I conferimenti diretti in discarica del rifiuto urbano residuo: la nuova disciplina del “collegato ambientale” (l. 28 dicembre 2015, n. 221)

Pubblicato il 24-02-2016
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A cura dell’avv. Gaetano Pecoraro

Con Circolare prot. n. 42442 del 6 agosto 2013, indirizzata a tutte le Regioni e alle Province autonome, il Ministero dell’Ambiente ha inteso fornire alcuni chiarimenti in ordine alle attività di trattamento alle quali devono essere sottoposti i rifiuti urbani, ex art. 7 D.lgs. 36/2003, per poter essere ammessi e smaltiti in discarica, in ragione di alcune perplessità sorte sulla precedente Circolare prot. n. 14963 del 30 giugno 2009, e che avevano attirato l’attenzione della Commissione Europea.

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La precedente circolare del 2009 aveva qualificato come ‘trattamento’, ai fini dello smaltimento dei rifiuti in discarica, stante l’obbligo normativo contenuto nel richiamato art. 7, D.lgs. 36/2003 (“I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento…”), anche la cosiddetta ‘raccolta differenziata spinta’: la conseguenza di tale assimilazione era che i Rifiuti Urbani Biodegradabili (RUB), la maggior parte rientranti nel Capitolo CER 20 (Rifiuti urbani), codici 20.01.08 (rifiuti biodegradabili di mense e cucine), 20.03.02 (rifiuti di mercato), 20.01.25 (oli e grassi commestibili, diversi da quelli di cui alla voce 20.01.26), 20.01.01 (carta e cartone), 20.02.01 (rifiuti biodegradabili), 20.03.01 (rifiuti urbani misti), 20.01.38 (legno, diverso da quello di cui alla voce 20.01.37), 20.01.10 (abbigliamento), 20.01.11 (prodotti tessili), 15.01.01 (imballaggi di carta e cartone), 18.01.04 (rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni), 15.01.03 (imballaggi in legno), provenienti da quel tipo di raccolta differenziata, sarebbero potuti essere conferiti in discarica, in assenza di qualsivoglia trattamento, che abbattesse, ad esempio, le emissioni odorigene.

Nell’ambito della procedura di infrazione n. 2011/4021, la Commissione Europea, con il parere motivato prot. 9026 del 1/06/2012, ha fornito dei chiarimenti sui contenuti minimi essenziali che le attività di trattamento devono osservare per essere conformi al dettato comunitario e, con il ricorso depositato il 13 giugno 2013 contro la Repubblica Italiana – registro della Corte numero causa C- 323/13 (poi decisa sfavorevolmente per l’Italia con sent. n. 323 del 15 ottobre 2014) – ha, tra l’altro, rilevato la necessità di un trattamento adeguato anche sui rifiuti residuali provenienti da raccolta differenziata, ritenendo che questa “… non potrebbe costituire un trattamento ai sensi dell’art. 6 lettera a) della direttiva 199/31/CE letto alla luce del combinato disposto dell’art. 1 della direttiva 199/31/CE e degli 4 e 13 a) della direttiva 2008/98/CE in quanto il fatto che la percentuale di raccolta differenziata venga aumentata non autorizza a concludere che la parte di rifiuto che rimane indifferenziato non debba essere sottoposto ad un trattamento adeguato, comprensivo di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, prima della messa in discarica e pertanto non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi per la salute umana…”.

Infatti, i requisiti minimi per rispettare il vincolo del conferimento in discarica dei soli rifiuti trattati sono il trattamento effettuato mediante tecnologie più o meno complesse, come, ad esempio, la bioessiccazione e la digestione anaerobica previa selezione, il trattamento meccanico biologico e l’incenerimento con recupero di calore e/o energia.

Con la citata Circolare MATTM del 2013, che ha dichiarato non più efficaci le indicazioni della Circolare del 2009, si sono invitate le Regioni e le Province autonome ad osservare con urgenza le nuove disposizioni, adottando ogni ulteriore iniziativa necessaria in termini di attuazione della pianificazione, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti urbani, al fine di rispettare gli obiettivi stabiliti dalle norme comunitarie, senza tralasciare, tuttavia, la necessità di dare piena attuazione al programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica (previsto dall’art. 5 del D.Lgs 36/2003) e di incentivare la raccolta differenziata, rammentando, altresì, che entro il 2015 – come stabilito dall’art. 181, comma 1, del D.lgs 152/2006 e ss.mm.ii. – si sarebbe dovuta garantire, almeno, la raccolta differenziata per la carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il legno, al fine di conseguire gli obiettivi comunitari entro il 2020.

