Computabilità dei balconi nel calcolo delle distanze tra costruzioni

Pubblicato il 14-05-2014
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A cura dell’avv. Nicoletta Tradardi

Pubblichiamo la recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 1267 del 13.03.2014, con la quale sono stati affermati due importanti principi. Innanzitutto, la pronuncia, ponendosi in consolidato solco giurisprudenziale, conferma che l’eventuale presenza di un abuso edilizio non può costituire titolo giuridico per legittimarne un altro.

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Sotto un secondo profilo, la sentenza, intervenendo in materia di computabilità nel calcolo delle distanze fra costruzioni dei balconi, afferma che “la distanza tra costruzioni su fondi finitimi va calcolata tenendo conto di qualsiasi elemento che sporga da una di esse, non assumendo rilevanza, ai fini dell’interesse tutelato (nel suo triplice aspetto della tutela della sicurezza, della salubrità e dell’igiene), che lo sporto sia inadatto all’incremento volumetrico o superficiario della costruzione o che aggetti solo per una parte della facciata, restando esclusi soltanto gli sporti ornamentali, se inidonei a determinare intercapedini dannose o pericolose”.

Per una corretta lettura della sentenza, va segnalato che nel caso in esame (come risulta nella parte in fatto) i balconi aggettanti erano di apprezzabile profondità, ampiezza e consistenza; per costante giurisprudenza, qualora la profondità dei balconi sia tale da configurare un ampliamento della consistenza del fabbricato, le sporgenze vanno computate ai fini del rispetto delle distanze tra le costruzioni (cfr. Fra le più recenti Consiglio di Stato, sez. IV, sent. N. 1000 del 04.03.2014 e Cass. Civ., sez. Ii, sent. N. 4885 del 28.02.2014).

Nello stesso senso si pone una coeva pronuncia (n. 1272 del 13.03.2014) della medesima Sezione V, estensore della sentenza in parola, che esclude la computabilità dei balconi dal calcolo delle distanze fra fabbricati, quando essi abbiano una sola funzione decorativa e siano di dimensioni non idonee a costituire un ampliamento dell’edificio in superficie e volume: «in tema di distanze legali, integra la nozione di volume tecnico, non computabile nella volumetria della costruzione e irrilevante ai fini del calcolo delle distanze legali, soltanto l’opera edilizia priva di autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali della costruzione medesima (Cons. St., Sez. IV, 15 gennaio 2013, n. 223) e tale non può considerarsi il balcone che non si connoti per una mera funzionalità decorativa: “Ai fini del computo delle distanze assumono rilievo tutti gli elementi costruttivi, anche accessori, qualunque ne sia la funzione, aventi i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione, salvo che non si tratti di sporti e di aggetti di modeste dimensioni con funzione meramente decorativa e di rifinitura, tali da potersi definire di entità trascurabile rispetto all’interesse tutelato dalla norma riguardata nel suo triplice aspetto della sicurezza, della salubrità e dell’igiene” (Cons. St., Sez. IV, 2 novembre 2010, n. 7731; id., 14 ottobre 1998, n. 1467)».

MINISTERO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

HA PRONUNCIATO LA PRESENTE SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9343 del 2002, proposto da: 
Di Stasio Giovanni, Bovenzi Gelsomina, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Marco Di Somma, Pasquale Mercone, con domicilio eletto presso Lucio Ghia in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 10; 

CONTRO

Comune di Pignataro Maggiore, non costituto; Fiorillo Mario, rappresentato e difeso dall’avvocato Pasquale Iovino, con domicilio eletto presso Secondino Massa in Roma, via Candia, n. 69;

PER LA RIFORMA

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE IV, n. 3598/2002, resa tra le parti, concernente concessione edilizia per realizzazione fabbricato.

  • Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
  • Viste le memorie difensive;
  • Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Antonio Marco Di Somma e Luigi Adinolfi, su delega dell’avvocato Pasquale Iovino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. La sentenza oggetto di gravame accoglieva il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti proposti da Fiorillo Mario per l’annullamento della concessione edilizia n.10/2001, rilasciata dal Comune di Pignataro Maggiore ai coniugi Di Stasio Giovanni e Bovenzi Gelsomina, nonché della concessione in variante n.12/02, con la quale si erano sanate le difformità alla concessione n.10/01.

