Consiglio di Stato: gli impianti agrovoltaici non sono assimilabili agli impianti fotovoltaici

Pubblicato il 18-10-2023
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A cura del Dott. Giovanni Frondizi

Il Consiglio di Stato, con Sentenza 8263/2023.pdf , si è espresso sulla non assoggettabilità per gli impianti agrovoltaici dei limiti e vincoli ambientali posti per gli impianti fotovoltaici.

Analizziamo sinteticamente la vicenda.

La Società appellata presenta inizialmente alla Provincia di Brindisi istanza di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per la realizzazione di un impianto fotovoltaico ricadente nel Comune di Brindisi.

La Provincia di Brindisi, a seguito di indizione della conferenza di servizi e raccolti i pareri negativi delle Amministrazioni interessate, rilascia determinazione non favorevole alla realizzazione dell’intervento.

La Società, successivamente, presenta richiesta di avvio procedimento per provvedimento autorizzatorio unico Regionale (PAUR) relativo al progetto per la realizzazione di un impianto agrovoltaico (anziché fotovoltaico), sempre ricadente nel Comune di Brindisi.

L’Amministrazione resistente, alla luce dei sempre pareri non favorevoli delle Amministrazioni interessate resi in sede di Conferenza di Servizi, emette provvedimento di diniego PAUR.

Il Privato impugna il provvedimento di rilascio del PAUR dinanzi al TAR Puglia, Sezione staccata di Lecce, ottenendo l’accoglimento del ricorso con sentenza 1584/2022.

La Provincia di Brindisi impugna la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, respinge l’appello e ordina che l’Amministrazione esegua quanto detto in sentenza, sulla base delle ragioni che seguono.

Il Supremo Consesso ha disposto che gli impianti agrovoltaici non possono essere assimilabili giuridicamente agli impianti fotovoltaici.

Gli impianti agrovoltaici sono impianti di recente invenzione posizionati su pali più alti e ben distanziati tra loro: così facendo, la superficie del terreno resta permeabile al sole e alla pioggia e, quindi, utilizzabile per la coltivazione agricola. Si tratta di impianti che combinano la produzione di energia rinnovabile alla produzione agricola, recuperando terreni che versano n stato di abbandono.

Gli impianti fotovoltaici sono, invece, impianti volti esclusivamente alla produzione di energia elettrica e che riducono la permeabilità del suolo, non contribuendo alle ordinarie esigenze dell’agricoltura.

L’Amministrazione lamenta l’assenza di specifica disciplina normativa nazionale e/o regionale che faccia riferimento all’impianto agrovoltaico.

Il Consiglio di Stato ritiene, invero, la sussistenza del diritto eurounionale e nazionale.

Partendo dal diritto UE, il Giudice menziona il Regolamento UE che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (da cui ne deriva il PNRR), Reg. UE 2021/241, e il Regolamento europeo sull’azione per il clima (da cui ne deriva il PNIEC), Reg. UE 2018/1999.

Il Regolamento UE per la ripresa e la resilienza pone tra i pilastri del PNRR la “transizione verde” per contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’UE entro il 2030, ai sensi del Regolamento UE 2018/1999.

Il PNRR, a sua volta, sostiene che il Governo punta all’implementazione (…) di sistemi ibridi agricoltura – produzione di energia che non compromettano l’utilizzo dei terreni dedicati all’agricoltura, ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte. Lo stesso PNRR ha previsto più di 1 miliardo di finanziamento pubblico in favore dell’implementazione del settore agrovoltaico.

L’obiettivo della normativa UE e di quella nazionale di recepimento è ridurre sviluppare il processo di decarbonizzazione e favorire l’evoluzione ad un sistema di produzione di energia basato principalmente su fonti rinnovabili, contrastando il fenomeno del riscaldamento globale.

Con riferimento al PNIEC, il legislatore ha stabilito, con l’art. 20 D.lgs. 199/2021, che le Regioni nell’individuazione delle aree idonee devono sì tener conto di ridurre il più possibile gli impatti sull’ambiente e sulla salute umana, ma anche garantire il raggiungimento degli obiettivi posti dall’UE in materia di decarbonizzazione da raggiungere entro il 2030.

Ma vi è di più.

L’art. 65 c.1 quater – 1-quinquies del D.l. 1/2012 consente l’accesso ad incentivi per gli impianti agrovoltaici: 1 -quater.    Il comma 1 non si applica agli impianti agro-voltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione.

1-quinquies.    L’accesso agli incentivi per gli impianti di cui al comma 1-quater è inoltre subordinato alla contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio, da attuare sulla base di linee guida adottate dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, in collaborazione con il Gestore dei servizi energetici (GSE), entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, che consentano di verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate.

Il Giudice di Palazzo Spada, a sostegno della relativa tesi, ha ripreso le linee guida del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica 27/06/2022 che definiscono un impianto agrovoltaico come impianto fotovoltaico che adotta soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione (disponibili qui: Linee Guida Impianti agrovoltaici.pdf ).

Le stesse linee guida definiscono “impianto agrovoltaico avanzato” come impianto agrovoltaico che, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, e ss. mm.:

i) adotta soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche eventualmente consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione;

  1. ii) prevede la contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture, la continuità delle attività delle aziende agricole interessate, il recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici;

Il Supremo Consesso motiva la decisione ribadendo che anche per gli impianti agrovoltaici sussistono limiti ambientali e vincoli paesaggistici.  Ciò che è posto all’attenzione del Giudice (ed è risultato decisivo per il rigetto dell’appello) è il fatto che le Amministrazioni deputate ad esprimere il giudizio di compatibilità non hanno preso in considerazione le caratteristiche tecnologiche dell’impianto agrovoltaico, funzionali alla riduzione del consumo del suolo.

