L’AIA non è (e forse non è mai stata) un atto di mera verifica di conformità alle BAT

Pubblicato il 6-11-2023
Condividi

A cura del Dott. Giovanni Frondizi

Il TAR Lazio con Sentenza 13872_2023 ha espresso di recente un’importante pronunzia in tema di Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.), con particolare riferimento alle Best Available Technologies (B.A.T.).

Analizziamo sinteticamente la vicenda.

La società Ricorrente impugna i seguenti provvedimenti:
– il Decreto del Ministero dell’Ambiente (DM) prot. n. 314 del 29/07/2021 per il riesame complessivo del DM 24/10/2012 di A.I.A. per l’esercizio di una centrale termoelettrica
– Parere Istruttorio Conclusivo (P.I.C.) reso dalla Commissione AIA-IPPC con nota 6/07/2021.

I provvedimenti sono stati impugnati nella sola parte in cui hanno imposto al-la Ricorrente i seguenti obblighi:
1) Garantire un rendimento elettrico netto non inferiore al 56% (rispetto all’originario valore del 50%);
2) Limite pari a 250 t/anno3 al flusso di massa annuale;

A detta della Ricorrente, l’innalzamento del rendimento minino elettrico violerebbe la Decisione n. 40 della Decisione di esecuzione della Commissione UE n. 2017/1442. La norma UE prevede che il rendimento minimo elettrico rientri in un range che va dal 50% al 60%.

La Ricorrente lamenta la violazione dell’art. 29-septies del Codice dell’Ambiente (T.U.A.) per difetto d’istruttoria e di motivazione.

Il Giudice di primo grado rigetta il ricorso per le ragioni che seguono.
La fissazione del valore soglia pari al 56% è inclusa nell’intervallo di cui alla decisione n. 40 della Commissione UE e, pertanto, pienamente conforme alla disciplina UE.

Inoltre, la fissazione di detto innalzamento rispetta il T.U.A., dal momento che opera l’espresso riferimento all’applicazione delle “migliori tecniche disponi-bili” e alla previsione di misure volte a garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso.

Il Giudice, a sostegno di quanto asserito, riporta pronunce del Consiglio di Stato che sostengono l’ampiezza delle valutazioni rimesse alle Amministra-zioni competenti nei procedimenti A.I.A. (e anche di V.I.A.). Di conseguenza, sono inammissibili le censure che sollecitano il Giudice Amministrativo ad un sindacato sul merito, al di fuori dei casi previsti dall’art. 134 c.p.a.

Il Giudice di primo grado si sofferma sul fatto che le prescrizioni introdotte con A.I.A non devono assolutamente ancorarsi alle B.A.T. Il procedimento di rilascio A.I.A. è un’attività di ampia discrezionalità tecnica, la quale, essendo basata su valutazioni di opportunità e convenienza (e non di legittimità), con-cede alle PA giungere alla conclusione di limiti di emissione più rigidi rispetto a quelli previsti dalle B.A.T. La discrezionalità della procedura di rilascio A.I.A risulta facoltizzata dal Codice dell’Ambiente: in particolare, gli artt. 6 c.16 – 29-sexies c.4-9 TUA conferiscono alle Autorità Competenti il potere di introdurre ulteriori condizioni specifiche rispetto alle B.A.T. e giudicate opportune, in adesione al sovranazionale principio di precauzione.

Dalla pronuncia del Giudice di prime cure emerge che l’A.I.A. non è frutto di un’attività vincolata caratterizzata dal mero controllo del rispetto delle B.A.T.
Il procedimento amministrativo inerente al rilascio di A.I.A. è un’attività con-notata di ampia discrezionalità tecnico-amministrativa: l’unica condizione che vincola l’azione amministrativa è il range previsto dalla normativa europea.

La decisione di imporre prescrizioni più rigide in tema di efficientamento energetico rientra nella sfera di “merito” riservata alla Pubblica Amministrazione e non sindacabile da parte del Giudice Amministrativo.

La pronuncia del TAR Lazio segue un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato sulla portata dell’azione discrezionale della Pubblica Amministrazione nei procedimenti di rilascio A.I.A.

