Appalti e iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali (ANGA): gli orientamenti giurisprudenziali

Pubblicato il 26-02-2024
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A cura dell’Avv. Gaetano Pecoraro

Il tema del possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali (ANGA), ai fini della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica, dopo un periodo di sostanziale concordia tra gli operatori del diritto, come un fiume carsico, torna ad emergere nelle Aule di Giustizia con esiti parzialmente difformi rispetto ai precedenti, mettendo così in difficoltà non solo gli operatori economici ma le stesse Pubbliche Amministrazioni chiamate a redigere gli atti di gara. Con la presente indagine si tenterà di tracciare un quadro riepilogativo degli orientamenti formatisi sull’interpretazione da fornire a due disposizioni dell’ordinamento interno, non perfettamente coordinate tra di loro.

1. La Genesi dell’Albo

Della necessità che gli operatori economici operanti, a vario titolo, nel settore di rifiuti (trasporto, smaltimento ecc.) fossero oggetto di autorizzazione da parte di una pubblica Autorità, si era accorto il Legislatore italiano già nel 1987 quando, con d.l. 31 agosto 1987, n. 361, si istituì “l’Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti nelle varie fasi” (art. 10 comma 1), stabilendo al comma 2 che “l’iscrizione allo stesso è condizione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 6, lettera d), del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 15/a” (titolo abilitativo necessario per le operazioni di smaltimento) e, per le sole imprese esercenti l’attività di trasporto dei rifiuti, stabilendo che quella autorizzazione fosse sostituita dalla sola iscrizione all’Albo.

Con la direttiva del Consiglio 18/03/1991, n. 91/156/CEE, l’allora Comunità europea, al fine di promuovere un elevato livello di protezione ambientale, per uniformare le discipline interne degli Stati membri, e per fornire agli stessi una base giuridica comune, al fine di istituire autorizzazioni e controlli alle “imprese che provvedono allo smaltimento e al ricupero dei rifiuti” (e relative dispense), ed alle “imprese che si occupano di rifiuti, come gli operatori intermedi addetti alla raccolta, al trasporto e alla mediazione” (cfr. Preambolo), modificò l’art. 9 della Direttiva 15/07/1975, n. 75/442/CEE, prevedendo che “tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate nell’allegato II A debbono ottenere l’autorizzazione dell’autorità competente di cui all’articolo 6.

Tale autorizzazione riguarda in particolare: – i tipi ed i quantitativi di rifiuti, – i requisiti tecnici, – le precauzioni da prendere in materia di sicurezza, – il luogo di smaltimento, – il metodo di trattamento. 2. Le autorizzazioni possono essere concesse per un periodo determinato, essere rinnovate, essere accompagnate da condizioni e obblighi, o essere rifiutate segnatamente quando il metodo di smaltimento previsto non è accettabile dal punto di vista della protezione dell’ambiente”.

A distanza di sette anni da tale modifica, il Legislatore italiano, con il d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (cd. “Decreto Ronchi”), nel recepire la novella comunitaria nell’ordinamento interno, sostituì l’Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti (di cui al d.l. 361/1987) con “Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti” (art. 30) che, con l’avvento del cosiddetto “Codice dell’Ambiente” (d. lgs. 03 aprile 2006, n. 152) divenne l’odierno “Albo Nazionale Gestori Ambientali” (art. 212).

2. Il requisito dell’iscrizione all’ANGA Con i riportati interventi legislativi, tuttavia, non solo si modificò la denominazione dell’Albo, ma il Legislatore si premurò di precisare anche la natura giuridica della stessa iscrizione: se con gli antesignani dell’ANGA i diversi testi normativi si limitavano a prevedere la necessità, per gli operatori economici, di dotarsi della primordiale Autorizzazione, e poi della successiva Iscrizione, senza altro aggiungere, con il Codice dell’Ambiente il Legislatore è sembrato voler prendere una posizione chiara sulla natura giuridica di quest’ultima, stabilendo, all’art. 212 comma 5 d. lgs. 152/2006, che “L’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi”.