2. Con il primo dei citati ricorsi venivano articolate le seguenti censure: a) eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto, violazione e falsa applicazione dell’art.13 l.n.47/85; b) violazione della prescrizione imposta dal d.m. 2/4/1968 n.1404 il cui articolo 9 è stato recepito dall’art.11 delle norme di attuazione del regolamento edilizio e del P.R.G.; c) violazione dell’art.41 sexies legge 1150/1942, come modificato dall’art.2 legge 122/89; d) violazione dell’art.30 del regolamento edilizio. Il ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la concessione in variante n.12/02, fondava, invece, sulle seguenti doglianze: a) violazione delle distanze previste dall’art.11 delle norme di attuazione del regolamento edilizio; b) violazione della normativa antisismica.

3. Il primo Giudice riteneva fondata la censura con la quale si deduceva la violazione delle distanze tra i due fabbricati, poiché dalla documentazione versata agli atti (grafici di progetto, documentazione fotografica) risultava che i balconi di entrambi i fabbricati avevano significativa profondità ed estensione in superficie, in maniera da assumere piena rilevanza in ordine al calcolo delle distanze. In particolare, quelli del fabbricato di proprietà Fiorillo avevano la profondità di ml.1,50, sono muniti di parapetto ed investivano l’intero fronte dello stesso. Il TAR rilevava, inoltre, che nel calcolo delle distanze tra costruzioni dovevano prendersi in considerazione le sporgenze costituenti per il loro carattere strutturale e funzionale veri e propri aggetti implicanti perciò un ampliamento dell’edificio in superficie e volume, come appunto i balconi formati da solette aggettanti anche se scoperti di apprezzabile profondità, ampiezza e consistenza. Prendendo in considerazione, quindi, i balconi di entrambi i fabbricati ai fini del calcolo delle distanze, quella che intercorreva, secondo il Giudice di prime cure, era inferiore a mt.10, e pari precisamente a mt. 7,10, e, pertanto, era violata la disciplina edilizia sul punto vigente. Restavano assorbite le altre censure.

4. Con atto d’appello notificato il 16 ottobre 2002, depositato il 12 novembre 2002, e con le successive difese, gli originari controinteressati invocano la riforma della sentenza impugnata sulla scorta dei seguenti motivi: I) l’edificio del ricorrente non sarebbe legittimo, perché supererebbe la copertura disponibile e non rispetterebbe la disciplina sulle distanze; II) nel calcolo delle distanze non potrebbero rientrare i balconi e del resto l’art. 11 n.t.a. del Comune di Pignataro prevedrebbe che le distanze debbano essere calcolate in assoluto quindi dalle pareti e non dai balconi; III) anche il terzo motivo del ricorso introduttivo sarebbe infondato, perché il rapporto mt. – mq. del parcheggio sarebbe rispettata, essendo parte del fabbricato destinato a garage; IV) anche il quarto motivo sarebbe infondato, non essendo le dimensioni dei lucernai misurabili allo stato. In via istruttoria gli appellanti chiedono disporsi C.T.U. tesa a determinare: a) epoca delle costruzioni; b) rispetto della normativa vigente; c) distanza tra le pareti e distanza tra gli sporti.

5. In sede di costituzione e nelle successive memorie difensive l’appellato chiede la conferma della sentenza gravata, rilevando che nelle more del giudizio di primo grado l’edificio degli appellanti sarebbe stato localizzato diversamente, ma ad una distanza comunque inferiore ai 10 mt. come accertato dall’u.t.c. e dal c.t.u. nominato dal giudice civile. Inoltre il fabbricato violerebbe la disciplina antisismica, perché di altezza superiore alla larghezza della strada. Il fabbricato dell’appellante, invece, sarebbe munito di regolare licenza edilizia e comunque quest’aspetto non potrebbe essere sollevato in sede d’appello, in quanto violerebbe l’art. 104 c.p.a.. Infondato ancora sarebbe l’appello nella parte in cui sostiene che il TAR non poteva pronunciarsi senza prima accertare datazione delle abitazioni, poiché sarebbe stato lo stesso ricorrente a sottolineare l’applicabilità dell’art. 17 l. 765/67.