L’ampia discrezionalità tecnico – amministrativa in sede A.I.A. è giustificata dalle caratteristiche investite dalla tipologia del procedimento e che la distinguono dall’ulteriore e collegato procedimento di rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.).

L’A.I.A. è caratterizzata dall’esame del progetto con un livello di definizione molto approfondito di tutti i profili ambientali, tra cui le emissioni nell’aria, gli scarichi nell’acqua e nel mare, le emissioni sonore, l’impatto sul suolo e sul sottosuolo e l’impatto complessivo in base agli aspetti gestionali.

L’A.I.A. comporta l’adozione di una serie di prescrizioni dirette a minimizzare il più possibile l’impatto ambientale, richiedendo una valutazione concreta circa le modalità e il funzionamento dell’impianto. Tutto ciò, si pone a sostegno dell’ampio margine di manovra lasciato alla P.A. in siffatto procedimento.

La procedura di V.I.A., d’altra parte, concerne la localizzazione dell’opera in un determinato sito. Per questo motivo, il rilascio della V.I.A. precede quello dell’A.I.A., condizionandone il contenuto.

L’A.I.A. necessita di una valutazione più approfondita che implica una “retroazione” della stessa sulla V.I.A., dal momento che la prima conferma, precisa e condiziona gli effetti della seconda.

E infatti, mentre una V.I.A. negativa preclude il rilascio dell’A.I.A., invece l’A.I.A. può essere negata nonostante la sussistenza di una V.I.A. positiva. L’Autorizzazione Integrata Ambientale è idonea ad esprimere un giudizio definitivo sull’intervento in concreto proposto.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

MINISTERO

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10589 del 2021, proposto da
En Plus S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Cristina Martorana, Alessandro Botto, Lucio Di Cicco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandro Botto in Roma, via di San Nicola Da Tolentino, 67;

CONTRO

Ministero della Transizione Ecologica, Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

NEI CONFRONTI DI

Istituto Superiore per la Protezione e La Ricerca Ambientale, Commissione Istruttoria per L’Autorizzazione Integrata Ambientale-Ippc, Regione Puglia, Provincia di Foggia, Comune di San Severo, non costituiti in giudizio;
Ministero dell’Interno, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

E CON L’INTERVENTO DI

ad adiuvandum:
Alpiq Energia Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Pacciani, Valeria Viti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Filippo Pacciani in Roma, via di San Nicola Da Tolentino 67;

PER L’ANNULLAMENTO

PER L’ANNULLAMENTO IN PARTE QUA

del Decreto prot. n. 314 del 29 luglio 2021 rilasciato dal MITE per il Riesame complessivo del Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. DVA-DEC-2012-543 del 24 ottobre 2012 di autorizzazione integrata ambientale (“AIA”), per l’esercizio della centrale termoelettrica di EN Plus S.r.l. situata nel Comune di San Severo (FG) – Procedimento ID176/10214 nella sola parte in cui, facendo proprio il Parere Istruttorio Conclusivo reso dalla Commissione AIA-IPPC con nota del 6 luglio 2021, prot. n. CIPPC/1413 e il Piano di Monitoraggio e Controllo reso dall’ISPRA con nota del 15 luglio 2021, prot. n. 38488, ha imposto a En Plus l’obbligo di garantire un rendimento elettrico netto di riferimento non inferiore al 56% e un limite al flusso di massa annuale pari a 250 t/anno3 (doc. 1);

