Il bilanciamento dell’interesse pubblico privato nell’esercizio dei poteri di autotutela da parte della Pubblica Amministrazione

Pubblicato il 23-03-2020
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A cura del Dott. Matteo Pulcini

La recente pronuncia del T.A.R. Toscana in commento ripropone la dibattuta questione della legittimità dell’esercizio dei poteri di autotutela da parte dell’amministrazione.

Nel caso di specie nel 2019 la P. A. aveva annullato in autotutela l’affidamento in project financing di una concessione di costruzione e gestione di alcuni parcheggi, della durata di 32 anni e 6 mesi con decorrenza dal settembre 2011, motivando circa l’illegittimità originaria del bando di gara e del capitolato in quanto violativi dei principi comunitari in tema di concorrenza.

Contro l’esercizio di tale potere era insorto il privato concessionario ad-ducendo una carenza di motivazione circa l’attuale e concreto interesse pubblico cui sottenderebbe l’esercizio dell’annullamento in autotutela.

I consiglieri del T.A.R. Toscana, sotto questo profilo, hanno ritenuto fondato il ricorso. Si legge, infatti, nella motivazione del provvedimento impugnato, che sussisterebbe «un interesse pubblico attuale all’annullamento d’ufficio degli atti illegittimi citati in quanto la prosecuzione dell’esecuzione e dell’attuazione di atti che appaiono palesemente illegittimi rischierebbe di aggravare una situazione di illegittimità dannosa che potrebbe essere rilevata successivamente, anche d’ufficio, con aggravamento degli oneri economici a carico del Comune che non la avrebbe fatta cessare» e che «la risoluzione della vicenda contrattuale impedirebbe al Comune di riacquistare il possesso delle aree e, quindi, l’impossibilità di utilizzarle per fini pubblici, con grave danno per la collettività»; infine il Comune riteneva doveroso l’attivarsi per l’annullamento di atti illegittimi o per l’accertamento di nullità radicali.

Il T.A.R. Toscana ribadisce invece quali siano gli oneri motivazionali cui deve sottostare la P.A. in casi del genere e cioè «che i provvedimenti di annullamento di ufficio devono essere sorretti da una motivazione circa l’interesse pubblico concreto alla rimozione degli effetti prodotti dall’atto illegittimo che deve risultare proporzionato al tempo trascorso (non potendosi applicare nella specie ratione temporis il limite dei 18 mesi) ed agli affidamenti medio tempore maturati di cui l’amministrazione deve tenere conto in un’ottica comparativa». È evidente la carenza di motivazione sotto tale profilo: non viene individuato concretamente l’interesse pubblico da tutelare, ma solo indicato genericamente con un’affermazione che lo stesso Tribunale non esita a definire «tautologica»; inoltre l’affermazione secondo cui la sopravvivenza degli atti illegittimi avrebbe impedito un utilizzo a fini pubblici delle aree date in concessione è ovviamente smentita dal fatto che le stesse fossero state effettivamente utilizzate per la realizzazione di parcheggi (e quindi per un fine pubblico).

Manca quindi del tutto il bilanciamento tra interessi privati e pubblici, ponderati dal tempo trascorso. Sarebbe risultato sicuramente prevalente l’interesse del privato che da 8 anni svolge un pubblico servizio, confortato an-che da atti successivi della Pubblica Amministrazione, rispetto alla tutela (tardi-va) della concorrenza da parte del Comune.

Ed in termini più generali sulla vexata quaestio del termine di esercizio dello jus poenitendi, fissato nel massimo dalla novella della L. 124/2015 in 18 mesi, è intervenuta di recente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Sen-tenza 17 ottobre 2017, n. 8), nella materia edilizia.

Per molto tempo infatti la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto una sorta di zona franca per le Pubbliche Amministrazioni nell’annullamento in autotutela di titoli edilizi illegittimi molto risalenti nel tempo.

I giudici di Palazzo Spada hanno posto un freno a tale interpretazione restrittiva dell’onere motivazionale in capo alla P.A. stabilendo che «nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 – l’annullamento d’ufficio di un titolo edili-zio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole» con le ulteriori precisazioni che

«i) che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine “ragionevole” per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro;

ii) che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi);

iii) che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto at-traverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte».