Se la nuova circolare del 2013 ha chiaramente disposto il termine dell’efficacia della precedente, non altrettanto è a dirsi con riferimento alle modalità di trattamento.

Essa, infatti, sembrerebbe legittimare il conferimento in discarica dei RUB senza trattamento, qualora ricorrano due condizioni:

  1. il raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata, a livello di ATO (Ambito Territoriale Ottimale) o provinciale, stabilito dall’art. 5 d. lgs. 36/2003;
  2. la dimostrazione, ex art. 7 comma 1 lett. B) d. lgs. 36/2003 che “il trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 1, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l’ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente”.

Inserendosi su tale solco interpretativo, alcune Regioni, tra le quali, ad esempio, l’Abruzzo e la Sardegna, hanno ritenuto di poter legittimare il conferimento in discarica dei RUB in assenza di trattamento.

Con specifico riguardo al caso abruzzese, con la Delibera della Giunta Regionale dell’Abruzzo, n. 1095, del 29 dicembre 2015, e relativo allegato n. 1, l’Ente ha dettato delle linee guida finalizzate ad autorizzare i Comuni della Regione al conferimento in discarica dei Rifiuti Urbani Biodegradabili, RUB, senza sottoporli a preventivo trattamento, richiedendo, esclusivamente che i RUB abbiamo un IRD di 1000 mg O2/Kg, mutuando il requisito previsto dal dm 27 settembre 2010 (recante “Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005”) art. 6 Tabella 5.

L’Indice Respirometrico Dinamico esprime il valore di stabilità biologica del campione analizzato, intendendosi per stabilità biologica il grado di decomposizione dei composti facilmente biodegradabili contenuti in una matrice organica. Maggiore è l’IRD, minore è la stabilità biologica, e quindi più elevata è la quantità putrescibile del rifiuto che, in assenza di trattamento, verrebbe conferito in discarica, con gravi conseguenze per la salute umana e l’ambiente

Ebbene, il dm del 2010 ha previsto quel requisito esclusivamente per i “Rifiuti derivanti dal trattamento biologico dei rifiuti, individuati dai codici 190501, 190503, 190604 e 190606, purché sia garantita la conformità con quanto previsto dai Programmi regionali di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 36/2003 e presentino un indice di respirazione dinamico (determinato secondo la norma UNI/TS 11184) non superiore a 1.000 mgO2/kgSVh”.

La “deroga” ministeriale trova giustificazione nel fatto che, quanto collocabile in discarica, deriva da un preventivo trattamento biologico, purché rispetti gli ulteriori limiti di ammissibilità previsti dalla medesima tabella, eccezion fatta per il parametro DOC, sostituito dall’indice respirometrico.

La Regione Abruzzo, invece, con la propria delibera di fine 2015, ha applicato tale ultimo parametro non già ai rifiuti derivanti dal trattamento biologico, ma ai RUB, che alcun preventivo trattamento hanno subito, se non quello di essere la risultante della raccolta differenziata spinta, che il Ministero dell’Ambiente, con la circolare, 2013 non ha più equiparato al trattamento ex art. 7 d. lgs. 36/2003….

Non meno significativo risulta essere il caso della Regione Sardegna che, con la Deliberazione n. 48/28 del 2 dicembre 2014 (“Atto di indirizzo per lo smaltimento in discarica di secco residuo non trattato”), “al fine di contenere i costi ambientali, energetici ed economici della gestione dei rifiuti urbani e nel rispetto degli standard minimi di protezione dell’ambiente previsti dalle norme”, ha inteso dare “attuazione a quanto stabilito dal vigente Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani in relazione al conferimento in discarica di secco residuo non pretrattato”, adottando criteri più restrittivi di quelli fissati dal dm 2010. Viene, ad esempio, indicato un Indice Respirometrico Dinamico (IRD) di 750 mg O2/Kg.

Con il cd. “collegato ambientale” (legge 28 dicembre 2015, n. 221, pubblicata nella G.U. n. 13 del 18 gennaio 2016), la questione si dovrebbe definitivamente risolvere, poiché le indicazioni tecniche giungeranno direttamente dall’ ISPRA: l’art. 48, infatti, prevede l’individuazione, da parte di quest’ultima, dei criteri tecnici da applicare per stabilire quando non ricorre la necessità di trattamento dei rifiuti prima del loro collocamento in discarica. Queste indicazioni saranno valevoli per tutte le Regioni, costituendo, così, una disciplina uniforme sul territorio nazionale.