La definizione così aggiunta, tuttavia, per il suo tecnicismo, ha finito per travalicare la materia ambientale, andando ad impattare sul settore degli appalti pubblici, laddove da sempre si distinguono i requisiti di “partecipazione” da quelli di “esecuzione”, il cui regime giuridico è ben differente, se solo si pone mente al momento in cui gli stessi devono essere posseduti da parte dell’operatore economico. Mentre il possesso dei primi (partecipazione) è condicio sine qua non affinché un operatore economico possa partecipare a procedure ad evidenza pubblica, presentando offerta (con la conseguenza che il loro mancato possesso comporta l’esclusione dalla gara), il possesso dei secondi (esecuzione) è solo condizione per lo svolgimento dell’attività appaltata, di talché il loro mancato possesso, in sede di presentazione dell’offerta, non comporta l’esclusione dalla procedura, potendo essere conseguiti anche successivamente, purché prima della stipula del contratto (si veda, oggi, l’art. 113 d. lgs. 36/2023 per il quale “In sede di offerta gli operatori economici dichiarano di accettare i requisiti particolari nell’ipotesi in cui risulteranno aggiudicatari”).

La giurisprudenza è, sul punto, univoca nel ritenere che “il possesso dei requisiti di partecipazione sia richiesto al concorrente sin dal momento della presentazione dell’offerta, [evidenziando, n.d.r.] che i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto (cfr. Cons. Stato, V, 30 settembre 2020, n. 5734; 30 settembre 2020, n. 5740; 12 febbraio 2020, n. 1071), pur potendo essere considerati nella lex specialis come elementi dell’offerta, a volte essenziali (cfr. Cons. Stato, V, 3 aprile 2019, n. 2190), più spesso idonei all’attribuzione di un punteggio premiale (cfr. Cons. Stato, V, 29 luglio 2019, n. 5309 e 25 marzo 2020, n. 2090)” (Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2022, n. 1617).

Non sfuggiva, alla giurisprudenza, il rischio che questa interpretazione vanificasse il procedimento di gara, nell’ipotesi in cui, disposta l’aggiudicazione, l’operatore economico, prima della stipula del contratto, non fosse riuscito ad acquisire il requisito di esecuzione, non richiesto ai fini della partecipazione.

Di qui, la precisazione che “i mezzi e le dotazioni funzionali all’esecuzione del contratto devono essere individuati già al momento della presentazione dell’offerta, con un impegno del concorrente ad acquisirne la disponibilità, a carattere vincolante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090; 23 agosto 2019, n. 5806; 29 luglio 2019, n. 5308) ovvero compiutamente modulato dalla stazione appaltante quanto alla serietà ed alla modalità della sua assunzione o alle condizioni e ai termini di adempimento dell’obbligazione futura (cfr. Cons. Stato, V, n. 8159/2020 citata, laddove richiama Cons. Stato, V, n. 2090/2020, citata)” (Cons. Stato, 21 giugno 2023, n. 6074).

Se questi sono i principali caratteri distintivi, a livello procedimentale, tra requisiti di partecipazione e requisiti di esecuzione, va da sé che la qualificazione operata dal Legislatore ambientale con l’art. 212 comma 5 d. lgs. 152/2006 (“L’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento”) trasmigrò immediatamente nella materia della contrattualistica pubblica.

Ed infatti l’allora AVCP, con proprio parere sulla normativa AG7-09 del 23 aprile 2009[1], alla luce della definizione fornita dal Legislatore, ribadì che “il combinato disposto del D.Lgs. n. 152/2006 con la disciplina in materia di qualificazione sopra richiamata, consente di mantenere fermo l’avviso espresso dall’Autorità sull’argomento – quale desumibile dalle richiamate deliberazioni n. 93/2007, 95/2007, n. 96/2007, n. 128/2007 e dal parere n. 165/2008 – e, dunque, a confermare che l’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali costituisce requisito di esecuzione e non di partecipazione alle gare per l’affidamento degli interventi di bonifica. Peraltro, il prevedere l’iscrizione all’Albo come requisito di esecuzione tutela, comunque, la SA in merito al possesso di detto requisito al momento in cui l’aggiudicatario sarà chiamato sostanzialmente a svolgere le prestazioni, ma consente allo stesso concorrente di perfezionare il possesso del requisito stesso anche in un momento successivo a quello della partecipazione alla gara”.

La rassicurazione dell’AVCP circa la tutela della Stazione Appaltante non era, però, totalmente condivisa: per il TAR Lazio – Latina, sent. 16 novembre 2010, n. 1889 (riformata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2947 del 2012, ma per questioni non riguardanti il punto specifico) “nessun senso ha la partecipazione alla gara di chi non è in grado di eseguire i lavori e la cui possibilità di eseguirli dipende da una mera eventualità (che riesca cioè a ottenere l’iscrizione e per di più in tempo utile rispetto alla stipulazione); nello stesso tempo proprio in questa fattispecie la tesi che si critica dimostra la sua debolezza, dato che attendere l’iscrizione sarebbe incompatibile con l’esigenza di immediato avvio dei lavori (che si riferiscono a messa in sicurezza di emergenza di un sito contaminato e hanno, per così dire naturalmente, carattere di urgenza, come del resto dimostra l’articolo 18 del capitolato speciale di appalto che prevede la “consegna dei lavori … in successione immediata alla data di notifica della formale approvazione da parte dell’ente”.

Nonostante le comprensibili obiezioni, l’AVCP, proprio in forza dell’art. 212 comma 5 d. lgs. 152/2006 ribadì il suo orientamento nel successivo parere di precontenzioso n. 13 del 14 febbraio 2013, nel quale concludeva che “in sede di verifica del possesso dei requisiti ai fini dell’aggiudicazione definitiva e prima della stipulazione del contratto, la stazione appaltante dovrà accertare, in capo all’aggiudicatario provvisorio, il possesso del necessario requisito dell’iscrizione al predetto Albo”, osservando che “il requisito qui in esame, seppure obbligatorio per legge, non era richiesto ai fini dell’ammissione alla gara, bensì ai fini dell’esecuzione della prestazione oggetto di appalto”. A fronte della chiara, ma non si sa quanto consapevole, presa di posizione del Legislatore ambientale circa la natura di “requisito per lo svolgimento” dell’iscrizione all’ANGA, nel 2014 vi è stato, però, un successivo intervento del Legislatore dell’evidenza pubblica di segno contrario.

Con l’art. 34, comma 2, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164L. 11/11/2014, n. 164, il Legislatore intervenne sull’allora vigente Codice degli Appalti, introducendo all’art. 49 d. lgs. 163/2006, dettato in tema di avvalimento, il comma 1 bis secondo il quale “Il comma 1 non è applicabile al requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” (tale disposizione fu ripresa dal successivo Codice dei Contratti, art. 89 comma 10 d. lgs. 50/2016, ed oggi è prevista dal vigente Codice, all’art. 104 comma 10 d. lgs. 36/2003).

Si tratta di una disposizione solo apparentemente innocua perché, come vedremo, ha portato ad un corto circuito interpretativo, per la cui comprensione occorre fare un passo indietro. L’avvalimento è un istituto di origine comunitaria che, storicamente, si fa risalire alla sentenza della Corte di Giustizia 2 dicembre 1999 emessa nella causa C-176/1998 che, nel risolvere la questione pregiudiziale sottopostale, stabilì che “La direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, va interpretata nel senso che consente ad un prestatore, per comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una gara d’appalto ai fini dell’aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, di far riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione che sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all’esecuzione dell’appalto”. Nel nostro ordinamento, l’avvalimento fu introdotto a partire dall’art. 49 d. lgs. 163/2006, e nel 2016, con il successivo codice dei contratti (d. lgs. 50/2016), fu limitato alla dimostrazione dei requisiti di cui all’art. 83, comma 1, lettere B e C (capacità economica e finanziaria; capacità tecniche e professionali), escludendo così i requisiti “idoneità professionale” di cui alla lettera A del medesimo art. 83 (principi, questi, ribaditi nel vigente Codice dei contratti all’art. 100 d. lgs. 36/2023).

Tali essendo direttive entro cui muoversi, ben si comprende la portata dirompente che ha avuto il comma 1 bis dell’art. 49 d. lgs. 163/2006 sulla natura del requisito dell’iscrizione all’ANGA: se l’avvalimento è consentito per i requisiti tecnici, economici o finanziari di “partecipazione” (e non di esecuzione), e se il Legislatore dell’evidenza pubblica ha escluso la sua ammissibilità con riferimento al requisito dell’iscrizione all’ANGA, ne consegue che quest’ultimo deve essere considerato come un requisito personalissimo di idoneità professionale ex art. 39 d. lgs. 163/2006 (poi art. 83 d. lgs. 50/2016 lett. A, ed oggi art. 100 comma 1 lett. A d. lgs. 36/2023), da possedere sin dal momento della presentazione dell’offerta. Un requisito di partecipazione, dunque, e non di esecuzione, come stabilito dal Codice dell’Ambiente.

3. La tempesta perfetta

Con disposizioni così contrastanti, il contenzioso non poteva che deflagrare, coinvolgendo in un tentativo di sistemazione dogmatica i più Alti Vertici dell’ordinamento. Sul fronte dell’interpretazione letterale si pose, inizialmente, l’allora AVCP (oggi ANAC) che con diversi interventi confermò l’orientamento espresso nei suoi precedenti pareri sopra riportati. Infatti, con parere n. 221 del 22 dicembre 2015, ha osservato che “il consolidato orientamento di questa Autorità ha precisato che l’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali costituisce un requisito di esecuzione e non di partecipazione alle gare per l’affidamento degli appalti relativi allo svolgimento delle attività di raccolta e smaltimento rifiuti a norma dell’articolo 212 del d.lgs. 152/2006, “dovendo i bandi prevedere una specifica clausola in base alla quale non si procederà alla stipulazione del contratto in caso di mancato possesso della relativa iscrizione” (cfr. parere n. 152 del 9 settembre 2015; nonché AG 7-09 del 23 aprile 2009 e parere di precontenzioso n. 89 del 29 aprile 2010)”, con la conseguenza che “che spetta alla stazione appaltante valutare nei confronti dei concorrenti in concreto il possesso di tale requisito secondo la corretta individuazione della relativa categoria e classifica ai fini dell’esecuzione del servizio e al momento della stipula del contratto”.

Sul fronte opposto, invece, si pose parte della giurisprudenza amministrativa, preoccupata fondamentalmente, come già visto con il TAR Latina del 2010, di non ledere il principio di celerità dell’azione amministrativa: se si fosse consentito ad un operatore economico, inizialmente privo del requisito, di partecipare alla gara per acquisirlo dopo l’aggiudicazione ma prima della stipula del contratto, la stazione appaltante avrebbe dovuto a) annullare/revocare all’aggiudicazione in suo favore; b) scorrere la graduatoria; c) aggiudicare provvisoriamente ad un altro concorrente; d) riaprire la fase di verifica dei requisiti; e) aggiudicare definitivamente; f) stipulare il contratto.

Le eco di tale preoccupazione rimbalzano nelle diverse sentenze pronunciate sul punto: Ma non furono solo queste preoccupazioni ad orientare i Giudici di merito: l’intervento normativo sul divieto di avvalimento per il requisito dell’iscrizione all’ANGA fu determinante per una diversa colorazione del requisito: Tutti questi molteplici orientamenti della giurisprudenza di merito trovarono conferma nella decisione del Consiglio di Stato 19 aprile 2017, n. 1825 che, pur dando atto della diversa opinione dell’AVCP, prima, e dell’ANAC poi, e pur riconoscendo che “l’art. 212, comma 5, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. codice dell’ambiente) afferma che «L’iscrizione all’Albo [nazionale gestori ambientali] è requisito per lo svolgimento delle attività, ecc. »”, osservò che quest’ultima dovesse considerarsi come una “previsione di un settore che disciplina la materia sostanziale della protezione ambientale e che, se integrata alle previsioni dello specifico settore dei contratti pubblici, risulta minus dicere quam volere: è infatti solo l’ordinamento delle pubbliche commesse a specificare di suo quali debbano essere i requisiti soggettivi pertinenti per la partecipazione a gara”.

I Giudici di Palazzo Spada, cioè, risolsero l’antinomia tra le due diverse disposizioni con il criterio della lex specialis. Soluzione, questa, che consentì di non ritenere abrogato l’art. 212 comma 5 d. lgs. 152,/2006, che ha potuto continuare ad operare: se si fosse utilizzato il pur applicabile criterio della lex posterior (atteso che il comma 1 bis dell’art. 49 fu introdotto solo nel 2014, e quindi successivamente al Codice dell’Ambiente), la conseguenza sarebbe stata l’espulsione dall’ordinamento della disposizione ambientale, con un effetto valanga di difficile valutazione. Ma la pronuncia è interessante anche perché precisa che “Trattasi perciò di un requisito speciale di idoneità professionale, in ipotesi da vagliare ai sensi dell’art. 39 d.lgs. n. 163 del 2006; e che, comunque, va posseduto già alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, non già al mero momento di assumere il servizio, allora ottenuto – e sempre che poi possa essere ottenuto – dopo aver partecipato con sperato successo alla competizione pur senza aver ancora questa certificata professionalità. Merita dunque conferma l’assunto per cui i bandi di gara aventi ad oggetto lavori di bonifica ambientale implicano l’esistenza dell’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali per adeguata categoria e classe quale requisito di partecipazione”.

Cioè a dire: quand’anche la lex specialis non richieda quel requisito, occorrerà procedere ad una loro etero integrazione con la disposizione di legge, e gli operatori economici, per poter essere ammessi alla procedura di gara, dovranno dichiarare e dimostrare di essere in possesso del requisito dell’iscrizione ab origine.

A fronte dei numerosi interventi della giurisprudenza amministrativa sulla natura di requisito di idoneità tecnica dell’iscrizione all’Albo, ai fini della partecipazione alle commesse pubbliche, anche l’ANAC mutò orientamento: con un comunicato apparso sul proprio sito web il 28 agosto 2017[2], l’Autorità, proprio richiamando l’ultima delle decisioni sopra riportate, “nella quale è stato precisato che è l’ordinamento delle pubbliche commesse a specificare quali debbano essere i requisiti soggettivi pertinenti per la partecipazione a gara e che, conseguentemente, il requisito in questione è «un requisito speciale di idoneità professionale, in ipotesi da vagliare ai sensi dell’articolo 39 d.lgs. n. 163 del 2006; e che, comunque, va posseduto già alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, non già al mero momento di assumere il servizio, allora ottenuto – e sempre che poi possa essere ottenuto – dopo aver partecipato con sperato successo alla competizione pur senza aver ancora questa certificata professionalità», l’Autorità, nell’adunanza del 27 luglio 2017, ha deliberato di modificare la propria posizione interpretativa e ritenere, pertanto, che il requisito di iscrizione all’albo dei gestori ambientali richiesto nelle gare di affidamento dei contratti pubblici sia un requisito di partecipazione e non di esecuzione”.

Con tale comunicato, sembrò di essere arrivati ad un punto di caduta comune. Ma l’illusione durò ben poco.

4. Tra ripensamenti e precisazioni

Ed infatti, a distanza di appena un anno, fu lo stesso Consiglio di Stato ad introdurre alcuni distinguo in ragione dell’oggetto dell’attività da appaltare.

Con sentenza 23 luglio 2018, n. 4445 i Giudici di Palazzo Spada ritennero conforme a legge una lex specialis di gara che non prevedeva il possesso del requisito in parola ab origine, in ragione del fatto che “l’oggetto dell’appalto riguardava il servizio di verifica e di ispezione in continuo delle opere fognarie, del servizio di sanificazione delle medesime e dei lavori di manutenzione delle reti idriche e fognarie: è evidente che la produzione – in un senso di raccolta e smaltimento – di rifiuti da parte dell’affidatario (la sanificazione) sia una parte soltanto residuale e servente rispetto al complesso delle prestazioni affidate…” , con la conseguenza che “il non aver richiesto quale requisito di partecipazione, ma solo di esecuzione l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali per una prestazione marginale nella globalità del servizio appare conforme al principio del favor partecipationis …; e l’aver inserito l’obbligo di iscrizione come requisito di esecuzione non può essere ritenuto una difformità rispetto alle prescrizioni del c.d. Codice dell’ambiente”.

Il nuovo filone interpretativo fu seguito immediatamente dalla giurisprudenza di merito: con sentenza 26 ottobre 2018, n. 1497, il TAR Salerno, proprio argomentando ex art. 212 d. lgs. 152/2006, osservò che il servizio da appaltare, avendo ad oggetto lo “spazzamento manuale, taglio erba, pulizia caditoie, rimozione deiezioni etc. sul territorio” comunale, era da considerarsi differente rispetto al “trasporto e smaltimento dei rifiuti, curato da un diverso soggetto che si identifica con l’impresa affidataria del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti del comune.

I meri servizi di pulizia non richiedono l’iscrizione all’albo dei gestori ambientali che è invece imposta dall’articolo 212 d.lg. n. 152 del 2006 citato solo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti. Nella specie, dunque, non vi era stato affidamento di rifiuti (in attesa della presa in carico da parte di chi poi ne esegue il trasporto) ma – lo si ribadisce – semplice raccolta degli stessi, il cui successivo trasporto e smaltimento doveva essere curato dalla (diversa) impresa cui il comune aveva affidato tale (diverso) servizio. Ne consegue che il non aver richiesto quale requisito di partecipazione, ma solo di esecuzione, l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali per una prestazione che non implicava l’affidamento dei rifiuti appariva conforme al principio del favor partecipationis, così come l’aver inserito l’obbligo di iscrizione come requisito di esecuzione non poteva essere ritenuto una difformità rispetto alle prescrizioni del c.d. Codice dell’ambiente.

