La recente pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale di Napoli, sent. n. 2203 del 4 giugno 2020 riguarda l’impugnazione di un atto amministrativo comunale che ha intimato al proprietario del fondo contaminato, ma non responsabile dell’inquinamento, di procedere alla redazione del piano di caratterizzazione ex art. 242, D. Lgs. 152/2006 (T.U.A.).
La ricostruzione del T.A.R. Napoli, che accoglie l’impugnazione, è aderente al consolidato orientamento secondo cui il combinato disposto degli artt. 242 e 244, co. 2, T.U.A. imporrebbe all’amministrazione procedente di individuare il soggetto responsabile dell’inquinamento prima di avviare le procedure ex art. 242 T.U.A. Solo questi può esservi legittimamente obbligato (rectius diffidato).
Differentemente la messa in sicurezza del sito, misura precauzionale e priva di aspetti sanzionatori, non deve essere preceduta dall’individuazione del responsabile essendo imposta al proprietario del fondo, quand’anche incolpevole, dall’art. 245 del T.U.A.. Lo stesso articolo prevede, infatti, la sola facolatà (e non l’obbligo) per il proprietario incolpevole, di provvedere alla bonifica.
Le misure riparatorie (da avviare col piano di caratterizzazione) sono subordinate ad un’attività istruttoria di cui è onerata l’Amministrazione, che deve fondare la responsabilità su «adeguata motivazione e su idonei elementi istruttori nonché “su prove e non su mere presunzioni”» (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, sent. n. 2740/2013 ). Oltre all’elemento oggettivo è necessario, quindi, che l’Amministrazione accerti un preciso nesso di causalità tra la condotta commissiva od omissiva del soggetto responsabile e l’evento o gli eventi inquinanti (cfr. Cons. di Stato sez. IV – 18/12/2018, n. 7121 ), e nel caso di specie il Comune non aveva svolto alcuna istruttoria, intimando semplicemente di svolgere la caratterizzazione del sito.
Il proprietario di cui non sia stata accertata la responsabilità rimarrà responsabile solo patrimonialmente ai sensi dell’art. 253 T.U.A., e solo qualora non venga individuato il responsabile dell’inquinamento.
In particolare il T.A.R. sottolinea come non sia sufficiente l’inserimento del fondo nel censimento dei siti inquinati, effettuato con il Piano Regionale di Bonifica, a ingenerare una forma di responsabilità in capo al proprietario del fondo.
Viene perciò ribadita la centralità del principio “chi inquina paga” (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 24 giugno 2008, C. 188/07) e la cedevolezza del principio di prevenzione nei confronti del privato. Principio di prevenzione che opera invece laddove, a seguito di adeguata istruttoria, l’Amministrazione, non avendo individuato alcun responsabile, provveda di sua sponte alle procedure ex art. 242 T.U.A., innescandosi un procedimento amministrativo per la rivalsa, solo patrimoniale, nei confronti del proprietario incolpevole.
Si segnala infine che, nonostante oggetto dell’impugnazione fosse un atto endoprocedimentale – una Nota Comunale – i giudici hanno ritenuto avesse natura provvedimentale in quanto poneva un obbligo di facere (redarre il piano di caratterizzazione) in capo al privato con la “minaccia” di una sanzione (l’adempimento del Comune in suo danno); perciò è stato ritenuto provvedimento direttamente lesivo e perciò impugnabile.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3957 del 2019, proposto da
Antonio De Carlo, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuele D’Alterio, Michele D’Alterio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
CONTRO
Comune di Giugliano in Campania, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Giasi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Angelo Marzocchella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Santa Lucia 81;
per l’annullamento:
a) della nota prot. 69110 del 24.6.19 del Dirigente dell’Unità di Progetto Ambiente e LL.PP del Comune di Giugliano in Campania, recante diffida al ricorrente in qualità di proprietario del lotto di terreno identificato in catasto al foglio 27, particella 20, del Comune di Giugliano in Campania, a provvedere alla elaborazione del Piano di Caratterizzazione del sito ed alla trasmissione dello stesso entro il termine di giorni 30 (trenta), con espressa avvertenza che qualora nel termine di cui sopra il ricorrente non provveda direttamente agli adempimenti disposti, alle procedure e agli interventi di cui all’articolo 242, questi saranno realizzati d’ufficio, in danno al soggetto inadempiente, ai sensi dell’art. 250 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.;
b) della nota del 19.4.19 prot. 256971 della Giunta Regionale della Campania Direzione Generale per la Difesa del Suolo e l’Ecosistema richiamata nella diffida comunale;
c) di ogni altro atto preordinato, collegato, connesso e conseguente.
- Visti il ricorso e i relativi allegati;
- Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Giugliano in Campania e della Regione Campania;
- Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2020, tenuta da remoto ai sensi del D.L. 18/2020 e succ. mod., il dott. Fabio Maffei e riservata la causa in decisione sulla base degli atti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1.- L’odierno ricorrente agisce in giudizio avverso la nota emessa dal Dirigente del Settore Ambiente n. prot. 69110 del 24.6.19, con cui il resistente Comune l’aveva diffidato, quale proprietario del fondo contrassegnato in Catasto dalla particella n 27 al foglio n, 20, a redigere il piano di caratterizzazione dei rifiuti presenti sul cespite di sua proprietà e, quindi, a trasmettere la corrispondente elaborazione entro trenta giorni, ai sensi dell’art. 242 D.Lgs. 152/06. La predetta nota, al tempo stesso, avvertiva il ricorrente che, in assenza di un puntuale adempimento, si sarebbe proceduto d’ufficio in suo danno.
Il ricorrente, considerata l’illegittimità dell’ordine intimatogli, ha formulato i motivi di gravame di seguito compendiati:
1) Violazione degli articoli 192, 239, 242 e 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, incompetenza, difetto di presupposti, travisamento dei fatti, perplessità, violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi di buon andamento e del giusto procedimento.
La nota impugnata era stata emessa da un ente incompetente, atteso che, ai sensi dell’articolo 244 del decreto legislativo 152/2006, la competenza a disporre nella materia de qua doveva ascriversi alla Provincia e non al Comune procedente.
2) Incompetenza per violazione dell’art. 192 d.lgs. 152/2006.
Sempre con riguardo al profilo sopra riportato, il ricorrente stigmatizzava come l’impugnata nota fosse stata emessa dal dirigente del settore ambiente, laddove i provvedimenti in materia ambientale, ai sensi dell’art. 192 cit., avrebbero dovuto essere adottati con la forma dell’ordinanza sindacale.
3) Violazione e falsa applicazione artt. 242, 244, 250 e 253 d.lgs. 152/06 – eccesso di potere – travisamento – erroneità dell’istruttoria e della motivazione.
La nota impugnata non era stata preceduta da un puntuale accertamento dei profili soggettivi e oggettivi della responsabilità ambientale, avendo imposto a carico del ricorrente l’obbligo di redigere il piano di caratterizzazione dei rifiuti sul mero presupposto della rivestita qualità di proprietario del sito inquinato.
4) Falsità dei presupposti e difetto di motivazione – sviamento, violazione del principio di proporzionalità e di leale collaborazione.
La condotta tenuta dal Comune, tale da aver innescato svariati contenziosi conclusisi sempre con pronunce ad esso ricorrente favorevoli, si palesava come persecutoria ed illegittimamente sanzionatoria, non avendo il Comune previamente individuato gli effettivi responsabili degli incriminati sversamenti e dell’accertato inquinamento, cosicché da tentare reiteratamente di accollargli l’onere della bonifica.
Infine, oltre a censurare l’illegittimità procedimentale per essere stata la nota impugnata adottata senza che il Comune gli assicurasse la necessaria partecipazione procedimentale ai sensi dell’art. 7 legge 241/1990, il ricorrente, declinando le medesime censure, impugnava, in via gradata, anche la nota regionale del 19.4.2019, quale atto presupposto del gravato provvedimento comunale.
Resisteva in giudizio il Comune di Giugliano, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del proposto gravame in quanto rivolto avverso un atto meramente procedimentale, come tale privo della necessaria definitività e dell’immediata lesività. Nel merito, ricostruita fattualmente la vicenda in esame, contestava la fondatezza dell’intero ricorso.
Con memoria depositata in data 27.1.2020 si costituiva anche la Regione Campania, resistendo all’accoglimento del ricorso e concludendo per la sua integrale reiezione.
Accolta la richiesta misura con ordinanza collegiale n. 1703/2019 R.G., pronunciata all’esito dell’udienza del 23 ottobre 2019, la causa è stata riservata in decisione.
2.- In limine litis deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal resistente Comune, emergendo, con evidenza, dal tenore precettivo della nota impugnata, la sua immediata lesività nei confronti del ricorrente, attesa la chiara imposizione di un obbligo accompagnata dalla previsione che, qualora l’interessato “non provveda direttamente agli adempimenti disposti, alle procedure e agli interventi di cui all’articolo 242, questi saranno realizzati d’ufficio, in danno al soggetto inadempiente, ai sensi dell’art. 250 del D. Lgs. 152/06 e s.m.i.”.
Si tratta, dunque, di un atto avente natura provvedimentale, poiché con lo stesso è stato imposto un ordine di facere al destinatario dal contenuto chiaramente precettivo, sicché lo stesso si caratterizzava per un’autonoma lesività con la sua conseguente immediata impugnabilità.
D’altronde, è ben noto che, per giurisprudenza pacifica, gli atti endoprocedimentali non sono impugnabili autonomamente se non quando producano, come nella specie, un’immediata lesività da accertarsi con riferimento al concreto ed attuale pregiudizio che l’atto arreca all’interesse sostanziale dedotto in giudizio e non già con riguardo alla possibile futura incidenza dell’atto sulla sfera giuridica del ricorrente (cfr., in tal senso, di recente, TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. n. 326 del 2019),
3.- Tanto chiarito in via preliminare, il ricorso è fondato e merita accoglimento, assumendo portata decisiva ed assorbente la terza delle articolate censure, atteso che l’odierno ricorrente è stato individuato come destinatario del prescritto obbligo di caratterizzazione dei rinvenuti rifiuti unicamente in ragione della sua qualità di proprietario del sito inquinato, senza che fosse stato accertato il suo concorso a determinarne la contaminazione.
Al riguardo occorre richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244, comma 2, del codice dell’ambiente, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti esclusivamente ai soggetti responsabili dell’inquinamento e, quindi, ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 5 ottobre 2016, n. 4099).
Ne consegue l’illegittimità del provvedimento con cui siano eventualmente imposte tali misure al soggetto proprietario di un’area inquinata, senza il necessario e preventivo accertamento della qualità di soggetto responsabile dell’inquinamento.
Condivisibile giurisprudenza ha precisato, al riguardo, che la preliminare messa in sicurezza del sito inquinato costituisce una misura idonea ad evitare ulteriori danni e la diffusione dei fenomeni di inquinamento ambientale e rientra pertanto nel genus delle misure precauzionali: non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, tale misura, data la sua sostanziale natura di atto urgente, non presuppone affatto l’individuazione dell’eventuale responsabile (cfr.: Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2016, n. 1509).
Non è consentito, viceversa, imporre al proprietario del sito, qualora non responsabile della contaminazione, l’esecuzione delle diverse e distinte misure di riparazione, sicché lo stesso proprietario, in quanto tale, non è tenuto ad eseguire la caratterizzazione dell’area, essendo esclusivamente responsabile sul piano patrimoniale e, a tale titolo, tenuto, ove occorra, al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente (cfr: Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2015, n. 3544).
Tale ricostruzione, ampliamente condivisa in giurisprudenza, è stata, di recente, ribadita dal Consiglio di Stato, chiarendo che “Ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244, comma 2, del Testo Unico dell’ambiente, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d’emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica Amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell’inquinamento, quindi ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità; risulta, pertanto, necessario un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell’inquinamento, nonché del nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all’effetto consistente nella contaminazione, accertamento che presuppone un’adeguata istruttoria non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell’immobile in ragione di tale sola qualità (nella specie, difetta il necessario e preventivo accertamento della qualità di soggetto responsabile dell’inquinamento in capo alla società appellata, con la conseguenza che gli obblighi imposti risultano derivare dalla mera qualifica di proprietario o possessore dell’area e, dunque, dal mero collegamento materiale con essa, a prescindere dalla preliminare e necessaria verifica della qualità del soggetto responsabile dell’inquinamento” (cfr.: Consiglio di Stato sez. IV – 18/12/2018, n. 7121).
Nella presente fattispecie, le richiamate conclusioni non sono affatto scalfite dall’incontestato inserimento del fondo del ricorrente tra quelli censiti dal Decreto interministeriale dell’11.3.2014, ai fini del divieto di produzione agroalimentare e di vendita dei prodotti ortofrutticoli.
L’inserimento del fondo nel censimento dei siti inquinati, effettuato con il Piano Regionale di Bonifica, non dispensa, invero, il Sindaco dalla verifica in concreto della sussistenza di tutti i presupposti per l’adozione delle misure previste dagli articoli 192 e 242 T.U. 152/2006, con particolare riferimento all’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento, non potendosi configurare in materia una forma di responsabilità oggettiva del titolare del diritto di proprietà (cfr.: T.A.R. Campania sez. V – Napoli, 10/06/2019, n. 3136).
Le svolte osservazioni sono sufficienti per accogliere il ricorso ed annullare l’impugnare nota comunale, persistendo la mancanza di un’adeguata valutazione dell’elemento soggettivo della colpa in capo all’odierno ricorrente in merito all’illecito abbandono di rifiuti da parte di terzi sul suolo di sua proprietà.
4.- Le spese, nei rapporti tra l’odierno ricorrente ed il Comune di Acerra, seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, laddove possono essere interamente compensate nei confronti della Regione Campania essendo stata l’impugnazione avverso la nota da quest’ultima emessa proposta soltanto in via gradata e condizionata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la nota comunale n. prot. 69110 emessa in data 24.6.19;
condanna il Comune di Acerra a rimborsare alla parte ricorrente le spese di giudizio, liquidate complessivamente in € 1.000,00 (mille/00), oltre alla refusione del contributo unificato, con attribuzione ai procuratori dichiaratisi antistatari;
compensa le spese nei confronti della Regione Campania.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio, riunita mediante collegamento da remoto ai sensi del comma 6, art. 84, DL. 18/2020, del giorno 26 maggio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Maria Abbruzzese, Presidente
Diana Caminiti, Consigliere
Fabio Maffei, Referendario, Estensore