Il Consiglio di Stato ha stabilito l’inconferenza delle norme nazionali (es. DM MISE 10/09/2010 – “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da rinnovabili”) e delle norme regionali (es. PPTR) richiamate dalla Provincia, per le seguenti ragioni.

Nelle norme richiamate, non è presente alcun riferimento agli impianti agrovoltaici: i limiti ambientali ed i vincoli paesaggistici concernono esclusivamente gli impianti fotovoltaici. Quindi, l’area interessata alla realizzazione dell’intervento non può essere considerata come “non idonea”, non ravvisandosi alcun pregiudizio all’interesse paesaggistico.

La lettura del Giudice di Palazzo Spada è sicuramente costituzionalmente e comunitariamente orientata: appare corretto la distinzione tra agrovoltaico e fotovoltaico, alla luce delle peculiarità tecniche che contraddistinguono la prima tipologia di impianto che favorisce, allo stesso tempo, la produzione di energia elettrica e l’attività agricola.

Inoltre, la normativa sovranazionale e nazionale richiamata e l’implementazione di impianti agrovoltaici sono strumentali al raggiungimento dei prioritari obiettivi della “transizione verde” e della riduzione del 40% delle emissioni di gas serra entro il 2030 per contrastare il fenomeno del global warming.

Il Giudice amministrativo smonta le tesi della Provincia anche da un punto di vista formale: le norme richiamate dall’Amministrazione su vincoli paesaggistici e limiti ambientali risultano inconferenti, poiché richiamano i soli impianti fotovoltaici e non quelli agrovoltaici.

Il Consiglio di Stato motiva la relativa pronuncia sostenendo la sussistenza di un difetto di istruttoria da parte della PA. Inoltre, ribadisce che non è vero che non siano previsti vincoli paesaggistici e ambientali per tale tipologia di impianti e che vi sia vuoto normativo, senza però indicare espressamente la disciplina sul punto.

Difatti, la normativa UE e nazionale citata dal Supremo Consesso richiama obiettivi generali e (direi) breve termine, definisce l’impianto agrovoltaico e concede finanziamenti pubblici per la relativa implementazione; non è indicata alcuna normativa con riferimento a vincoli e limiti che può incontrare la realizzazione di un impianto agrovoltaico.

Sotto un certo punto di vista, è comprensibile il ragionamento della Provincia di Brindisi: in assenza di una normativa specifica che disciplini i limiti ambientali e paesaggistici per tale tipologia impianti, allora quale normativa è applicabile ai fini di un adeguata istruttoria procedimentale? Considerando anche che, le stesse Linee Guida del Ministero dell’Ambiente (27/06/2022) definiscono l’impianto agrovoltaico come una species del più ampio genus dell’impianto fotovoltaico, tesi che appare oggi contraddetta dal Consiglio di Stato.

Sul punto, il legislatore, come prima specificato, con l’art. 20 D.lgs. 199/2021 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili), ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti ministeriali ai fini dell’individuazione di aree idonee e inidonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

Decorsi due anni, il Ministero dell’Ambiente ha pubblicato una bozza del DM (Bozza-decreto-aree-idonee-rinnovabili.pdf) volto a delineare i criteri mediante i quali le Regioni e le Province Autonome dovranno individuare le aree idonee e inidonee.

  • l’art. 7 c.1 lettera b) della Bozza di DM prevede che le aree agricole classificate come DOP e IGP sono considerate idonee per gli impianti agrovoltaici di cui al già menzionato art. 65 c.1-quater d.l. 1/2012; mentre le aree stesse sono considerate inidonee per gli impianti fotovoltaici.
  • l’art. 8 c.11 lettera g) punti 1-2-3-11 stabilisce che nelle aree agricole che non rientrano tra quelle non idonee e per gli impianti definiti come agrovoltaici ex linee guida del Ministero del 27/06/2023, dev’essere garantita una percentuale massima di suolo agricolo da utilizzare del 20%; invece, per gli impianti agrovoltaici realizzati in conformità a quanto previsto dall’art. 65 d.l. 1/2012 non sono previste alcune limitazioni.

Rebus sic stantibus, la bozza di DM circa l’individuazione di aree idonee e di aree inidonee risulta inapplicabile per gli impianti agrovoltaici ammessi ad incentivi di cui all’art. 65 d.l. 1/2012.

Lo stesso “decreto” risulterebbe applicabile per gli impianti agrovoltaici come definiti dalle Linee Guida del Ministero 27/06/2022, contenendo anche un limite (seppur in maniera più elastica rispetto ai limiti previsti per gli impianti fotovoltaici); tuttavia il limite di cui all’art. 8 c.11 lettera g) risulterebbe applicabile solo per gli impianti situati in aree che non rientrano tra quelle “non idonee”.

Si auspica un intervento del Governo per rimodulare ovvero per istituire ulteriori decreti che prevedano una disciplina ad hoc sui limiti/vincoli ambientali e paesaggistici per i progetti afferenti alla realizzazione di impianti agrovoltaici.

In questo modo, si eviterebbe l’insorgere di eventuali lacune normative una volta compiuti gli obiettivi vincolanti UE in tema di decarbonizzazione e contrasto al fenomeno del global warming.