6. All’udienza del 18 febbraio 2014 il difensore dell’appellato eccepiva la tardività del deposito documentale degli appellanti.

7. L’appello è infondato e non merita di essere accolto.

8. Va, preliminarmente, chiarito che la censura proposta in appello in ordine alla circostanza che l’edificio dell’appellato sarebbe abusivo, quindi gli impedirebbe di ottenere tutela giurisdizionale, non è soltanto inammissibile perché proposta per la prima volta in appello, ma ancor prima manifestamente infondata, giacché l’eventuale presenza di un abuso edilizio, peraltro nella specie indimostrato, non può evidentemente costituire titolo giuridico per legittimarne un altro.

8.1. Non può tenersi, invece, conto della produzione documentale degli appellanti, poiché non rispettosa del termine di quaranta giorni liberi prima dell’udienza fissato dall’art. 73, comma 1, c.p.a.

9. Del pari non merita di essere accolta la richiesta di CTU avanzata dagli appellanti, atteso che i fatti oggetto del Giudizio appaiono sufficientemente provati in via documentale (l’effettiva distanza tra gli immobili, l’epoca delle costruzioni), né appare indispensabile acquisire valutazioni giuridiche sul rispetto della normativa vigente, poiché iura novit curia.

10. Appare, infatti, sufficientemente delineato il quadro fattuale in esame grazie alla CTU nel giudizio civile intercorso tra le parti dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha confermato quanto emerso nel giudizio di prime cure, ossia che la distanza tra i fabbricati è comunque inferiore a 10 mt. Anche in ordine all’epoca di realizzazione della costruzione, le stesse parti appellanti richiamano l’art. 17, l. n. 765/1967 ed anche la CTU disposta nel giudizio civile attesta che l’abitazione dell’appellato è stata realizzata nel 1975.

11. Nel merito va confermato l’impianto motivazionale eretto dal primo Giudice, che non viene scalfito dalla censure proposte dagli appellanti. Ed, infatti, gli atti annullati risultano illegittimi per violazione sulla disciplina delle distanze, nel computo della quale devono essere considerati anche i balconi per giurisprudenza costante della Suprema Corte di Cassazione (cfr. ex plurimis, Cass. civ., Sez. II, 18 giugno 1998, n. 6088; Id., 15 ottobre 1992, n. 11281; Id., 6 marzo 1992, n. 2703) e di questo Consiglio, che ha avuto modo di affermare a più riprese che: “La distanza tra costruzioni su fondi finitimi va calcolata tenendo conto di qualsiasi elemento che sporga da una di esse, non assumendo rilevanza, ai fini dell’interesse tutelato dalla norma (nel suo triplice aspetto della tutela della sicurezza, della salubrità e dell’igiene), che lo sporto sia inadatto all’incremento volumetrico o superficiario della costruzione o che aggetti solo per una parte della facciata, restando esclusi soltanto gli sporti ornamentali, se inidonei a determinare intercapedini dannose o pericolose” (Cons. St., Sez. V, 14 ottobre 1998, n. 1467; Cons. St., Sez. II, 29 agosto 1997, n. 8240; Sez. IV, 2 novembre 2010, n. 7731). Né appare fondata l’interpretazione proposta dagli appellanti dell’art. 11 n.t.a. del Comune di Pignataro circa il computo delle distanze in questione, come escludente i balconi nei termini sopra evidenziati.

12. Appare giocoforza, pertanto, respingere l’appello.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello (R. 9343/2002), come in epigrafe proposto, rigetta l ‘appello.

Condanna Di Stasio Giovanni e Bovenzi Gelsomina al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, a favore di Fiorillo Mario.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:

  • Alessandro Pajno, Presidente
  • Carlo Saltelli, Consigliere
  • Doris Durante, Consigliere
  • Nicola Gaviano, Consigliere
  • Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore