Di Xavier Santiapichi
Per garantire la rapida attuazione dei progetti contenuti nel c.d. Recovery plan, il Governo ha approvato e poi convertito, a cura del Parlamento, il DL 77/2021. Ben 22 articoli sono dedicati alla materia ambientale e paesaggistica, tutti racchiusi nel Titolo I, rubricato Transizione ecologia e velocizzazione del procedimento ambientale e paesaggistico.
Il predetto Titolo I è suddiviso in otto capi, con cui il legislatore ha introdotto per quanto qui di interesse, novità in materia di promozione dell’economia circolare e di contrasto al dissesto idrogeologico (capo VIII, articoli 34-37).
In particolare con l’articolo 37, rubricato Misure di semplificazione per la riconversione dei siti industriali, il Governo ha modificato la disciplina prevista dagli articoli 241, 242, 242-ter, 243, 245, 248, 250, 252 e 252-bis del TUA, il tutto però con la consueta clausola di invarianza finanziaria (art. 37, comma 2).
Queste, in sintesi, le maggiori modifiche:
- con la modifica all’articolo 241 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo alle bonifiche in aree agricole, il Governo ha stabilito che in caso di aree con destinazione agricola secondo gli strumenti urbanistici ma non utilizzate, alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento, da almeno dieci anni per la produzione agricola e l’allevamento, si applicano le procedure previste dal Titolo V della Parte IV del codice dell’ambiente e le concentrazioni di soglia di contaminazione previste nella tabella 1, colonne A e B, dell’allegato 5 alla Parte IV, individuate tenuto conto delle attività effettivamente condotte all’interno delle aree. Si è quindi voluto porre l’accento sull’utilizzo effettivo delle Tuttavia questa disposizione non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 29 luglio 2021, n. 108);
- quanto all’art. 242 del TUA, che disciplina la procedura operativa e amministrativa di bonifica “ordinaria”, il Decreto Semplificazioni bis, così come modificato dalla successiva legge di conversione, interviene disponendo:
- che con il provvedimento di approvazione del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza siano stabilite anche le verifiche intermedie per la valutazione dell’efficacia delle tecnologie di bonifica adottate e le attività di verifica in corso d’opera necessarie per la certificazione di avvenuta bonifica (comma 7[1]);
- la possibilità, in caso di raggiungimenti anticipato degli obiettivi di bonifica per le matrici suolo, sottosuolo e materiali di riporto, rispetto a quelli previsti per le acque di falda, di ottenere la certificazione parziale ai sensi dell’art. 248 limitatamente alle matrici già oggetto di bonifica. Si fa comunque salvo l’obbligo di raggiungimento degli obiettivi di bonifica su tutte le matrici ambientali interessate da contaminazione (7-bis[2]). La certificazione “parziale” consente lo svincolo delle garanzie prestate per la bonifica;
- il 13-ter[3] stabilisce un procedimento amministrativo di definizione dei valori di fondo nelle ipotesi in cui la procedura di bonifica interessi un sito, in cui, per fenomeni di origine naturale o antropica (?), le concentrazioni rilevate superino il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del Codice dell’Ambiente.
- l’art. 242-ter del TUA, introdotto con D.L. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni), prevede (oggi espressamente) la possibilità di realizzare all’interno di siti oggetto di bonifica taluni interventi e opere (quali, ad esempio, interventi richiesti dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, realizzazione di opere lineari di pubblico interesse, realizzazione di impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili), a condizione che detti interventi e opere siano realizzati secondo modalità che non pregiudichino né interferiscano con l’esecuzione e il completamento della bonifica, né determinino rischi per la salute dei lavoratori. In realtà non abbiamo notizie di preclusioni circa l’utilizzazione di queste aree ai fini indicati dalla norma; del resto già oggi in diversi SIN sono stati realizzati degli impianti FER (es. Augusta-ENI). La vera novità è rappresentata dalla circostanza che, in base alle indicazioni contenute al comma 3 del 242-ter, il MiTE, con proprio decreto per le aree ricomprese nei siti di interesse nazionale, e le regioni per le restanti aree, provvedono all’individuazione delle categorie di interventi che non necessitano della preventiva valutazione da parte dell’Ente preposto alla bonifica e definiscono i criteri e le procedure per la predetta valutazione nonché le modalità di controllo.
- Il co. 6 dell’ 243 del TUA, a proposito di gestione delle acque emunte, chiarisce meglio che il trattamento delle acque emunte, da effettuarsi anche in caso di utilizzazione nei cicli produttivi in esercizio nel sito, deve garantire un’effettiva riduzione della massa delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali. E fin qui la disposizione è sostanzialmente analoga alla previgente disposizione. La norma aggiunge che – al fine di garantire la tempestività degli interventi di messa in sicurezza, di emergenza e di prevenzione – i termini per il rilascio dell’autorizzazione allo scarico sono dimezzati (quindi 45 gg. in luogo degli attuali 90 ex art. 124 co. 7 del TUA);
- La modifica all’ 245 interviene sulla individuazione del responsabile della contaminazione, disciplinando più nel dettaglio il relativo procedimento, aggiungendo che il procedimento in questione si deve interrompere qualora il soggetto non responsabile della contaminazione esegua volontariamente il piano di caratterizzazione entro 6 mesi dall’approvazione. In tal caso, il procedimento deve concludersi nel termine perentorio di 60 giorni dal ricevimento delle risultanze dalla predetta caratterizzazione validate dall’ARPA competente.