A fronte di un considerevole decorso di tempo deve quindi ritenersi attenuato l’obbligo motivazionale solamente in casi limite quali:

  1. False prospettazioni alla base del provvedimento ampliativo;
  2. Interessi pubblici di particolare importanza (il Consiglio di Stato parla di «tutela di preminenti valori pubblici di carattere – per così dire – “autoevidente”») come, ad esempio, il vincolo di inedificabilità assoluta o caratterizzata da grave rischio sismico.

In ogni altro caso deve quindi ritenersi che il decorso del tempo possa essere idoneo ad ingenerare il legittimo affidamento del privato che si sia relazionato correttamente ed in buona fede con la Pubblica Amministrazione (come nel caso della sentenza in commento).

N. 00267/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00831/2019 REG.RIC.

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 831 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Pe.Par. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Elisa Burlamacchi, Marco Baldassarri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Elisa Burlamacchi in Firenze, via degli Artisti n. 20;

CONTRO

Comune di Pescia, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Pignatelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Claudio Bargellini in Firenze, piazza Indipendenza 10;

PER L’ANNULLAMENTO

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

– della determinazione 21.5.2019, n. 958 del dirigente del Settore 3 Gestione del Territorio del Comune di Pescia recante: 1) la presa d’atto dell’annullamento in autotutela della delibera G.C. 23.2.2010, n. 52, e della delibera G.C. 1.9.2011, n. 210; 2) proposta alla Giunta di non annullamento in autotutela della delibera G.C. 9.9.2008, n. 227 e delle determinazioni dirigenziali 22.11.2008, n. 43 e 12.1.2009, n. 2; 3) proposta alla Giunta di annullamento in autotutela della delibera G.C. 18.10.2011, n. 235;

– della delibera G.C. 21.5.2019, n. 108, recante: I) presa d’atto della proposta del dirigente di annullamento della delibera G.C. 18.10.2011, n. 235; II) annullamento in autotutela della delibera G.C. 18.10.2011, n. 235; III) revoca dell’annullamento in autotutela della delibera G.C. 9.9.2008, n. 227 e delle determinazioni dirigenziali 22.11.2008, n. 43 e 12.1.2009, n. 2; IV) presa d’atto dell’esito delle perizie tecniche redatte dall’Ing. Claudio Barghini; V) approvazione degli atti contabili redatti dall’Ing. Claudio Barghini; VI) incarico al dirigente del Servizio 3 Gestione del Territorio di “avviare e concludere il procedimento”; VII) mandato al dirigente del Servizio Affari Generali di conferire incarico legale per l’esercizio di un’azione di annullamento della scrittura privata autenticata del 2.9.2011 e della scrittura privata del 19.10.2011; VIII) la disposizione sin d’ora della restituzione dei beni al Comune, con provvedimento da adottarsi in via autoritativa ai sensi e per gli effetti degli artt. 823, 824 e 828 del Codice Civile.

– nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso se lesivo fra cui la delibera G.C. 2.4.2019, n. 81, la nota del dirigente del Settore 3 Gestione del Territorio del Comune di Pescia 8.4.2019 e la nota del dirigente del Settore 3 Gestione del Territorio del Comune di Pescia 23.5.2019;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da PE.PAR. SRL il 16\9\2019 :

per l’annullamento della delibera G.C. 2.7.2019, n. 142, del Comune di Pescia e della determinazione 2.7.2019, n. 1301, del Dirigente del Settore 3 Gestione del Territorio del Comune di Pescia, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso se lesivo

  • Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
  • Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Pescia;
  • Visti tutti gli atti della causa;
  • Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2020 il consigliere Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

La S.r.l. Pe.Par impugna i provvedimenti in epigrafe tramite i quali il Comune di Pescia ha annullato in via di autotutela l’affidamento in project financing della concessione di costruzione e gestione avente ad oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva e la realizzazione di cinque parcheggi ubicati nella “Zona Ospedaliera” e di un parcheggio nella zona “ex Mercato dei Fiori” per un periodo di 32 anni e 6 mesi con decorrenza dal 2 settembre 2011 e, quindi, fino al 1 Marzo 2044.

Il predetto Comune ha ritenuto: a) che bando e il capitolato (adottati con determina n. 193 del 06/04/2007) in forza dei quali fu indetta la procedura di avviso pubblico sarebbero illegittimi per violazione del codice degli appalti, nello specifico artt. 143,144,153, 83 (nel testo vigente al momento della redazione degli atti) e in contrasto con i principi comunitari in materia di concorrenza e specificatamente in violazione della direttiva 2004/18/CE, in quanto avrebbero concretamente impedito seppur potenzialmente, la presentazione di offerte qualitativamente e quantitativamente concorrenziali rispetto alla proposta del proponente e, quindi, reso impossibile una verifica di mercato della proposta medesima; b) che le deliberazioni G.C. n. 52 del 23/02/2010 e n. 210 del 01/09/2011 con le quali fi disposta la modifica delle condizioni originarie della concessione sarebbero illegittime per violazione del codice degli appalti in quanto, invece di procedere all’annullamento (doveroso) della gara e all’indizione di una nuova gara, avviano una trattativa privata con l’associazione di imprese Incerpi-Carep-Copit che ha condotto all’approvazione di una proposta completamente diversa e nuova in violazione, altresì, dei principi comunitari in tema di concorrenza; c) che la scrittura privata autenticata  del 02/09/2011, in quanto conseguente all’annullamento di atti illegittimi presupposti, sarebbe annullabile; c) che tale scrittura sarebbe altresì nulla per violazione della L.13/08/2010, n. 136, art.3 (tracciabilità dei flussi finanziari) e per il fatto che l’amministrazione mai si è espressa in merito attraverso i suoi organi, né avrebbe mai autorizzato il dirigente a sottoscrivere l’atto costitutivo del diritto di superficie; d) sussisterebbe “un interesse pubblico attuale all’annullamento d’ufficio degli atti illegittimi citati in quanto la prosecuzione dell’esecuzione e dell’attuazione di atti che appaiono palesemente illegittimi rischierebbe di aggravare una situazione di illegittimità dannosa che potrebbe essere rilevata successivamente, anche d’ufficio, con aggravamento degli oneri economici a carico del Comune che non la avrebbe fatta cessare” e, inoltre, “la risoluzione della vicenda contrattuale impedirebbe al Comune di riacquistare il possesso delle aree e, quindi, l’impossibilità di utilizzarle per fini pubblici, con grave danno per la collettività”; e) In termini giuridici, di buon andamento ed efficienza della P.A., in quanto sarebbe doveroso chela stessa   si attivi per l’annullamento di atti illegittimi o per l’accertamento della nullità di atti radicalmente nulli.

Con il secondo motivo di ricorso Pe.Par deduce la violazione dell’art. 21 nonies della L. 241 1990 in quanto il provvedimento di annullamento non sarebbe supportato da una sufficiente e plausibile motivazione relativa all’interesse pubblico concreto anche alla luce del lungo tempo trascorso dall’intervenuto affidamento e del fatto che il contratto ha avuto esecuzione ingenerando così affidamento meritevole di tutela.

Prima di prendere in esame tale censura (che, come si dirà, è fondata) il Collegio ritiene di dover operare una precisazione sui limiti della giurisdizione del g.a. sulla convenzione di cui il Comune ha postulato non solo la annullabilità per il venir meno del provvedimento di affidamento ma anche la nullità in relazione alla violazione della normativa sull’antiriciclaggio e per difetto di autorizzazione alla costituzione del diritto di superficie.

In relazione a tali ultimi due profili non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.

La Corte suprema di Cassazione ha infatti affermato che il perimetro della giurisdizione amministrativa sui contratti di concessione di costruzione non è diverso da quello sussistente con riguardo ai comuni contratti di appalto con la conseguenza che la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, si estende alle questioni inerenti l’adempimento e l’inadempimento della concessione, nonché le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la P.A. eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge (ordinanza 8 luglio 2019, n. 18267).

Alla luce di tale premessa la cognizione di questo Tribunale sulla vicenda dedotta nel ricorso deve ritenersi limitata ai profili inerenti la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela non potendo invece estendersi alle questioni inerenti la validità del contratto su cui deve, invece, pronunciarsi il g.o.

