a conclusione di un procedimento amministrativo che permetta la partecipazione di operatori economici privati, enti pubblici e che consenta il coordinamento con gli altri atti pianificatori regionali.
Il divieto della disposizione regionale impugnata, di converso, neppure prende in considerazione la concomitante pianificazione regionale, non è partecipato in alcun modo e per di più non prende in considerazione la conformazione geomorfologica del territorio, ponendo un divieto astratto che ostacola – se non, addirittura, impedisce – l’individuazione di aree idonee alla realizzazione degli impianti.
Del tema del favor partecipationis e sulla necessità di contemperare e comparare gli interessi pubblici e privati sottesi a atti di pianificazione in materia di gestione di rifiuti si è già parlato.
In quel caso l’Ordinanza del T.A.R. Lazio – Roma n. 4574/2018 aveva rimesso alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale sulla necessità di effettuare la VAS del DPCM del 10/08/2016 (il quale individua la capacità complessiva degli impianti di incenerimento rifiuti urbani e il fabbisogno residuo da coprire mediante nuovi impianti).
Il Giudice comunitario con la sent. 8 maggio 2019 C-305/18 ha ritenuto che una normativa nazionale che definisca un insieme significativo di criteri e di modalità (intesi in senso qualitativo-sostanziale) per l’autorizzazione e l’attuazione di uno o più progetti idonei ad avere un impatto notevole sull’ambiente rientri nella definizione di “piani e programmi” data dalla Direttiva VAS (viene lasciata al prudente apprezzamento del giudice del rinvio la valutazione sulla portata degli effetti ambientali significativi da parte del DPCM 10/08/2016, al fine di decidere se la VAS sia necessaria o meno).
Come anche nel caso dei termovalorizzatori della Regione Marche, l’utilizzo di uno strumento normativo non deve permettere l’elusione di obblighi determinati dalla legge (o dalla normativa comunitaria).
Che siano le norme sul procedimento amministrativo o quelle sulla VAS, che in ogni caso sono strettamente connesse, data la consequenzialità tra pianificazione e Valutazione Ambientale, ciò che più conta è la tutela e la contemperazione di tutti gli interessi, ambientali e non, coinvolti dalle scelte di localizzazione degli impianti.