- l’ 248 del Codice dell’Ambiente reca disposizioni in tema di controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati da parte della Provincia e di ARPA e in tema di certificazione – adottata dalla Provincia competente – di completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente o operativa e la conformità di tali interventi al progetto approvato sulla base di una relazione tecnica predisposta da ARPA.
- Il Decreto Semplificazione bis introduce, inoltre, importanti novità con riguardo ai materiali di riporto, apportando modificazioni ai commi 2 e 3 dell’art. 2 del DL 2/2012. In particolare, con il Decreto Semplificazioni bis viene sostituito integralmente il comma 3, prevedendo che le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione – che nella precedente formulazione erano espressamente qualificate fonti di contaminazione e come tali suscettibili di essere rimosse o debbono risultare conformi ai limiti del test di cessione tramite determinate operazioni di trattamento o essere sottoposte a messa in sicurezza permanente (specificazioni queste che non compaiono più nella formulazione in esame) – siano gestite nell’ambito dei procedimenti di bonifica, al pari dei suoli. Si deve oggi ritenere che, a differenza del passato, i riporti non conformi al test di cessione potranno, anzi dovranno, essere oggetto di procedimento di bonifica, stante l’equiparazione dei riporti ai suoli anche nel caso di riporti non conformi, con conseguente possibilità di applicare l’analisi di rischio ai sensi dell’art. 242 del Codice dell’Ambiente.
[1] 7. Qualora gli esiti della procedura dell’analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. Per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l’applicazione a scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all’individuazione dei parametri di progetto necessari per l’applicazione a piena scala, a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con riguardo ai rischi sanitari e ambientali. Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al primo periodo, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell’estensione dell’area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive. Nell’ambito dell’articolazione temporale potrà essere valutata l’adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l’adempimento. In questa ipotesi il termine per l’approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell’esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all’attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all’attuazione medesima, l’autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all’interno dell’area oggetto dell’intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L’autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l’esecuzione dei lavori, le verifiche intermedie per la valutazione dell’efficacia delle tecnologie di bonifica adottate e le attività di verifica in corso d’opera necessarie per la certificazione di cui all’articolo 248, comma 2, con oneri a carico del proponente, ed è fissata l’entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell’intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi.
[2] 7-bis. Qualora gli obiettivi individuati per la bonifica del suolo, sottosuolo e materiali di riporto siano raggiunti anticipatamente rispetto a quelli previsti per la falda, è possibile procedere alla certificazione di avvenuta bonifica di cui all’articolo 248 limitatamente alle predette matrici ambientali, anche a stralcio in relazione alle singole aree catastalmente individuate, fermo restando l’obbligo di raggiungere tutti gli obiettivi di bonifica su tutte le matrici interessate da contaminazione. In tal caso è necessario dimostrare e garantire nel tempo che le contaminazioni ancora presenti nelle acque sotterranee fino alla loro completa rimozione non comportino un rischio per i fruitori dell’area, né una modifica del modello concettuale tale da comportare un peggioramento della qualità ambientale per le altre matrici secondo le specifiche destinazioni d’uso. Le garanzie finanziarie di cui al comma 7 sono comunque prestate per l’intero intervento e sono svincolate solo al raggiungimento di tutti gli obiettivi di bonifica
[3] 13-ter: Qualora la procedura interessi un sito in cui, per fenomeni di origine naturale o antropica, le concentrazioni rilevate superino le CSC di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta, il proponente può presentare all’ARPA territorialmente competente un piano di indagine per definire i valori di fondo da assumere. Tale piano, condiviso con l’ARPA territorialmente competente, è realizzato dal proponente con oneri a proprio carico, in contraddittorio con la medesima ARPA, entro sessanta giorni dalla data di presentazione dello stesso. Il piano di indagine può fare riferimento anche ai dati pubblicati e validati dall’ARPA territorialmente competente relativi all’area oggetto di indagine. Sulla base delle risultanze del piano di indagine, nonché di altri dati disponibili per l’area oggetto di indagine, l’ARPA territorialmente competente definisce i valori di fondo. E’ fatta comunque salva la facoltà dell’ARPA territorialmente competente di esprimersi sulla compatibilità delle CSC rilevate nel sito con le condizioni geologiche, idrogeologiche e antropiche del contesto territoriale in cui esso è inserito. In tale caso le CSC riscontrate nel sito sono ricondotte ai valori di fondo