Premesso ciò la censura con cui si deduce il cattivo esercizio del potere di autotutela è fondata.

E’ noto che i provvedimenti di annullamento di ufficio devono essere sorretti da una motivazione circa l’interesse pubblico concreto alla rimozione degli effetti prodotti dall’atto illegittimo che deve risultare proporzionato al tempo trascorso (non potendosi applicare nella specie ratione temporis il limite dei 18 mesi) ed agli affidamenti medio tempore maturati di cui l’amministrazione deve tenere conto in un’ottica comparativa.

Nella specie dalla motivazione del provvedimento impugnato non è dato evincere quale sia l’interesse del Comune di Pescia all’annullamento dell’affidamento di una concessione rilasciata nel 2011 e in esecuzione della quale sono state realizzate diverse ed importanti opere pubbliche.

L’affermazione secondo cui la situazione di illegittimità degli atti potrebbe essere rilevata successivamente, anche d’ufficio, con aggravamento degli oneri economici a carico del Comune che non avrebbe fatto cessare le irregolarità in tempo utile è errata e tautologica non essendovi alcun obbligo di far cessare gli effetti di atti asseritamente illegittimi ma solo un potere che va esercitato con le modalità di cui sopra si è fatto cenno.

Dallo stesso errore appare inficiata l’ulteriore considerazione secondo cui i principi di buon andamento ed efficienza della P.A., imporrebbero che la stessa si attivi per l’annullamento di atti illegittimi o per l’accertamento della nullità di atti radicalmente nulli.

Quanto poi all’intento di procedere al recupero delle aree concesse per la realizzazione dei parcheggi, si tratta di elemento non idoneo ad integrare la motivazione richiesta dall’art. 21 nonies della legge 241/90 atteso che le aree predette sono già utilizzate per scopi di interesse pubblico e non è dato evincere quale sarebbero i vantaggi che la collettività otterrebbe qualora cessasse la gestione di Pe.Par in relazione ai consistenti affidamenti da essa maturati.

Tali vantaggi non potrebbero peraltro essere correlati all’asserito inadempimento da parte di Pe.Par degli obblighi discendenti dalla convenzione essendo diversi gli strumenti, eventualmente, attivabili per farvi fronte.

Per tale assorbente profilo il ricorso deve essere accolto nella parte in cui rileva il cattivo esercizio del potere di autotutela.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato un ulteriore provvedimento con il quale il Comune di Pescia ha confermato gli atti di annullamento precedentemente adottati, dichiarato caducate le scritture private a suo tempo sottoscritte per l’affidamento della concessione, disposto di procedere al recupero delle aree in via di autotutela esecutiva.

Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione nella parte in cui investe la declaratoria di nullità o inefficacia delle scritture già stipulate.

Le ragioni del difetto di cognizione del g.a. sono già state sopra esplicitate.

E’ solo il caso di aggiungere che, sulla scorta della richiamata giurisprudenza delle SSUU, il Comune rispetto al contratto di concessione non gode di alcun potere autoritativo rivestendo rispetto ad esso ed ai sui effetti una posizione paritetica identica a quella propria di qualunque privato contraente.

Rispetto alla parte in cui viene manifestata intenzione di procedere al recupero coattivo delle aree concesse il ricorso è inammissibile per carenza di interesse trattandosi di una manifestazione di volontà meramente programmatica che prelude alla adozione di ulteriori provvedimenti ai quali soli potrà, eventualmente, essere attribuita natura lesiva.

Per la parte relativa alla conferma dell’annullamento d’ufficio precedentemente disposta il ricorso è fondato per le ragioni già sopra evidenziate che possono estendersi anche ai contenuti del nuovo provvedimento che nulla aggiungono a quelli originari.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: a) dichiara il proprio difetto di giurisdizione in ordine alla validità del contratto di concessione di costruzione e gestione; b) accoglie la domanda caducatoria del provvedimento di autotutela ai sensi dell’art. 21 nonies della L. 241/90 che, per l’effetto, annulla; c) condanna il Comune di Pescia alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 6.000 oltre IVA e c.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente

Luigi Viola, Consigliere

Raffaello Gisondi, Consigliere, Estensore