per quanto occorrer possa, del Parere Istruttorio Conclusivo reso dalla Commissione AIA-IPPC con nota del 6 luglio 2021, prot. n. CIPPC/1413 (doc. 2) e del Piano di Monitoraggio e Controllo reso da ISPRA con nota del 15 luglio 2021, prot. n. 38488 (doc. 3), nella sola parte in cui hanno imposto a En Plus l’obbligo di garantire un rendimento elettrico netto di riferimento non inferiore al 56% e un limite al flusso di massa annuale pari a 250 t/anno3.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Transizione Ecologica e di Ministero dell’Interno e di Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e di Ministero della Salute e di Ministero dello Sviluppo Economico e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 la dott.ssa Chiara Cavallari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Con il proposto gravame la società ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento in parte qua, il decreto del MITE prot. n. 314 del 29 luglio 2021 (unitamente ai connessi atti procedimentali), recante il riesame complessivo del precedente decreto di autorizzazione integrata ambientale (“AIA”) adottato nel 2012 per l’esercizio della centrale termoelettrica in epigrafe individuata ad opera della società medesima, limitatamente a due specifiche prescrizioni tecniche previste a corredo dell’autorizzazione rilasciata in favore della società stessa, quali in particolare l’obbligo di garantire un rendimento elettrico netto di riferimento non inferiore al 56% nonché il rispetto di un limite al flusso di massa annuale pari a 250 t/anno3.

1.1. Il ricorso è affidato a due motivi di doglianza, con i quali sono prospettati vizi inerenti alle dedotte violazioni normative – con riguardo alla disciplina di riferimento, a livello europeo e nazionale – e al denunciato eccesso di potere sotto plurimi profili.

2. È successivamente intervenuto ad adiuvandum, al dichiarato scopo di sostenere le ragioni addotte dal ricorrente con la proposta impugnativa, il soggetto in epigrafe individuato nella dedotta qualità di parte del contratto di “tolling” stipulato con la società ricorrente (segnatamente, nella specifica veste di “toller”), allegando l’attitudine delle misure gravate a riverberarsi in termini negativi sulla propria posizione in quanto incidenti sulla capacità produttiva dell’impianto (la cui integrale messa a disposizione nei confronti dello stesso interveniente costituisce obbligazione a carico del ricorrente in qualità di “processor” nell’ambito del rapporto contrattuale di “tolling”).

3. L’intimato Ministero si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, depositando memoria difensiva recante l’articolazione delle ragioni dedotte a supporto della sostenuta inammissibilità ed infondatezza delle censure mosse.

4. La società ricorrente ha depositato memoria di replica.

5. All’udienza pubblica del 24 maggio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il ricorso non è meritevole di accoglimento, per le ragioni nel prosieguo illustrate.

7. Ai fini dell’esatta delimitazione del thema decidendum giova riportare in via preliminare il contenuto essenziale delle censure articolate.

7.1. Con il primo motivo di ricorso viene contestata una delle condizioni poste dal gravato decreto recante l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) in favore della ricorrente medesima all’esercizio della centrale termoelettrica di cui trattasi, laddove dispone espressamente il recepimento delle prescrizioni contenute nel parere istruttorio conclusivo (PIC) reso dalla Commissione istruttoria AIA-IPPC con nota del 6 luglio 2021, protocollo n. CIPPC/1413, e nel relativo piano di monitoraggio e controllo (PMC) reso dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) con nota del 15 luglio 2021, protocollo n. 38488 (parimenti impugnati).

Nello specifico, parte ricorrente censura la prescrizione – individuata nel PIC con il n. 11 – in tema di efficienza energetica, consistente nell’obbligo di garantire un rendimento elettrico netto di riferimento non inferiore al 56%.

Al riguardo, lamenta che il previsto innalzamento del rendimento minimo elettrico al 56% – rispetto all’originario valore fissato al 50% – integrerebbe violazione della specifica BAT n. 40 della Decisione della Commissione europea n. 2017/1442 nella parte in cui dispone che il suddetto rendimento rientri in un range che va dal 50% al 60%, assumendo il medesimo ricorrente l’illegittimità di una misura volta ad introdurre un valore minimo più stringente di quello previsto dall’invocata BAT n. 40.

Denuncia, inoltre, la violazione dell’art. 29-septies del d.lgs. n. 152/2006 e il difetto di istruttoria procedimentale e di motivazione sul punto.

Lamenta infine l’illogicità e il carattere sproporzionato della misura contestata, deducendo da un lato come alla luce degli atti procedimentali la soglia minima fissata al 56% costituirebbe il mero risultato di un test eseguito in un dato giorno dal proponente medesimo senza alcuna considerazione dei molteplici fattori potenzialmente incidenti sul parametro in rilievo e dall’altro come il medesimo valore individuato appaia sostanzialmente coincidente con quello previsto dalla medesima BAT n. 40 per gli impianti di nuova costruzione (nonostante l’impianto in considerazione sia in esercizio dall’anno 2011).