Invero, l’aggiudicatario, come di fatto avvenuto, doveva comunque procurarsi il requisito e iscriversi all’Albo nella categoria necessaria”. Con la precisazione, operata dal Consiglio di Stato con la sentenza 15 febbraio 2021, n. 1308 che la marginalità dei lavori o dei servizi va riferita “non al valore, bensì all’accessorietà delle relative prestazioni, in quanto non facenti parte dell’oggetto dell’affidamento, ma solo serventi a queste ultime, tanto da rendere contraria ai principi di proporzionalità e di ragionevolezza un’eventuale richiesta del requisito sin dal momento di partecipazione alla procedura di gara (cfr. Cons. Stato, V, 3 giugno 2019, n. 3727, in cui si sottolinea come oggetto precipuo e specifico dell’appalto, nel caso ivi esaminato, non fosse l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti e queste ultime, per converso, rivestissero solo carattere secondario e accessorio rispetto alle prestazioni da affidarsi)”.

Carsicamente, però, le preoccupazioni iniziali sulla celerità dell’agire amministrativo sono tornate ad affiorare, e così il TAR Napoli, con sent. 2 luglio 2020, n. 2805 ha ribadito, per i servizi di igiene urbana e raccolta rifiuti che “il requisito soggettivo che va posseduto già alla scadenza del termine di presentazione delle offerte e non al momento di espletare il servizio, il quale, in caso contrario, verrebbe ad essere aggiudicato all’esito di una competizione in cui non è certo che il vincitore possa conseguire tale certificata professionalità, indispensabile per la corretta conduzione dell’affidamento”. Non si comprende, però, perché questa preoccupazione, pur comprensibile, non sia da tenere in conto quando l’attività inerente i rifiuti non costituisca l’oggetto principale dell’appalto, ma una parte dello stesso: il rischio del mancato conseguimento del requisito prima della stipula del contratto è comunque presente.

In assenza di un intervento chiarificatore da parte dello stesso Legislatore che, intervenendo sul Codice dell’Ambiente con il linguaggio specifico dell’evidenza pubblica, e sul Codice dei contratti, richiamando le disposizioni del primo, ha determinato incertezze interpretative, non resta che prendere atto dell’ampia casistica sottoposta all’attenzione delle Aule di Giustizia, dalla quale emerge che il requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali sembra atteggiarsi proprio come il mitologico ircocervo: come quest’ultimo partecipa della natura di capro e di cervo, anche il requisito in parola, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, assume la natura di requisito di partecipazione o di esecuzione. a seconda dell’oggetto dell’attività da appaltare. Così, per la giurisprudenza, il possesso dell’iscrizione all’ANGA è requisito di partecipazione (e quindi di idoneità professionale, Cons. Stato, sent. 03 maggio 2019, n. 2881) quando l’appalto abbia ad oggetto non solo i servizi previsti dall’art. 212 d. lgs. 152/2006, ma anche i lavori di messa in sicurezza di ex discariche[3], il servizio di movimentazione, raccolta, carico e trasporto di rifiuti prodotti dagli impianti di depurazione e servizi complementari[4], i lavori di categoria OG12 resi necessari dall’inquinamento ambientale del terreno destinato ad ospitare un edificio scolastico[5].

Diversamente, la giurisprudenza lo considera requisito di esecuzione quando la gestione dei servizi di gestione dei rifiuti, pur prevista, non costituisca la principale attività contrattuale, come nel caso di lavori di riqualificazione di un immobile pubblico[6], della fornitura in opera di sistemi di storage[7], del servizio di pulizia, sostituzione delle lampade ed attività di assistenza e rimozione dei graffiti delle sedi, aree pertinenziali, stazioni metro ferroviarie[8], o del servizio di verifica e ispezione in continuo delle opere fognarie, del servizio di sanificazione delle reti fognarie e dei lavori di manutenzione delle reti idriche e fognarie[9]).

[1] https://www.anticorruzione.it/documents/91439/1149904/Parere+sulla+normativa+del+23+04+2009+rif+ag7+09.pdf/d3258bcf-ea73-81d1-a1d0-e22d52f8561a?t=1587751019573

[2] https://www.anticorruzione.it/documents/91439/123100/Comunicato+del+Presidente+dell%27Autorit%C3%A0+del+27+07+2017a957-eacf-c724-711be0fec04f?t=1585651110783

[3] TAR Veneto, sent. 910/2023

[4] TAR Bari, sent. 1561/2020

[5] Cons. Stato, sent. 1308/2021

[6] Cons. Stato, sent. 2873/2023

[7] TAR Roma, sent. 9501/2021

[8] Cons. Stato, sent. 3727/2019

[9] TAR Lecce, sent. 364/2018