7.2. Con il secondo motivo di gravame, la società ricorrente contesta l’ulteriore prescrizione – indicata nel PIC al n. 12 – con la quale è stato imposto, in tema di emissioni convogliate, il rispetto di un limite al flusso di massa annuale pari a 250 t/anno3.

Al riguardo, lamenta la violazione delle BAT della Decisione della Commissione n. 2017/1442 laddove non prevedono, per quanto concerne la disciplina in rilievo (BAT nn. 41, 42 e 44) alcun limite al flusso di massa.

Censura, inoltre, l’illogicità della censurata misura laddove introdotta per la prima volta in sede di riesame dell’AIA, nonché l’assenza di istruttoria e il difetto di motivazione sul punto – anche sulla scorta di argomentazioni analoghe a quelle articolate nell’esposizione del precedente motivo – sia per quanto concerne l’imposizione di un tetto al flusso di massa sia per quanto riguarda la relativa quantificazione.

8. Ciò premesso, muovendo alla disamina delle esposte censure il Collegio ravvisa innanzitutto l’infondatezza del primo motivo di doglianza per quanto concerne le prospettate violazioni normative.

L’invocata previsione contenuta nella BAT n. 40 (tabella 23) della Decisione di esecuzione 2017/1442/UE della Commissione europea del 31 luglio 2017, recante le conclusioni sulle “migliori tecniche disponibili” (“best available techniques” – BAT) a norma della direttiva 2010/75/UE per i grandi impianti di combustione – quale riferimento normativo espressamente richiamato nella formulazione della prescrizione n. 11 oggetto di censura e altresì assunta in ricorso come parametro della dedotta illegittimità – nello specifico identifica quale livello di efficienza energetica associato per la combustione di gas naturale, relativamente agli impianti di cui trattasi (ossia quelli, già esistenti, caratterizzati da una turbina a gas a ciclo combinato di potenza uguale o maggiore a 600 MWt) un rendimento elettrico netto compreso nell’intervallo individuato tra i valori “50% – 60%”.

La fissazione, nell’ambito del parere istruttorio conclusivo (PIC) come recepito dall’AIA rilasciata in sede di riesame, di un valore soglia pari al 56%, dunque, in quanto incluso nell’intervallo sopra indicato, non può ritenersi contrario alla richiamata previsione posta dalla BAT n. 40, apparendo altresì conforme alla disciplina nazionale di riferimento laddove, nel delimitare il contenuto dell’AIA per quanto concerne i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti, opera l’espresso riferimento all’applicazione delle “migliori tecniche disponibili” e, comunque, alla previsione di misure intese a garantire “… un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso” (cfr. art. 29-sexies, comma 4, d.lgs. n. 152/2006).

8.1. Inoltre, alla luce della documentazione versata in atti non si ravvisano ipotesi di eccesso di potere nei termini sul punto dedotti in ricorso, nei limiti del sindacato ammesso in sede giudiziale a fronte di determinazioni – come quelle oggetto di censura – connotate da spiccata discrezionalità tecnica.

Dal tenore complessivo del parere istruttorio conclusivo (PIC) reso dalla Commissione AIA-IPPC risulta, in particolare, come la fissazione del valore al 56% risulti collegato ai dati puntualmente indicati dal gestore dell’impianto, odierno ricorrente, nell’ambito della documentazione trasmessa dal soggetto medesimo in seno all’espletato procedimento (cfr. il menzionato parere, in specie pagine 24 ss., 77 e 88).

Dalle risultanze documentali in atti non emergono, dunque, i prospettati vizi procedimentali.

Gli elementi dedotti nell’articolazione delle censure sul punto mosse, inoltre, non appaiono sufficienti ad attestare la ricorrenza di profili di abnormità ovvero di manifesta illogicità della soluzione tecnica individuata, idonei ad integrare ipotesi di eccesso di potere – suscettibili di sindacato giurisdizionale – inficianti valutazioni discrezionali, anche di tipo tecnico, riservate alle pubbliche amministrazioni di settore come nella fattispecie in esame.

In proposito possono richiamarsi, in particolare, gli approdi ermeneutici del consolidato orientamento giurisprudenziale in merito all’ampiezza delle valutazioni rimesse alle autorità preposte ai procedimenti di AIA (e di VIA), con conseguente inammissibilità delle censure che sollecitano il giudice amministrativo ad un sindacato di merito al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a. (in tal senso, cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, sent. 3 marzo 2023, n. 2245 e sent. 18 luglio 2022, n. 6093).

9. Risulta altresì infondato il secondo motivo di ricorso proposto.

9.1. Al riguardo si osserva come non possa ritenersi integrata la violazione delle BAT di riferimento nei termini dedotti in ricorso, con riguardo alla censurata prescrizione individuata al n. 12 in tema di emissioni convogliate, volta ad imporre in relazione al camino E1 dell’impianto il rispetto di un limite al flusso di massa annuale pari a 250 t/anno3 per quanto concerne il parametro inquinante NOx (cfr. PIC, pagine 95 ss. e in specie tabella n. 25).

In proposito si ritiene di non condividere l’assunto posto alla base della doglianza sul punto articolata, consistente nella premessa logico-giuridica secondo cui le prescrizioni introdotte con il titolo autorizzativo dovrebbero necessariamente ancorarsi in ogni caso alle BAT (quali “migliori tecniche disponibili”).

Tale assunto, infatti, non trova corrispondenza nella disciplina nazionale approntata in materia ambientale, laddove da un lato è contemplata la possibilità che l’Amministrazione, nell’esercizio del potere tecnico-discrezionale ad essa spettante in sede autorizzatoria, addivenga alla fissazione di limiti di emissione più rigidi rispetto a quelli previsti dalle migliori tecniche disponibili e dall’altro è attribuito all’Amministrazione medesima il potere di introdurre nell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) “ulteriori condizioni specifiche … giudicate opportune …” (cfr. art. 29-sexies, comma 4-ter e comma 9, d.lgs n. 152/2006).

Depone altresì nei termini evidenziati l’ulteriore previsione posta dalla medesima fonte normativa laddove, nel fissare i principi che l’amministrazione deve osservare nel determinare le condizioni per l’AIA, impone espressamente il rispetto delle norme a tutela della qualità dell’ambiente (art. 6, comma 16, d.lgs. n. 152/2006).

Nel contesto delineato, la fissazione di un limite in tema di emissioni correlato al parametro inquinante NOx – oltre a rinvenire una base normativa anche negli articoli 5, comma 1, lett. i-octies) e 268, comma 1, lett. q), d.lgs. n. 152/2006 – appare coerente alla finalità posta dalla Direttiva (UE) 2016/2284 del 14 dicembre 2016 concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, tra cui quello in considerazione, e ai correlati impegni di riduzione progressiva ivi previsti per i singoli Stati membri, altresì richiamata nel contenuto della memoria difensiva della resistente Amministrazione.

9.1. Gli elementi dedotti in ricorso, inoltre, non inducono a ravvisare nel caso di specie profili di abnormità ovvero di evidente illogicità della soluzione tecnica individuata, nei limiti del sindacato ammesso in sede giudiziale a fronte di determinazioni amministrative – come quella oggetto di contestazione – connotate da ampia discrezionalità tecnica, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale sopra richiamato.

Dalle risultanze documentali in atti emerge, in particolare, come la prescrizione oggetto di censura costituisca l’esito dell’espletata istruttoria procedimentale fondata sui dati trasmessi dal medesimo gestore dell’impianto, odierno ricorrente, in merito al funzionamento e all’operatività dell’impianto stesso (cf. pagine 42, 44 ss. e 94 s. del PIC).

10. Per le ragioni esposte, il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

11. Le spese di giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra la ricorrente e l’Amministrazione resistente e vengono liquidate nella misura individuata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio in favore della resistente Amministrazione, che liquida forfetariamente in € 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Sapone, Presidente

Chiara Cavallari, Referendario, Estensore

Roberto Montixi, Referendario